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2.4 Regole Sociali e Moral

2.4.1 Sviluppo della Morale

La morale risulta essere innata, controllata e diretta da uno dei numerosi geni del genoma umano o è determinata dal contesto ambientale? Questa è la domanda di numerosi studiosi della psicologia dello sviluppo. Un autore come Bloom sostiene che il senso di giustizia e di ingiustizia sia innato (C.A. Nelson, 2014). Secondo Charles Nelson (2014), invece, sostenere l’innatismo dei comportamenti complessi è sbagliato per due motivi:

● Sostenere che la morale sia presente all’inizio della vita e in una varietà di culture non significa che sia innata. Certamente il processo distinzione morale/convenzionale è un fenomeno importante che prevede il coinvolgimento della cultura e del periodo di vita (R.J.R Blair, 1995);

● Se il senso di giustizia e di ingiustizia prevede il coinvolgimento di numerose strutture a livello cerebrale, vuol dire che gli input esperienziali sono fondamentali per la loro formazione e la loro modificazione.

Sono stati elaborati e descritti diversi approcci riguardo lo sviluppo della morale (L. Barone, 2016).

Il primo approccio risulta essere quello cognitivo-evolutivo di Piaget, il quale asserisce che lo sviluppo della morale è parallelo allo sviluppo cognitivo del bambino. Per l’autore fino all’età di 5 anni si vive in una condizione pre-morale non mostrando alcun interesse per questo tipo di regole. Solo in seguito saranno elaborate due distinte forme di morale (L. Barone, 2016):

● Il realismo morale. Fino all’età di 8 anni, il bimbo reputa come i doveri morali siano delle entità concrete, giuste, rigide e immutabili. Le regole morali sono date dall’esterno e la loro validità dipende dall’autorità. In questo periodo si parla di responsabilità oggettiva ossia la gravità del comportamento viene misurata in base alla gravità del danno compiuto e l’intenzionalità dell’azione non viene considerata. La giustizia viene definita retributiva ossia si basa sulla

logica “occhio per occhio, dente per dente” e la punizione, a seguito di un danno, è considerata giusta perché è espiatoria.

● Il relativismo morale. Si presenta dai 9-10 anni del bambino e le regole non sono più considerate immutabili, ma fondate sulla cooperazione e sulla reciprocità. La morale non è più eteronoma ma è dettata dall’interiorità dell’individuo. In questo periodo si parla di una responsabilità soggettiva in quanto il bambino giudicherà la gravità di un’azione in base alla sua intenzionalità. Ad esempio in questa fase è ritenuto maggiormente colpevole colui che, per rubare la marmellata, rompe una tazzina rispetto al bambino che, per aiutare la mamma nel metter a posto la spesa, ne rompe sei. La giustizia viene definita distributiva e si basa su un concetto di somiglianza fra le persone, per cui il principio ispiratore è “Non fare agli altri quello che non vorresti fosse fatto a te”. In questo periodo di vita il bambino giudica comportamento scorretto quello di sua madre che, dopo aver tagliato una torta, dà la fetta più grossa al figlio maggiore e la più piccola al figlio minore. Si violano i principi di reciprocità e di uguaglianza che stanno alla base del nuovo concetto di giustizia. A seguito di un danno la punizione non è più espiatoria ma dipende dalla natura e dalla gravità della colpa in funzione di uno scopo. In questa fase non è più considerato corretto punire un amichetto che ha rotto l’altrui giocattolo, deprivandolo o rompendogliene uno suo.

Piaget, inoltre, effettua una distinzione tra i giudizi morali e la coscienza morale. Secondo l’autore i primi permettono una valutazione della condotta e hanno a che fare con la razionalità del soggetto; invece, la seconda ha a che fare con l’aspetto emotivo conseguente ad una violazione delle regole, come il senso di colpa. Questa divisione si sovrappone neuroanatomicamente con il modello della Teoria della Mente di Shamay- Tsoory e colleghi (2009). Da ricerche emerge come lo sviluppo di una coscienza morale abbia origine tra i 3 e i 5 anni parallelamente allo sviluppo della capacità di mentalizzazione (S. Bruno e L. Elia, 2011).

