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Che cosa chiamiamo “vita”: per un fine vita con dignità

Grazie di avermi invitato, grazie della presentazione. Sono tra le socie fondatrici dell’associazione Differenza Donna, che si occupa di violenza sulle donne. Mi occupo con l’associazione Vita di Donna, da tanto tempo, della legge 194.

Abbiamo visto questa campagna contro il suicidio assistito sostenuta dal portale CitizenGo, dagli stessi gruppi che hanno diffuso i grandi manifesti con l’immagine dell’embrione scrivendo «Tu eri così» per colpevolizzare le donne che scelgono di interrompere la gravidanza.

Vorrei sottolineare questa coincidenza prima, e poi vorrei fare un discorso sul suicidio assistito. Perché giustamente qualcuno diceva «le parole sono importanti» e non è facile capire quello che succede davvero.

Valentina Milluzzo, donna siciliana di 32 anni, è stata uccisa dai pro-vita perché nessuno l’ha avvisata che aveva diritto ad abortire: è stata lasciata 17 giorni senza cure adeguate finché ha avuto una sepsi. In Irlanda è morta così Savita Halappanavar, una dottoressa di origine indiana. È morta una donna polacca alla quale sono state rifiutate le cure per il suo carcinoma del colon. È morta in una situazione simile una cardiopatica neozelandese.

Perché questo fantomatico embrione - noi non parliamo di “bambini” che possono sopravvivere perché questi sono embrioni che non possono sopravvivere, ricordiamo che le loro madri muoiono con loro - sembra avere degli ipotetici diritti e così si considera plausibile che una donna muoia per non intervenire attivamente su un embrione che non potrà nemmeno sopravvivere.

Ora la domanda è: si può fare questa cosa legalmente in Italia? No, non si può fare. La legge dice che questa cosa non si può fare, però questa cosa succede tutti i giorni, viene fatta tutte le mattine questa cosa.

L’ultima donna che è stata dimessa dal Policlinico Gemelli, con l’aiuto della mia associazione, è stata mandata a casa perché (i particolari sanitari non sono importanti) si aggravasse a casa sua e il Policlinico Gemelli non fosse obbligato a procurale un aborto per proteggere la sua vita.

Nonostante, ripeto, la legge dello stato dica che la vita della donna è più importante dell’embrione. Scusate se insisto tanto perché poi mi viene detto “non è possibile, non è vero, la legge dice che non lo possono fare”, ma in Italia la legge non sempre dice quello che poi accade davvero, per questo sono così accorata.

Noi parliamo di leggi ma, come diceva giustamente l’onorevole Sarli, siamo in grado di dire dove queste leggi vengono applicate e da chi? Il cittadino cosa ne sa di queste leggi?

Una cosa sulle fake news. In Francia c’è una legge contro le fake news sull’aborto, perché le associazioni come CitizenGo usano un trucco: creano dei siti che vengono raggiunti molto più rapidamente dei veri siti di informazione. Per cui si digita la parola “aborto” - come suppongo si digiti “suicidio assistito”, è uguale, le questioni vanno insieme - ed il primo sito che esce dice che ti verrà in cancro della mammella o che se abortirai ti suiciderai. In Francia c’è una legge che vieta questo, quindi forse

qualcosa si può fare.

Mi piacerebbe ricordare che le Nazioni Unite hanno definito lo stupro un’arma di guerra solo in cambio della rinuncia a scrivere che le donne dovevano essere assistite. Perché il presidente degli Usa Donald Trump, parafrasando, ha detto: “io non firmo se voi non togliete quella clausola”. Perché non vogliono che abortiscano dopo uno stupro di guerra. Inoltre girava questa notizia che nello stato di New York sarebbe consentito l’aborto fino al nono mese di gravidanza. Ma in realtà è consentito mettere la vita della donna davanti alla vita dell’embrione. Volete che muoia la madre o l’embrione? Forse le donne hanno questo diritto di non morire.

