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4. UN FOCUS SULLA SITUAZIONE ITALIANA

4.2 I dati

4.2.2 L’attivo

Conseguentemente alla stabilizzazione della raccolta, gli intermediari sono vincolati dal LCR e dal NSFR ad una composizione coerente dei propri impieghi con conseguenti effetti sulla qualità degli stessi e sul finanziamento dell’economia reale.

Per gli intermediari bancari italiani soddisfare il vincolo di liquidità di breve periodo (LCR) significa aumentarne progressivamente il valore sia per mezzo di un incremento dell’high quality liquidity asset realizzato tramite l’emanazione di capitale proprio in misura maggiore rispetto al debito con conseguente riduzione della leva finanziaria (deleveraging), e tramite la riduzione dei prestiti concessi a breve termine ed estensione delle loro scadenze oltre l’anno, e sia per mezzo di una diminuzione dell’aggregato posto al denominatore (deflussi netti di cassa) ottenuta attraverso la sostituzione di titoli a basso rating con altri di qualità superiore e la riduzione dei prestiti al settore privato a lungo termine.

Dunque sia il LCR che il NSFR, secondo il quale i prestiti con vita residua inferiore a un anno devono essere finanziati da raccolta stabile, disincentivano fortemente il sostegno all’economia reale tramite le aperture di credito in quanto queste vengono considerate ai sensi del LCR come un deflusso di cassa entro 30 giorni e come un'attività stabile richiedente la dovuta copertura in termini di provvista su base annua ai sensi del NSFR; anche le banche italiane preferiscono concedere prestiti a breve termine piuttosto che quelli a medio-lungo termine in quanto meno pesanti ai fini del calcolo del NSFR e potenzialmente vantaggiosi ai fini del LCR.

Il recente sostegno elargito a favore del tessuto economico e sociale di un paese da parte dei suoi intermediari bancari non si trova ancora in condizioni ordinarie ma è ancora spronato e condizionato favorevolmente dalle molteplici e recenti misure di stimolo fissate delle autorità bancarie internazionali.

Tra i tanti provvedimenti adottati in ambito europeo , nella riunione tenutasi il 10 Marzo 2016 il Consiglio direttivo della BCE ha varato nuove misure monetarie espansive tra cui: la riduzione di 5 punti base del tasso sulle operazioni di rifinanziamento principali e di quello sulle operazioni di rifinanziamento marginale e di 10 punti base del tasso sui depositi presso l’Eurosistema, l’ampliamento degli interventi mensili nell’ambito del programma di acquisto di titoli (Expanded Asset Purchase Programme, APP) per 80 miliardi di euro, l’inclusione di obbligazioni investment grade denominate in euro emesse da società non bancarie europee tra le attività ammissibili nell’ambito dell’APP, e quattro nuove operazioni quadriennali di rifinanziamento a più lungo termine

(Targeted Longer-Term Refinancing Operations, TLTRO2) per mezzo delle quali le banche a partire dal Giugno 2016 hanno potuto ottenere finanziamenti fino al 30% delle consistenze di prestiti idonei in essere al 31 Gennaio 2016 ad un tasso riducibile in funzione del credito erogato da ciascuna controparte, sino a raggiungere quello, attualmente negativo, sui depositi presso la banca centrale.

Queste decisioni, così come quelle attuate a partire dalla metà del 2014, stanno progressivamente riducendo il costo del finanziamento bancario per imprese e famiglie soprattutto nei paesi più colpiti dalla crisi del debito sovrano, come mostra la figura seguente, ma non sono riuscite a svincolare l’offerta del credito da parte delle banche italiane da parametri di estrema prudenza.

Ad oggi in Italia aumentano principalmente e quasi esclusivamente i prestiti concessi alle famiglie e alle imprese che presentano condizioni finanziarie solide.

Il rapporto mensile dell’Abi Ottobre 2016 rende disponibili una serie di informazioni quantitative che sono in anticipo rispetto ad ogni altra rilevazione in quanto sono gli stessi intermediari bancari ad essere i produttori di queste informazioni per mezzo delle loro rilevazioni e segnalazioni. A Settembre 2016 l'ammontare dei prestiti alla clientela erogati dalle banche operanti in Italia è stato nettamente superiore all'ammontare complessivo della raccolta da clientela.

