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relazioni, possibilità, rigenerazione e identità

2.11 Cos’è il pubblico?

La discussione su un tema come l’arte pubblica nello spazio pubblico richiede di cercare di definire fin dall’inizio ciò che si intende con la parola “pubblico”.

Che differenza c’è tra il pubblico, le masse, la folla, tutti, nessuno? Esistono forme d’arte e concezioni artistiche elaborate per un pubblico inteso come un gruppo coerente e, altre forme d’arte, che, al contrario, rifiutando l’idea di un consenso del gruppo sottostante, preferiscono un’attività artistica

secondo la modalità egualitaria che porta alla fusione delle nozioni dell’arte e del pubblico (ognuno è un artista15)?

Altre forme d’arte possono anche avvicinarsi alla produzione artistica secondo la modalità di produzione dei beni di consumo considerando il pubblico come equivalente alla massa dei consumatori reali o potenziali. Le diverse definizioni della parola “pubblico” trovate nei dizionari rivelano chiaramente queste divergenze. Il vocabolario Treccani definisce la forma aggettivo di “pubblico” come “che riguarda la collettività, considerata nel suo complesso; quello che appartiene alla collettività sociale”e il suo nome riflette l’evoluzione sociale e l’evoluzione del linguaggio: nel suo vecchio senso “pubblico” significa “lo stato, la collettività” e nel suo significato moderno “persone, masse”. “ciò che riguarda un intero popolo, una collettività, un gruppo sociale” e il nome come “tutti indistintamente, la popolazione”. L’aggettivo “pubblico” definito come “riguardante il popolo nel suo insieme” e il nome come “i membri della comunità in generale”; in inglese lo spazio pubblico per eccellenza è il “pub” - la forma abbreviata di casa pubblica. Confrontando le definizioni si nota un divario tra aggettivo e sostantivo, lo stesso divario che separa la gente o la comunità dalla massa o dal vago e dall’entità senza forma. I diversi modi di pensare il “pubblico” ci porterà inevitabilmente a diverse visioni dello spazio pubblico, che ha bisogno di circoscrivere prima di poter demarcare il possibile ruolo dell’arte in esso.

2.11.2 Il pubblico come opportunità: la critica all’arte pubblica

Un’analisi delle strategie dell’arte pubblica, considerata una nuova forma di burocrazia, non può che tener conto delle pratiche avanguardiste passate. Krzysztof Wodiczko si distanzia da “l’arte nei luoghi pubblici”.

15 D e D om izio D urini, L ., 2001 ,Joseph B euys, scultore di anim e. p 233

L’arte pubblica migliora l’assetto decorativo urbano: “Per tentare di arricchire questa potente e dinamica galleria d’arte (il dominio dell’arte pubblica cittadina) con collezioni o commissioni d’arte artistica - in nome del pubblico – si tenta di decorare la città con una pseudo creatività insignificante per lo spazio e all’esperienza urbana” (Owens, 1987). Scelta la via aperta dal progetto “situazionista” che riesamina criticamente, Krzysztof Wodiczko individua l’obiettivo di quello che definisce “arte critica pubblica” come “un impegno in sfide strategiche alle strutture e ai mezzi della città che mediano la nostra percezione quotidiana del mondo: un impegno attraverso interruzioni estetico-critiche, infiltrazioni e stanziamenti che mettono in discussione le operazioni simboliche, psicopolitiche ed economiche della città” (Owens, ibid.).

2.11.3 Arte come espressione delle strategie nella società dei consumatori: forma e funzione

Distinguendo l’arte autentica, legata alla raffinatezza e al livello di competenza, dall’arte facilmente accessibile comune alla società dei consumatori, Luigi Pareyson, si distacca dall’opposizione tra l’arte e la società, cercando, al contrario, di definire e difendere il loro intimo e necessario rapporto: “lo sviluppo della vita sociale presuppone atti creativi che inventano le forme e producono manifestazioni” (Pareyson, 1966). Se la società è una “vita delle forme”, l’arte a sua volta testimonia un carattere sociale attraverso leggende popolari, architetture, stili.

