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L’ordine di protezione europeo

Tra le misure a protezione della vittima di reato è stato introdotto nel nostro ordinamento un nuovo strumento, che travalica i confini nazionali e permette di salvaguardare la vittima a prescindere dal luogo in cui la stessa si trovi, permettendo così di rafforzare e ampliare il novero degli strumenti a disposizione degli ordinamenti, per concedere protezione alla vittima.

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L’ ordine di protezione europeo, introdotto ad opera della Direttiva 2011/99/UE “sull’ordine di protezione europeo”189,

viene attuata nel nostro ordinamento grazie al d.lgs.11 febbraio 2015, n. 9190 al fine di fare introdurre un reciproco

riconoscimento degli effetti delle misure di protezione in materia penale, un mutuo riconoscimento delle decisioni e un dialogo “diretto” tra i giudici, in un’ottica di libera circolazione nello spazio europeo e interamente modellato sulle esigenze di protezione che fanno capo alla vittima. L’ordine, ai sensi dell’art. 1 della Direttiva è finalizzato “a tutelare la vita, l’integrità fisica o psichica, la dignità, la libertà personale o l’integrità sessuale della persona protetta contro atti di rilevanza penale” e richiede la cooperazione giudiziaria in materia penale nonché sul mutuo riconoscimento delle sentenze e delle decisioni giudiziarie, così come sancito dall'articolo 82 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea.191

La volontà che si riviene alla base dello strumento di nuovo conio è quella di conferire alle vittime di reato, specie quelli di natura violenta, potenzialmente lesivi dell’integrità della persona, una maggiore tutela nei casi in cui queste ultime si trasferiscano o si trovino a soggiornate per un dato periodo di

189 Direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del consiglio sull’ordine di protezione europeo in G.U.C.E., 21 dicembre 2011, n. L/338.2. L’ordine di protezione europeo prende le mosse dal mandato di protezione europeo o “euromandato” dal quale se ne distacca per funzionalità poiché con quest’ultimo si chiede la consegna di una persona mentre con il primo si traspone la cautela applicata dal giudice nazionale di un altro Stato con un meccanismo simile a quello del riconoscimento di sentenze o decisioni straniere.

190 Decreto legislativo 11 febbraio 2015, n. 9 “Attuazione della direttiva 2011/99/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 13 dicembre 2011 sull'ordine di protezione europeo”. Pubblicato in G.U., 23 febbraio 2015, n. 44.

191CAGOSSI M., L’ordine di protezione europeo fa il suo ingresso

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tempo, anche per soggiorni transitori192,al di fuori del territorio

nazionale, predisponendo un meccanismo di mutuo riconoscimento delle misure protettive già disposte dalle competenti autorità nazionali. La misura oggetto di

riconoscimento, è emessa nei diversi Stati da organi giudiziari competenti in ambito penale, con la quale si applicano divieti o restrizioni a tutela di una determinata persona che abbia compiuto atti di rilevanza penale. L’art. 2 della Direttiva chiarisce che l’O.P.E. “è una decisione adottata dall’autorità giudiziaria di uno Stato membro con la quale, al fine di

continuare a tutelare la persona protetta, viene disposto che gli effetti della misura di protezione si estendano al territorio di altro stato membro in cui la persona protetta risieda o soggiorni o dichiari di volere risiedere o soggiornare.” Il ministero della giustizia dello Stato in cui viene richiesto l’ordine di protezione riceve e trasmette gli atti allo Stato in cui dovrà essere concretamente attuato; in seguito spetta alle autorità giurisdizionali nazionali incaricate, verificare i presupposti e riconoscere l’applicazione del provvedimento. La misura di protezione de qua dovrebbe pertanto trovare completa applicazione a prescindere dal paese in cui la persona sottoposta a tali misure debba spostarsi e dal motivo che la spinga a farlo. Un simile meccanismo permette alla persona da proteggere di non rinunciare alla protezione giudiziaria già attivata nel suo ordinamento, trovando la medesima situazione nel paese in cui la stessa si sposti senza dover iniziare nuovi procedimenti o fornire nuove prove. L’autorità giudiziaria italiana, in seguito all’inserimento nel c.p.p. degli obblighi di comunicazione ex art. 282- quater c.p.p., in occasione della comunicazione dei provvedimenti e delle facoltà della persona offesa deve informarla anche della possibilità di richiedere

192 BONINI V., Il sistema di protezione della vittima e i suoi riflessi sulla libertà personale, op. cit., p.162.

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l’emissione di un ordine di protezione europeo. La decisione sull’intervento e sulla facoltà di richiedere tale misura

protettiva spetta alla vittima, la quale valuterà le circostanze del caso concreto e dei presupposti che ne facciano ritenere necessaria l’applicazione, dando così rilievo alle Sue

valutazioni.