Il totale prestiti alle famiglie, alle imprese e alla pubblica amministrazione ha segnato una variazione prossima allo zero (-0,4%, Allegato 3). Dalla fine del 2007 ad oggi i prestiti all’economia sono passati da 1.673 a 1.807,7 miliardi di euro, quelli a famiglie e imprese, invece, cresciuti da 1.279 a 1.411 miliardi di euro75.

Come mostrano i grafici successivi, il credito al settore privato, alle società non finanziarie e alle famiglie, dopo il tracollo iniziato a partire dal 2011 che ha fatto segnare percentuali nulle, è tornato a crescere dalla metà del 2013 a ritmi moderati ma maggiormente sostenuti nei comparti dove la ripresa dell’attività economica si è avviata più stabilmente. Dalla fine del 2007, periodo antecedente all’inizio della crisi, ad oggi i prestiti a famiglie e imprese sono cresciuti da 1.279 a 1.404 miliardi di euro76.

La lenta e selettiva ripresa del credito è testimoniata dal grafico riguardante i prestiti alle imprese, tessuto e motore propulsivo dell’economia italiana.

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Associazione bancaria italiana “Rapporto mensile-principali evidenze”, Ottobre 2016

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Le banche italiane intervistate a Giugno 2016 nell’ambito dell’indagine trimestrale sul credito bancario nell’area dell’euro (Bank Lending Survey) hanno segnalato per il secondo trimestre del 2016 criteri di offerta dei prestiti alle imprese sostanzialmente invariati. Mentre la dinamica generale dei prestiti alle imprese si è attestata su valori pressoché nulli (0,1 per cento sui tre mesi terminanti in Maggio), persistono invece ampie disparità tra settori di attività economica e tra imprese di diversa dimensione (fig.b)77.

Il credito alle aziende manifatturiere è cresciuto (2,2% sui dodici mesi terminanti in Maggio), i prestiti alle società operanti nel settore dei servizi sono marginalmente aumentati, quelli alle imprese edili hanno continuato a contrarsi. Permane un marcato divario tra l’andamento dei prestiti alle imprese con meno di 250 dipendenti, fortemente penalizzate, e quelle più piccole e con più di 249 dipendenti che presentano valori prossimi allo zero. Viene segnalata anche la continuativa espansione della domanda di finanziamenti imprenditoriali sostenuta principalmente dai bassi tassi di interesse e dalle maggiori esigenze connesse con scorte, capitale circolante e investimenti fissi.

Fonte: Banca d’Italia, “Supplemento al bollettino statistico. Indicatori monetari e finanziari”, Settembre 2016

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Fonte: Banca d’Italia, “Bollettino economico”, Luglio 2016.

Fonte: Banca d’Italia, “Bollettino economico”, Luglio 2016.

Dal lato delle famiglie, muovendo da una crescita della domanda di finanziamenti incentivata da tassi di interesse particolarmente contenuti in un contesto di maggiore fiducia dei consumatori e di migliori prospettive del mercato immobiliare, è aumentato il credito al consumo, in particolare quello finalizzato all’acquisto di autoveicoli, sostenuto dalla crescita del reddito disponibile e dalle più favorevoli condizioni del mercato del lavoro, e il credito per l’acquisto delle abitazioni per effetto sia della maggiore pressione concorrenziale fra le banche sia per le più favorevoli prospettive economiche e del mercato immobiliare. A Settembre 2016, l’ammontare complessivo

confronti di fine Agosto 2015 confermando, anche sulla base dei dati sui finanziamenti in essere, la ripresa dell’intero mercato.

Banca d'Italia nella nota sulle “Principali voci dei bilanci bancari” (11 Ottobre 2016) evidenzia che i prestiti al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno registrato una crescita su base annua dello 0,7 per cento (0,4 per cento a Luglio). I prestiti alle famiglie sono cresciuti ad Agosto dell'1,5 per cento sui dodici mesi (1,4 per cento nel mese precedente); quelli alle società non finanziarie sono diminuiti su base annua dello 0,2 per cento (-0,6 per cento a Luglio).

Fonte: Banca d’Italia, “Principali voci dei bilanci bancari”, Ottobre 2016.

Guardando nel grafico seguente78 all’evoluzione temporale dei tassi d’interesse applicati dagli intermediari bancari ai finanziamenti concessi alle imprese e alle famiglie per l’acquisto delle abitazioni in un confronto con l’area euro, emerge nel caso italiano un crollo più marcato per quelli applicati alle imprese nel primo periodo post crisi seguito da una breve risalita e un nuovo calo dalla fine del 2011 meno marcato rispetto all’area euro ed oggi tendente all’uniformità di valore per entrambe le categorie di tassi.

