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La Convenzione sulla prevenzione e la lotta contro la

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La Convenzione “sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” firmata a Istanbul l’11 maggio 201197, redatta dal Consiglio d’Europa,

rappresenta uno dei capisaldi tra i documenti presenti in tema di lotta alla violenza. È il primo strumento internazionale giuridicamente vincolante volto a proteggere la donna contro qualsiasi forma di violenza e prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica98, mirando

ad accrescere la sicurezza delle vittime. Come si evince dal preambolo, la Convenzione si prefigge lo scopo di condannare ogni forma di violenza, con particolare attenzione alla violenza di genere e la violenza domestica, andando a ripristinare e diffondere il rispetto dei diritti umani.

La maggiore aspirazione della Convenzione è quella di creare un’Europa libera dalla violenza contro le donne e dalla violenza domestica sia nella vita pubblica che privata. Ritorna inoltre, ancora una volta l’attenzione verso le vittime vulnerabili. Il primo tassello da cui partire per poter arrivare alla

costruzione di un mosaico completo di garanzie e tutele per la vittima, è quello di rendere effettiva l’ uguaglianza di genere,99

di fatto e di diritto.

97 La Convenzione

sulla prevenzione e la lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica” firmata a Istanbul l’11 maggio 2017, è stata sottoscritta dall’Italia il 27 settembre 2012 ed autorizzata alla ratificata, con voto unanime dei due rami del Parlamento, con la legge n. 77 del 27 giugno 2013. Pubblicata nella Gazz.Uff. n.152del 2013.

98 Preambolo e Articolo 1.

99con riguardo al termine “genere” l’Italia ha depositato presso il Consiglio d’Europa una nota verbale in cui fa presente che “applicherà la Convenzione nel rispetto dei principi e delle previsioni costituzionali” motivata dal fatto che la definizione di “genere” contenuta nella Convenzione all’art.3, lettera C) recita “con il termine genere ci si riferisce a ruoli, comportamenti, attività e attributi socialmente costruiti che una determinata società considera appropriati per donne e uomini”. Definizione troppo ampia e incerta che presenta profili di criticità in ordine all’impianto costituzionale italiano.

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La Convenzione di Istanbul si compone di ottantuno articoli, raggruppati in dodici capitoli, preceduti da un preambolo e seguiti da un allegato. Il nostro interesse lo si rinviene in particolare nei seguenti capitoli:

Capitolo III: Prevenzione

Capitolo IV: Protezione e sostegno

Capitolo VI: Indagini, procedimenti penali, diritto processuale e misure protettive.

I fini da raggiungere sono:

1) Proteggere, prevenire, perseguire ed eliminare la violenza contro le donne e la violenza domestica: violenza questa che si inserisce nel più ampio ventaglio della violenza di genere.

2) Eliminare ogni forma di discriminazione contro le donne, promuovendo la parità tra i sessi e rafforzandone

autonomia e autodeterminazione.

3) Promuovere la cooperazione internazionale tra gli Stati e una collaborazione efficace tra tutti gli enti,

organizzazioni pertinenti e istituti, prevedendo anche sostegno e assistenza per le organizzazioni chiamate ad adempiere a tale compito.

4) Accertare le responsabilità con l’applicazione di sanzioni effettive con conseguente risarcimento delle vittime. Partendo dalla prevenzione contro la commissione di atti di violenza, essa può essere attuata agendo sui comportamenti soci-culturali delle donne e degli uomini al fine di eliminare pregiudizi, costumi, tradizioni e qualunque altra pratica basata sull’idea dell’inferiorità della donna e dei modelli stereotipati dei ruoli di donne e uomini. La prevenzione potrebbe essere raggiunta anche promuovendo programmi e attività destinati ad aumentare il livello di autonomia ed emancipazione della donna, funzionali a diminuire quelle dipendenze economiche ed affettive nei confronti dell’autore, che spesso ne impediscono il distacco.

