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Una corresponsabilità universale

Forma, linguaggio, figura

1. C ON LA STORIA CONTRO LA STORIA

1.3 Una corresponsabilità universale

Nel processo di formalizzazione del discorso, la metrica, intesa come composizione, «come individuazione, come rispondenza di parti, coerenza delle similarità e, al tempo stesso, risalto delle anomalie»,62 si configura come un meccanismo straniante che permette

allo scrittore e al destinatario di versi di collocarsi in un dato sistema di rapporti e di tessiture sociali; di scoprire il punto in cui poesia e politica possono incrociarsi. Una politica da intendersi – oltre che come gestione della politica – come processo di formalizzazione di una “soggettività” che si muove e prende forma con gli altri in uno spazio e in un tempo dati, destituendo – in un’operazione di autocritica – l’ordine discorsivo che la mistifica e la sostiene. Secondo Fortini, bisogna rifiutare «qualsiasi ingerenza diretta del politico nell’opera letteraria», dal momento che i rapporti tra letteratura e politica «esistono sia oggettivamente, per il fatto che fra strutture politiche e cultura intercorrono rapporti necessari, sia soggettivamente, poiché ogni opera letteraria si pone sempre, voglia o no, il problema della provenienza e della direzione, ed è perciò legata al senso storico, quindi alla politica».63 In uno scritto dedicato a Lu Hsün, l’autore elabora una lucida riflessione

sull’inscindibile nesso tra politica e poesia:

Il reale significato di un autore come Lu Hsün non consiste solo nella lotta impavida contro la morte degli altri e contro la propria stessa morte fisica […]. Ma consiste anche nella certezza che la duplicità e la lotta non hanno fine e che dunque non hanno fine la poesia e l’arte, con il loro messaggio di vita-e-morte; e che finalmente una politica dimentica di questo – e che non lo abbia continuamente presente nella propria liturgia profonda – contiene il germe di un errore, per l’importanza della posta, terribile. Così nel momento stesso in cui auspica «cannoni» e non «poesie» sa che i cannoni senza la verità delle poesie non sono nulla: «la vita quotidiana di un combattente non è tutta canti e pianti; ma quando tutto è legato a canti e pianti, allora si ha un vero combattente».64

62 Stefano Colangelo, Metrica come composizione, Gedit, Bologna 2002, p. 9. 63 UDI, p. 46-47

64 QF, p. 189. Una parte dello stesso scritto è riportata in Non solo oggi alla voce «Politica e poesia»; cfr.

Nelle pagine che seguono, vorrei indagare una lettura del politico non soltanto a partire dai contenuti e dalla materia che il poeta sceglie di trattare (poesia engagée). Si tenterà al contrario di delineare una visione del politico interrogando, nella costruzione discorsiva dell’opera, quella forma che dà senso al testo, cercando inoltre di valutare il componimento come potenziale vettore ermeneutico dello spazio che lo contorna. In questa direzione, la poesia si configura per Fortini non come assoluto vangelo politico, ma come strumento, assieme ad altri, per stabilire un indice di comunicazione tra le generazioni in grado di resistere alla storia, e nello stesso tempo, di superarla, con il lavoro di demistificazione della forma che appartiene alla classe egemone. Il valore politico della poesia e del linguaggio andrà dunque valutato alla luce di un percorso eteronomo che individua nel componimento un’arma di una lotta a più livelli, nonché un luogo in cui è possibile riconoscere o formulare, tramite le scelte formali, un’intenzione, una prospettiva:

Quando i critici dicono che tutta la mia poesia, anche quando parla di rose, è poesia politica, credo errino di poco, però quel poco è importantissimo. Nascosta nella scelta di un aggettivo o di una virgola, c’è sempre l’intenzione di fornire delle coordinate, comunicare. C’è l’augurio che al di là dei nostri anni, quel che una serie di cyclon B [sic], di defolianti alla diossina e di radiazioni di Černobyl hanno depositato nelle ossa delle nostre scritture, continuassero a segnalare dove sono sepolte le nostre parole. In ogni caso, gli esseri umani, vivi o morti, sono intorno a me, segnati e sovrastati dalla cronaca o dalla storia, sono amici e indomabili assertori del «Principio Speranza» come lo chiamò Ernst Bloch.65

Per Fortini, insomma, anche una poesia sugli «uccelletti di bosco», grazie alla sua struttura, alle sue articolazioni interne e tensioni semantiche, può interpretare – e quindi «formalmente interpretare» – una data «visione del mondo» come riflesso di un rapporto di classe e regime produttivo dati. L’organizzazione formale della poesia sarebbe in grado per lui di veicolare «una energia mediatamente pratica altrettanto forte di quella di altre raffigurazioni […] della “storia privata”; senza pertanto che così si esaurisca la verità di un’opera poetica».66

Pur avendo presentato in apertura un esempio di scrittura saggistica, sarà opportuno precisare che non mi occuperò in questo lavoro della forma-saggio. Vorrei al contrario approfondire quel processo di formalizzazione che trova una corrispondenza nella

