3. LE IMPLICAZIONI DEGLI INDICATORI DI LIQUIDITA’
3.2 Il Core funding ratio: un’alternativa al Net stable funding ratio?
In seguito alla pubblicazione del rapporto sul Net stable funding ratio del Dicembre 201547, il 12 aprile 2016, la Commissione europea ha inviato all'EBA una richiesta di valutazione di un ulteriore indicatore potenzialmente alternativo al Net stable funging ratio nell'analisi del rischio di finanziamento degli intermediari bancari: il Core funding
ratio. L’Autorità bancaria europea ha risposto alla Commissione l’ 11 Maggio 2016,
chiarendo che alcune informazioni quantitative sarebbero state fornite sulla base dei dati disponibili al momento, e il 5 Settembre 2016 ha pubblicato un report48 che analizza il
Core funding ratio in tutta l’Unione Europea basandosi sui dati QIS utilizzati per il
report sul NSFR pubblicato nel Dicembre 2015.
Il rapporto sancisce una mancanza di correlazione in termini di risultati e conclusioni tra il NSFR e il CFR per l'insieme delle 279 banche europee campionate suddivise per modelli di business e dimensioni.
Ciò è dovuto principalmente al fatto che il Core funding ratio valuta il rischio di finanziamento considerando esclusivamente il passivo delle banche, indipendentemente dal finanziamento stabile necessario per i vari tipi di attività; il NSFR invece fornisce una valutazione completa dei rischi di finanziamento in considerazione sia del passivo che dell’attivo bancario.
Il documento “Liquidity identity card” (CEBS, 2009) definisce il Core funding ratio in questo modo:
47 European Banking Authority, “EBA Report On Net Stable Funding Requirements under Article 510 of the CRR”, December 2015.
Come il NSFR, anche il CFR è un rapporto di tipo strutturale; esso considera come provvista all'ingrosso tutte le passività, ad eccezione dei depositi al dettaglio, con scadenza superiore ad un anno mentre esclude dal numeratore i derivati passivi. Il rapporto così definito fornisce informazioni sulla misura in cui finanziamento a lungo termine è usato, dato il modello di business, e funge da indicatore di macro prudenziale per gli sviluppi generali del comportamento di funding degli istituti di credito. Il calcolo basato sulla considerazione esclusiva degli elementi aggregati del passivo dello stato patrimoniale, privi di una specifica calibrazione, senza alcuna rilevanza per le poste dell’attivo, determina una semplicità di costruzione quale suo principale vantaggio ma anche una mancata rappresentazione completa del rischio di finanziamento dell’intermediario quale principale svantaggio: il CFR minimo imporrebbe la stessa esigenza di finanziamento per due banche a prescindere dalla maturità del loro portafoglio crediti e dalla liquidità di mercato del loro patrimonio, rafforzando una percezione errata del rischio di liquidità ed inibendo valutazione coerente del rischio di finanziamento attraverso i vari modelli di business. Ancora, essendo il CFR uno ratio semplice occorrerebbe associarlo a strumenti più “risk
sensitive” per evitare un massiccio spostamento dell’intermediario verso attività
rischiose.
Il report illustra come il gruppo di banche con il NSFR superiore al 100% è molto diverso dal gruppo di banche con CFR superiore a quello medio dell'intero campione; le banche più piccole presentano un CFR maggiore rispetto alle banche più grandi (75% contro il 54%) ed un NSFR sostanzialmente simile (104% contro 106%) poiché il primo indicatore valuta il rischio di finanziamento solo considerando il passivo delle banche mentre il secondo esamina l’intero bilancio.
Considerare solo il Core funding ratio potrebbe condurre a conclusioni sbagliate con impatto significativo: un alto livello di CFR in una banca potrebbe apparentemente mostrare un basso profilo di rischio di finanziamento ma in realtà nascondere altri problemi significativi. Ad esempio, una banca potrebbe avere un CFR pari al 65%, sintomatico di un passivo sostanzialmente stabile, e al contempo avere un RSF pari allo 85% perché ha attività di lungo termine: la sua stabilità dipenderà dalla capacità di rinnovare il resto del finanziamento a breve termine (non incluso nel CFR), per coprire il gap ed evitare gli impatti negativi sui profitti e sulla solvibilità che richiederebbero un ricorso alle banche centrali. Il NSFR invece, valutando l’ammontare disponibile di
provvista stabile e l’ammontare obbligatorio di provvista stabile non fornisce informazioni fuorvianti.
Il report fornisce una descrizione dei livelli di Core funding ratio per i vari modelli di business delle banche campionate anche in parallelo rispetto al NSFR.