Il giudice infatti, può intervenire emettendo l’ordine in oggetto, su istanza dell’offeso o del legale rappresentante di

quest’ultimo che chiedano protezione. Scelta che risulta essere in linea con una maggiore speditezza del procedimento di traslazione all’estero, anziché mettere l’iniziativa nelle mani del p.m.193

L’art. 2 comma 1 lett-d) parla di “persona protetta” e non offesa, cioè la persona fisica oggetto della tutela predisposta dalle misure cautelari già emesse. Nel nostro ordinamento, in caso di applicazione della misura ex art. 282-bis sono

ricompresi anche i “prossimi congiunti” della persona offesa e nel caso del divieto di avvicinamento ex art. 282-ter anche le persone con questa conviventi o legati da relazione affettiva, alle quali l’ordine si estende.

L’applicazione dell’ordine non è legata a particolari tipologie di reati tassativamente elencati, ma trova largo utilizzo in materia di violenza di genere e specie di atti persecutori. Presupposto per l’adozione è l’emissione di un provvedimento coercitivo interno che imponga le stesse restrizioni previste dalla normativa europea, ossia divieto o restrizione dei contatti e dell’avvicinamento alla persona offesa. Il d.lgs. stabilisce inoltre che affinché possa essere irrogato un O.P.E. deve essere stato precedentemente adottato un obbligo di allontanamento dalla casa familiare ex art. 282-bis c.p.p. o un divieto di

193BRONZO P., La tutela cautelare “europea” della vittima di reato, in

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avvicinamento ex art. 282- ter c.p.p., di modo che vi sia una corrispondenza tra le prescrizioni emesse nell’ordine di protezione di uno Stato e quelle da adottare nello Stato di destinazione della persona offesa.

La richiesta viene presentata al giudice che abbia già adottato una misura cautelare in sede penale a tutela della vittima ed e è lo stesso giudice che dovrebbe occuparsi dell’ O.P.E anche laddove in seguito all’evolversi del procedimento abbia esaurito le sue funzioni. La persona offesa infatti potrebbe avere

necessità di spostarsi in un altro Stato in una fase avanzata del procedimento, con la conseguente applicazione della misura nel nuovo Stato. I provvedimenti di cui agli artt. 282-bis e 282- ter sono strettamente condizionati dalle vicende delle misure adottate dal giudice dello Stato di emissione dell’ordine e deve farle cessare se cessa il pericolo, se l’indagato viene

allontanamento dal territorio nazionale o sottoposto a misura detentiva.

Il richiedente deve indicare pena di inammissibilità lo Stato in cui assuma o intenda assumere la residenza, durata e ragioni del trasferimento al fine di valutare il grado di necessità della protezione. La decisione che nega l’amissione del

provvedimento può essere impugnata nel merito.

Quanto al procedimento per l’emanazione dello stesso, l’ art. 5, inserito nella parte dedicata alla trasmissione all’esteso di un O.P.E. richiesto dallo Stato Italiano, stabilisce che tale ordine è emesso dal giudice con ordinanza contenete le generalità della persona protetta richiedente l'ordine, quelle relative alla persona che determina il pericolo, la data a decorrere dalla quale la persona protetta risieda o soggiorni ovvero intenda risiedere o soggiornare nello Stato in cui l'ordine di protezione debba essere eseguito, le informazioni complete circa il

provvedimento applicativo della misura cautelare sulla base della quale è stato emesso l'O.P.E., con particolare

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di pericolo, i divieti e le restrizioni imposte dalla misura di protezione, nonché l'eventuale applicazione di dispositivi tecnologici per il controllo a distanza previsti dall'art. 275- bis c.p.p., al fine di un’applicazione uniforme in tutti gli Stati dell’Unione, sempreché qui siano previsti.

