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Le misure cautelari: un breve inquadramento normativo

Le misure cautelari sono misure provvisorie, urgenti ed immediatamente esecutive, applicate dall’autorità

giurisdizionale, in fase di indagini preliminari o processuale, ogniqualvolta vi sia il timore che il decorso del tempo possa mettere a rischio l’accertamento del fatto di reato ovvero in caso di pericolo di fuga o di reiterazione criminosa, ad opera dell’indagato, con successivo aggravamento delle conseguenze dell’illecito. In un simile scenario, visti i delicati interessi che entrano in gioco, risulta prioritario effettuare un bilanciamento

203MARCELLI I., Escluso l’ordine di allontanamento per lo stalker condominiale: quale tutela cautelare?, in Cass. pen. 2016, p. 1668 ss., il quale sostiene l’ipotesi di applicabilità della misura ex art. 282-bis ai procedimenti penali originati da liti tra condomini e vicini di casa. Pur argomentando in ordine alla opportunità di rendere possibile per tali ipotesi l’applicazione dell’allontanamento e auspicando a tal fine un “ intervento legislativo che escluda ogni specialità domestica dall’ambito operativo dell’art. 282-bis c.p.p.”, rileva come “l’art. 282-ter c.p.p. non presenta alcun riferimento al contesto familiare e ben potrebbe, dunque, astrattamente, ricomprendere i condomini fra le persone offese destinatarie della tutela e lo stesso edificio comune, o le rispettive abitazioni, come luoghi da queste abitualmente frequentati.”

204CIPRIANO G., Maltrattamenti in famiglia e misure cautelari

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con i diritti costituzionalmente garantiti dell’inviolabilità della libertà personale e dei diritti fondamentali della persona, prerogativa che ha spinto il legislatore a predisporre regole stingenti per evitare che l’applicazione delle misure in esame si tramutasse, per il soggetto ad esse sottoposto, in

un’anticipazione della pena.

Il giudice non è ivi chiamato ad emettere una decisione nel merito, piuttosto a valutare, basandosi sugli elementi di prova a sua disposizione, le probabilità di una condanna ai fini dell’applicazione di una misura cautelare personale. Le misure cautelari, con il proposito di soddisfare il principio di

adeguatezza, sono poi ordinate in termini di progressiva afflittività, secondo una gerarchia graduale e si articolano e differenziano in base a un contenuto meramente obbligatorio fino ad arrivare a quelle detentive.

L’art. 272 c.p.p., in tema di “limitazioni alle libertà della persona”, apre il libro IV, in cui vengono disciplinati i principi di riserva di legge, di giurisdizione e di tassatività funzionali all’applicazione delle misure cautelari.

Le misure cautelari personali si distinguono a loro volta in coercitive e interdittive.

Le prime sono misure attraverso le quali possono essere variamente compresse le libertà della persona nel corso del procedimento penale, sono graduate dalle più lievi alle più afflittive205 e vanno ad incidere direttamente sulla libertà del

soggetto, mentre le seconde sono provvedimenti che limitano temporaneamente, in tutto o in parte, l’esercizio di determinate facoltà o diritti, avendo così un’incidenza più lieve sull’individuo. Tali misure restrittive, come indicato a norma degli artt. 280 e 287 c.p.p., si possono applicare solo quando la legge stabilisce

205MARZADURI E.,Misure cautelari personali (principi generli e disciplina), in Digesto delle discipline penalistche, volume 8,UTET, 1994, p.72

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la pena dell’ergastolo o della reclusione superiore nel massimo a tre anni, mentre la custodia cautelare in carcere può trovare applicazione solo per i reati per cui si prevede la pena non inferiore nel massimo a cinque anni.

Le condizioni generali di applicabilità delle suddette misure sono indicate all’art. 273 c.p.p. e vanno ad individuare il substrato probatorio a carico del destinatario del

provvedimento restrittivo, il quale si fonda sulla presenza di gravi206 indizi di colpevolezza, il c.d. fumus commissi delicti,

salva l’assenza di cause di giustificazione, di non punibilità o di estinzione del reato o della pena. Gli indizi che si rendono necessari per valutare la colpevolezza del soggetto cui applicare una misura cautelare, non devono essere equiparati a quelli generalmente valutati in sede di condanna ma deve apparire un alto grado di certezza in ordine al compimento del fatto di reato ad opera dello stesso, per cui, laddove fosse necessario emettere “qui ed ora” una sentenza, sarebbe quasi sicuramente di condanna. Sostanzialmente, allo stato degli atti, verrebbe a formularsi un giudizio prognostico di ragionevole probabilità che il fatto sia stato commesso dall’imputato (o indagato), basato però sui caratteri della provvisorietà e

