Come già riferito in precedenza,questo filone investigativo fu occasionato dal rinvenimento,nello studio romano dello SCOPELLITI,di un incartamento riguardante una controversia civile in cui era parte in causa il Dott. Giulio MEDICI.
Riferiva in proposito il Dott. Mario BLASCO che tale novità aveva portato gli investigatori ad approfondire le indagini in direzione del Dott. Stefano VERSACE che era la controparte del MEDICI in quella stessa controversia.
L’interesse si era poi acuito allorchè si era appreso che in passato il VERSACE aveva intrattenuto legami con alcuni esponenti della nota famiglia SERRAINO,accreditata di appartenere al Gotha della criminalità mafiosa reggina.
Le verifiche sul punto avevano portato tuttavia ad escludere che la vicenda in esame potesse in qualche modo costituire una possibile causa giustificativa dell’omicidio del Dott. SCOPELLITI.
Si era infatti accertato che i pretesi legami del VERSACE con i SERRAINO erano consistiti esclusivamente in rapporti di natura affaristica in taluni precisi settori economici senza tuttavia trasmodare verso aree illecite.
Il VERSACE era peraltro risultato appartenere ad ambienti imprenditoriali e sociali privi di zone d’ombra.
Già dunque nell’ottica degli investigatori il fatto si era rivelato privo di qualsiasi consistenza e tale da non meritare approfondimenti ulteriori rispetto a quelli iniziali.
Tuttavia,la trattazione dell’argomento non sarebbe completa se mancasse di prendere in considerazione i nuovi dati conoscitivi acquisiti nel corso della fase dibattimentale.
Si è infatti accertato che il VERSACE,in data 27.11.1992,presentò un esposto al Procuratore Nazionale Antimafia in cui,partendo dal presupposto del rinvenimento,in locali di pertinenza dello SCOPELLITI,di copia degli atti giudiziari della causa civile fratelli MEDICI- SICE (società di cui esso VERSACE era il legale rappresentante),adombrava pesanti sospetti sulla moralità del magistrato.
A radicare ancor più il convincimento dell’esponente erano state le rivelazioni di un amico,il cui nome rifiutava di fare,il quale gli aveva confidato,per averlo appreso direttamente dallo SCOPELLITI,che costui si era adoperato perchè la controversia si risolvesse a favore dei MEDICI e che tale suo intervento si sarebbe di lì a poco concretato nella sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che avrebbe riconosciuto le buone ragioni del MEDICI stesso.
Il VERSACE aveva poi potuto constatare l’esattezza delle confidenze ricevute dall’amico poichè dopo poco tempo effettivamente i giudici catanzaresi avevano depositato la loro decisione il cui contenuto era decisamente favorevole alle sue controparti.
A seguito di tale esposto,che dopo essere stato inviato alla Procura di Reggio Calabria si era poi definitivamente radicato presso l’Autorità Giudiziaria di Roma,erano state svolte capillari indagini i cui risultati possono essere sintetizzati nei termini che seguono.
Era anzitutto vero che Giulio MEDICI e Stefano VERSACE erano interessati,come controparti,alla soluzione di un contenzioso di natura civile originato dalla compravendita,risalente al 1968,di un terreno.
La causa,impostata inizialmente presso il Tribunale di Reggio Calabria,era stata risolta dal collegio nel senso di dichiarare l’inammissibilità della prova testimoniale richiesta dal MEDICI per dimostrare l’esistenza di un’asserita associazione in partecipazione con il VERSACE ed il suo diritto ad avere una percentuale sui ricavi lordi derivanti dalla vendita del complesso immobiliare edificato sul terreno venduto.
Nello stesso senso aveva deciso la Corte d’Appello di Reggio Calabria dinanzi alla quale era stato presentato gravame.
Presentato quindi ricorso per cassazione,la Suprema Corte aveva annullato con rinvio la sentenza di secondo grado affermando in buona sostanza la praticabilità della prova richiesta dal MEDICI.
La Corte di Appello di Catanzaro,con decisione del 29.8.1991,riconosceva le ragioni di costui uniformandosi al principio affermato dal giudice di legittimità.
Esperito un nuovo ricorso avverso tale ultimo provvedimento,la Corte di Cassazione lo avrebbe respinto poco meno di un anno dopo,precisamente in data 6.7.1992, facendo divenire definitiva la decisione favorevole al MEDICI.
Non rispondeva poi al vero che in uno qualsiasi dei luoghi di pertinenza del Dott. SCOPELLITI fossero mai state rinvenute,in esito alle perquisizioni disposte dopo la sua morte, le copie citate dal VERSACE.
Era invece vero che,presso l’ufficio romano del giudice,nel corso di una perquisizione era stata rinvenuta copia di una sentenza inerente un giudizio intercorso tra Giulio MEDICI ed il Ministero dei Lavori Pubblici.
Sentito sul punto il MEDICI aveva confermato di aver consegnato il documento allo SCOPELLITI per averne un parere in ciò agevolato dai rapporti amicali che a lui lo legavano.
Nessuna prova era stata raccolta che lo SCOPELLITI si fosse in alcun modo adoperato per favorire illecitamente il MEDICI e che a tal fine avesse contattato uno qualsiasi dei magistrati che a livello periferico o centrale si erano interessati del giudizio.Del resto ben due delle decisioni favorevoli al MEDICI medesimo erano state emesse dopo la morte del giudice.
La fonte cui il VERSACE si era riferito per legittimare la sua conoscenza (nel corso di questo dibattimento,precisamente all’udienza dell’1.4.1995, il VERSACE stesso ha deciso di svelarne le generalità indicando in tale MIGLIORISI il suo
confidente) del retroterra ( a suo giudizio torbido) che aveva portato alla sua soccombenza era priva di qualsiasi peso mancando la possibilità di riscontrarla in qualsivoglia modo per via del decesso.
A fronte dunque di tali univoche risultanze il GIP di ROMA,sulla conforme richiesta del P.M.,disponeva l’archiviazione dell’esposto.
Ciò che rimane è dunque l’immagine di un giudice che non ha tradito,nella vicenda appena illustrata,i doveri connessi al suo status.
Ai fini poi della materia oggetto di cognizione del presente procedimento,non può che ribadirsi l’assoluta inidoneità delle motivazioni del Dott. VERSACE a costituire valida causale dell’omicidio dello SCOPELLITI,difettando la proporzione tra gli interessi di cui era portatore con il gravissimo tenore dell’evento per cui è processo ed ancora mancando radicalmente la possibilità di intravedere nella storia personale del VERSACE gli elementi atti a trasformarlo nello spietato mandante di un fatto di sangue.