Fatto tale quadro, sul suicidio assistito voglio dire questa cosa. I malati di Sla vengono affidati, fra l’altro, al Policlinico Gemelli. Ultimamente hanno ricevuto 1,2 milioni di euro in fondi pubblici. Noi abbiamo dei centri laici, però 1,2 milioni di euro li ha presi il Gemelli, dove abbiamo un capo anestesista che ha già detto che non applicherà niente che contraddica la religione cristiana.

Dopodiché abbiamo l’esimio collega Mario Sabatelli, primario del Gemelli, che ha detto che non intuberà i malati contro la loro volontà: ci mancherebbe altro, come potrebbe intubarli contro la loro volontà? È il minimo, nessuno può essere sottoposto ad un trattamento sanitario contro la propria volontà. E, qualora ne dessero assenso, smetterà di intubarli se si pentono. Ma anche questo è ovvio: va sospesa la terapia contro la quale il paziente si esprime. Il vulnus è un altro: il professor Sabatelli ci dice che solo l’1-2% rifiuta la mascherina non invasiva per la ventilazione artificiale. Secondo dati del Policlinico Gemelli, non raccolti e non validati. Quando incontreranno questi pazienti l’equipe del suicidio assistito o per la morte volontaria? Quando potranno, se lo desiderano, uscire da questo vero e proprio braccio della morte, senza essere torturati ulteriormente?

Le leggi e l’etica parlano chiaro: si discute con il paziente sulla possibilità di mettere in atto terapie straordinarie come la ventilazione artificiale, attraverso una mascherina non invasiva o invece un tubo nella gola, la famosa “tracheostomia”.

Le dichiarazioni di Sabatelli sono un inno a papa Bergoglio, sono infarcite di citazioni del Vangelo. Noi siamo sicuri che i suoi pazienti avranno accesso al suicidio assistito? Perché, quando molti dei nostri giornali laici hanno inneggiato - perché ho dato un’occhiata in giro come vecchia esperta del “legifero una cosa poi ne succede un’altra” - al fatto che anche l’Università Cattolica è per l’eutanasia, i giornali cattolici hanno risposto che non se ne parla nemmeno, che non abbiamo capito niente, che il Policlinico Gemelli non intuba perché non fa trattamenti sanitari contro la volontà del paziente, come da legge. Sabatelli dice “muoiono quando vogliono”, ma non è affatto vero che i malati di Sla avranno accesso al suicidio assistito.

Allora io, da esterna ma da grande conoscitrice di quello che succede davvero ai corpi delle persone, penso che l’onorevole Doriana Sarli avesse ragione quando diceva che “noi, in quanto parlamentari, facciamo la legge, ma dove la applichiamo e come l’applichiamo?” Chi si fa garante di queste volontà se non non riusciamo neanche a dire alle donne che rischiano di morire per un embrione: “Guardi, forse se abortisse sarebbe meglio, poi decida lei, ma potrebbe anche morire per questa gravidanza”. Non riusciamo nemmeno a dire questo. È una osservazione sulla quale vi chiedo di riflettere.

Volevo aggiungere solo un’osservazione su quanto affermato dall’onorevole e collega Giorgio Trizzino, che ora non c’è e mi dispiace, perché lui dice: “siamo sicuri che vogliamo farglielo fare a loro, ai pazienti?” Ed è una cosa che da medico mi commuove moltissimo. Come associazione Vita di Donna abbiamo avuto una richiesta di aiuto (riceviamo in media 10/15 telefonate al giorno da tutta Italia) da una donna lombarda, evidentemente religiosa e con sette figli, che aveva avuto un aborto terapeutico. Le era stato detto “si metta l’ovulo che procura l’aborto” e lei aveva ricevuto un trauma insopportabile da questa cosa. Avrebbe voluto dire al medico: “io lo decido, per favore fallo tu, perché io lo decido ma non lo voglio fare”. E qui è importante come medici stare vicini, stare al fianco, stare insieme alla persona. Ma in genere noi medici ci tiriamo indietro. Diciamo: “no, hai deciso e lo fai tu”. Forse dobbiamo pensare questo: “io lo decido e tu lo fai”. Allora non è soltanto libertà ma anche collaborazione.