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Utilizzabilità delle informazioni raccolte

E’ da sempre esistita l’esigenza per il datore di lavoro di raccogliere dati personali attinenti i proprio futuri o attuali dipendenti. La diversità degli interessi alla base della raccolta delle informazioni, spiega le

16 I. Alvino, I nuovi limiti al controllo a distanza dell’attività dei lavoratori

nell’intersezione fra le regole dello Statuto dei lavoratori e quelle del Codice della privacy, ibidem.

diverse tecniche di regolazione adoperate dal legislatore che sono andate dal divieto assoluto a varie forme di disciplina più o meno condizionate, di conseguenza il diritto alla riservatezza è stato tutelato in modo maggiore o minore in base al riconoscimento che il legislatore ha dato agli interessi in gioco17.

L’avvento tecnologico sta però rendendo insufficiente, come mezzo di tutela, la trasparenza del controllo.

La percezione di questa articolazione degli interessi delle due parti spiega perché la giurisprudenza abbia inventato categorie quali i “controlli difensivi”, che naturalmente sono occulti. Certamente lo Statuto riconosce la tutela del patrimonio aziendale e la vigilanza sull’attività lavorativa, in questo caso con la limitazione del divieto generale dei controlli a distanza, presente nel precedente art. 4 st. lav.

Lo Statuto vietava senza eccezioni gli accertamenti sull’idoneità ed infermità, sulle opinioni politiche o religiose ed in generale gli accertamenti che non fossero rilevanti per valutare l’attitudine professionale del lavoratore, limitando all’aspetto funzionale, la raccolta ed utilizzo dei “dati personali” anche nella fase preassuntiva.

Questione centrale era il generale divieto del controllo a distanza, come forma di controllo del creditore della prestazione sull’adempimento, avendo il legislatore stabilito essere recessivo l’interesse datoriale. Recentemente la giurisprudenza ha ribadito che i divieti sanciti dagli artt. 2, 3 e 4 st. lav. “riguardano il controllo sui modi di adempimento della prestazione di lavoro ma non i comportamenti

17 R. Del Punta, La nuova disciplina dei controlli a distanza sul lavoro (art. 23 d. lgs.

lesivi del patrimonio e dell’immagine aziendale”18, questo però dal punto

di vista sistematico non è corretto poiché l’art. 6 st. lav. occupandosi di vigilanza sul patrimonio aziendale, stabilisce divieti e cautele.

Con la vigenza del precedente testo dell’art. 4 st. lav. si erano alimentati innumerevoli dubbi, si erano confusi i controlli “difensivi” a tutela del patrimonio aziendale e i controlli sull’attività lavorativa svolta fuori dai locali aziendali, fino a ritenere legittimo ai fini del licenziamento quanto acquisito con il controllo “difensivo” via GPS.

Ulteriore discutibile decisione19 assunta dai giudici, ha previsto

l’ammissibilità della creazione di un falso profilo social per porre in essere un controllo che certamente esula dai limiti imposti dall’art. 4 st. lav., non essendo stati installati strumenti di controllo ma pur sempre ricorrendo ad una soluzione illegittima, capace di ottenere dati anche sensibili del lavoratore20 allo scopo di legittimare un licenziamento.

Nella medesima decisione si sono ammessi i controlli occulti anche posti in essere da personale estraneo all’organizzazione aziendale, poiché finalizzati all’accertamento di comportamenti illeciti diversi dal mero inadempimento, fermo restando la necessità che il controllo avvenisse con modalità non eccessivamente invasive, rispettose delle garanzie di libertà e dignità dei dipendenti con correttezza e buona fede. Il problema è che la sentenza in questione aveva ammesso un comportamento tutt’altro che corretto ed in buona fede, volto ad accertare inoltre un mero

18 Cass. 12 ottobre 2015, n. 20440, in Riv. it. lav., 2016, II, p. 251. 19 Cass. 27 maggio 2015, n. 10955, in Riv. it. dir. lav., 2015, II, p. 984.