Una volta poi emesso l’ordine ne viene data notizia al

Ministero della giustizia affinché esso ne dia comunicazione alla persona protetta, a colui che determina il pericolo, alla polizia giudiziaria e ai servizi socio assistenziali del luogo presso il quale la persona protetta ha dichiarato di

soggiornare. Mentre il procedimento di esecuzione dell’ O.P.E., nel caso in cui debba essere eseguito nello Stato Italiano, spetta alla Corte d’appello nel cui distretto la persona protetta ha dichiarato di soggiornare o risiedere o di volersi trasferire. Il provvedimento è trasmesso dal ministero della giustizia al presidente della Corte d’appello che entro dieci giorni emette una decisione sul riconoscimento, senza contraddittorio. L’applicazione è soggetta al requisito della doppia

incriminazione, quindi non può essere applicata se la misura di protezione è stata prevista per un fatto che non costituisce reato in entrambi gli Stati.

Se l’ordine viene riconosciuto la Corte ne dà comunicazione all’offeso, al destinatario della misura, alla p.g. e ai servizi sociali del luogo in cui si stabilisce la persona protetta.

In caso di violazione della misura, questa verrà sostituita con una più grave. Viene applicata una misura più grave e non inasprita quella originale, moltiplicando i luoghi interdetti o applicando una distanza maggiore da luoghi o persona o cumulo di misure.

La persona deve poi essere informata della revoca, annullamento o modifica della misura.

L’applicazione del mandato viene definito “mediato” dal

momento che non trova diretta applicazione nel passaggio dallo Stato che lo emette a quello che lo esegue, infatti, l’autorità

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dello Stato ricevente effettua una valutazione e adotta le misure il più possibile corrispondenti a quelle previste dalla

legislazione nazionale dello Stato emittente, idonee a garantire la protezione continuativa alla persona in pericolo. L’autorità ricevente ha un certo margine di apprezzamento che gli

permette di scegliere la misura, presente nel suo ordinamento, più confacente al caso di specie. Ogni Stato infatti ha misure protettive e procedimenti attuativi diversi, quindi il giudice adegua il provvedimento alle normative del proprio Stato. Ora il problema che si presenta riguarda le misure cautelari cui si riferisce l’ordine di protezione, in particolare l’art. 282-bis e 282-ter, infatti queste misure vengono modellate in base al caso concreto senza avere precisi contorni di tassatività e tipizzazione dei contenuti.

In merito alla ricorrente questione relativa all’individuazione dei luoghi e alla loro determinatezza: l’ O.P.E. richiede una specificazione determinata dei luoghi interdetti, infatti l’art. 5 lett c) della Direttiva 2011/99 chiede di regolamentare

l’avvicinamento all’offeso entro un perimetro definito,

prevedendo un divieto generale di avvicinamento se riferito alla sola persona offesa e non anche ai luoghi in cui la stessa si trovi.

L’indeterminatezza del nostro ordinamento potrebbe avere dei risvolti problematici per il giudice che deve dare esecuzione al provvedimento in un altro Stato, poiché la Direttiva

richiederebbe un’indicazione precisa dei luoghi e delle condotte interdette alla persona.194

194Cass. pen. Sez. V, 16-01-2013, n. 36887, in Leggi d’Italia, in base

alla quale la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio n. 2011/99/UE del 2011, è ricalcata sulla falsariga della misura di cui all'art. 282-bis c.p.p. ed è in relazione al peculiare divieto imposto da detta norma che anche a livello di ordine di protezione europeo si esige la specificazione delle località, dei luoghi e delle zone in cui al destinatario della restrizione è inibito comunque accedere. Il divieto o la regolamentazione dell'avvicinamento del destinatario della misura di protezione alla p.o., ovunque questa si trovi e secondo uno schema che si attaglia alla previsione dell'art. 282-ter, è disciplinato dalla

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L’art. 9 lett.b) del decreto afferma che la misura di protezione adottata nello stato di esecuzione deve assomigliare il più possibile a quella interna e corrispondenti agli artt. 282-bis e 282-ter. Tale norma si porrebbe in contrasto con la Direttiva che invece prevede una tutela a prescindere forme adottate singolarmente dai singoli Stati.

La direttiva 2011/99 è completata dal regolamento n. 606 del 2013 sul riconoscimento reciproco delle misure di protezione in materia civile o amministrativa. I regolamenti si applicano direttamente in tutti gli Stati e il provvedimento è

immediatamente esecutivo senza necessità di essere valutato. Questa previsione è stata inserita al fine di far trovare

applicazione allo strumento protettivo in tutti gli Stati a

prescindere dalla loro legislazione interna. La misura di matrice civilistica trova diretta applicazione nello stato in cui è

destinata presentando un certificato multilingue che viene rilasciato dall’autorità dello Stato ove il provvedimento è emesso e presentato all’autorità dello Stato in cui la vittima si trasferisce. Ciò avviene anche laddove lo Stato in questione non contempli misure di protezione civili. Si vieta solo per

contrarietà all’ordine pubblico e l’inconciliabilità con un provvedimento emesso o riconosciuto nello stato.

