CAPITOLO I. Gli strumenti giuridici
I. Strumenti internazionali a carattere universale
7. Convenzione di Rio sulla diversità biologica
La Convenzione sulla diversità biologica, adottata a Nairobi il 22 maggio 1992 e aperta alla firma degli stati durante la conferenza di Rio de Janeiro il 5 giugno 199290, è entrata in vigore il 29 dicembre 1993, dopo il deposito del trentesimo strumento di ratifica91.
La Convenzione pone l’attenzione sulla necessità di proteggere e valorizzare la biodiversità esistente, necessaria alla preservazione dei sistemi di mantenimento della vita della biosfera, di impiegarla in modo sostenibile e di distribuire in modo equo i benefici derivanti dall’utilizzo delle risorse genetiche92.
89 Si veda l’art. 18.
90 La Conferenza di Rio, oltre alla Convenzione in esame, ha prodotto un altro importante risultato: l’Agenda 21.
Come rileva V. Pepe, essa si configura come “programma internazionale di azione per uno sviluppo globalmente sostenibile, lanciato in vista dell'ultimo decennio del XX secolo e calato nella prospettiva del XXI secolo. In esso s'insiste nella necessità di armonizzare le varie politiche in materia economica, sociale ed ambientale e di responsabilizzare lo sviluppo economico in modo da renderlo compatibile con la protezione delle risorse naturali nell'interesse delle generazione future (..). Il documento presenta tre obiettivi fondamentali “-la valutazione dei costi ambientali delle decisioni dei produttori e dei consumatori, in modo da invertire la tendenza a considerare l'ambiente un bene dallo sfruttamento illimitato e gratuito; il ricorso a principi economici per incoraggiare la creazione di nuove fasce di mercato e aree di lavoro nei settori del controllo ambientale e della tutela e gestione delle risorse naturali; la dinamica dei prezzi da correlare alla penuria dei beni naturali ed al loro effettivo valore, comprensivo anche dei costi per evitarne, con l'uso, il degrado”. Si rimanda a: V. PEPE, Lo sviluppo sostenibile tra diritto internazionale e diritto interno, in Riv. giur. ambiente 2002, 02, pp. 209 e ss. Il contributo è disponibile nella banca dati DeJure.
91 L’Italia ha ratificato la Convenzione il 15 aprile 1994 ed è entrata in vigore il 14 luglio dello stesso anno. Si
veda il sito web della Convenzione: http://www.cbd.int/.
92 In merito a quest’ultimo aspetto, R. ROMANO (“Lo sfruttamento delle risorse genetiche tra diritto delle invenzioni e biodiversità”, in Riv. dir. ind., 2005, 06, pp. 411 e ss.) sottolinea che “tiene conto degli interessi economici che ruotano attorno alle risorse genetiche ed al loro sfruttamento e si fa carico di un tentativo di distribuzione della ricchezza che potrebbe essere letto anche come strumento per contrastare quella che viene definita «biopirateria». La ricchezza genetica costituisce, infatti, un possibile terreno di scontro tra i paesi
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La diversità biologica è, nello specifico, definita all’art.2 come “[…] la variabilità degli
organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi terrestri, marini ed altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, e tra le specie degli ecosistemi”. La tutela della stessa appare
un’esigenza fondamentale nonché “preoccupazione comune dell’umanità”93, dal momento che è costantemente messa a rischio da molteplici attività antropiche che rischiano di portare ad un’omogeneizzazione e omologazione del patrimonio genetico e dei sistemi della biosfera94.
Nel preambolo viene messo in luce un altro aspetto importante, ossia “la stretta e tradizionale
dipendenza di molte comunità indigene e locali dalle risorse biologiche sulle quali sono fondate le loro tradizioni, nonché l’opportunità di ripartire in maniera equa i benefici derivanti dall’uso di conoscenze, innovazioni e prassi tradizionali attinenti alla conservazione della diversità biologica e all’uso durevole dei suoi componenti”95. Viene infatti più volte sottolineata l’esigenza di garantire la partecipazione di ogni popolazione alle tematiche concernenti la diversità biologica, così come l’accesso alle tecnologie e alle risorse finanziarie messe a disposizione per suddette finalità96. L’art. 1 del testo identifica in modo puntuale gli obiettivi dello strumento: “[…] la conservazione della diversità biologica, l’uso
durevole dei suoi componenti e la ripartizione giusta ed equa dei benefici derivanti dall’utilizzazione delle risorse genetiche […]”97.
