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Controlling & Compliance Manager: Roberta Visentin

INDUSTRIES 3.1 L’azienda

4) METODOLOGIA DI LAVORO

4.3 Controlling & Compliance Manager: Roberta Visentin

Per quale motivo ha deciso di intraprendere un percorso di coaching individuale? E il percorso di team coaching?

Ho fatto il mio primo precorso di coaching individuale per rafforzare la mia autostima in quanto avevo dei blocchi e carenze che ricadevano e influivano negativamente su mio figlio. Successivamente ho fatto una secondo percorso di coaching quando mi è stata affidata una nuova responsabilità in azienda per trovare il coraggio di agire al meglio, sviluppando metodologie e tecniche vincenti. Il coaching mi ha salvato la vita due volte, così quando ho avuto delle problematiche all’interno del mio team di lavoro ho pensato “Adesso proviamo a farlo in tre!”.

Quali sono secondo lei i punti di forza di questa metodologia?

Se permetti al coach di aiutarti a guardarti dentro succede la magia: riconosci i tuoi blocchi, i tuoi limiti e li superi. Se riconosci il beneficio che apporta questa

metodologia e se hai la volontà di cambiare puoi crescere tantissimo. Spesso succede che affidiamo la responsabilità della nostra vita all’esterno. Io dicevo “Non riesco stare dietro a tutto perché è troppo” ma finché rimanevo barricata in questa convinzione non sarei mai cresciuta e avrei sempre vissuto stressata, potevo solo soccombere. Nel momento in cui capisci che la responsabilità della tua vita è nelle tue mani e non fuori ti metti in discussione, cambi, vedi i tuoi limiti e ci lavori per superarli. Stai crescendo e riesci a raggiungere gli obiettivi che ti sei prefissato perché lavori su di te, non sull’esterno che è indipendente da te, sul quale non puoi fare niente. Non è più un adattamento, diventi tu responsabile e gestisci tu il problema piuttosto che subirlo.

Quali erano le criticità all’interno del team?

Nel 2015 a causa dell’aumento di lavoro è stata inserita una nuova persona, Stefania, accanto a me e Manuela: così è nato il team di controllo di gestione. Inizialmente c’è stata qualche difficoltà di inserimento e io ho commesso l’errore di gestire le due persone individualmente pensando che in futuro la situazione si sarebbe aggiustata da sé. Col passare del tempo si è creata una divisione sempre più accesa, le attività aumentavano ma mancava la squadra, se non c’ero io non andava avanti nulla.

Erano state provate altre strade prima del coaching? Se sì con quali risultati? Quando ci sono problemi relazionali o carenza nel senso di responsabilità individuale puoi usare azioni coercitive ma non raggiungi un risultato duraturo e affidabile. Ho provato ad essere impositiva e autoritaria ma non ho creato quella squadra che ti fa fare il salto in avanti e raggiungere gli obiettivi prefissati. Dovevo continuamente presidiare.

Quali differenze riscontra tra il coaching e le altre metodologie provate? Con il coaching nasce un senso di responsabilità diverso dentro le persone. Non è più necessario presidiare, esigere e importi perché il cambiamento nasce dalla persona, che lo vive sulla propria pelle: capisce che il raggiungimento dell’obiettivo di gruppo diventa un bene comune, una crescita anche individuale.

Quali sono state le reazioni delle collaboratrici alla decisione di intraprendere il percorso di team coaching?

All’inizio loro erano titubanti, poco fiduciose, non ci credevano probabilmente perché non avevano mai provato il coaching e non sapevano cos’era. Io ho spinto parecchio, ho preparato una presentazione sulla metodologia del coaching e gli ho illustrato il percorso. Hanno partecipato perché gliel’ho chiesto e l’hanno preso come uno dei tanti task da fare. Poi ho visto che è cambiato qualcosa: hanno recepito il beneficio che apporta il coaching. Addirittura mi hanno detto che tutti in azienda dovrebbero fare un percorso del genere.

Immagina l’azienda che precursore sarebbe se tutti gli uffici fossero in sinergia, coesione, intercambiabilità. Quante volte capita di contattare degli uffici per delle esigenze e di sentirsi rispondere “La persona che se ne occupa non c’è, io non so come aiutarla, richiami”? Da noi non capita più: se qualcuno manca ci sono le altre due che portano avanti l’attività.

Cosa immaginava fosse il coaching prima di iniziare il percorso individuale? Mi aspettavo che fosse un conforto, ma così non avrebbe portato al raggiungimento di nessun obiettivo. Al tempo mi sono fidata del coaching perché non avevo altre possibilità, non trovavo altre strade.

Come immaginava invece il team coaching?

Me lo immaginavo simile al coaching individuale però con un obiettivo di gruppo anziché individuale. In realtà è stato più difficile soprattutto perché avevo deciso io di far partire il percorso e le mie collaboratrici vi hanno partecipato per mia volontà. Quindi ho cercato di motivarle, di far vedere loro il beneficio che avrebbe ricevuto migliorando l’atmosfera nell’ufficio nella vita quotidiana. Ho cercato di scardinare l’idea del “ormai è così, perché cambiare?” Quanti uffici non hanno una sinergia, coesione vera? Quasi tutti, ma io mi non voglio conformare. Non mi interessa che sia considerato normale che in ufficio non si vada d’accordo, voglio fare il salto perché le potenzialità ci sono.

