• Non ci sono risultati.

Diverso orientamento della giurisprudenza lavoristica e

L’art. 4 st. lav. nella sua formulazione originaria prevedeva un divieto del controllo a distanza dell’attività dei lavoratori, salvo quando questo fosse una diretta oltre che necessaria conseguenza

58 F. Fusco, op. cit., p. 33. Vedi anche E. Villa, La prevenzione dei reati informatici:

fra limiti al potere di controllo e tutela della privacy dei lavoratori, in C. Zoli, D. Fondaroli (a cura di), Modelli organizzativi ai sensi del D.lgs. n. 231/2001 e tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, Torino, 2014, p. 134, la quale sottolinea, in relazione alla disciplina della prevenzione dei reati informatici, che “la somma delle tutele dell’art. 4 st. lav., del codice della privacy e delle linee guida del Garante, ha finito per creare una “rete” troppo intricata che impedisce di bilanciare in modo equilibrato gli interessi dei prestatori e quelli dei datori di lavoro”.

59 Cass. 17 luglio 2007, n. 15892.

60 Si erano affiancate decisioni di segno contrario, come ad esempio, Trib. Napoli, 23

dell’installazione di impianti o altre apparecchiature installati per scopi organizzativi, produttivi o di sicurezza sul lavoro61. Era poi comunque necessario raggiungere un accordo con le organizzazioni sindacali e in caso di mancato accordo si sarebbe dovuti ricorrere ad un’autorizzazione amministrativa mediante istanza all’Ispettorato del lavoro62.

Per quanto riguarda i profili penali, fino al 2003 l’art. 38 st. lav. prevedeva la sanzione dell’ammenda da lire 300.000 a lire 3.000.000 o l’arresto da 15 giorni ad un anno per la violazione degli artt. 2, 4, 5, 6, 8 e 15 st.lav., nei casi più gravi le pene erano applicate congiuntamente, quando per le condizioni economiche del reo l’ammenda risultava insufficiente il giudice poteva aumentarla fino al quintuplo.

Con l’entrata in vigore del d.lgs. 196 del 200363 il richiamo agli

artt. 4 ed 8 dello Statuto dei lavoratori è stato soppresso.

Per quanto riguarda la successione delle leggi penali nel tempo non si erano posti particolari problemi, la maggioranza aveva optato per la sussistenza di un’ipotesi di continuità normativa, disciplinata dal comma 4 dell’art. 2 c.p., in quanto le condotte tipiche ed il regime sanzionatorio erano gli stessi. Veniva meno solo la clausola della sussidiarietà prevista dall’art. 38 st. lav. non ripresa dall’art. 171 del cod. privacy64. Sul piano

61 P. Salimbeni, Sub. art. 4, in De Tamajo, Mazzotta, Commentario breve alle leggi sul

lavoro, Padova, 2013, p. 724; T. Padovani, Il controllo a distanza dell’attività lavorativa svolta mediante elaboratori elettronici, in Riv. it. dir. lav., 1985, II, p. 252 ss.

62 Ex art. 4, co. 2, St. lav. 63 Codice Privacy.

64 Cass., sez. III, 16 ottobre 2009, n. 40199, in Dir. e pratica lav., 2009, p. 2664 ss.;

Cass. pen., sez. III, 24 settembre 2009, n. 40200. Cfr. M. Grotto, La rilevanza penale del controllo datoriale attraverso gli strumenti informatici, in Dir. inf., 1, 2014, p. 57 ss.

applicativo la giurisprudenza ha ritenuto integrato il “reato di pericolo” sussistendo tutti gli elementi costitutivi, anche nel caso di mera disposizione di apparecchiature idonee a controllare a distanza l’attività dei lavoratori, in quanto per la punibilità non è richiesta la messa in funzione o il concreto utilizzo di tali strumenti65. Dall’altro lato ha negato la sussistenza del reato, quando l’installazione di queste apparecchiature è avvenuta con il consenso di tutti i lavoratori anche in difetto di autorizzazione sindacale66.

Gli artt. 4 e 38 st. lav. non implicavano il divieto dei controlli difensivi del patrimonio aziendale rispetto ad azioni delittuose da chiunque commesse, tanto che potevano essere utilizzati gli elementi probatori acquisiti tramite riprese filmate anche se l’imputato fosse stato un lavoratore subordinato67.

Alla questione dei controlli difensivi è collegata la questione dei controlli preterintenzionali quando il datore avesse riscontrato comportamenti illeciti pur avendo ottemperato alla procedura di cui all’art. 4, co. 2, st. lav.. La dottrina sosteneva che le rivelazioni dovevano essere effettuate in coerenza con le legittime finalità dell’impiego di tali strumenti e ottemperare alle esigenze organizzative, produttive o attinenti

65 Cass. pen., sez. III, 12 novembre 2013, n. 4331; Cfr. diversamente, Cass. pen., sez.

III, 15 dicembre 2006, n. 8042; Cass. pen., sez. III, 24 settembre 2009, n. 40199; Cass. pen., sez. III, 17 aprile 2012, n. 22611.

66 In proposito, Cass. pen., sez. III, 17 aprile 2012, n. 22611, in Foro it., 2012, 11, II,

p. 593.