Il principio che informa di sé la Convenzione è il diritto sovrano degli Stati ad utilizzare in modo durevole e conservare le risorse biologiche e genetiche presenti sul suolo nazionale conformemente allo statuto delle Nazioni Unite, ai principi di diritto internazionale e a quanto stabilito dalle rispettive politiche ambientali in modo da non provocarne un impoverimento né causare danni alle altre Nazioni a causa delle attività svolte in ambito nazionale98.
caratterizzati da una grande varietà di materiale genetico ma dotati solitamente di scarse risorse finanziarie per investire nella ricerca e nello sfruttamento economico delle risorse medesime e paesi caratterizzati da povertà quanto a varietà genetica, ma dotati di mezzi finanziari per investire nella ricerca e nell'innovazione a partire dal materiale genetico proveniente proprio dai paesi del Sud del mondo”.
93 Terzo considerando dello strumento giuridico in esame.
94 Prima della Conferenza di Rio de Janeiro sulla biodiversità un altro importante evento aveva posto
all’attenzione della comunità internazionale le tematiche dell’ambiente e dello sviluppo sostenibile: la Conferenza di Stoccolma sull’ambiente umano del 16 giugno 1972. Per un’analisi dettagliata dei temi affrontati nei due summit e dei rapporti e le affinità è tra gli stessi si rimanda a: V. PEPE, op. cit., pp. 209 e ss. Il contributo è disponibile nella banca dati DeJure.
95 Dodicesimo considerando.
96 Si vedano ad esempio il tredicesimo e il quindicesimo considerando del testo convenzionale 97 Art. 1 dello strumento giuridico in esame.
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L’art. 7 tratta delle misure inerenti all’individuazione elle attività di monitoraggio che le Parti devono mettere in atto per perseguire quanto disposto dalla Convenzione:
“Ciascuna Parte contraente in conformità con le sue particolari condizioni e capacità:
a) svilupperà strategie, piani o programmi nazionali per la conservazione e l’uso durevole della diversità biologica o adatterà a tal fine le sue strategie, piani o programmi esistenti che terranno conto inter alia dei provvedimenti stabiliti nella presente Convenzione che la riguardano;
b) integrerà nella misura del possibile e come appropriato, la conservazione e l’uso durevole della diversità biologica nei suoi piani settoriali o intersettoriali pertinenti”.
Gli articoli che seguono dispongono ulteriori obblighi, quali la conservazione in ed ex situ dei componenti della diversità biologica presenti sul suolo nazionale (artt.8-9); la garanzia di un utilizzo durevole degli elementi individuati (art.10); la concessione di incentivi atti a perseguire gli scopi convenzionali (art.11); il rafforzamento e lo sviluppo della formazione e della ricerca (artt.12-13); l’ampliamento e la garanzia di accesso alle risorse genetiche e alla tecnologia (e, in particolare, alle biotecnologie) (artt.15-16); la gestione delle stesse e dei relativi benefici (art.19); la cooperazione tecnica e scientifica (art.18).
In merito alla conservazione in situ, l’art.8 par. j. pone in capo a ciascuna Parte un obbligo stringente riguardante il patrimonio culturale immateriale, ossia: “sotto riserva della sua
legislazione nazionale, rispetterà, preserverà e manterrà le conoscenze, le innovazioni e la prassi delle comunità indigene e locali che incarnano stili di vita tradizionali rilevanti per la conservazione e l’uso sostenibile della diversità biologica e favorirà la loro più ampia applicazione con l’approvazione ed il coinvolgimento dei detentori di tali conoscenze, innovazioni e prassi, incoraggiando un’equa ripartizione dei benefici derivanti dalla utilizzazione di tali conoscenze, innovazioni e prassi”.
Con gli artt. 23-25 vengono istituiti organi ad hoc per adempiere e rafforzare quanto previsto dalla Convenzione, ossia la Conferenza delle Parti (art.23), il Segretariato (art.24) e un Organo Sussidiario di Consulenza Scientifica, Tecnica e Tecnologica (art.25).
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