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Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società

CAPITOLO I. Gli strumenti giuridici

A) Strumenti del Consiglio d’Europa

13. Convenzione quadro sul valore del patrimonio culturale per la società

La Convenzione quadro164 sul valore del patrimonio culturale per la società, stesa da un gruppo di esperti sotto la guida del Comitato Direttivo del Patrimonio culturale e aperta alla firma degli Stati facenti parte del Consiglio d’Europa, reca la data del 27 ottobre 2005.165 Con tale strumento, coerentemente con gli scopi perseguiti dal Consiglio d’Europa, viene riconosciuto un ruolo di vitale importanza ai valori umani correlati al patrimonio culturale, il quale, arricchendosi della dimensione sociale e connotandosi come elemento vivente, condiviso e derivante dall’interazione tra i popoli, contribuisce ad allargare e approfondire il concetto di eredità culturale166, divenendo fonte e risorsa per l’esercizio delle libertà167168.

si sono distinte per il contributo fornito “alla salvaguardia, alla gestione o alla pianificazione del paesaggio”. Inoltre, vincitrice della seconda edizione (2010-2011) del premio è stata l’Italia con il progetto "Carbonia Landscape Machine”. La pagina web dedicata alla seconda edizione del premio del paesaggio è:

http://www.premiopaesaggio.it/premio2012/.

164 In merito alla scelta di tale tipologia di strumento giuridico, caratterizzato dall’individuazione di una

“cornice” costituita da obiettivi vasti e macro aree di intervento, priva di stringenti obblighi specifici, si veda il rapporto esplicativo della Convenzione (par. C. The character of the Convention), ove, inoltre, viene sottolineato il ruolo fondamentale degli Stati membri in merito alla scelta delle attività, delle politiche e delle prassi ottimali da intraprendere per perseguire gli obiettivi enunciati dalla Convenzione.

165 La Convenzione in questione (detta anche Convenzione di Faro dal nome della città portoghese in cui è stata

conclusa), entrata in vigore l’1 giugno 2011 dopo il deposito del decimo strumento di ratifica, è stata firmata dall’Italia il 27.02.2013 e, attualmente, la fase di entrata in vigore è in uno stadio molto avanzato. Il numero degli Stati firmatari che non hanno successivamente ratificato la Convenzione è minore rispetto al numero degli Stati che si sono impegnati anche per ratificarla. Infatti, solamente Albania, Belgio, Bulgaria, Italia, San Marino e Ucraina non hanno ancora compiuto lo step successivo volto a renderla operativa. Sulla Convenzione si rimanda, oltre al rapporto esplicativo della stessa disponibile sul sito:

http://conventions.coe.int/Treaty/EN/Reports/Html/199.htm; nonché a: COUNCIL OF EUROPE, Heritage and Beyond, Council of Europe Publications, Strasburgo, 2009; M. CARBONI, La Convenzione Quadro sul Valore del Patrimonio Culturale per la Società. Uno strumento innovativo del Consiglio d’Europa?, Venezia, 2013 (tesi di Laurea Magistrale, pubblicata e consultabile al link: http://hdl.handle.net/10579/2856); E. SCIACCHITANO, “La Convenzione quadro sul valore dell’eredità culturale per la società”, in Notiziario, XXV-XXVII. 92-97, gennaio 2010-dicembre 2011, pp. 170-171; L. ZAGATO, “Heritage communities: un contributo al tema della verità in una società globale?”, in M. RUGGENINI, R. DREON, G.L. PALTRINIERI (a cura di), Verità in una società plurale, Milano, Mimesis, vol. 27, 2013, pp. 103-124.