Altra teoria di riferimento nello sviluppo della morale è quella di Kohlberg. Lui rielabora la teoria di Piaget sviluppando una teoria stadiale dello sviluppo morale. L’idea di fondo è che, nonostante la presenza di alcune sostanziali differenze dovute al contesto storico e socio-culturale, lo sviluppo della morale è universale e lo sviluppo avviene per schemi e stadi. Analizzando le risposte date dai soggetti al dilemma di Heinz23, Kohlberg

23 Di seguito viene riportato il dilemma di Heinz elaborato da Kolberg (L. Barone,2016,

pp. 334-335): “Heinz è un uomo la cui moglie ammalata di cancro potrebbe salvarsi grazie ad un farmaco molto costoso scoperto da un farmacista del suo paese. Heinz non ha i soldi per acquistarlo ed è alle prese col dilemma se rubare il farmaco o vedere morire la propria moglie. Che cosa dovrebbe fare Heinz? E quali sono i motivi alla base

identifica tre livelli di ragionamento morale ognuno suddiviso in due sottocomponenti (L. Barone, 2016):

● Livello Pre-Convenzionale. Analogo al realismo morale di Piaget; ● Livello Convenzionale. Gli obblighi, le regole e le aspettative sono

sperimentate come componenti salienti del sé. Infatti le persone tendono a rispettare le regole appartenenti ai propri gruppi sociali (amicali, familiari…). La maggior parte delle persone si ferma a questo livello secondo l’autore;

● Livello Post-Convenzionale. I giudizi morali sono formulati a partire da principi quali libertà, equità e solidarietà.

Il concetto di Sé è strettamente connesso alla tipologia di obbedienza centrata sull’impegno ed è molto più precoce rispetto a quanto riferisce Kohlberg. Infatti il Sé morale si presenta in una forma embrionale a 14 mesi, che permette al piccolo di percepire sé stesso come buono (S. Bruno e L. Elia, 2011).

La teoria di Kohlberg viene criticata da un autore come Bandura il quale ritiene infondata l’ipotesi di una progressione universale della morale (L. Barone, 2016). Disapprova l’idea che il soggetto nello sviluppo della morale non venga esposto a modelli e a forme di apprendimento che possano influenzare il suo sviluppo. Infine, Bandura (2002) sostiene l’esistenza della discrepanza24, che emerge frequentemente nei soggetti adulti.

Altra teoria di riferimento sullo sviluppo della morale è quella degli ambiti di Turiel e Nucci (L. Barone, 2016). Secondo gli autori bisognerebbe distinguere l’ambito morale da quello convenzionale e personale. L’ambito morale si riferisce ai concetti di benessere, giustizia e dei diritti umani. I principi sono universali in quanto non dipendono né da un’autorità esterna né dal consenso generale e si formano nel momento in cui il bambino si rende conto delle conseguenze negative di un’azione. L’ambito convenzionale presenta come riferimento il sistema sociale, motivo per cui le regole sono stabilite da un’autorità, non sono universali e non sono generalizzabili. L’ambito personale riguarda una serie di comportamenti e di regole le cui conseguenze ricadono sul soggetto che li mette in atto. Secondo gli autori già intorno ai trenta mesi il bambino presenta una distinzione tra l’ambito morale e quello convenzionale potendo così distinguere tra ciò che ritiene sbagliato in sé, da ciò che ritiene errato perché disapprovato dai genitori. L’educazione dei bambini è fondamentale per della sua scelta? Poste dinanzi ad un dilemma morale, le persone sono indotte ad interrogarsi su “cosa sia giusto da fare” e “perché sia giusto agire in un determinato modo”.”

24 Per discrepanza si intende il divario tra i principi morali professati dai soggetti e il

comprendere se un determinato tipo di comportamento è strettamente connesso alla violazione di un ambito morale o di un ambito convenzionale (L. Barone, 2016).

Altra teoria che spiega lo sviluppo della morale è quello di Eysenck (1964) e Trasler (1978) che definiscono la teoria della punizione (R.J.R. Blair, 1995). Questi autori suggeriscono un modello di sviluppo della morale utile per spiegare il comportamento amorale di soggetti psicotici. Gli autori sostengono che la socializzazione è ottenuta tramite la punizione. Per i due autori comportamentisti, la coscienza è un riflesso condizionato e il rimorso è una conseguenza del condizionamento classico. La risposta di ansia, indotta dalla punizione della trasgressione, è associata alla violazione delle regole. Lo psycopath presenta un indebolimento del processo di condizionamento classico. Questa posizione è stata altamente screditata (R.J.R. Blair, 1995).