Quale differenze e analogie riscontra?

Si tratta in entrambi i casi di un percorso di crescita per scardinare i propri limiti e diventare quello che vuoi essere. La differenza principale è che nel coaching individuale gli obiettivi sono personali, mentre team coaching sono comuni e condivisi. Quando fai coaching individuale raggiungi una maggior consapevolezza perché lavori su te stessa, vai sempre più in profondità, scopri i tuoi blocchi e li superi. Nel team sono gli altri che mettono in evidenza i tuoi limiti. E’ un processo da un lato più veloce ma al tempo stesso più delicato perché nel momento in cui sono gli altri che te lo fanno notare hai bisogno di più tempo per metabolizzarlo.

Che cambiamenti ha ottenuto attraverso il percorso di team coaching a livello personale? Che cambiamenti vede nelle sue collaboratrici, nei rapporti all’interno del team, nel clima aziendale?

A livello personale questo percorso mi ha aiutata a migliorare la mia vita perché nella frenesia avevo una dose di stress importante da gestire. Il fatto di capire i miei limiti, cercare di superarli, sapere di poter contare su di loro mi ha aiutata ad essere meno stressata. Adesso sono meno frenetica, meno nervosa.

Il team coaching mi ha cambiata anche nei loro confronti. Abbiamo fatto dei faccia a faccia molto profondi, anche duri, perché ci siamo dette in faccia cosa non ci andava bene l’una dell’altra ed era l’unico modo per superare le incomprensioni accumulate, che altrimenti si insabbiano e creano quel rancore che tira su i muri. Il percorso ci ha rese consapevoli di come loro vedevano me e come io vedevo loro. Un’altra ricchezza del team coaching è stata capire le loro esigenze, quello di cui loro avevano bisogno per poter dare il massimo. Ad esempio Manuela durante una sessione mi ha detto “Io per dare il massimo ti vorrei più rigida, esigente. Ho bisogno che mi critichi e mi dai delle scadenze ravvicinate perché lavorare sotto pressione mi stimola di più”. Stessa cosa ho fatto io con loro: loro sono consapevoli delle mie aspettative, delle esigenze dell’azienda e lavorano per rispettarle. A livello relazionale adesso siamo più aperte e sincere tra di noi.

Quali erano le sue aspettative e quali benefici pensava che questo percorso avrebbe apportato?

Speravo di raggiungere una miglior gestione dell’ufficio. Avevo bisogno dalle collaboratrici coesione, squadra, aiuto reciproco, proattività, interscambiabilità, che potessero portare avanti autonomamente le attività. Volevo creare un ufficio di qualità, ben strutturato, funzionale, veloce, capace, responsabile, che fosse un punto di riferimento per l’azienda.

Quanto da 1 a 10 sono stati effettivamente soddisfatti? (Se non 10 per quale motivo?)

Ad oggi sento che abbiamo raggiunto un 8: le ho viste aprirsi nei miei confronti e tra di loro e pian piano stiamo diventando un punto di riferimento per l’azienda. Al 10 manca la cornice: poter dire che abbiamo abbattuto tutti i muri e siamo tutte in barca nell’ottica di raggiungere lo stesso obiettivo. Adesso secondo me abbiamo bisogno di tempo per metabolizzare i passi fatti finora e mettere in atto il cambiamento.

Che approccio hanno avuto le collaboratrici durante il percorso: cosa hanno imparato e per cosa hanno provato eventuali resistenze? Come sono state affrontate e risolte? Ci sono differenze tra i due approcci delle collaboratrici? Hanno abbracciato subito il fatto di poter creare un rapporto fra di loro, hanno riconosciuto il beneficio di collaborare e lavorare insieme perché l’hanno vissuto sulla pelle come miglioramento della loro vita quotidiana. Già adesso tra loro vedo molta più armonia, coesione, collaborazione, fiducia, aiuto. A me questo dà un senso di respiro perché so che se non ci sono io loro portano avanti l’ufficio e se non ce la fa una l’altra l’aiuta. Manuela è stata più aperta, si è buttata subito nel percorso. Stefania ha avuto delle resistenze riguardo all’approccio del coaching, che sono state affrontate da Nicoletta aiutando a metterla in consapevolezza dei suoi limiti.

Che approccio ha avuto durante le sessioni: che cosa ha imparato, per cosa ha provato eventuali resistenze? Come sono state affrontate e risolte?