166 In particolare, nel rapporto esplicativo (par. A. Aims and origins of the Convention - Aims), viene evidenziato

come “The Convention arose from the desire of the Committee of Ministers to provide a framework of reference for heritage policies, particularly in the context of rights and responsibilities in this area and the positive benefits which can be drawn from the use of the heritage as cultural capital, with a view to underpinning existing Council of Europe instruments concerning more specific aspects of cultural heritage […]. Existing instruments do not affirm the growing importance of the cultural heritage relative to:

– sustainable development: cultural heritages are seen as precious resources in the integration of the different dimensions of development: cultural, ecological, economic, social and political. Cultural heritage is valuable for its own sake and for the contribution it can make to other policies;

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Nello specifico, la definizione di cosa si debba intendere con tale termine si trova all’art.2: “l’eredità culturale è un insieme di risorse ereditate dal passato che le popolazioni

identificano, indipendentemente da chi ne detenga la proprietà, come riflesso ed espressione dei loro valori, credenze, conoscenze e tradizioni, in continua evoluzione. Essa comprende tutti gli aspetti dell’ambiente che sono il risultato del l’interazione nel corso del tempo fra le popolazioni e i luoghi”169. Infatti è riconosciuto il diritto all’eredità culturale, verso cui, tuttavia, è necessario che ci sia una responsabilità individuale e collettiva volta a garantirne la protezione, l’integrità e la valorizzazione. Il tutto è inserito in un’ottica che vede in tali azioni e pratiche i mezzi ottimali per raggiungere, in una situazione caratterizzata da mutamenti (e stravolgimenti) rapidi e continui, obbiettivi di sviluppo sostenibile e miglioramento della qualità della vita170. Viene altresì ribadita la facoltà, attribuita ad ogni individuo, ad

“interessarsi all’eredità culturale di propria scelta, in quanto parte del diritto a partecipare liberamente alla vita culturale”, da esercitarsi, nel rispetto dei diritti e delle libertà altrui, così

come dichiarato dalla Dichiarazione universale delle dei diritti dell’uomo del 1948 e dal

Patto Internazionale sui Diritti Economici, Sociali e Culturali del 1966.171

L’art. 1 dello strumento in esame sottolinea la presa di coscienza, da parte degli Stati membri,

– globalization: cultural heritages are resources for the protection of cultural diversity and sense of place in the face of growing standardization;

– renewed awareness of the cultural identity dimension in conflicts: cultural heritages are resources on which to develop dialogue, democratic debate and openness between cultures.

Segnatamente alle origini dello strumento in esame si veda, sempre con riferimento al rapporto esplicativo, anche il par. A. “Aims and origins of the Convention – Origins”.

167 Sul punto si veda il rapporto esplicativo della Convenzione, par. B. 3. “Specificity and timeliness of a Council of Europe instrument”.

168 Si rimanda al preambolo della Convenzione in esame.

169 C. CARMOSINO, “La Convenzione quadro del Consiglio d’Europa sul valore del patrimonio culturale per la società”, in Aedon, n. 1, 2013, pp. 42-43, in merito al concetto di eredità culturale precisa che: “La definizione pertanto non richiede requisiti di forma o di manifestazione, includendo elementi materiali e immateriali, mobili e immobili, e inglobando altresì la dimensione paesaggistica, sotto l’influenza della Convenzione europea sul paesaggio. Essa, inoltre, non prevede specifici limiti temporali, come invece fa il nostro Codice dei beni culturali e del paesaggio, aprendo il patrimonio anche all'ingresso di beni di recente realizzazione”.

170 C. CARMOSINO, op. cit., p. 42, sul punto afferma che scopo della Convenzione “[…] è quello di evidenziare il contributo del patrimonio culturale alla costruzione di una società democratica e pacifica, al suo sviluppo sostenibile e alla promozione della diversità culturale. Questo carattere strumentale è sottolineato dal riferimento al patrimonio come risorsa, la cui protezione non deve essere considerata un obiettivo finale e a sé stante, ma essere inquadrata in una visione più ampia quale mezzo per concorrere allo sviluppo sostenibile della società”.