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Banca d’Italia, “L’economia italiana in breve”, Marzo 2016.

Fonte: Banca d’Italia, “L’economia italiana in breve”, Marzo 2016.

Entrando nella categorie specifica dei tassi d’interesse applicati ai prestiti concessi dalle banche italiane alle imprese, appare chiaro un declino robusto e veloce nel primo periodo post crisi difficilmente recuperabile nel proseguo e una nuova discesa dalla fine del 2013 ; coerentemente ai due vincoli di liquidità, sono i tassi applicati ai prestiti meno sicuri, oltre 1 milione di euro a presentare valori più bassi.

Secondo il più recente rapporto ABI, a Settembre 2016 il tasso medio sul totale dei prestiti ha toccato un nuovo minimo storico (2,97%): il tasso medio sulle nuove operazioni di finanziamento alle imprese si è collocato all’1,67%, mentre il tasso medio sulle nuove operazioni per acquisto di abitazioni, principalmente a tasso fisso, si è attestato al 2,05% (Allegato 4)79.

I vincoli di liquidità LCR e NSFR non riguardano però solo l’aspetto quantitativo ma combinano quest’ultimo con un imprescindibile vincolo qualitativo delle poste inserite nei loro aggregati di numeratore e denominatore. E’ la qualità dell’elemento che ne garantisce l’elevata e pronta liquidabilità tale da fornire stabilità all’intermediario nel caso in cui dovesse fronteggiare problemi di liquidità nel breve o nel medio lungo periodo. L’aspetto qualitativo è particolarmente rilevante con riferimento all’attivo in quanto l’evoluzione temporale inserita nel difficile contesto economico mondiale combinata alle nuove regole in materia di vigilanza, tra cui i due nuovi indicatori di liquidità, hanno generato un peggioramento della qualità degli attivi bancari con effetto immediato di contrazione dei canali di erogazione dei prestiti e di perdite economiche che hanno ridotto notevolmente le performance reddituali. La perdita, negli anni della crisi, di quasi dieci punti di PIL e di circa un quarto di produzione industriale ha avuto pesanti ripercussioni sui bilanci delle banche italiane e sulla qualità dei loro prestiti sempre più deteriorati: il problema è serio ma può essere gestito coniugando rapidità ed economicità delle operazioni di recupero.

In Italia i crediti deteriorati, definiti in tal modo sulla base di criteri armonizzati a livello europeo pubblicati dall’EBA nel 201380 e per la quale iscrizione in bilancio si seguono i principi contabili IAS/IFRS, si concentrano principalmente presso le banche in buone condizioni finanziarie e possono essere distinti in almeno due grandi e diverse categorie che rispondono ad esigenze di copertura o svalutazione differenti a seconda dello stato di difficoltà dei debitori: le sofferenze, prestiti deteriorati relativi a debitori insolventi, e le inadempienze probabili o esposizioni scadute o sconfinanti, relazioni creditizie ancora “vive” in cui il debitore, pur attraversando una fase particolarmente difficile, può tornare a onorare i propri impegni.

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Associazione bancaria italiana “Rapporto mensile-principali evidenze”, Ottobre 2016.

Il valore di mercato di un credito in sofferenza dipende essenzialmente dall’obiettivo di profitto dell’acquirente, negli ultimi anni quasi esclusivamente fondi di private equity non europei con obiettivi di rendimento molto elevati al di sopra del rendimento del capitale delle banche italiane, e dalla durata dei tempi di recupero oggi particolarmente ridotta grazie ad una serie di processi riformatori; profitti attesi maggiori o tempi di recupero più lunghi determinano prezzi del credito in sofferenza più bassi.

Nel corso del 2015 e all’inizio del 2016 il deterioramento della qualità del credito nei bilanci dei gruppi bancari italiani ha segnato però un netto rallentamento, un segnale positivo, che va ad aggiungersi alla riduzione dello stock di esposizioni scadute, primo stadio del processo di deterioramento della qualità degli impieghi, e alla riduzione del costo del credito. La Banca d’Italia, su indicazione delle istituzioni europee, ha rivisto le classificazioni dei crediti deteriorati, introducendo una categoria trasversale ai crediti in bonis e deteriorati: le esposizioni oggetto di concessioni (forborne), categoria nella quale confluiscono tutte le esposizioni per le quali la banca ha concesso rifinanziamenti totali o parziali oppure modifiche contrattuali per venire incontro alle esigenze della controparte, e la categoria delle inadempienze probabili eliminando quelle degli incagli81.

