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Convergenza operativa

Nel documento Rapporto sugli strumenti finanziari (pagine 159-162)

Riquadro 4.1 – I documenti condivisi al Tavolo tecnico permanente sugli strumenti finanziari

4.2 Convergenza operativa

I fallimenti del mercato hanno caratteristiche e intensità differenti nei territori, lo si evince senza margini di dubbio dai dati esposti nel primo capitolo. È quindi condivisibile che gli strumenti di policy possano essere declinati in modo diverso su scala regionale.

Ma quale portata è ragionevole dare a questo concetto? Un limite da considerare attiene al bilanciamento degli interessi tra i soggetti interessati al processo di attuazione degli strumenti di policy: Amministrazione, intermediari e destinatari finali.

Proviamo a rendere il concetto più chiaro con un esempio. Visto che il sistema bancario è sempre più concentrato in grandi gruppi, è chiaro che una banca nazionale preferirà sempre relazionarsi con uno strumento di garanzia uniforme su scala nazionale piuttosto che con 21 meccanismi di garanzia regionali tutti simili per struttura e logica, ma ciascuno con le sue specifiche regole di accesso, gestione, rendicontazione. Lo stesso vale per i confidi attivi su scala sovraregionale, per le Società di gestione del risparmio (SGR) e per le altre categorie di intermediari finanziari i quali, sovente, manifestano ai policy maker che norme e contratti concernenti gli strumenti finanziari vanno valutate dalla funzione compliance e – nel caso si decida di farvi ricorso – comprese e metabolizzate dagli addetti sia alla produzione degli applicativi, sia alla relazione con la clientela. Questo percorso di apprendimento genera sempre dei costi che l’intermediario sarà propenso a trasferire ad altri, con l’effetto di depotenziare l’incentivo.

Questa introduzione ci conduce alla questione – affatto nuova e di certo non circoscrivibile alla politica di coesione – che vede diversi soggetti istituzionali affrontare le medesime questioni di policy con strumenti molto simili tra loro (nei fini, nella logica, nella struttura) ma con una grande varianza dei meccanismi sul piano giuridico e amministrativo. Tutto questo nuoce sia ai tempi di implementazione, sia ai costi operativi degli strumenti di policy.

L’Agenzia per la Coesione Territoriale non ha responsabilità o potere in tema di programmazione e implementazione dei singoli strumenti finanziari (che compete alle singole Autorità di Gestione). Le spettano invece il coordinamento, il monitoraggio e le azioni di sistema per accrescere efficienza ed efficacia degli strumenti finanziari e, tra esse, quelle a favore della convergenza operativa elencate nella figura 4.2.

Figura 4.2 – Azioni per la convergenza operativa

A grandi linee tutte queste iniziative puntano all’obiettivo della convergenza operativa dentro il sistema di regole che prevede, da una parte un principio di competenza piuttosto rigido e, dall’altra, un principio di leale collaborazione cui non è sempre agevole dare sostanza. Proprio a proposito della collaborazione istituzionale in tema di strumenti finanziari l’Agenzia ha fin qui agito, pragmaticamente, con approcci di volta in volta diversi. Qui poniamo l’accento su due di questi.

• Una leale collaborazione verticale (ovviamente non in senso gerarchico), nella quale l’Amministrazione centrale svolge un ruolo operativo trainante. Essa propone standard nazionali non obbligatori e “flessibili”, cioè con margini di personalizzazione da parte di ciascuna Amministrazione, come nel caso:

− della possibilità di costituire sezioni speciali (entro le quali allocare risorse finanziarie) per potenziare uno strumento preesistente gestito dal centro ma non con logiche centraliste, perché lo strumento finanziario in questione ha margini di flessibilità che permettono – a chi vi aggiunge finanza – di modulare l’intervento (aggiuntivo) sui bisogni dei territori (cfr. paragrafo 4.2.1);