Per quanto riguarda l’elaborazione di una teoria cognitiva della morale un autore come Blair (1995) ha ipotizzato l’esistenza di un meccanismo di soppressione dell’aggressività come prerequisito per lo sviluppo della distinzione tra morale e convenzionale. L’autore sostiene come la psicosi sia una patologia dovuta proprio ad una mancanza di questo meccanismo e suggerisce che gli uomini hanno un meccanismo che si chiama Violence Inhibition Mechanism (VIM). Il VIM è attivato dalla comunicazione non verbale (come espressione del volto triste, la vista o il suono di una lacrima), e determina una risposta di ritiro. L’attivazione del VIM permette al soggetto di ritirarsi dalla situazione. Il comportamento aggressivo può essere anche regolarizzato da un altro sistema esecutivo come il Sistema Attenzionale Supervisore (SAS). Sono il VIM e gli altri sistemi esecutivi a determinare la risposta comportamentale finale più corretta all’interno del contesto sociale. Per Blair (1995) il VIM è un prerequisito per tre aspetti della moralità:

● Moral emotions (empatia, senso di colpa). Il VIM permette l’interruzione di comportamenti in corso, determinando una risposta di ritiro. Blair suggerisce che l’attivazione del VIM debba essere interpretata come una delle emozioni morali, che vengono percepite come avversive. Si pensi all’empatia. Questa condizione permette di ricreare uno stato interno di un altro soggetto. Questo stato mentale interno è una condizione di distress fondamentale per decretare l’attivazione del VIM;

● Inhibition of violent action. Il VIM, come riferito precedentemente, comporta una risposta di ritiro e conduce a un’inibizione di comportamenti violenti. Grazie ad un meccanismo di condizionamento classico il bambino ha una minore probabilità di intraprendere comportamenti aggressivi;

● Moral/Conventional distinction. Questo processo equivale alla distinzione tra trasgressioni morali e quelle convenzionali. Le violazioni morali sono definite dalle conseguenze per il diritto e il benessere degli altri. Le trasgressioni sociali riguardano il comportamento e definiscono le relazioni all’interno del contesto sociale.

Il costrutto del VIM si oppone a quanto sostiene Turiel (R.J.R. Blair, 1995) sull’origine delle regole morali e delle regole convenzionali. Infatti se per Blair il VIM permette di effettuare tale distinzione, per Turiel sono le esperienze di dolore vissute direttamente o indirettamente da bambino che permettono di distinguere un qualsiasi atto come una violazione morale o come una violazione convenzionale. La formazione del VIM da parte di Blair è stata spiegata con questo modello (Fig. 2.5). Il modello casuale prevede la presenza di tre livelli: Sociale, Fisiologico e Comportamentale. Attraverso il modello viene spiegato come il VIM forma le moral emotions. Il VIM si forma a seguito di un processo maturativo dell’individuo e tramite l’esperienza di precoci esperienze sociali. Il sistema nervoso autonomo è coinvolto nel processo emotivo. Tra le emozioni provate sono presenti il senso di colpa e l’empatia, formate dal VIM, che prevedono la presenza di un’attivazione specifica del sistema nervoso autonomo (R.J.R. Blair, 1995).

Fig. 2.5 Un modello causale dello sviluppo del VIM. Tratto dall’articolo di R.J.R. Blair dal titolo A cognitive developmental approach to morality: investigating the psychopath

Il senso di colpa è un sentimento età-correlato come dimostra Parke. Questo viene dimostrato con un esperimento. Presi alcuni bambini e portati all’interno di una stanza, sono mostrati loro dei giocattoli: alcuni nuovi e attraenti, altri comuni e meno invitanti. I bambini hanno la possibilità di giocare solamente con quelli vecchi e di poter solamente ammirare quelli nuovi. Se durante la fase iniziale il bambino vìola tale regola, viene richiamato e sanzionato come trasgressore. Poco dopo viene lasciato da solo

nella stanza con i giocattoli. Il ricercatore giunge a diverse conclusioni osservando il comportamento del bambino in assenza dello sperimentatore. Si può evidenziare che bambini più piccoli toccano il giocattolo proibito in assenza dello sperimentatore e non si sentono colpevoli se vengono scoperti; invece, i bambini più grandi mostrano una maggiore esitazione e un iniziale senso di colpa (S. Bruno e L.Elia, 2011).

E’ stato, infine, proposto come lo sviluppo della morale e del giudizio morale faccia affidamento a due diverse modalità di apprendimento emotivo: stimolo-rinforzo (stimulus-reinforcement) e risposta-risultato (response- outcome). Il primo processo permette di associare una valenza emotiva positiva o negativa ad uno stimolo. Questa forma di apprendimento risulta essere appropriata per i moral judgments. Il secondo processo di apprendimento emotivo permette alla persona di poter stimare le conseguenze del commettere una certa azione. Gli stessi psicotici presentano un indebolimento della vmPFC e dello striato, regioni centrali in quest’ultimo processo di apprendimento (R.J.R. Blair, 2017).