20 In merito al controllo dei profili facebook dei dipendenti v. la nota di F. Iaquinta, A.

Ingrao, Il datore di lavoro e l’inganno di facebook, in Riv. it. dir. lav., 2015, II, pp. 82- 89 in cui si richiama l’applicabilità dell’art. 8 st. lav. nei confronti dei c.d. profili chiusi.

inadempimento contrattuale e nessun altro illecito, sostenendo che il lavoratore allontanandosi dalla postazione di lavoro avrebbe messo in pericolo il patrimonio aziendale21.

Una decisione più ragionevole giunge a stabilire, che da un’illegittima sovrapposizione tra differenti interessi datoriali tutelati, deriva l’effetto dell’inutilizzabilità dei dati raccolti per fini diversi dalla repressione di un illecito penale.

La nota Ministeriale del lavoro 16 aprile 2012, n. 7162 ha stabilito che “nella maggior parte dei casi” contratto collettivo o autorizzazione amministrativa “prescrivevano il divieto di utilizzo a fini disciplinari delle informazioni registrate dallo strumento” ed il fatto che delle volte le organizzazioni sindacali abbiano ammesso soluzioni opposte, dimostra la scarsa consapevolezza della normativa e rapporti di forza sbilanciati, infatti si è anche affermato che i c.d. controlli preterintenzionali rientrassero nel divieto di cui all’art. 4, co. 2, st. lav. previgente. Ad ogni coppia di interessi contrapposti corrisponde un regime giuridico differente, se i dati raccolti in modo legittimo fossero usati per finalità differenti da quelle prestabilite sarebbero stati invalidi.

Quando fu promulgato lo Statuto, la normativa sulla privacy non esisteva ancora, il suo sopravvenire ha fatto si che i principi stabiliti venissero applicati anche ai rapporti di lavoro, riducendo al minimo l’utilizzabilità dei dati personali ed identificativi, stabilendo all’art. 11

21 A favore di questa discutibile decisione si pronuncia E. Dagnino, Controlli social

dei lavoratori: un’interessante pronuncia della Cassazione, Diritto delle relazioni industriali, n. 3/2015, in cui dice che “risulta difficile inquadrare l’atto del dipendente, che si configura, al contempo, come violazione di obblighi contrattuali e contemporaneamente illecito potenzialmente lesivo degli impianti (patrimonio aziendale)”.

del d.lgs. 196/2003 che i dati dovessero essere “raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, ed utilizzati in altre operazioni del trattamento in termini compatibili con tali scopi”, di conseguenza “i dati trattati in violazione della disciplina derivante in materia di trattamento dei dati personali, non possono essere utilizzati”.

Il Garante nel suo Provvedimento sulla videosorveglianza chiariva che le “immagini raccolte per finalità di sicurezza e di eventuale accertamento di illeciti, non possono essere utilizzate per controlli, anche indiretti, sull’attività lavorativa degli addetti”22. I dati acquisiti

legittimamente quindi erano utilizzabili per le finalità per le quali era legittimo raccoglierli e trattarli: in difetto non erano utilizzabili. La legittimità e l’utilizzabilità erano quindi collegate.

Cosa cambia con la nuova formulazione dell’art. 4 st. lav.? Si è previsto con la legge delega del 2014 che la “revisione della disciplina dei controlli a distanza sugli impianti e sugli strumenti di lavoro, tenendo conto dell’evoluzione tecnologica e contemperando le esigenze produttive ed organizzative dell’impresa con la tutela della dignità e della riservatezza del lavoratore”. La norma di delega non parla affatto dei controlli a distanza sull’attività lavorativa, mentre la nuova normativa deve avere tra le proprie finalità anche quella della tutela della dignità del lavoratore23. La traduzione della norma delegata che ha novellato l’art. 4 st. lav. è stata articolata innanzitutto partendo, con il primo comma, dalla

22 Provvedimento 8 aprile 2010, in materia di videosorveglianza in Gazzetta Ufficiale

n. 99 del 29 aprile 2010, doc. web n. 1712680 – Garante Privacy.

