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Il processo di cambiamento del concetto di patrimonio culturale è un fenomeno che ha avuto inizio alla fine dell’Ottocento e oggi si sta sviluppando con estrema rapidità. Si può riassumere come una progressiva liberazione della nozione di patrimonio da concetti estetici e la sua non meno progressiva espansione verso quelle sociali: prima l’inclusione di oggetti “popolari” tra le mostre di museografia “alta”, poi la considerazione di un luogo e le sue tradizioni linguistiche e, infine, l’abbraccio degli elementi intangibili come elementi contestuali fondamentali del patrimonio museale tradizionale. In tempi più recenti, la sovrapposizione di paradigmi ambientali, culturali ed economici ha migliorato e trasformato il nostro concetto di patrimonio culturale, conferendogli caratteristiche che, oggi più che in passato, lo legano a due concetti - area locale e identità - di grande importanza per il concetto di ecomuseo.

1.4.1 Proto-ecomusei: il museo all’aria aperta

I primi passi per migliorare l’eredità popolare in Europa sono stati fatti alla fine del XIX secolo. Sebbene provocate dalla paura che l’industrializzazione portasse alla distruzione della memoria culturale e della varietà della società rurale, queste iniziative avevano anche motivazioni razziali e patriottiche e il loro scopo principale era rafforzare l’identità nazionale. Esse hanno in gran parte preso forma in esposizioni nazionali o universali, che hanno cercato di evidenziare la varietà e la diversità nazionale come elemento della ricchezza del patrimonio di un paese.

È significativo che l’Esposizione Internazionale di Parigi nel 1878 vedesse la presentazione del “Lap Encampment” di Artur Hazelius10, che

sarebbe diventato il primo elemento costitutivo di Skansen.

Sono state organizzate iniziative analoghe in Italia: nel 1894-95, il folklorista Giuseppe Pitrè promuove una Mostra Nazionale a Palermo e nel 1911 a Roma si organizza la Mostra Etnografica Regionale. Questi, però, erano solo eventi temporanei e solo più tardi hanno dato luogo a istituzioni permanenti11.

Lo sviluppo più innovativo di quel periodo è quello di Skansen in Svezia, dove nel 1891 Artur Hazelius aveva un grande sito adattato per ospitare una ricostruzione di scene complesse della vita e del lavoro rurali della

10Artur Hazelius (Stoccolma, 1833 – 1901) Con lui possiamo dichiarare la nascita dei musei all’aperto.

Amante del proprio paese e delle sue tradizioni, nota con estrema preoccupazione che molti oggetti e strumenti tipici della vita quotidiana si stanno rapidamente adeguando, con l’avvento della rivoluzione industriale, a un linguaggio universale che rischia di cancellare il passato singolare per annacquarlo e disperderlo in un presente plurale. Con estrema lucidità, riscontra tanto interesse a preservare e conservare le opere d’arte del passato quanto disinteresse verso un patrimonio minore che proprio per questo rischia di far perdere le proprie tracce. Un patrimonio di cui il vissuto di ciascuno è imbevuto profondamente e costituisce la vera identità di una popolazione. Forte di questa consapevolezza, A.I.Hazelius decide di investire il proprio tempo e le proprie sostanze nella salvaguardia di tale patrimonio. Comincia ad acquistare oggetti di artigianato e strumenti di vita quotidiana, utensili e arredi tipici della sua regione. Nel 1878 si fa notare partecipando all’esposizione di Parigi rappresentando le produzioni e le tecniche tipiche del proprio paese, egli propone un exhibit molto particolare. Si tratta di un quadro vivente, dal titolo L’ultimo letto della bambina in cui ricrea fedelmente l’interno di una stanza e ricostruisce l’immagine di una famiglia in lutto raccolta intorno alla bambina. Forte dei riconoscimenti e degli apprezzamenti riscontrati riesce a raccogliere la sua collezione in un vero e proprio museo a stoccolma, il Nordiska Museet. Il quale ad inizio novecento utilizzava in modo innovativo la tecnica dell’ambientazione.

Scandinavia, complete di guide in costume e materiale etnografico in vernacolo autentico, gli edifici smontati e poi riassemblati (un modello che sarebbe diventata una tradizione per i musei all’aria aperta), altri completamente ricostruiti secondo il modello degli originali, delle case di epoche diverse e di diverse parti della Svezia, insieme ad animali e vegetazione caratteristica. Questa iniziativa ha prodotto un museo a cielo aperto permanente (ancora aperto) che doveva avere una profonda influenza sulla museografia etnografica in tutta la Scandinavia per decenni a venire.

1.4.2 Dal museo all’aperto all’apertura del museo

Importanti innovazioni museologiche furono apportate in Germania da musei heimatmuseum (musei “piccola patria”), piccole istituzioni istituite per glorificare la storia, un’attività lavorativa tradizionale, un’industria o un genio di una singola figura di un ambito locale estremamente limitato. Sebbene le sue origini andassero più indietro nel tempo, il heimatmuseum godeva di una notevole diffusione nel periodo tra le due guerre mondiali. Infatti, la necessità di una coesione sociale che la Germania ha sperimentato alla fine della guerra del 1914-18 sembra essere stata una delle ragioni principali della nascita di questa particolare istituzione (Lehmann, O., 1935). Tuttavia, il heimatmuseum ha segnato una vera e propria innovazione nella storia della museologica in quanto si è concentrato sulla comunità locale. “Il compito fondamentale del

heimatmuseum è quello di servire la gente e il presente” (Klersch, J., 1936).

Altre innovazioni sono state la sua interpretazione olistica del patrimonio e della storia locale, l’importanza attribuita all’attività educativa e il carattere dinamico ed evolutivo che essa ha assunto in aperto contrasto con l’esposizione statica di mostre nei musei tradizionali. Queste erano le caratteristiche che interpretava per strumentalizzare il regime nazista:

• la focalizzazione sulla comunità locale in maniera nazionalistica; • il ripensamento sul senso dell’identità e dell’identità sciovinista;

• la trasformazione dell’importanza dell’istruzione in indottrinamento e propaganda razziale;

• il contrasto del dinamismo museografico con l’immobilità.

Tuttavia, la straordinaria crescita di questo movimento (circa 2.000 musei sono stati creati nella breve vita del regime) era un sintomo di una trasformazione molto più ampia del panorama del museo internazionale. L’apogeo del

heimatmuseum, infatti, praticamente coincideva con la creazione (1935) dei

popolari Musée d’Arts et Traditions a Parigi, in un contesto politico completamente diverso.