Ho sempre creduto tantissimo e avuto grande fiducia in questo percorso. Ho avuto dei momenti di sconforto e delusione perché mi aspettavo un cambiamento immediato e invece vedevo, soprattutto all’inizio, resistenze da parte delle mie collaboratrici. In un periodo ho mollato, poi ho capito che invece dovevo prendere in mano la situazione. Nicoletta mi ha fatta accorgere delle mie carenze: nel team avevo un atteggiamento troppo accogliente, quasi materno, mi mettevo al pari delle collaboratrici e non facevo il leader trascinatore. Inoltre mi sono resa conto che per cambiare abitudini e comportamenti ci vuole del tempo, è un cambiamento profondo che non è facile. Ogni persona hai dei tempi, che vanno rispettati, per “digerire” e poi mettere in atto il cambiamento. Vedo che se lascio il tempo poi le cose arrivano.

Quali concetti ha trovato utili e svilupperà attraverso azioni concrete?

Attraverso questo percorso abbiamo imparato a conoscere noi stesse e le altre, quindi le esigenze e i limiti di ciascuna e come relazionarci. Da questo abbiamo creato insieme delle tecniche per lavorare al meglio. Ad esempio abbiamo istituito un incontro settimanale, che chiamiamo incontro intimo, dove ci troviamo per un’ora alla settimana per parlare e dirci tutto quello che va e che non va dal punto di vista tecnico, professionale e relazionale. Questo ci permette di avere una continua crescita, restare sempre sintonizzate, sempre consapevoli dei bisogni e delle esigenze delle altre per cercare di esaudirle in modo da tirar fuori il massimo del gruppo. Abbiamo anche creato una lavagna dove segniamo i task a lungo termine con una scadenza precisa così che permette a loro di organizzarsi nel lavoro e a me di tenere sotto controllo la situazione. Un altro strumento che stiamo costruendo è il manuale utente dove raccogliamo le conoscenze di ognuna, facendo una sorta di passaggio di consegne così chiunque manchi, l’ufficio può andare avanti perché tutte sanno fare il lavoro delle altre, e questa è una ricchezza anche per l’azienda. Un altro aspetto che creava problemi era le gestione delle ferie, durante il percorso abbiamo deciso di definire insieme le ferie all’inizio

dell’anno e dare limiti temporali per l’avviso per l’assenza di un giorno. In questo modo abbiamo la situazione sotto controllo e siamo tutte più serene.

Quali concetti invece non considera rilevanti per l’azienda?

Non ci sono stati concetti che non ho trovato utili. Durante il percorso abbiamo toccato aspetti anche molto personali, a qualcuno può non essere piaciuto, ma a mio avviso erano necessari per capire ognuna se stessa nell’ambito del gruppo perché quando ti metti in gioco devi metterti in gioco tutta.

Quali ritiene siano i maggiori benefici che apporta la metodologia del coaching in generale?

Credo che il maggior beneficio del coaching sia la consapevolezza che permette di raggiungere mettendo in luce i propri limiti e dando la possibilità e gli strumenti per superarli e arrivare a raggiungere i propri obiettivi.

Alla luce di questa esperienza quanto ritiene che il coaching sia utile in azienda? Per quali tipologie di obiettivi?

Ritengo che sia molto utile perché permette un confronto diretto con i colleghi che ti fanno notare i tuoi limiti. E’ vero che magari ci vuole più tempo per accettare una critica esterna, però altrimenti potresti non rendertene conto e quindi non migliorare mai. Credo che sia necessario per crescere professionalmente. Ad esempio prima pensavo che il mio essere molto accondiscendente e tollerante a livello lavorativo fosse una qualità. Il team coaching mi ha permesso di capire che nel team ti metti a confronto con le esigenze degli altri, non solo le tue. L’essere accondiscendente non era funzionale con Manuela ma se non avessi fatto questo percorso non me ne sarei mai resa conto e probabilmente Manuela non me l’avrebbe mai detto.

È più facile vedere i limiti che hanno influenza sulla propria vita piuttosto che quelli che influenzano negativamente gli altri. Solitamente ci comportiamo con gli altri come vorremmo che si comportassero con noi, non vediamo ciò che è limitante per l’altra persona finché non ce lo fa notare. Grazie a questo percorso ho imparato che ognuno è diverso dall’altro e in ambito lavorativo ciò che è

limitante per uno può essere necessario per l’altro. Perciò nel team ognuno deve trovare un atteggiamento giusto per legare con gli altri e tirar fuori il meglio dal gruppo.

Il team coaching è un punto di partenza: una volta che ti sei conosciuto più profondamente ed hai imparato le tecniche, prosegui da solo innescando un miglioramento e una crescita continui. Credo che il coaching sia il metodo migliore per creare squadra, aumentare la motivazione delle persone e accrescerne il senso di responsabilità.

Qual è un momento all’interno del percorso che ricorda con maggior emozione e perché?

C’è stato un giorno in cui abbiamo pianto tutte e tre perché ci siamo accorte che eravamo barricate ognuna nei propri orticelli, non c’era apertura verso le altre e invece potevamo scardinare tutto questo ed essere un bel gruppo. Nicoletta ci ha fatto fare il giro degli abbracci: ci abbracciavamo, ci guardavamo negli occhi e ci dicevamo “io mi fido di te”. E’ stato molto profondo dopo quello che ci eravamo dette, anche accuse, riuscire a mettere da parte tutto e abbracciarci.

4.4 Team di Controllo di Gestione: Roberta Visentin, Manuela