Concludendo, questo strumento innovativo per quanto ampli i confini geografici in ordine alla tutela da accordare alla vittima può riguardare solo le misure cautelari personali che il

legislatore ha confezionato come strumenti a vocazione protettiva specifica, con esclusione di ogni riferibilità della disciplina alle ipotesi in cui la salvaguardia della vittima sia

lettera c) della direttiva comunitaria la quale, in tal caso, richiede soltanto che sia definito il perimetro all'interno del quale scatta la protezione, come nel caso in cui sia prescritto a taluno di rimanere ad una distanza minima, esattamente qualificata, dal soggetto a tutela del quale venga emesso il provvedimento.

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raggiunta attraverso la predisposizione di misure appartenenti a differenti matrici cautelari. Per le misure cautelari personali coercitive di carattere obbligatorio diverse da quelle disciplinate negli artt. 282-bis e 282-ter c.p.p. Il vuoto di tutela che si prospettava per le altre misure coercitive è stato colmato ad opera del d.lgs. n. 36 del 2016, il quale contiene una normativa che presenta carattere generale.195 Sia la disciplina del d. lgs.

n. 36 del 2016 in materia di reciproco riconoscimento delle decisioni sulle misure diverse da quelle detentive, sia nel d. lgs. n. 9 del 2015 di attuazione della direttiva 2011/99/UE sull’ O.P.E. si presentano maggiormente onerose; infatti l’emissione dell’ordine, in tali circostanze “prevede l’emissione di un

provvedimento ad hoc che, all’esito di una procedura di verifica della sussistenza dei presupposti e dell’assenza di condizioni ostative, affianca il provvedimento cautelare “nazionale” con una decisione di riconoscimento ovvero con un ordine di protezione europeo”196.

La misura de qua merita, ad ogni modo, di essere accolta con favore, poiché aggiunge un ulteriore tassello al sistema di protezione della vittima.

195BONINI V., Il sistema di protezione della vittima e i suoi riflessi

sulla libertà personale, op.cit. p.166.

196 BONINI V., Il sistema di protezione della vittima e i suoi riflessi sulla libertà personale, op.cit., p. 168.

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CAPITOLO IV

Le misure cautelari a protezione della vittima di

reato: disciplina e presupposti applicativi dell’

allontanamento dalla casa familiare, ex articolo 282-

bis c.p.p. e del divieto di avvicinamento ai luoghi

frequentati dalla persona offesa, ex art. 282-ter c.p.p.

SOMMARIO: 1.Premessa. - 2. Le misure cautelari: un breve inquadramento. - 3. Le misure cautelari a tutela dell’offeso: l’iter legislativo. - 4. L’ allontanamento dalla casa familiare: considerazioni di carattere generale. - 4.1 L’esegesi normativa: la prescrizione principale. – 4.2 Le misure accessorie. – 4.3 il comma sei: le deroghe ai limiti di pena. - 4.4 il braccialetto elettronico. - 4.5 inosservanza della misura. - 5. Il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa. – 5.1 La determinatezza dei luoghi: una questione aperta. - 6. Gli obblighi di comunicazione. - 7. Revoca o sostituzione delle misure cautelari. - 8. La misura precautelare dell’allontanamento dalla casa familiare.

1.Premessa.

“Subordinare l’interesse familiare a quello dei suoi singoli membri, e vedere la famiglia quale contenitore dei diritti del singolo ha comportato un diverso modo di concepire dal punto di vista sociale e regolare dal punto di vista giuridico, il

fenomeno sommerso della violenza familiare. Pur prendendo atto che risulta trattarsi di un fenomeno in continua

espansione, è innegabile che gli abusi domestici hanno sempre accompagnato le relazioni familiari e solo negli ultimi anni

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molti più episodi di violenza sono usciti fuori dalle mura domestiche.”197

Sulla base di simili premesse, di una società che si è evoluta nel modo di concepire la famiglia e i membri che la

compongono attribuendo loro una propria e rigorosa

individualità, il legislatore è intervenuto per mettersi al passo con i cambiamenti che si sono registrate sul tema,

introducendo nell’ordinamento istituti protettivi ad hoc, collocati nel novero di quel microsistema normativo

rappresentato dalle misure cautelari, da riservare alle vittime di reati endofamiliari e relazionali. Sono misure che possono essere applicate in costanza dell’esplicazione di condotte

criminose, riconducibili alla fenomenologia degli abusi familiari e delle molestie insistenti, che per il grado di afflittività che le caratterizza sono in grado di contenere, nell’ottica del soggetto destinatario dell’intervento, il sacrificio della libertà personale, individualizzando così il trattamento cautelare198.