1. Sostegno alla costituzione di sezioni speciali (regionali) nel Fondo di garanzia per le PMI (Legge 662/1996)

2. Attività di promozione per costituire un gruppo di lavoro sul microcredito

3. Costituzione di due gruppi di lavoro per la convergenza operativa in tema di capitale di rischio e basket bond

4. Check list per i controlli di primo livello

5. Messa a sistema del network Autorità di Gestione - Autorità di Audit e e consolidamento di prassi nazionali

6. Creazione del database degli atti amministrativi per gli strumenti finanziari

7. Iniziativa per la convergenza operativa dei prestiti in risk share

− di una possibile variante dello schema appena illustrato, che potrebbe funzionare anche con regole nazionali ma con una rete di gestori attivi su scala regionale (cfr. paragrafo 4.2.6);

− della predisposizione di un format di check list per i controlli di primo livello (cfr. paragrafo 4.2.3).

• Una leale collaborazione orizzontale, nella quale i soggetti più attivi sono Amministrazioni che operano al medesimo livello di governo degli altri Enti coinvolti, oppure il contenuto e lo svolgimento delle attività rendono sostanzialmente irrilevante la distinzione tra livelli di governo. Quest’altro approccio è stato adottato dall’Agenzia per promuovere:

− la costituzione di gruppi di lavoro, coordinati da Regioni (o loro società in house), per la messa a punto di strumenti standardizzati nel loro impianto regolamentare e contrattuale ma personalizzabili nei target di policy e nelle intensità di aiuto (cfr. paragrafo 4.2.2);

− la raccolta e l’agevole acquisizione mirata e senza intermediari dei documenti amministrativi e di quel bene immateriale, non sempre codificabile, chiamato esperienza (cfr. paragrafo 4.2.5);

− il rafforzamento del network tra le Amministrazioni che giocano un ruolo sul tema degli strumenti finanziari (cfr. paragrafo 4.2.4).

4.2.1 Il sostegno alla costituzione di sezioni speciali (regionali) nel Fondo di garanzia per le PMI (Legge 662/1996)

Su questo dossier l’Agenzia che ha svolto un ruolo di facilitatore di processo al fianco delle altre Amministrazioni. In particolare, nell’aprile 2017, l’Agenzia ha pubblicato il documento “Credito alle micro e piccole imprese, confidi e politiche pubbliche” (pag. 56) con il quale ha spiegato le ragioni tecniche per le quali essa incoraggia la costituzione delle sezioni speciali regionali in seno al Fondo di garanzia per le PMI49 e, quindi la sottoscrizione della convenzione a tre parti Regioni/Ministero dell’Economia e delle Finanze/Ministero dello Sviluppo Economico50 illustrata presso il Tavolo tecnico dalla Direzione Generale per gli incentivi alle imprese (DGIAI) del MiSE.

In tale documento l’Agenzia ha rimarcato che il Fondo di garanzia per le PMI – a differenza di quelli regionali – è in grado di far risparmiare agli intermediari finanziari il capitale proprio (cfr. riquadro 1.1), che è la vera risorsa scarsa che molto incide sui fenomeni di razionamento del credito (cfr. paragrafo 1.1.2). Inoltre ha rimarcato che costituendo una sezione speciale il policy maker regionale ha un buon grado di flessibilità per modulare i vantaggi addizionali (rispetto al trattamento standard) sui bisogni specifici dei territori.

49 Qualcosa di analogo era stato fatto nel periodo di programmazione 2007-2013, con ben sei Programmi Operativi, di cui tre regionali, che hanno avuto attuazione (anche) attraverso il Fondo di garanzia per le PMI. I 37 strumenti di garanzia previsti nei diversi Programmi totalizzavano risorse per 1,86 miliardi di euro, e di queste il 62 per cento (1,15 miliardi) sono state appostate nel Fondo di garanzia per le PMI.

50 Nel caso (assai frequente) in cui oggetto di conferimento al Fondo siano risorse dei POR, a tale accordo si aggiunge la sottoscrizione di una parallela convenzione tra l’Autorità di Gestione del POR e il MiSE per la delega di funzioni di organismo intermedio. In tali casi, la sezione speciale viene a configurarsi quale strumento finanziario e trovano applicazione gli artt. 37-46 del Regolamento UE 1303/2013.

Nel documento Rapporto sugli strumenti finanziari (pagine 159-162)