Come emerge dalla figura seguente, il 77% delle banche del campione ha un CFR sopra la media dell'intero campione (55%). Più del 50% delle banche all'interno delle categorie di CCP e il 50% delle banche transfrontaliere universali hanno un core funding ratio al di sotto del 55% mentre oltre l'80% delle banche cooperative, casse di risparmio e altre sono al di sopra della media di campione (55%).
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
Il Core funding ratio è leggermente diminuito tra il 2013 e il 2014 così come il finanziamento all'ingrosso con durata superiore ad un anno è diminuito durante questo periodo; questa diminuzione è stata compensata dall’aumento della quantità di titoli azionari mentre i depositi al dettaglio sono rimasti sostanzialmente stabili, come evidenzia il grafico successivo.
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
La correlazione tra il CFR e NSFR sembra essere molto bassa: il NSFR da un'indicazione del finanziamento stabile di una banca rispetto alle sue attività illiquide mentre il CFR lo valorizza dato il suo ammontare complessivo delle passività.
Come si vede dalla figura successiva, il gruppo di banche con NSFR superiore al 100%, localizzate al di sopra la linea orizzontale in verde, è molto diverso dal gruppo di banche con CFR superiore al valore medio del campione, localizzate sul lato destro della linea rossa.
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
Alcuni modelli di business mostrano valori di CFR inferiori al 55% ma al contempo un NSFR pari quasi al 100%. Questo è il caso di controparti centrali e banche che prediligono i depositi non retail grazie ad un RSF medio più basso che esprime una necessità di finanziamento in linea con la quantità di finanziamenti di in loro possesso. Ci sono poi banche (per esempio, nel caso delle banche pass-through) con CFR e NSFR molto alto e altri modelli di business (le banche di negoziazione titoli) che hanno sia un CFR che un NSFR basso; ciò spiega la mancanza di correlazione tra i due ratio e conferma il fatto che il Core funding ratio, senza considerare il fabbisogno finanziario delle attività, dà un quadro incompleto del rischio di finanziamento di una banca. Il CFR sembra essere invece una buona proxy per il ASF di una banca in quanto il cattura tutte le fonti di finanziamento stabili incluse nel NSFR, ad eccezione del finanziamento tra i sei mesi e un anno e il finanziamento a breve termine al di sotto di sei mesi dalla società non finanziarie ; il CFR medio del campione è del 55% mentre il fattore medio ASF è del 64%.
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
Guardando al parametro della dimensione, le banche del campione vengono classificate seguendo gli stessi criteri stabiliti nella relazione EBA del NSFR pubblicata nel Dicembre 2015. La dimensione assoluta, misurata dal totale attivo, la dimensione relativa della banca rispetto al PIL del paese in cui essa si trova, misurata dal rapporto tra totale attivo di una banca sul PIL nazionale, e la dimensione relativa della banca rispetto al totale delle attività domestiche e straniere detenute.
I due grafici seguenti mostrano i valori di CFR per ogni dimensione di banca e la loro evoluzione tra Giugno 2013 e Dicembre 2014.
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
La mancanza di correlazione tra il NSFR e il CFR si percepisce dunque anche per il fattore dimensionale; essa è molto debole per le banche più piccole mentre appare essere più consistente per le banche più grandi a causa dei modelli imprenditoriali maggiormente omogenei tra esse.
Nonostante il NSFR non mostri differenze significative per le diverse dimensioni, il CFR appare essere maggiore nelle banche di dimensioni inferiori, che presentano un fattore RSF maggiore, in quanto non tiene in considerazione le attività e le esposizioni fuori bilancio (OBS); come per il NSFR anche il CFR non si modifica eccessivamente al variare della dimensione dell’intermediario bancario, come indicato dalla tabella.
Source: European Banking Authority, “NSFR – EBA reply to the call for advice (core funding ratio: a descriptive analysis in the Eu)”, September 2016.
Per tutte queste ragioni l’Autorità bancaria europea ha ritenuto e ritiene ancora che il core funding ratio non possa utilizzarsi in sostituzione del Net stable funding ratio. Utilizzare il CFR, il quale valuta le necessità di finanziamento delle banche non considerando il lato dell’attivo dello stato patrimoniale dell’intermediario, darebbe luogo a risultati e conclusioni forvianti, e non permetterebbe il perseguimento di un adeguato equilibrio tra sensibilità al rischio, comparabilità e semplicità.
Il Net stable funding ratio rimane pertanto lo strumento metrico più accurato, sensibile e adeguato per la valorizzazione e valutazione del rischio di finanziamento delle banche.