La dinamica che è possibile osservare dalle diverse categorie è quella di un continuo ma più contenuto aumento delle sofferenze per la naturale evoluzione delle partite deteriorate già in bilancio, ed una flessione delle inadempienze probabili ed esposizioni scadute.

Analizzando nel grafico seguente82 la composizione per categoria emerge che negli ultimi sei anni c’è stato un incremento della quota media di sofferenze dal 53% del 2009 al 60% del 2015 ed una riduzione del peso percentuale delle esposizioni scadute dall’8% al 3%.

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Banca d’Italia, “Circolare n. 272 del 30 luglio 2008 (Fascicolo «Matrice dei conti»)” , 7° aggiornamento, Gennaio 2015.

Fonte: KPMG, “Bilanci dei gruppi bancari italiani: trend e prospettive. Esercizio 2015”, Luglio 2016.

In particolare l’evoluzione storica dei flussi trimestrali di prestiti deteriorati rettificati e di sofferenze rettificate in rapporto, rispettivamente, alle consistenze dei prestiti al netto dei prestiti deteriorati rettificati e delle sofferenze rettificate alla fine del trimestre precedente in ragione annua, si evidenzia ,dopo un netto peggioramento della qualità del credito dalla seconda metà del 2011, soprattutto di quello delle imprese che hanno risentito maggiormente degli effetti della crisi nell’economia reale, un lento ma progressivo miglioramento della qualità dei crediti sia delle famiglie che delle imprese segnalato dalla riduzione del tasso di ingresso in sofferenza dal 2014.

Già nel quarto trimestre del 2015 il flusso di nuovi crediti deteriorati in rapporto al totale dei crediti è sceso al valore più basso dal terzo trimestre del 2008 così come la consistenza dei crediti deteriorati. Alla fine del 2015 i crediti deteriorati erano pari a 360 miliardi, il 18,1% del totale dei crediti verso la clientela, e sono state cedute e cancellate dai bilanci bancari circa 9 miliardi di sofferenze, l’80% delle quali prestiti a imprese83.

Fonte: Banca d’Italia, “Rapporto sulla stabilità finanziaria”, Aprile 2016.

Fonte: Banca d’Italia, “Rapporto sulla stabilità finanziaria”, Aprile 2016.

Per quanto concerne invece la nuova categoria dei crediti forborne, l’indagine KPMG sui bilanci bancari del 2015, ne evidenzia un valore lordo pari a 92 miliardi di Euro, il 5,7% dei crediti verso clientela lordi del campione. Come visibile dal grafico seguente,

la maggior parte delle esposizioni oggetto di concessioni si concentra nella categoria particolarmente attenzionata delle inadempienze probabili (42%) al cui interno si concentrano gli impieghi che necessitano di un maggior monitoraggio per evitare il passaggio a sofferenza. Per quanto concerne le altre categorie, è stato oggetto di concessioni il 5,6% delle sofferenze, il 15% delle esposizioni scadute deteriorate e il 12,5% degli impieghi scaduti non deteriorati, mentre solo l’1,9% dei crediti in bonis è un’esposizione forborne.

Fonte: KPMG, “Bilanci dei gruppi bancari italiani: trend e prospettive. Esercizio 2015”, Luglio 2016.

Un ulteriore parametro che agevola l’analisi dell’importante dinamica di deterioramento della qualità del credito, riflesso delle implicazioni generate dal LCR e dal NSFR sull’attivo, è il Reverse ratio. Esso misura il rapporto tra i flussi di crediti deteriorati che tornano in bonis e i flussi di crediti in bonis che passano in una delle categorie di crediti deteriorati in un determinato intervallo di tempo; un valore più elevato del rapporto indica un rallentamento della dinamica di deterioramento della qualità del credito. Nell’esercizio 2015 delle banche italiane l’indicatore ha proseguito il trend di miglioramento iniziato nel 2014 portandosi al 77,5%, un segnale positivo che conferma il rallentamento della dinamica di peggioramento della qualità del credito dei gruppi bancari campione KPMG. Nel confronto con i dati degli anni precedenti (grafico successivo) occorre identificare la modifica nelle modalità di segnalazione dei crediti

scaduti da 180 giorni a 90 giorni quale determinante della consistente riduzione del reverse ratio dal 64,9% del 2011 al 48,2% del 2012.

Fonte: KPMG, “Bilanci dei gruppi bancari italiani: trend e prospettive. Esercizio 2015”, Luglio 2016.

Nella seconda metà del 2015 la stessa Banca d’Italia ha svolto un’indagine sull’efficacia delle procedure di gestione dei crediti alle imprese deteriorati presso 25 grandi gruppi bancari italiani in modo tale da raccogliere indicazioni sui tempi e tassi di recupero, sull’utilizzo e sulle difficoltà delle procedure disponibili.

Dal 2011 al 2014 le percentuali dei recuperi, i quali avvengono in larga parte nel corso dei cinque anni successivi all’avvio della liquidazione, sono diminuite per tutte le procedure a causa della sempre più difficile valorizzazione sul mercato degli attivi delle imprese in dissesto in una situazione congiunturale sfavorevole. I grafici seguenti mostrano come i tassi di recupero delle procedure di liquidazione concluse nel periodo 2011-2014 siano stati in media pari al 40%: 50% per le esecuzioni immobiliari e le procedure stragiudiziali e poco inferiori al 30 % per i fallimenti.

Fonte: Banca d’Italia, “Bollettino economico”, Luglio 2016.

In particolare le ristrutturazioni risultavano essere raramente risolutive: a quattro anni dal loro avvio, il 62 per cento era ancora in corso e il 23 si era trasformato in liquidazione, poco più del 10 per cento si era concluso con il rientro in una situazione di riequilibrio finanziario e il restante 5 con l’acquisizione o con l’incorporazione dell’impresa da parte di altre aziende. Esse erano ostacolate dalle criticità riscontrate nell’erogazione di nuovo credito dopo l’avvio della procedura, dal costo dei professionisti e dalle difficoltà di coordinamento con i creditori non finanziari84.

Gli ultimi dati pubblicate da ABI ad Ottobre 2016 confermano le tendenze descritte precedentemente: le sofferenze nette, al netto delle svalutazioni già effettuate dalle banche con proprie risorse, a fine Settembre 2016 sono risultate essere pari a 84,7 miliardi di euro mentre il rapporto sofferenze nette su impieghi totali è risultato pari al 4,76%; prima dell’inizio della crisi era 0,86% (Allegato 5).

Dati dettagliati ricavabili dal Bollettino Statistico 2/2016 pubblicato da Banca d’Italia consentono di analizzare la distribuzione delle sofferenze al Marzo 2016 per aree geografiche e comparti di attività economica della clientela. Come emerge dagli allegati 6 e 7, le sofferenze maggiori si collocano nell’Italia nord occidentale nella categoria delle società non finanziarie. Il settore più colpito negativamente dalle sofferenze risulta invece essere quello delle costruzioni seguito dall’attività manifatturiera, dal commercio e dalle attività immobiliari in sintonia con lo stato di salute di tali settori.

I valori quantitativi e le caratteristiche qualitative degli impieghi bancari italiani riflettono implicitamente l’impatto che la progressiva entrata on vigore del LCR e del NSFR determinano sulle attività coerentemente e successivamente alla gestione del passivo. Gli ultimi dati rilasciati ad Ottobre 2016 da Banca d’Italia nel Bollettino

statistico "Moneta e banche" stabiliscono che il tasso di crescita sui dodici mesi delle

sofferenze in Agosto, tenendo conto delle discontinuità statistiche ma senza correggere per le cartolarizzazioni e le altre cessioni, è stato pari allo 0,1 per cento (0,3 per cento a Luglio). Quando si corregge tale tasso di crescita per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, analogamente a quanto si fa per i prestiti, il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze è stato ad Agosto del 12,1 per cento (12,4 per cento nel mese precedente).

L’insieme di questi dati testimonia l’impatto indiretto e consequenziale all’entrata in vigore progressiva dei due nuovi vincoli quantitativi di liquidità sull’attivo bancario: entrambi disincentivano l’erogazione del credito e mirano ad un innalzamento significativo dei livelli qualitativi delle attività poste a garanzia del rischio di liquidità.

Allegato 3

Allegato 4

Fonte: Associazione bancaria italiana “Rapporto mensile-principali evidenze”, Ottobre 2016

Allegato 5

Allegato 6

Fonte: Banca d’Italia “Bollettino statistico 2/2016”, Marzo 2016.

Allegato 7