dell’incompletezza. La riserva di legge infatti impone che le esigenze cautelari siano ben individuate e definite, anche al fine di affievolire il contrasto che altrimenti si creerebbe con l’art. 27, comma 2˚ Cost., il quale vieta di considerare colpevole chi non sia stato condannato con una sentenza definitiva. L’art. 274 c.p.p., riporta il secondo criterio, da coordinare con quello dei gravi indizi di colpevolezza, il c.d. periculum libertatis: le esigenze da soddisfare sono tre, ravvisabili nel concreto ed

206Il termine “gravi” è volto ad individuare un livello particolarmente affidabile della prognosi di condanna operata sulla base del materiale probatorio acquisito fino a quel momento. Prima si parlava di sufficienti indizi ma l’ambito di interesse necessita di una determinatezza tale da non lasciare spazio a troppe manovre discrezionali.

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attuale pericolo per l’acquisizione o la genuinità della prova nel corso delle indagini, nel pericolo effettivo o potenziale, di fuga dell’imputato e infine nel pericolo concreto ed attuale di

recidiva, la quale si evince da specifiche modalità e circostanze del fatto e dalla valutazione della personalità del soggetto sottoposto alle indagini (o dell'imputato), desunta da comportamenti o atti concreti o dai suoi precedenti penali. In ordine ai criteri di scelta delle misure cautelari, dall’art. 275 c.p.p. si ricava che è necessario effettuare una valutazione che guardi al caso concreto, poiché ogni misura deve essere

proporzionata all’entità del fatto e alla sanzione che possa essere o sia stata irrogata. Una volta quindi, verificati i criteri elencati dall’art.274 c.p.p. il giudice, nonostante la

discrezionalità che gli viene riservata, ha il compito di scegliere la misura più adatta al caso concreto, sulla base dei criteri di adeguatezza dell’esigenza da tutelate e proporzionalità in base al fatto commesso. Il codice di procedura penale contiene un’ampia scelta in merito alle misure cautelari da applicare, dovrà essere quindi scelta quella meno gravosa per l’imputato, tenendo presente il principio di applicazione della custodia cautelare in carcere come extrema ratio, da disporre, salvo eccezioni, solo quando le altre misure coercitive o interdittive, anche emesse cumulativamente, risultino inadeguate.207

207Corte cost., Sent. 21 luglio 2010, n. 265, ha chiarito che, mentre una simile previsione è di per sè idonea per i delitti di tipo mafioso, poiché date le circostanze l’unica misura indicata sembrerebbe essere la custodia cautelare in carcere, non si può giungere alla medesima previsione per i reati di natura sessuale. La Corte di legittimità ha infatti esaminato gli articoli 600-bis,1c., 609-bis e 609-quater c.p. e ha evidenziato come via sia una vasta gamma diversificata di disvalori che si presentano in seguito alla commissione di certi fatti e misure diverse da poter adottare, di modo che è inaccettabile la presunzione assoluta della custodia cautelare in carcere, specie se si aprono spiragli per poter applicare una misura più lieve, in Cortecostituzionale.it.

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3. Le misure cautelari a protezione dell’offeso: l’iter

legislativo.

Fino al 2001 non esisteva, nel sistema processuale italiano, alcuna cautela in grado di soddisfare interamente i bisogni di protezione della vittima. Se, come sopra accennato, in

un’accezione più tradizionale il fine delle cautele è orientato verso la tutela della collettività, la nuova prospettiva guarda alla persona offesa nella sua individualità, alla protezione più idonea da modellare e costruire per tutelare la sua integrità psico-fisica.

Il cambiamento, inerente il modo di considerare la vittima di violenza, innesta una nuova prospettiva: le porte della

famiglia si aprono anche al diritto, di modo che la violenza che si consuma nelle mura domestiche, non viene più

considerata una questione privata, andando inoltre a rompere lo schema del nucleo familiare considerato come un unico complesso, incapace di scindere l’individualità dei

componenti, per lasciare spazio alla valorizzazione e tutela dei singoli soggetti che la costituiscono.