La domanda del ruolo dell’arte nello spazio pubblico solleva quella della finalità dell’arte oltre l’utilità. In altre parole, una volta che noi attribuiamo l’arte a un ruolo sociale, una funzione pubblica, corriamo il rischio di sottometterla a una finalità sociale, economica e politica, vale a dire farla scomparire in quanto arte.

spazio pubblico senza esaurirsi in questa funzione? Pareyson offre una risposta basata sul concetto di intenti: “L’arte può proporsi uno scopo sociale e aspirare verso la propagazione di idee religiose, politiche e filosofiche in certi ambienti, esclusivi come cenacoli di iniziati o vasti come una classe sociale, un popolo, una nazione; tale concetto non è incompatibile con la natura dell’arte, a condizione che queste intenzioni e queste funzioni non si limitino ad essere limiti esterni, ma si trasformino in possibilità operative. In questo caso, il punto non sono gli obiettivi che devono essere seguiti dall’arte, ma gli scopi che devono essere raggiunti nell’arte”16. Pareyson dà all’artista il ruolo di ex pubblico attraverso la personalità della sua arte (l’artista innovatore) forma il gusto e influenza una comunità attraverso la convivenza con le opere. Infine, Pareyson prende posizione sulla società contemporanea distanziandosi dal criterio comunicazionale come criterio che permette di giudicare il valore artistico di un lavoro: “Se la comunicazione fosse una qualità esaustiva dell’arte, dovremmo ammettere che un film popolarmente acclamato o una canzone semplice sono più artistici di una bella poesia o di un magnifico dipinto perché gode del favore delle masse popolari, molto più numerose degli ambienti colti, necessariamente piuttosto limitati, di critici dilettanti e ammaestrati”17. C’è un carattere d’eccezione dell’arte che è la garanzia della sua universalità e della sua eternità e che la società del consumatore elimina ricorrendo all’arte “a disposizione di tutti”, l’arte esposta a usura e incomprensione a lungo termine.

Appellandosi alla contemplazione opposta al consumo, Luigi Pareyson conclude difendendo il valore ontologico dell’arte. Pareyson può essere rimproverato per la sua visione idealistica o persino elitaria: egli si contrappone, ad esempio, a Bourdieu quando considera la percezione e la creazione dell’arte come un fatto sociale che non ha altra necessità che una “socio-logica”18. 11 Due punti della sua analisi potrebbero essere utili: la

16 Ibid., p. 51. 17 Ibid., p. 57

18 Bourdieu, P., “Sociologie de la perception esthétique” in Les Sciences humaines et l’ouvre d’arte,

comunicabilità non può servire come criterio assoluto per il valore artistico di un lavoro e deve offrire “possibilità operative”.

2.11.4 Le dimissioni pubbliche… del pubblico

Un pubblico può dichiarare la sua inesistenza. In un certo modo, questo è ciò che dimostra Martha Rosler, individuando la scomparsa di un pubblico politicamente consapevole e informato e la crisi di legittimità del potere politico che accompagna l’arte: “Mi ricordo la crisi dell’accettazione dell’arte pubblica” (il flop sull’arco teso di Richard Serra è il migliore esempio), in cui il pubblico passante rifiuta di costituirsi come pubblico.

guidano il rapporto con l’arte in una specifica situazione storica e sociale” (p.162).[…] Il processo che porta alla costituzione dell’arte come arte è correlativo di una trasformazione del rapporto che gli artisti conservano con altri artisti, una trasformazione che porta alla costituzione di un campo intellettuale e artistico relativamente autonomo e ad una elaborazione correlativa di una nuova definizione della funzione dell’artista e della sua arte […] Quindi la conquista del primato della forma

Certamente in assenza di un pubblico politico - anche della concezione di quello spazio in cui si verifica il dialogo politico e il processo decisionale - l’arte sponsorizzata dal governo può essere percepita solo come arte imposta dal governo. Dal momento che non ha un pubblico - poiché si può quasi dire che sia un pubblico - questa arte non può essere accettata come lavoro scelto da una commissione governativa designata che rappresenta il pubblico in generale” (Rosler, 1987). Il pubblico rassegnato è, per M. Rosler, quello dei consumatori ai quali viene dato pane e giochi e quello che non chiama “pubblico” ma “audience”. Il pubblico, per essere pubblico e non audience, deve essere politicamente consapevole, cioè deve essere attivo e capace di distinguere la sfera privata da quella pubblica19.