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L’ educazione da impartire alle nuove generazioni è un altro punto cardine su cui intervenire: sarebbe opportuno includere nei programmi scolastici di ogni ordine e grado e nei materiali didattici, l’apprendimento della risoluzione non violenta dei conflitti nei rapporti interpersonali, del rispetto reciproco e della non violenza sulle donne basata sul genere, in modo appropriato al livello cognitivo degli allievi. Gli Stati sono inoltre chiamati ad attuare e promuovere regolarmente campagne o programmi di sensibilizzazione finalizzati ad aumentare all’interno del contesto sociale il livello di comprensione e consapevolezza, in merito alle possibili forme di manifestazione della violenza, rendendo noti i contenuti degradanti quali fonte di denuncia delle nocive conseguenze che coinvolgono la

vittima, in seguito al verificarsi dell’atto illecito. A tal proposito si auspica una cooperazione con le istituzioni nazionali per i diritti umani, gli organismi competenti, la società civile e le ONG per una diffusione capillare delle misure idonee a prevenire gli atti di violenza, su tutto il territorio. Ad essi si aggiunge il contributo del settore privato, delle tecnologie dell’informazione e dei mass-media.

L’Assistenza delle vittime di reato oggetto della Convenzione, si realizza fornendo loro servizi che ricomprendono consulenze legali, sostegno psicologico, assistenza finanziaria, alloggio, istruzione, formazione ed assistenza nella ricerca di un lavoro, oltre all’accesso ai servizi sanitari e sociali. In caso di reati più gravi e per vittime vulnerabili si prevedono invece servizi specializzati tra i quali rientra l’accoglienza in case rifugio, facilmente accessibili che garantiscano l’ingresso ad un ampio numero di soggetti e che concedano un alloggio alle donne in difficoltà, ovvero luoghi adeguati alle necessità di ogni singolo caso. Si prevede poi la creazione di centri di prima assistenza rivolti soprattutto alle vittime di violenza sessuale, dove poter effettuare una visita medica, una consulenza medico-legale e ottenere un supporto psicologico per superare il trauma.

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Un ulteriore passo in avanti viene fatto prevedendo

un’assistenza pre e post factum attraverso la creazione di linee telefoniche di sostegno gratuite e continue, che funzionino ventiquattro ore al giorno per sette giorni su sette senza sosta, che aiutino su tutto il territorio nazionale, anche in forma anonima, a fronteggiare situazioni di pericolo immediato o diano consigli e informazioni utili su come sfuggire a situazioni violente. Un importante contributo perviene poi dalle

segnalazioni di un testimone di qualsiasi atto di violenza che abbia ragionevoli motivi per ritenere che l’atto sarà commesso o che ve ne saranno ulteriori, facoltà che dovrebbe essere

rilasciata anche alle figure professionali nonostante il ruolo che rivestono, prescindendo dalle norme sulla riservatezza che impedirebbero la messa in atto di una simile facoltà.

La protezione, strettamente connessa all’assistenza, è volta ad evitare il verificarsi di nuovi atti di violenza. Essa deve essere concessa a prescindere dalla volontà della vittima di intentare un procedimento penale, dando informazioni adeguate e

tempestive sui servizi di sostegno, in una lingua comprensibile. La Corte EDU, più volte intervenuta sul tema della protezione della vittima, si focalizza insistentemente sul ruolo del processo considerato massima espressione per la tutela dei diritti,

soprattutto di fronte a reati di violenza sessuale. La sentenza Dorsoon c. Paesi Bassi della Corte EDU ha chiarito

espressamente che gli interessi della difesa devono essere bilanciati con quelli del testimone o della vittima chiamata a testimoniare. La procedibilità prescinde in tutto o in parte dalla denuncia della vittima e il procedimento prosegue anche in caso di remissione della querela. L ’irrilevanza della volontà dell’offeso funge da argine contro ogni tentativo di bypassare la misura limitativa della libertà che si avvalga della condizione di fragilità decisionale della vittima, oltre ad essere il frutto di un’impostazione pubblicistica che anima la materia penale anche quando questa tocca le strutture familiari. Invero, al fine

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di irrobustire l’argine contro possibili pressioni nei confronti della vittima di reati relazionali ed endofamiliari, l’art. 48 della Convenzione di Istanbul fa carico agli Stati aderenti di ”vietare i metodi alternativi di risoluzione dei conflitti, tra cui la

mediazione e la conciliazione, per tutte le forme di violenza” domestica.