23 M.T. Carinci, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il “Jobs Act”

(art. 23 d. lgs. 151/2015): spunti per un dibattito, in Labour & Law Issues, 2016, vol. 2, I, par. 2.

rimozione del divieto generale delle apparecchiature di controllo a distanza dell’attività di lavoro, si è poi ricreata la fattispecie generale e quella derogatoria24; gli strumenti dai quali derivi “anche” la possibilità

di controllo a distanza dell’attività di lavoro “possono essere impiegati esclusivamente per esigenze organizzative e produttive, per la sicurezza del lavoro e per la tutela del patrimonio aziendale” che è il limite finalistico25 e previo accordo sindacale o autorizzazione amministrativa, che è il limite procedurale26. Al secondo comma si prevedono le ipotesi

di deroga per esigenze organizzative o di sicurezza del datore di lavoro, ma non lo liberano completamente da qualsiasi vincolo nell’uso di strumenti da cui derivi o possa derivare un controllo a distanza sulla prestazione.

Il legislatore inserisce una norma sull’utilizzabilità dei dati ma circondandola con tre limiti27: si deve trattare di informazioni

legittimamente raccolte, il lavoratore deve essere adeguatamente informato ed infine le informazioni devono essere raccolte e trattate nel rispetto del d.lgs. 196/200328.

24 Anche E. Dagnino, Tecnologie e controlli a distanza, in Dir. rel. ind., 2015, pp.

988-1007.

25 I. Alvino, op. cit. p. 15

26 La conseguenza della duplicità dei limiti furono individuate dalla Cass. 19

novembre 1984, n. 5902, la quale affermò che l’accordo sindacale e l’autorizzazione amministrativa possono essere sempre oggetto di controllo da parte del giudice del lavoro che valuterà l’indispensabilità del mezzo di controllo confrontandolo con gli alternativi.

27Oppure “condizioni” come dice R. Del Punta, op. cit., pp. 104-106.

28 Si tratta di un rinvio formale all’intera normativa in materia di privacy, compresa

l’opera del Garante, v. M. Marazza, Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza), e del trattamento dei dati (del lavoratore), in W.P. CSDLE “Massimo D’Antona” .IT, 300/2016, p. 25 e I. Alvino, op. cit., p. 30.

Questo vale in linea generale, è poi possibile che gli accordi sindacali o le autorizzazioni amministrative prescrivano ulteriori particolari condizioni e in questo caso la legittimità del controllo sarà condizionata alla loro osservanza.

Con la nuova formulazione dell’art. 4 st. lav. resta centrale la questione della vigilanza sull’attività lavorativa29 semplificata

dall’evoluzione tecnologica. Di particolare rilievo è l’analisi del terzo comma e in particolare dell’autorizzazione all’uso dei dati raccolti per qualsiasi fine connesso al rapporto di lavoro. Il comma in questione consente l’utilizzabilità delle informazioni raccolte ai sensi dei primi due commi, pertanto un’illimitata controllabilità è ovviamente esclusa, dato che si prescrivono delle condizioni per la raccolta dei dati da parte dell’imprenditore. Il primo comma non menziona la vigilanza sulla correttezza dell’adempimento, come uno degli scopi per i quali è consentito utilizzare il controllo a distanza30. Il secondo comma invece, è

vero che esonera dall’osservanza dei limiti del primo ma non ammette comunque una generale legittimità del controllo a distanza, esonera il datore di lavoro dall’obbligo procedurale ma non da quello finalistico: la finalità si deve ritenere verificata, attraverso la destinazione degli strumenti stessi e altrettanto si può dire per gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, i primi idonei a garantire la sicurezza sul

29 Che dice E. Dagnigo essere il “vero ago della bilancia dei controlli”, Controlli

social sui lavoratori: un’interessante pronuncia della Cassazione, cit., p. 387.