È con la legge n.154 del 2001208 che vengono introdotte una

serie di misure cautelari di natura special-preventiva, dirette a tutelare la vittima, con particolare riguardo alle violenze e

208Il 7 marzo 2001 è stato definitivamente approvato dal Parlamento il d.d.l. S-2675-B recante “Misure contro la violenza nelle relazioni familiari” convertito in Legge 4 aprile 2001, n. 154. "Misure contro la violenza nelle relazioni familiari" pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 28 aprile 2001, n.98. In una settimana nel 2001 il Parlamento ha varato due provvedimenti legislativi: la legge 28 marzo 2001, n. 149 che detta nuove norma in materia di adozione che attribuisce al

Tribunale per i minorenni il potere di disporre l’allontanamento dalla famiglia “del genitore o convivente che maltratta o abusa del minore” e la l.n 154 del 2001. Entrambe volte ad apprestare una tutela immediata ai soggetti passivi degli abusi intra-familiari,

interrompendo le condotte pregiudizievoli mediante l’allontanamento coattivo del maltrattante.

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aggressioni consumate nell’ambito familiare o affettivo, allo scopo di “inibire la prosecuzione delle violenze e, nel contempo, di limitare gli ulteriori disagi e le sofferenze derivanti,

principalmente, dalla necessità di abbandonare la casa familiare per sottrarsi agli abusi”.209La finalità special-

preventiva da sempre stata sconosciuta alle cautele e tipica piuttosto del diritto sostanziale, finisce per fare da padrona poiché il fine primario di simili provvedimenti è rivolto ad evitare il rischio di reiterazione del reato, essendo quest’ultimo “vittimologicamente determinato” e rivolto quindi a soggetti ben individuati, tanto da divenire un complemento del diritto

penale sostanziale in ordine alla repressione dei reati.210

Si innesta così nell’ordinamento un nuovo modo di considerare la vittima, avendo maggiore riguardo alla vulnerabilità che emerge di fronte a violenze subite in contesti caratterizzati da un alto tasso di emotività e stretti coinvolgimenti relazionali. Il fine della legge in esame è infatti quello di “fornire un ventaglio di misure cautelari, personali e patrimoniali, che consentano alle vittime di abusi domestici di rompere il

silenzio, senza subire le pensanti conseguenze determinate dal forzato allontanamento dalla casa familiare, che nella grande generalità dei casi si imponeva a seguito della denuncia del familiare violento, sia per la lunga attesa per la definizione del procedimento, che per le difficoltà di accertamento della prova dei reati commessi dentro le mura domestiche.211 Tali misure

non hanno precedenti nell’ordinamento italiano, venendo così l’allontanamento dalla casa familiare e il divieto di

209SILVANI S., L. 4.4.2001 n.154(G.U. 28.4.2001,n.98)-Misure contro la violenza nelle relazioni familiari, in Legisl. pen., 2001, p.677 ss.

210BRONZO P.,Cautele penali a tutela della persona offesa del reato, in C.P.,2012, p.3472 ss.

211MINNELLA C., L’ allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis c.p.p.: problemi e prospettive, in Il D. di fam. e delle persone 2006, p.385ss.

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avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, a creare un unicum nel sistema cautelare, requisito questo

accentuato dall’inedito incarico attribuito al giudice di costruire e modellare la misura in relazione al caso concreto.

Quest’ultimo è chiamato a scegliere ai sensi dell’art. 275, comma 1°, la misura cautelare più adatta al caso concreto e in tale circostanza anche a riempirla di contenuti, sempre avendo ben presente il principio di minore lesività previsto all’art. 277 c.p.p. in base al quale “le modalità di esecuzione delle misure devono salvaguardare i diritti della persona ad esse sottoposta, il cui esercizio non sia incompatibile con le esigenze cautelari del caso concreto”. L’autorità giurisdizionale sarà quindi chiamata a coordinare obblighi e divieti con le esigenze fondamentali di vita della persona indagata, stabilendo eventualmente delle deroghe.212

Novità legislativa,quella del 2001, che insieme a quelle successive, si pone al passo con le fonti sovranazionali che richiedono un aumento di protezione e sostegno nei confronti delle vittime, prima, durante e dopo lo svolgimento del

processo penale oltre ad una tutela da apprestare, anche indipendentemente dal verificarsi di atti di violenza.213

Tale legge è stata successivamente modificata ad opera del d.l. n. 11 del 2009, convertito in legge n.38 del 2009214, dalla

212BRONZO P.,Cautele penali a tutela della persona offesa del reato, op.cit., p.3472 ss.

213DI MARTINO A., Honestanda domus appunti sull’ “allontanamento

dalla casa familiare” come misura cautelare personale, in PALADINI M.,Gli abusi familiari, Misure personali e patrimoniali di protezione. Profili di diritto civile e comparato, CEDAM, 2009, p.243 ss.