171A tal proposito, l’art. 6 ricorda che:

“Nessuna misura di questa Convenzione potrà in alcun modo essere interpretata al fine di:

a. limitare o mettere in pericolo i diritti dell’uomo e le libertà fondamentali che possono essere salvaguardate dagli strumenti internazionali, in particolare, dalla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo e dalla Convenzione per la protezione dei Diritti dell’uomo e delle Libertà fondamentali;

b. influenzare disposizioni più favorevoli riguardo all’eredità culturale e all’ambiente, contenute in altri strumenti giuridici nazionali o internazionali;

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di situazioni e necessità imprescindibili connesse all’eredità culturale, tra cui spicca la centralità del ruolo ricoperto dagli individui e dalle comunità nell’individuazione, formazione e fruizione della stessa. Ciò viene esplicitato sin dal preambolo: “ […] convinti della necessità

di coinvolgere ogni individuo nel processo continuo di definizione e di gestione dell’eredità culturale”, processo che viene spesso portato avanti da una comunità d’eredità (o comunità patrimoniale), così definita all’art. 2 par. b:

“una comunità di eredità172 è costituita da un insieme di persone che attribuisce valore ad

aspetti specifici dell’eredità culturale, e che desidera, nel quadro di un’azione pubblica, sostenerli e trasmetterli alle generazioni future”.

Il concetto di eredità culturale viene poi analizzato alla luce di una dimensione prettamente europea: all’art. 3, ci si riferisce, infatti, alla nozione di patrimonio comune d’Europa173. Questo permette, attraverso le diverse forme di ricreazione e condivisione, una maggiore comprensione e rispetto tra i popoli, favorendo il loro avvicinamento. Nello specifico e intesa nel senso suddetto, essa comprende “tutte le forme di eredità culturale in Europa che

costituiscono, nel loro insieme, una fonte condivisa di ricordo, comprensione, identità, coesione e creatività”; nonché “gli ideali, i principi e i valori, derivati dall’esperienza ottenuta grazie al progresso e facendo tesoro dei conflitti passati, che promuovono lo sviluppo di una società pacifica e stabile, fondata sul rispetto peri diritti dell’uomo, la democrazia e lo Stato di diritto”.

L’art. 4 richiama, essendo già stato introdotto all’art.1, uno degli elementi costituenti il cuore della Convenzione, ossia i diritti e le responsabilità connessi all’eredità culturale. Viene riconosciuto, infatti, il diritto fondamentale di partecipare attivamente alla fruizione, alla produzione e alla ricreazione della stessa, a livello individuale o collettivo, in quanto fonte d’identità per le comunità riconoscenti suddetta eredità come la propria e avendo queste

172 Il rapporto esplicativo (par. D. “Detailed commentary on the text of the Convention”, art. 2) in merito precisa

che “the concept of heritage community is treated as self-defining: by valuing and wishing to pass on specific aspects of the cultural heritage, in interaction with others, an individual becomes part of a community. A heritage community is thus defined as a variable geometry without reference to ethnicity or other rigid communities. Such a community may have a geographical foundation linked to a language or religion, or indeed shared humanist values or past historical links. But equally, it may arise out of a common interest of another type”.

173 Il concetto di “patrimonio comune d’Europa”, inteso come insieme di saperi, concetti, valori e ideali

condivisi e volti ad avvicinare le diverse popolazioni d’Europa, non viene nominato per la prima volta in questo strumento. Infatti, già con la Convenzione culturale europea del 1954, all’art. 1, venivano invitato ogni Stato parte membro del Consiglio d’Europa ad adottare “misure intese a salvaguardare e a incoraggiare lo sviluppo del suo contributo al patrimonio culturale comune dell’Europa”. La Convenzione è reperibile sul sito web: http://conventions.coe.int/Treaty/ita/Treaties/Html/018.htm.