65 UDI, p. 633. 66 VP, p. 48.

scrittura in versi, interrogando le riflessioni teoriche di Fortini sul metro e sul ritmo in vista di una verifica storica condotta a partire da una critica della terminologia in uso. Andrà inoltre precisato un motivo sul quale bisognerà tornare in seguito, ma che qui è opportuno anticipare: la scrittura poetica non deve essere assunta come punto d’osservazione distaccato dal “reale”; essa, al contrario, andrà considerata come esperienza problematica, ambivalente e contraddittoria che permette al poeta – in virtù di una messa in forma straniante rispetto alla forma dominante – un approccio critico ai fenomeni sociali e letterari. Sarà pertanto necessario evitare la lettura dell’opera in versi entro i confini di una prospettiva estetizzante. La scrittura poetica è da intendersi piuttosto come scelta di composizione, come linguaggio che prende forma in un’enunciazione discorsiva inseparabile dai rapporti vissuti dagli uomini con il mondo, i quali, se non si vogliono ideologici, vanno interpretati come conflittuali, in una dialettica instaurata tra soggetto individuale e collettivo, tra locutore e interlocutore (tra il je che nell’enunciazione incontra l’altro e costituisce per contrasto il concetto di persona).67

La nozione di poétique formulata da Meschonnic nei suoi cinque volumi intitolati Pour

la poètique – dei quali Fortini possedeva i primi tre nella sua biblioteca personale, come

risulta da una verifica presso il Fondo Fortini dell’Università di Siena – potrebbe in questa direzione risultare utile per indagare il rapporto tra enunciazione, organizzazione formale del discorso poetico e società. Tra Meschonnic e Fortini è possibile individuare – pur con qualche riserva che esporremo più avanti68 – una serie di tensioni comuni riscontrabili

soprattutto in relazione alla riflessione sulla poesia e sulla tecnica letteraria. Per Meschonnic, la poetica è lo studio della letterarietà «qui vise à montrer comment, à tous les niveaux et dans tous les sens, une œuvre est l’homogénéité du dire et du vivre, n’est ni “science du style” ni subjectivisme».69 Instaurando col mondo una dialettica, essa si

presenta necessariamente come pratica materialista.70 Strumento per la conoscenza del

linguaggio a partire dalla scrittura,71 l’opera poetica viene a situarsi per Meschonnic

67 Cfr. Émile Benveniste, De la subjectivité dans le langage, in Id., Problèmes de linguistique générale, vol. 1,

Gallimard, Paris 1966, pp. 258-266 (tr. it di M. Vittoria Giuliani, Problemi di linguistica generale, il Saggiatore, Milano 2010, pp. 310-320).

68 cfr. infra, 11.3.

69 H. Meschonnic, Pour la poétique I, cit., p. 27 [«Una poetica che mira a mostrare come, a tutti i livelli e in

tutti i sensi, un’opera è l’omogeneità del dire e del vivere, e non “scienza dello stile” né soggettivismo» (traduzione mia)].

70 Ivi, p. 152. 71 Ivi, p. 150.

all’incrocio tra unità di visione sintagmatica e unità di dizione ritmica e prosodica, ponendosi come «système et créativité, objet et sujet, forme-sens, forme-histoire».72

Un testo di Fortini raccolto nell’Ospite ingrato sintetizza le posizioni esposte in queste pagine e presenta, allo stesso tempo, alcuni concetti che verranno ripresi in un saggio degli inizi degli anni Ottanta.73 Il testo, intitolato Di tutti a tutti, recita:

Davanti a noi c’è la strada della mutua educazione politica, lunghissima ma non eterna, volta a decifrare i nessi fra i fenomeni e a mostrare la falsità delle bilance in uso. Chi cerchi di possedere il metodo (mentale e/o morale) per intendere come e perché l’ultimo libro di poesia edito a Milano, l’aumento del prezzo della benzina, le spese militari della Repubblica Sudafricana e questo presente discorso siano fra loro connessi; e per quali passaggi e centrali di smistamento si influenzino a vicenda, costui meglio conoscerà (o si avvierà a conoscere) anche per quali cunicoli occulti comunichino le diverse età dell’uomo, il mondo della realtà e quello del desiderio, e come ognuno di noi sia composto di morti e di venturi, dunque attraversato da una corresponsabilità universale.74

Malgrado la tendenza di Fortini a far coincidere, attraverso il ragionamento, teoria e prassi, rimane aperta nella pratica compositiva una materia di significato che oltrepassa la riflessione teorica. Prima di interrogare quello spazio liminare, sarà opportuno prestare attenzione alle proposte di Fortini, nel suo tentativo di far quadrare il cerchio attraverso il pensiero.

72 Ivi, p. 62 [«sistema e creazione, oggetto e soggetto, forma-senso, forma-storia» (traduzione mia)]; cfr.

anche Confini, p. 25.

73 Mi riferisco ai paragrafi iniziali del discorso di Fortini tenuto presso l’Università di Ginevra nel maggio

1980 e pubblicato su «Quaderni Piacentini», n.s. 2, 1981 con il titolo di Metrica e biografia, ora in MB, pp. 39-74.