30 Diversamente A. Maresca, Jobs Act, come conciliare potere di controllo e tutela

della dignità e riservatezza del lavoratore, che include tra le finalità del controllo l’utilizzabilità a tutti i fini connessi al rapporto di lavoro, che è soltanto un effetto,

http://www.ipsoa.it/documents/lavoro-e-previdenza/rapporto-di-

lavoro/quotidiano/2016/02/22/jobs-act-come-conciliare-potere-di-controllo-e-tutela- della-dignita-e-riservatezza-del-lavoratore

lavoro e tutelare il patrimonio aziendale, i secondi aventi scopi di organizzazione diversi dalla vigilanza sull’adempimento31. Questa

previsione libera quindi il datore di lavoro dagli oneri procedurali nella scelta degli strumenti di lavoro32 ma non legittima in generale i controlli

a distanza33.

Il terzo comma dunque libera il potere organizzatorio del creditore della prestazione nella scelta degli strumenti di lavoro ma non legittima in via generale il controllo a distanza sulla prestazione di lavoro, che resta un controllo indiretto c.d. preterintenzionale.

Inoltre il terzo comma condiziona l’utilizzabilità dei dati raccolti ad un’adeguata informazione ed al rispetto della normativa sulla privacy; ed è in quest’ultima area, che vanno ricercati i limiti sostanziali alla vigilanza sull’attività lavorativa a mezzo di strumenti di controllo a distanza, tramite quella che è stata definita una “contaminazione sistematica”34. Per il trattamento dei dati personali si devono tenere in

considerazione due aspetti: il principio di necessità35 ed il principio di

finalità. I dati devono essere raccolti e registrati per scopi determinati, espliciti e legittimi, per cui bisogna sempre verificare che il controllo a distanza dell’adempimento della prestazione sia uno scopo legittimo.

31 I. Alvino, op. cit., p. 21

32 R. Del punta, op. cit., p. 99, l’ha definita una “valutazione ex ante”

33 G. Santoro Passarelli, Le categorie del diritto “riformate”, in Dir. rel. ind., 2016,

pp. 7-62 afferma che la norma sposta l’equilibrio a favore della produttività.

34 R. Del Punta, op. cit., p. 107

35 V. Maio, fa un esempio di applicazione del principio di necessità per restringere

l’uso di applicativi biometrici, i più invasivi, come strumenti di registrazione degli accessi, Il regime delle autorizzazioni del potere di controllo delldatore di lavoro ed i rapporti con l’art.8 della legge n. 148/2011, in P. Tullini (a cura di), Controlli a distanza e tutela dei dati personali del lavoratore, Torino, 2017, capitolo quarto, par 5.

Da sempre si è ritenuto che il potere di controllo sia insito nel complesso dei poteri datoriali e lo Statuto lo ha da sempre riconosciuto ma con l’esclusione dei controlli a distanza e con determinati limiti anche per i controlli in presenza. Anche oggi comunque permane l’assenza di una totale liberalizzazione dei controlli a distanza, preferendo sempre che il datore di lavoro ponga in essere “accorgimenti preventivi”. La nuova normativa quindi si limita a fare chiarezza circa il concetto di “strumenti di controllo a distanza” ed i limiti di utilizzabilità dei dati raccolti, attraverso questi strumenti in linea con le indicazioni del Garante della Privacy. Per essere legittima l’installazione di strumenti per il controllo a distanza ai sensi del primo comma devono rispondere a delle esigenze organizzative, produttive, di sicurezza del lavoro e di tutela del patrimonio aziendale36, superando così la discussa categoria dei

controlli difensivi37. Per quanto riguarda il secondo comma, il controllo a

distanza può essere solo un effetto indiretto e non già lo scopo perseguito e così anche per gli strumenti di registrazione delle presenze e degli accessi che il legislatore ha ritenuto ex ante finalizzati ad esigenze particolari e determinate38. Poiché infine il terzo comma condiziona

comunque l’utilizzabilità delle informazioni raccolte ai sensi dei primi

36 C. Zoli, E. Villa, Gli strumenti di registrazione degli accessi e delle presenze, parr.

2 e 5 del capitolo sesto in P. Tullini (a cura di), Controlli a distanza e tutela dei dati personali del lavoratore,Torino, 2017.