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ultime, a loro volta, l’obbligo di rispettare quella altrui174. L’ultimo paragrafo precisa poi che “l’esercizio del diritto all’eredità culturale può essere soggetto soltanto a quelle limitazioni

che sono necessarie in una società democratica, per la protezione dell’interesse pubblico e degli altrui diritti e libertà”, ricollegandosi così a quanto già enunciato nel preambolo. Il

diritto all’eredità culturale e il valore della stessa deve essere riconosciuto, assicurato e valorizzato da parte degli Stati membri, che si devono dotare di politiche, norme e pratiche ad hoc, così come invitato a fare dagli artt. 5 e 11. Ruolo centrale rivestono, come già accennato, anche studio, formazione e conoscenza, che, assieme alla creazione di “un clima economico e

sociale che sostenga la partecipazione alle attività inerenti l’eredità culturale”, garantiscano

la centralità della stessa e permettano lo sviluppo e il rafforzamento di aspetti strettamente correlati quali l’obiettivo di perseguire “uno sviluppo sostenibile, il sostegno della diversità culturale, della creatività contemporanea” (art. 5) e un utilizzo della stessa in grado di preservarne il valore e l’integrità (art. 9). A tal proposito, indicazioni utili vengono fornite ai par. d ed e dell’art.9: “promuovere l’uso dei materiali, delle tecniche e delle professionalità

basati sulla tradizione, ed esplorarne il potenziale per le applicazioni contemporanee”; “promuovere l’alta qualità degli interventi attraverso sistemi di qualifica e accreditamento professionali per gli individui, le imprese e le istituzioni”.

Le disposizioni relative al rapporto intercorrente tra eredità culturale, ambiente e qualità

della vita sono enunciate all’art.8, dai quali emerge l’esigenza di:

a. arricchire i processi di sviluppo economico, politico, sociale e culturale e di pianificazione dell’uso del territorio, ricorrendo, ove necessario, a valutazioni di impatto sull’eredità culturale e adottando strategie di mitigazione dei danni;

b. promuovere un approccio integrato alle politiche che riguardano la diversità culturale, biologica, geologica e paesaggistica al fine di ottenere un equilibrio fra questi elementi; c. rafforzare la coesione sociale promuovendo il senso di responsabilità condivisa nei confronti dei luoghi di vita delle popolazioni;

d. promuovere l’obiettivo della qualità nelle modificazioni contemporanee dell’ambiente

174 La questione relativa alla partecipazione “attiva e democratica” di individui e comunità viene approfondita

all’art. 12. In particolare, è riconosciuto il ruolo fondamentale svolto dalle attività di “studio, identificazione, interpretazione, protezione, conservazione e presentazione dell’eredità culturale”, cui ciascuno è chiamato a partecipare, così come la possibilità di contribuire “alla riflessione e al dibattito pubblico sulle opportunità e sulle sfide che l’eredità culturale rappresenta”. È necessario, inoltre, adoperarsi per garantire e migliorare l’accesso all’eredità culturale, specie per le fasce più deboli della popolazione, al fine di creare una maggiore consapevolezza della stessa.

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senza mettere in pericolo i suoi valori culturali.175

L’art. 10 analizza, invece, nello specifico la centralità dell’utilizzo dell’eredità culturale come mezzo per perseguire uno sviluppo economico sostenibile, collegandosi, di fatto, al precedente art. 9.

La parte IV della Convenzione (artt. 15-17) è dedicata, da un lato, ai meccanismi di controllo e monitoraggio176 (comprendenti anche la predisposizione di un sistema informativo comune per la rendicontazione e la valutazione) che le Parti devono mettere in atto al fine di tutelare gli sforzi fatti inerenti all’eredità culturale, in particolare rivolti alla promozione dell’eredità comune europea; dall’altro alla cooperazione regionale e internazionale.177

La parte V, quella conclusiva, concerne le clausole finali, ossia regola le modalità (e le tempistiche) di firma ed entrata in vigore (art. 18); di adesione (art. 19); di applicazione territoriale dello strumento (art. 20); per la denuncia (art. 21); per apportare emendamenti (art. 22) e delle notifiche (art. 23).