67 Cass. pen., sez. V, 18 marzo 2010, n. 20722, riguardo la condanna di una commessa

per appropriazione indebita, in quanto sorpresa tramite una telecamera, mentre sottraeva denaro dalla cassa dell’esercizio commerciale. Cfr. R. Galardi, Il controllo sugli accessi ad internet al vaglio della Cassazione nella giurisprudenza di merito (App. Milano 30 settembre2005), in Notiz. Giur. lav., 2006, p. 100 ss.

alla sicurezza del lavoro fermo restando che “l’utilizzazione, anche casuale, dell’impianto per finalità di controllo dei lavoratori dovesse considerarsi sempre illegittima”68. Parte della giurisprudenza

diversamente preferiva la “soluzione positiva argomentando indirettamente dall’inutilizzabilità dei dati acquisiti in violazione dell’art. 4, co. 2, st. lav.”69.

La giurisprudenza penalistica riteneva, ad ogni modo, che l’eventuale carattere difensivo del controllo lo rendesse legittimo a prescindere dall’osservanza dei requisiti previsti dall’art. 4 st. lav. se dettato dalla legittima esigenza di difendere il patrimonio aziendale o diretto ad accertare condotte illecite.

Per quanto riguarda i controlli indiretti, in molti hanno sostenuto la configurabilità del reato di cui agli art. 4, co. 2, e art. 38 st. lav. nei casi in cui il datore di lavoro senza preventivo accordo con le rappresentanze sindacali, avesse installato delle telecamere che, seppur destinate al controllo degli utenti, rendessero comunque possibile il controllo a distanza dell’attività dei dipendenti.. In tali ipotesi è stato ritenuto irrilevante che l’installazione delle telecamere avesse preceduto l’organizzazione della rappresentanza sindacale perché in questo caso la questione avrebbe riguardato la permanenza degli apparecchi in precedenza installati70.

68 P. Lambertucci, Potere di controllo del datore di lavoro e tutela della riservatezza

del lavoratore: i controlli a “distanza” tra attualità della disciplina statutaria, promozione della contrattazione di prossimità e legge delega del 2014 (c.d. Jobs Act), WP C.S.D.L.E. “Massimo D’Antona”.IT – 255/2015, p. 1.

69 Cass. 23 febbraio 2010, n. 4375, in Riv. it. lav., 2010, II, p. 504, con nota di Galardi,

richiamata anche da Lambertucci, nota 36.

Lo Statuto dei lavoratori nonostante approvato in un contesto tecnologico ben diverso è comunque riuscito attraverso il “filtro” giurisprudenziale, a rappresentare un vero e proprio punto di riferimento normativo essenziale per la disciplina delle nuove forme di controllo a distanza, realizzabili a mezzo di “apparecchiature” anche “elettroniche” o “telematiche”, ben diverse da quelle utilizzate negli anni ‘7071. Un

intervento legislativo risultava in realtà improrogabile per evitare un’inammissibile interpretazione in malam partem della norma, soprattutto per rispondere alle nuove esigenze emergenti con l’evoluzione tecnologica.

71 A. Rossi, La libertà e la professionalità dei lavoratori di fronte alle nuove

tecnologie informatiche, in QG, 2, 1983, p. 220; cfr. A. Bellavista, Il controllo sui lavoratori, Torino, 1995, p. 103 ss.

2 L’INTERVENTO DEL JOBS ACT SUI CONTROLLI A DISTANZA

2.1 Necessità di una riforma

L’art. 4 dello Statuto dei lavoratori è stato riformulato1 dall’art. 23

del decreto legislativo n. 151 del 20152 intitolato “Semplificazioni in materia di lavoro e pari opportunità” e poi corretto con l’art. 5, co. 2, decreto legislativo n. 185 del 2016, la cui modifica è divenuta simbolo della riforma attuata dal Jobs Act, che è stata una risposta del legislatore alle crescenti proteste delle imprese, determinate dall’avvento delle nuove tecnologie e dal fatto che il precedente art. 4 st. lav. aveva ormai risvolti applicativi anacronistici e paradossali a causa dell’imprescindibile uso degli strumenti informatici e dell’evoluzione tecnologica sempre in rapida crescita, che hanno finito con il rendere la modalità dei controlli in presenza inadeguati, facendo nascere nuove esigenze di controllo. Questa inadeguatezza ha condizionato fortemente l’evoluzione interpretativa degli artt. 2 e 3 dello Statuto, con riferimento

1 I sindacati sono dell’opininone che questa riforma stia realizzando una situazione di

subalternità del lavoratore. Ad esempio, Lattuada, segretario generale CGIL Lombardia, e Gorla, Segretario Generale Camera del Lavoro Metropolitana di Milano, sostengono che “la riforma del lavoro che il Governo sta realizzando, tramite la legge delega 183/2014, prevede uno smantellamento, decreto dopo decreto, del valore del lavoro che la nostra Costituzione pone a fondamento della Repubblica a garanzia della libertà e della possibilità di partecipazione attiva delle persone alla vita sociale del Paese”. Guida al Jobs Act., in I quaderni di wikilabour, Milano, 2015, 39 - 40.

2 A. Stanchi sottolinea che la notizia della riforma dell’articolo in esame ha portato

con se accese polemiche riguardo una “intollerabile intrusione” nella vita privata dei lavoratori. Nel Jobs Act il nuovo articolo 4 dello Statuto dei lavoratori, G. al Lav., Milano, numero 38, 2015, p. 39 ss.

ad esempio ai controlli occulti, che ad oggi sono ormai indiscutibilmente ammessi quando le altre modalità di controllo non sono adeguate3.

Ci si rende conto che non è più possibile attuare un controllo della suddetta attività ricorrendo a controlli non a distanza, ormai chiunque concordava nell’obsolescenza dell’ex art. 4 st. lav4.