La vittima deve essere interrogata “soltanto per quanto è

necessario al procedimento penale”100; al fine poi, di accordarle

una più incisiva tutela, appare opportuno tenerla lontana dalla cross-examination, anche in considerazione del forte impatto emotivo che può emergere laddove la vittima si ritrovi faccia a faccia con il proprio carnefice. Questo si prefigura soprattutto per i reati a sfondo sessuale dove la sua testimonianza si rivela talvolta decisiva per valutare complessivamente i fatti di causa. Ritorna la protezione dai fenomeni di vittimizzazione secondaria per vittime e familiari, dal rischio di danni fisici, emotivi o psicologici e dal rischio di intimidazioni e rappresaglie. A tal fine è necessario informare la vittima circa i casi di evasione o remissione in libertà dell’autore del reato.

Una sentenza molto importante è “Opuz c. Turchia”,101 in cui si

afferma che lo Stato contraente ha l’obbligo di valutare la posizione della vittima dei reati intra-familiari focalizzandosi su molteplici aspetti: serietà del reato, gravità delle lesioni fisiche o psicologiche subite dalla vittima, uso di armi, esistenza di precedenti tentativi o la pianificazione del reato, l’eventuale presenza di bambini, la relazione intercorrente fra autore del reato e vittima, per concludere con la “storia criminale

“ dell’aggressore. Proteggere significa anche tutelare l’immagine e la vita privata, di modo che le prove relative agli antecedenti

100 Corte EDU, 29 ottobre 2001, Helmers c.Svezia. 101Si rinvia al paragrafo 8 del presente capitolo.

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sessuali e la condotta della vittima sono ammissibili solo se pertinenti e necessari.

Se uno Stato poi ha seri motivi di ritenere che una persona possa essere esposta in modo immediato al rischio di subire uno degli atti di violenza, sul territorio di un’altra Parte, è chiamato a comunicarlo senza indugio allo Stato interessato, al fine di adottare tempestivamente le misure di protezione

adeguate.

La protezione si attua inoltre mediante l’adozione, in caso di urgenza, di misure di allontanamento imposte dal giudice: gli Stati devono creare le condizioni per applicare, in situazioni di pericolo, misure cautelari di allontanamento urgente

dell’autore, soprattutto in casi di violenza domestica, dalla residenza della vittima inibendogli, per un periodo di tempo sufficiente, di avvicinarsi alla stessa e di accedere alla casa familiare. In un‘ottica di ulteriore protezione, alla misura precedentemente esposta si affianca l’adozione di ordinanze di ingiunzione o protezione immediata della vittima, il che, si specifica, deve avvenire senza oneri amministrativi o finanziari eccessivi per la stessa, emesse per un periodo specificato fino alla revoca o modifica, con effetto immediato e decise ex parte indipendentemente o contestualmente ad altri procedimenti giudiziari o introdotte nei procedimenti giudiziari successivi. La violazione compiuta da parte del reo comporta pertanto

l’applicazione di sanzioni penali o altre sanzioni legali, efficaci, proporzionate e dissuasive.

L’assistenza viene prevista anche per il reo: è compito degli Stati prevedere e confezionare dei programmi rivolti agli autori degli atti di violenza domestica al fine di rieducare tali soggetti, incoraggiandoli ad adottare comportamenti non violenti nelle relazioni interpersonali e per prevenire il compimento di nuove violenze. Si invoca quindi l’inserimento di programmi di

trattamento volti a scongiurare la recidiva, specie per i reati di natura sessuale. A maggior ragione poi devono essere rase al

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suolo tutte quelle concezioni volte a giustificare atti di violenza sull’assunto dell’onore. Un ordinamento improntato sulla tutela dei diritti non può tollerare accuse riguardo alla trasgressione da parte della vittima di norme o costumi culturali, religiosi o sociali al fine di rendere tollerabile la condotta offensiva tenuta dall’autore del reato.

La Convenzione non manca di prevedere anche delle circostanze aggravanti per i reati commessi nei confronti

dell’attuale o ex coniuge o partner, da parte di un membro della famiglia, del convivente o da chi ha abusato della propria

autorità; per i reati commessi ripetutamente, contro una persona in circostanze di particolare vulnerabilità, su un bambino o in sua presenza e per reati che abbiano provocato danni fisici o psicologici alla vittima. La Corte EDU102ha

affermato che qualsiasi atto intenzionale diretto contro il benessere fisico o morale del bambino deve essere

criminalizzato senza mezzi termini, mentre per le violazioni meno gravi sarebbe opportuno dare spazio a strumenti di natura civile.

Per le vittime è poi prevista la tutela risarcitoria. “Il

risarcimento (recte:l’ indennizzo)sarà concesso solo se è effetto di un “reato intenzionale violento, risultando così incerto se la violenza debba assurgere ad elemento normativo della

fattispecie o la sua rilevanza debba essere meno formale e se si comprenda solo la violenza esercitata sulle persone o anche sulle cose”103.L’ indennizzo deve essere equo e adeguato,

rimandando ai meccanismi interni per i criteri di liquidazione poiché alcuni Stati possono prevedere meccanismi più

favorevoli.

102 Corte EDU, 2 dicembre 2008, sentenza K.U. c. Finlandia.

103 GAETA P., “La tutela delle vittime del reato nel diritto dell’Unione

Europea: spunti per una ricostruzione storico-sistematica”, op.cit., p.2713 ss.

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La vittima deve poi poter essere risarcita non solo dall’autore ma anche dagli Stati che abbiano mancato l’adempimento dei servizi di assistenza e protezione. Lo Stato interverrà anche in caso di insolvenza da parte dell’autore in seguito al verificarsi di pregiudizi per l’integrità fisica o la salute.

Esiste infine il GREVIO104 a cui è dedicato il Capitolo IX della

Convenzione, il quale è un Meccanismo di controllo,

appositamente creato per monitorare sulla corretta attuazione della Convenzione all’interno degli Stati Parte della stessa. I suoi membri devono avere un’elevata moralità e competenze in materia di diritti umani, uguaglianza fra i sessi, contrasto alla violenza sulle donne e alla violenza domestica, assistenza e protezione alle vittime o riconosciuta esperienza professionale nei settori oggetto della presente Convenzione. Gli Stati parte sono chiamati a compilare un rapporto da sottoporre al

GREVIO, possono inoltre compilare questionari, ricevere visite o inchieste, per monitorare il livello di attuazione. L’iter si conclude con un rapporto del GREVIO contenente le proprie conclusioni in merito alle misure adottate dalla parte

interessata. Di notevole importanza è la previsione per cui se il GREVIO riceve delle informazioni attendibili in ordine ad una situazione in cui i problemi rilevanti richiedono un’attenzione immediata, per limitare o prevenire la portata o il numero di gravi violazioni della Convenzione, può richiedere la

presentazione urgente di un rapporto speciale sulle misure adottate per prevenire qualunque forma di violenza sulle donne grave, diffusa o ricorrente. Può designare ai membri incaricati di condurre un’indagine, emettendo con urgenza un rapporto e

104 Gruppo di esperti sulla lotta contro la violenza nei confronti delle donne e la violenza domestica. Composto da un minimo di dieci a un massimo di quindici membri che faccia attenzione ad un giusto equilibrio tra i sessi a un’equa ripartizione geografica e dell’esigenza di competenze multidisciplinari. I membri sono eletti dal Comitato delle parti, con un mandato di quattro anni, rinnovabile una sola volta.

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se necessario, con il consenso della parte, può prevedere una visita sul territorio.

Al fine di sostenere la ricerca su tutte le forme di violenza, contribuendo a studiarne le cause profonde, gli effetti, la frequenza, le percentuali delle condanne e l’efficacia delle misure adottate, sarebbe opportuno effettuare indagini statistiche tramite la raccolta dati105, unite a delle indagini

svolte sulla popolazione a intervalli regolari, finalizzate a determinare frequenza e tendenza di ogni forma di violenza. I dati vengono poi trasmessi al GREVIO per stimolare la

cooperazione e permettere un confronto internazionale.

Nel 2018 sarà l‘Italia il paese ad essere sottoposto al controllo.

5. La Convenzione per la protezione dei bambini contro lo