214D.l. 23 febbraio 2009, n. 11, pubblicato in G.U., del 24 febbraio 2009,n.45, coordinato con la legge di conversione 23 aprile 2009, n. 38 recante: “Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori”. che approva “la necessità straordinaria e urgente di introdurre delle misure per garantire la massima tutela della sicurezza e della

collettività, a causa dell’aumento allarmante del numero di episodi di violenza sessuale”.

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legge n.172 del 2012215 e infine dal d.l. n.93 del 2013,

convertito in legge n. 119 del 2013216.

La l. n. 154 del 2001, nata appositamente per occuparsi del tema della violenza domestica,217 ha previsto un sistema a

“doppio binario”, che vede coinvolti rispettivamente, sia l’ambito civile che quello penale, al fine di apprestare una forma incisiva di tutela, a favore di qualunque componente218

del nucleo familiare. Nel dettato normativo, infatti, non si distingue tra rapporto di coniugio o di sola convivenza219, i

quali ai fini dell’applicazione delle misure vengono

equiparati220. Sono misure che vogliono evitare un aggravio

215 L.1 ottobre 2012, n. 172,”Ratifica ed esecuzione della

Convenzione del Consiglio d'Europa per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e l'abuso sessuale, fatta a Lanzarote il 25 ottobre 2007, nonchè norme di adeguamento dell'ordinamento interno”, pubblicata in G.U. 8 ottobre 2012 n. 235.

216L. 15 ottobre 2013, n.119 conversione in legge, con modificazioni,

del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, recante “disposizioni urgenti in materia di sicurezza e per il contrasto della violenza di genere, nonché in tema di protezione civile e di commissariamento delle province”, pubblicato in G.U. 15 ottobre 2013, n. 242.Definita come legge sul “femminicidio”, termine utilizzato in Cass. pen.,Sez. V, 9 aprile 2013, n. 34016.

217 Il percorso legislativo sul tema, inizia con la l. 15 febbraio 1996, “Norme contro la violenza sessuale”. Per approfondimenti sul percorso legislativo vedi SILVANI S., L. 4.4.2001 n.154(G.U. 28.4.2001,n.98)- Misure contro la violenza nelle relazioni familiari, op.cit.,p.684 ss. 218 L’art. 5 della l. 154 del 2001 afferma che le norme in essa contenute si applicano anche nel caso in cui la condotta pregiudizievole sia tenuta da altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente, ovvero nei confronti di altro componente del nucleo familiare diverso dal coniuge o dal convivente.

219 La l. 20 maggio 2016, n.76 recante “Regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”, pubblicata in G.U., 21 maggio 2016, n. 118, estende l’applicabilità delle misure in esame anche alle unioni civili. Così, BRONZO P., Le “nuove” misure prescrittive, op.cit., p.69.

220 Prima gli unici rimedi percorribili in caso di violenza domestica erano la separazione personale tra i coniugi al fine di allontanare il coniuge violento con il provvedimento presidenziale e l’addebito della separazione con la sentenza che definiva il giudizio, senza poter ricorrere in via d’urgenza ex art.700 c.p.c.

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dell’offesa alla vittima, intervenendo laddove il diritto sostanziale non è riuscito a scongiurare l’evento lesivo, sia quando in fase ancora primigenia i rimedi di natura

amministrativa, come l’ammonimento del questo, non hanno sortito l’effetto voluto.

Scendendo nell’analisi delle norme maggiormente

rappresentative per la trattazione in esame, l’art.1, al comma secondo, della legge del 2001, introduce la misura

dell’allontanamento dalla casa familiare, collocata all’art 282- bis c.p.p, quale misura privilegiata, tra quelle cautelari, per combattere la violenza nelle relazioni familiari. L’esigenza tipica che si vuole soddisfare è quella di evitare la reiterazione dei reati adottando un’azione di contenimento del ciclo di simili brutalità, per scongiurarne la prosecuzione.

L’articolo 2, al comma 1, introduce gli ordini di protezione contro gli abusi familiari, di cui agli articoli 342-bis e 342-ter c.c. dove nel primo si indica la condotta presupposto

necessario per applicare l’allontanamento e nel secondo il contenuto effettivo degli ordini di protezione.

Il nucleo prescrittivo minimo, che si riscontra rispettivamente nelle sedi civile e penale, è pressoché identico e consiste nell’allontanamento dalla casa familiare della persona che abbia tenuto la condotta pregiudizievole, con l’ulteriore aggiunta, laddove occorra, del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dall’offeso, prevedendo, in talune ipotesi, anche una misura patrimoniale accessoria.