Nonostante non risulti ancora designata organicamente la posizione procedimentale della vittima del reato nella vicenda cautelare, sembra acquisire sempre più rilevanza uno statuto di misure cautelari, non custodiali, specificatamente orientate a tutela della stessa, che ricalcano i modelli dei restraining eprotection orders statunitensi199.

197MINNELLA C., Presupposti applicativi dell’allontanamento dalla casa familiare ex art. 282 bis c.p.p, in Giur. di merito, 2005, p.355.

198BROZO P., Le “nuove” misure prescrittive, in BRONZO P., LA REGINA K., SPAGNOLO P., Il pluralismo delle misure cautelari personali tra tipicità e adeguatezza, wolters kluwer, CEDAM, 2017,p.55 ss.

199I restraining o protection orders sono provvedimenti adottabili dal giudice in presenza di condotte qualificabili come abusi familiari. La gamma di condotte che vi rientrano è ampia e va a ricomprendere percosse, minacce, molestie o stress emotivo. Trovano applicazione attraverso una procedura informale, avviabile con un’istanza emessa direttamente dalla parte senza il tramite di un difensore. I rimedi adottabili con tale ordine ricomprendono l’ordine di interrompere immediatamente le condotte violente, l’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di contatti con vittima e i membri della famiglia, il

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La misura che meglio si conforma a simili contesti, con riferimento ai reati che si consumano all’interno delle mura domestiche, viene individuata nell’allontanamento dalla casa familiare, disciplinata all’articolo 282-bis c.p.p., alla quale è stato in seguito affiancato il divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa con l’introduzione dell’articolo 282-ter c.p.p.,cautela, quest’ultima, che può trovare ora anche autonoma applicazione, soprattutto nelle ipotesi in cui vittima e aggressore non condividano la stessa dimora. Va precisato che il comma secondo dell’art. 282-bis prevede già, la

possibilità di affiancare alla misura principale dell’allontanamento dalla casa familiare, il divieto di

avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, se non fosse che qui riveste natura accessoria, con la

conseguenza che può essere applicata solo inseguito all’ impiego di quella principale. Nonostante quindi le prescrizioni riportate negli articoli sopra richiamati sembrino essere

omologhe, ad una più attenta analisi emergono delle sostanziali differenze.

In merito alla figura dell’allontanamento dalla casa familiare, prima di addentrarsi nel campo processual penalistico, al fine di concedere alla vittima una più ampia tutela200, il sistema

delle cautele si è sviluppato anche in ambito civile, a norma degli articoli 342-bis e 342-ter c.c., con la medesima ratio a governare entrambe le figure sia quella di matrice civilistica che penalistica, in cui l’allontanamento dell’autore degli abusi è un nucleo prescrittivo minimo comune a tutti gli ordini di

divieto di usare beni accessori e la sospensione della potestà genitoriale, affidando la prole all’altro coniuge e prevedendo anche prescrizioni di natura patrimoniale. Si individuano inoltre indicazioni e percorsi utili per il recupero del coniuge violento.

200CANZIO G., La tutela della vittima nel sistema delle garanzie

processuali: le misure cautelari e la testimonianza vulnerabile, op.cit., p.985ss.

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protezione.201 Gli interventi normativi adottati vogliono quindi

offrire una tutela completa che veda coinvolti il giudice penale, il giudice civile o il Tribunale per i minorenni202 con l’intento di

apprestare una tempestiva protezione alle vittime, che abbiano subito una lesione nei confronti di un bene giuridico tutelato dall’ordinamento e che siano state vittime di violenza fisica, psicologica, sessuale, morale o economica, con l’ausilio di misure rapide ed efficaci. Tali strumenti abbandonano l’idea di un periculum rivolto verso la generalità dei consociati per apprestare una misura ritagliata su circoscritte esigenze