37 R. Del punta, op. cit. p. 105.

38 M.T. Carinci, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il “Jobs Act”

(art. 23 d. lgs. 151/2015): spunti per un dibattito, in Labour & Law Issues, 2016, vol. 2, I, par. 2, sostiene che nel secondo comma ci sia un limite finalistico sostanzialmente diverso da quello del primo comma.

due commi ed al rispetto della normativa della privacy39, non è contestabile che la finalità del controllo della prestazione di lavoro sia certamente legittima, nei limiti sanciti dal comma in questione. Non possiamo sostenere che la norma tipizzi una specifica finalità del trattamento dei dati dei lavoratori40. Il rinvio al Codice Privacy deve essere interpretato nel senso che, il controllo a distanza dell’attività lavorativa, non potendo essere considerata una finalità legittima della raccolta e del trattamento dei dati personali di chi lavora ma solo un effetto legittimo del controllo indiretto, dovrà essere sostenuto da adeguate cautele anche ricavabili da fonti sovranazionali41, al fine che non si raccolgano dati personali non necessari ovvero sostituibili con la raccolta di dati anonimi o dall’identificazione successiva, nel caso se ne presentasse la necessità nel rispetto della pertinenza, non eccedenza e temporaneità42. E’ proprio il connubio del principio di necessità con

quello della finalità, a minimizzare il trattamento dei dati personali43.

39 I. Alvino, L’articolo 4 dello Statuto dei lavoratori alla prova di internet e della

posta elettronica, in Dir. rel. ind., 2014, I, p. 31, il quale sostiene che “il legittimo esercizio del potere di controllo trova il limite diretto nel rispetto delle prescrizioni del Garante, la cui violazione rende inutilizzabili le informazioni acquisite tramite lo strumento installato a norma dell’art. 4 st. lav., in quanto avvenuto non in conformità con la disciplina dettata del d. lgs. 196/2003”.

40 Diversamente M. Marazza, op. cit. p. 8.

41 Diversamente M.T. Salimbeni, La riforma dell’art. 4 dello statuto dei lavoratori:

l’ambigua risolutezza del legislatore, in Riv. it. dir. lav., 2015, I, pp. 589-616, secondo il quale il legislatore avrebbe “liberalizzato un controllo attraverso strumenti (quelli di cui al comma 1 del nuovo art. 4) non di lavoro, che erano invece vietati in precedenza”.

42 G. Proia, Trattamento dei dati personali, rapporto di lavoro e l’ “impatto” della

nuova disciplina dei controlli a distanza, in Riv. it. dir. lav., 2016, I, p. 577 ss.

43 M.T. Carinci, Il controllo a distanza dell’attività dei lavoratori dopo il “Jobs Act”

(art. 23 d. lgs. 151/2015): spunti per un dibattito, in Labour & Law Issues, 2016, vol 2, I, par. 6.

Vi sono poi dei controlli che devono essere posti in essere obbligatoriamente per legge44 e saranno inutilizzabili per finalità connesse al rapporto di lavoro45. Si è passati dal rigore della necessaria

corrispondenza tra finalità di controllo e legittimità della raccolta ad una più larga considerazione degli interessi datoriali. La tutela dei lavoratori comunque non è necessariamente a rischio se l’interevento della dottrina e della giurisprudenza riuscirà ad essere idoneo a porre in essere un ragionevole bilanciamento tra le esigenze delle due parti, e ciò sarà possibile grazie anche all’intervento del Garante che ha recentemente ribadito che non sono possibili controlli massivi, prolungati e indiscriminati46.

Segue. Liceità della prova nel processo del lavoro

La tematica dell’utilizzabilità nel processo del lavoro della “prova illecita”47, ovvero quella prova che entra a far parte del processo in modo

illegale, non è nuovo. Nello specifico stiamo parlando della prova apportata dal datore di lavoro violando le condizioni indicate dalla normativa48, che accade essere utilizzata in particolare nei processi in cui

44 M. Marazza, Dei poteri (del datore di lavoro), dei controlli (a distanza), e del

trattamento dei dati (del lavoratore), in W.P. CSDLE “Massimo D’Antona” .IT, 300/2016, p. 19.

45 M. Marazza, op. cit., p. 19 ss.

46 Provvedimento 22 dicembre 2016, n. 547, doc. web. n. 5958296.

47 Di cui si occupa in modo dettagliato A. Graziosi, Usi e abusi di prove illecite e

prove atipiche nel processo civile, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2011, pp. 693-726.

48 C. Gamba, Il controllo a distanza delle attività dei lavoratori e l’utilizzabilità delle

prove, in Labour & Law Issues, 2016, n. 1, pp. 122-157, tratta le conseguenze processuali dell’illegittima raccolta delle informazioni.

si discute di un licenziamento o di un provvedimento disciplinare. Il giudice in questi casi è tenuto a non utilizzare dette prove altrimenti la sentenza sarebbe impugnabile con successo in sede di appello, in quanto contrastanti con i principi sanciti dalla nostra Costituzione che tutela la persona e i suoi diritti fondamentali. Se così non fosse si ammetterebbe l’uso di tutte le prove precostituite illecite poiché il vizio atterrebbe solo la fonte dello stesso49.

Le informazioni acquisite dal datore di lavoro sono utilizzabili a tutti i fini concernenti il rapporto contrattuale50, fermo restando i limiti

di legittimità della raccolta e del trattamento dei dati personali, la liberalizzazione non è quindi auspicabile.

3.4 Rapporti di lavoro pubblico e rapporti di lavoro speciale

Per quanto riguarda i datori di lavoro pubblico, è ragionevole pensare che poiché il d.lgs. n. 165 del 2001 ha introdotto l’estensione dell’originario art. 4 st. lav. anche ai rapporti di lavoro pubblico, anche il nuovo terzo comma troverà applicazione nel pubblico impiego.

Al lavoro sportivo invece l’art 4 st. lav. non è applicabile51, perché

in questo caso c’è una necessità intrinseca alla video ripresa e diffusione delle prestazioni sportive per il pubblico. Diverso è il caso dell’impianto

49 M. Conte, Le prove nel processo civile, Giuffrè, Milano, 2009, p. 703.

50 A. Bellavista, Il nuovo art. 4 dello Statuto dei lavoratori, in MBG Zillo Grandi (a

cura di), Commentario breve della riforma “Jobs Act” Cedam, 2016, p. 727.

51 G. Pellicani, Il lavoro sportivo, in A. Vallebona (a cura di), I contratti di lavoro, in

Trattato dei contratti, diretto da Rescigno, Gabrielli, vol. XII, t. 2, Torino, UTET Giuridica, 2009, p.p. 1403-1442.

di strumenti di controllo a distanza all’interno della società sportiva52, in

questo caso torneranno a sussistere gli obblighi di un adeguata informativa, in base al Provvedimento 9 marzo 2005 del Garante della Privacy.

Nel lavoro a domicilio53 il potere di controllo è fortemente indebolito in quanto esplicabile nel momento finale della prestazione54, è

comunque ipotizzabile l’installazione ad esempio di una telecamera rispettando le condizioni dell’art. 4, co. 3, st. lav.

Nel telelavoro è il programma informatico che fissa gli step procedurali e se le indicazioni operative non vengono rispettate non è possibile portare a termine il lavoro. Tali software possono compiere un controllo constante, per cui c’è l’obbligo di un’adeguata informativa. Il telelavoratore può fare anche un uso personale delle strumentazioni informatiche, a meno che l’imprenditore non lo abbia espressamente escluso.

Il prestatore di lavoro dovrà essere messo a conoscenza delle