In passato, la scelta riguardo all’applicabilità della misura civile piuttosto che quella penale era dettata dalla gravità della

condotta posta in essere, dal momento che l’ordine civilistico, nella sua primigenia configurazione, non avrebbe potuto essere adottato nel caso in cui i fatti di violenza avessero integrato reati perseguibili d’ufficio, scelta ricollegabile alla volontà di

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lasciare al giudice penale le forme più gravi di abuso,

sottraendo alla libera determinazione del singolo la decisione se far cessare o meno le violenze.221

In seguito alla modifica intervenuta nel 2002222, l’ordine di

protezione può essere emesso dal giudice civile anche per reati perseguibili d’ufficio. Le ragioni di tale inversione di tendenza risiedono nel timore che situazioni di gravissimo pericolo per la persona offesa, rimanessero prive di uno strumento idoneo ad apprestare una tutela immediata per la vittima, data la

maggiore resistenza nel ricorrere al sistema penale per la denuncia di violenze endo-familiari.

In ordine ai presupposti applicativi la misura di matrice penalistica, inserendosi nel novero delle misure cautelari, impone di vedere riscontrata la “necessaria presenza dei gravi indizi di colpevolezza ed esigenze cautelari[mentre] l’azione civilistica si limita a prevedere, ai fini dell’applicazione di un ordine di protezione, la verifica della sussistenza del grave pregiudizio all’ integrità fisica o morale o alla libertà personale dell’altro coniuge o convivente.”223

Il rimedio penale sarà pertanto destinato ad operare solo nei casi di abusi e di violenza domestica più gravi, nelle ipotesi in cui il rapporto tra le parti coinvolte si sia definitivamente frantumato e sia necessario arginare le condotte violenze e accertare i fatti di reato che tali violenze hanno determinato.

221 Sul punto si è pronunciata la relazione al ddl n. S-2675 da cui ha avuto origine la l. 154/2001, affermando che la previsione del rimedio civilistico, anche per ipotesi delittuose gravi, sulla base della procedibilità avrebbe comportato uno stravolgimento del sistema assegnando al giudice civile compiti che spettano al giudice penale e senza prevedere le garanzie proprie del processo penale.

222Tale scenario è stato modificato dalla legge 12 novembre 2002, n. 304, recante “modifica all’art.342-bis del codice civile in materi di ordini di protezione contro gli abusi familiari”.

223MINNELLA C., L’ allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis c.p.p.: problemi e prospettive, op.cit., p.397

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Il piano civilistico, risulta maggiormente praticabile, poiché è rivolto verso la tutela anche di condotte non costituenti reato e in costanza di rapporti ancora recuperabili.224

Il successivo intervento normativo, che va ad arricchire, la misura esposta nell’art. 282-bis, è il d.l. n.11 del 2009, conv. in l. n. 38 del 2009. Tale provvedimento, nonostante sia modellato sul delitto di atti persecutori ex art. 612-bis c.p., dal momento che lo introduce nell’ordinamento, va, tuttavia, a rafforzare notevolmente la tutela nei confronti delle vittime di violenza. In particolare, gli artt. 11 e 12, introducono delle misure a

sostegno delle vittime di stalking stabilendo che le forze dell’ordine, i presidi sanitari e le istituzioni pubbliche che ricevano dalla vittima una notizia di reato di atti persecutori hanno l’obbligo di fornire alla stessa tutte le informazioni

relative ai centri antiviolenza presenti sul territorio, specie nella zona di residenza della vittima e provvedono a metterla in contatto con questi ultimi laddove quest’ultima ne faccia espressa richiesta.

Viene poi istituito un numero verde nazionale a favore delle vittime di stalking, attivo ventiquattro ore al giorno, al fine di fornire un servizio di assistenza psicologica e giuridica da parte di personale dotato di adeguate competenze, nonchè nei casi più urgenti di mettersi in contatto direttamente con le forze dell’ordine.

L’art.9 del d.l. in esame va ad introdurre il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, coniando così una nuova misura cautelare, collocata all’art. 282-ter c.p.p. Introduce, inoltre, l’art. 282- quater inerente gli obblighi di comunicazione alla persona offesa. Viene modificato l’art. 392, comma 1-bis c.p.p., il quale apre la possibilità di utilizzo dell’incidente probatorio a tutti i minori, non solo a

224MINNELLA C., L’ allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis