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Correlazione tra Funzioni Cognitive e Teoria della Mente nelle Patologie Neurodegenerative

CAPITOLO TRE: MILD COGNITIVE IMPAIRMENT (MCI)

3.6 Correlazione tra Funzioni Cognitive e Teoria della Mente nelle Patologie Neurodegenerative

Con il lavoro di Happé e Brownell (1998) si è cominciato a ipotizzare se la ToM potesse cambiare durante il ciclo di vita del soggetto secondo una prospettiva life-span psychology (S. Lecce, E. Cavallini, A. Pagnin, 2010). I ricercatori hanno sostenuto l’esistenza di una correlazione fra le funzioni cognitive e quelle sociali, all’interno delle quali vi troviamo la ToM. Questo legame è stato indagato sia nei soggetti anziani sani sia in quelli patologici. Per quanto riguarda la popolazione clinica si è voluto studiare la relazione che esiste tra le EF e la ToM in soggetti con Morbo di Parkinson (PD), con Demenza Fronto-Temporale (FTD) e con AD. Da questi studi emerge come i soggetti con Morbo di Parkinson e pazienti con FTD presentano prestazioni peggiori rispetto alla popolazione non clinica nelle prove della ToM. Soprattutto con i soggetti sofferenti di Parkinson si è potuto notare una maggiore relazione tra queste due funzioni cognitive (L. Monetta, C. M.

Grindrod & M. D. Pell, 2009; J. Péron e al, 2009). Gli studi, riguardanti tale correlazione, prendono in considerazione le patologie neurodegenerative come FTD, AD e PD.

Nei soggetti con FTD emerge che nelle prime fasi di malattia il deficit delle EF non è così pronunciato. Immediato è il cambiamento della personalità e del comportamento sociale dei pazienti con una compromissione delle regioni anteriori frontali ventromediali, sede dell’elaborazione delle emozioni e del comportamento sociale (M. L. Schroeter e al., 2008). È stato riscontrato nei soggetti con diagnosi di FTD che tanto peggiori sono le prestazioni nei compiti della ToM quanto maggiore sarà l’atrofia a livello delle aree fronto-ventromediali (C. Gregory e al., 2002). In seguito, nello sviluppo della malattia, viene coinvolta prima l’area dorsolaterale e poi quella temporale. Questi soggetti presentano iniziali difficoltà nella ToM seppure negli altri compiti risultano essere ancora nella norma. Di fronte a questi studi il calo riscontrato nella capacità di interpretare gli stati mentali altrui non dipende dal deterioramento delle Funzioni Esecutive. Lough e colleghi nel 2001 descrivono in un singolo caso l’esistenza della dissociazione tra le due funzioni. Eslinger e colleghi (2007) decidono di svolgere un esperimento che coinvolge i soggetti con Afasia Progressiva Primaria (PPA) e i soggetti con Demenza Fronto-Temporale con Variante comportamentale (bvFTD). Notano come difficoltà nei giudizi sociali nei pazienti con bvFTD si associa a deficit di flessibilità cognitiva e con l’atrofia dell’emisfero destro a livello di varie regioni: orbito frontale, aree associative visive, area posteriore del cingolo e solco superiore temporale (Fig. 3.9). Invece i soggetti con PPA risultano avere minori difficoltà nei compiti della ToM. Inoltre gli autori notano come la Flessibilità Cognitiva risulta essere fortemente correlata con i compiti di giudizio sociale affermando l’inter- relazione tra la EF e le Abilità Sociali, screditando quanto sostenuto da Lough e colleghi.

Fig. 3.9 Pazienti con FTD con importanti difficoltà nelle funzioni sociali e disesecutive. Si identifica una significativa atrofia della corteccia frontale orbito mediale di destra, della corteccia superiore temporale di destra e dell’adiacente solco temporale, delle cortecce visive associative di destra e corteccia del cingolo posteriore di destra. Immagine tratta dall’articolo di Eslinger e colleghi dal titolo Oops! Resolving social dilemmas in frontotemporal

dementia

Bertoux e altri ricercatori (2015) studiano la relazione tra le EF e la ToM nei soggetti con bvFTD. Da questo studio emerge la presenza di una dissociazione tra le due funzioni, sostenendo uno sviluppo in parallelo tra di loro. Gli autori, comunque, hanno trovato come la componente affettiva e cognitiva della ToM (valutata tramite Faux Pas) siano collegate con l’attenzione/working memory e compiti di astrazione verbale.

Sono stati fatti degli studi per valutare le Funzioni Sociali nella patologia del Morbo di Parkinson (PD) in assenza di demenza29. La Malattia di Parkinson

è una malattia neurologica progressiva caratterizzata oltre che da sintomi motori anche da difficoltà cognitive che riguardano le Funzioni Esecutive. Questi pazienti riportano difficoltà nei compiti di falsa credenza di primo e

29 Il Movement Disorders Society (MDS) ha proposto i criteri diagnostici per la

condizione di MCI con Disturbo di Parkinson (PD-MCI) (I. Litvan, 2012) e per la condizione di Demenza con Disturbo di Parkinson (PD-D) (B. Dubois, 2007).

di secondo ordine. Inoltre, risulta essere presente un legame fra la prestazione ottenuta nei compiti di teoria della mente e quella riportata nei compiti delle EF. Nelle prove di Faux Pas secondo Péron e colleghi (2009) i soggetti con PD presentano risultati deficitari. Trovano una correlazione significativa fra i compiti di inibizione e il compito di Theory of Mind. È stato fatto un lavoro dove gli autori hanno concluso che i risultati al Test degli Occhi erano inversamente correlati con la gravità del sintomo motore, mentre le prestazioni nei Faux Pas erano correlate con le prestazioni nei compiti delle abilità verbali fluide e della valutazione neurocognitiva overall. Perciò Nobis e colleghi (2017) hanno sostenuto come nel soggetto con PD la componente affettiva della ToM sia inversamente correlata con la gravità dei sintomi cognitivi, mentre la parte più cognitiva della ToM è correlata con le EF.

L’altra grande patologia neurodegenerativa presa in considerazione è la Demenza di Alzheimer (AD). Nello studio di Gregory e colleghi nel 2002 è stato trovato che i pazienti a uno stadio iniziale della malattia mostrano un deficit solo nei compiti di false credenze di secondo ordine, mentre ottengono prestazioni comparabili con quelle dei soggetti di controllo nei compiti di falsa credenza di primo ordine e nei Faux Pas. È probabile che le differenze nelle credenze nei compiti di secondo ordine siano dovute a una compromissione delle abilità mnesiche (specialmente della WM) più che a causa di quelle mentalistiche. Inoltre Challita (2016) sostiene come le difficoltà mnesiche nel soggetto con AD possano spiegare la mancanza di empatia in questi soggetti.

Il linguaggio è un’altra funzione che è stata studiata in relazione alla ToM, ma non è stata affrontata in maniera approfondita all’interno degli studi sull’invecchiamento. Il linguaggio non è una variabile determinante per spiegare il deficit nella ToM. Si vede infatti come i soggetti aventi lesioni dell’emisfero di sinistra non risultano avere alcuna compromissione di questa abilità. Tramite prove di Vocabolario della WAIS-R o della WAIS-IV (Weschler, 1981, 2008a, 2008b) e il Mill Hill Vocabulary Test (Raven, Raven, Court, 1998) è stata studiata la relazione tra le due funzioni. Con queste prove il linguaggio è stato valutato come misura dell’intelligenza cristallizzata piuttosto che come espressione di una capacità cognitiva da mettere in legame con la ToM. Nelle ricerche fatte con gli anziani non vi è l’interesse a spiegare quanto il linguaggio influenzi quest’abilità. Nella letteratura dell’infanzia invece vi è un’attenzione verso questo argomento (S. Lecce, E. Cavallini, A. Pagnin, 2010). Attraverso diversi studi hanno osservato che il linguaggio non è in grado di spiegare il declino della ToM. Come riportato da Siegal e Valey (2006) le prestazioni della ToM non dipendono dalle conoscenze lessicali e grammaticali perché il linguaggio è solo un’impalcatura necessaria per lo sviluppo della ToM. Una volta che questa

ha raggiunto il livello di stabilità le due funzioni risultano essere indipendenti tra di loro.