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2.6 The Portage to San Cristóbal of A.H.: dal testo alla scena

2.6.4 Cosa si elimina dell’opera narrativa

La soppressione di una o più parti di un testo, la cosiddetta riduzione72, comporta la produzione di un testo più breve non esente da qualche alterazione. Ciò che molto spesso viene eliminato nell’adattamento per la scena sono le riflessioni dei personaggi, proprio perché, eliminata la voce narrante, essi devono necessariamente raccontare sé stessi attraverso la recitazione.

Iniziamo con il citare quali sequenze riflessive sono state omesse nel testo teatrale: prima fra tutte è quella di Simeon. Quest’ultimo immagina che lui e i compagni siano le mani di Lieber, il quale, a sua volta è la mente, che li guida da lontano in una ossessionata caccia all’uomo. In sostanza “they were his creatures, the animate embers of his calm, just madness” (SCS, p. 16). Simeon avverte il fardello della trasmittente danneggiata e, nonostante il suo gruppo ritrovi Hitler, non riesce a godersi appieno questo momento. Inizia a pensare alle volte in cui loro stessi sono stati sul punto di mollare, di arrendersi, soprattutto nel momento in cui deridevano “the quiet mania of Lieber’s conviction” (SCS, p. 17).

Altri elementi eliminati dallo spettacolo teatrale sono Padre Giron e gli indiani Chava, che sostengono che nessuno è in grado di vivere oltre le cascate, nelle sabbie mobili e nell’aria insalubre satura di zolfo dell’Amazzonia. Gli indiani si mostrano disponibili a fornire una guida, che in seguito, però, abbandona la squadra dei cercatori perché rifiuta di avanzare nelle acque puzzolenti della giungla. Simeon, inoltre, riflette sulle cause vere che avevano quasi fatto tornare i ragazzi sui loro passi; non si trattava degli ostacoli fisici da superare, “but the true obstacle, each of them carrying it inside himself like ridde leprosy, was far greater. Indifference” (SCS, p. 19). Ma ciò che si chiede con insistenza è perché portare Hitler fuori da quel luogo infernale, “who cares, now, thirty years after, or is it more?” (SCS, p. 19). Sembra che la missione interessi veramente solo a Lieber, mentre Simeon sostiene che è un missione che solo dei

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pazzi possono portare avanti: “Mad as he is. Exactly what is it he did to man? What is it they say he did?” (SCS, p. 19).

L’omissione, a teatro, di alcuni elementi religiosi riguarda due situazioni in particolare:

1. La preghiera che Elie Barach dice durante il seppellimento dei corpi della guardia di Hitler e dell’anziano uomo che lo accompagnava:

For Thou alone art judge. Thine is the vengeance and Thine the pardon. It behooves not us. It is not ours. Guard us, O Lord, from the temptations of righteousness. Guard us from certitude. From dealing in Thy Name when that Name, hallowed be it, is a secret beyond secrets. Selah. From doing Thy will when we know it not. Or only, O God, such small part of it. Make us Thine instrument but not Thy replacers. For we stand in exceeding peril. We who have striven so long that we have become our single purpose. Who are less than we were because Thou hast given us beyond our deserving. Do not ask of us, O Lord, that we do vengeance or show mercy. The task is greater than we are. It passes understanding. And whom Thou hast now delivered into our hands, may he be Thine utterly. Amen. (SCS, p. 22)

2. Il momento in cui Gideon Benasseraf, durante un accampamento notturno, resta in disparte per raccogliersi in preghiera:

An egg-shaped hump of shadow, barely distinguishable from the surrounding dark, told Isaac that Barach was at prayers, wrapped in his shawl, his knees close-pressed under his bowed chin. (SCS, p. 59)

Nel testo narrativo si assiste quasi ad una ridicolizzazione delle convinzioni di Lieber; qui l’accento è posto sulla sfiducia generale generata dai suoi passati fallimenti in merito alla notizia del ritrovamento di Hitler. In particolare gli indizi che lui aveva considerato attendibili e che lo avevano portato a credere fermamente che Hitler fosse vivo vengono visti da tutti gli altri come delle “ghost stories” (SCS, p. 25) o semplicemente “journalist’s gossip. Trash” (SCS, p. 25).

Il colonnello Shepilov sembra avere un tono più intimidatorio con il dottor Gruzdev nel romanzo, specialmente quando, durante l’interrogatorio, gli dice: “You will answer my question” (SCS, p. 38). Ma, non solo; questo atteggiamento

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minaccioso si manifesta anche quando, a fine conversazione, il colonnello lo trattiene per dirgli che non doveva parlare con nessuno della questione discussa e che qualsiasi indiscrezione sarebbe stata considerata alla stregua di un crimine.

Le dichiarazioni di Amsel, nel quinto capitolo, ci permettono di capire meglio le difficoltà che questo personaggio incontra durante il trasporto del prigioniero nella palude. Egli non riesce a proseguire il viaggio e vorrebbe lasciarsi morire:

- I can’t go on. I can’t. Take the litter. Before I let go. Not another step. Take the pain from me and the heat and needles under my eyelids. (SCS, p. 41)

La prova della sua indifferenza riguardo la missione in atto si manifesta nel romanzo, ma non nel testo teatrale, come vediamo di seguito:

I don’t care that we’ve found him. That we must carry him out alive. I can’t go on. Not a yard. I will count to ten and get my left foot to touch that floating branch. Then open my hand and let the fire slip from my shoulder. I want to die. Shema. Here. Elohim. To stretch out till the burning stops. (SCS, p. 41)

Inoltre il romanzo vede Lieber accusare Hitler, durante una delle sue digressioni, di essere l’autore dell’eccidio. Un uomo la cui capacità di uccidere è così radicata nel suo essere che non necessita nemmeno di parlare, ma le cui parole “made the venom spill” (SCS, p.51).

Oltre alle riflessioni di Simeon, il testo narrativo ci descrive le sensazioni che il personaggio prova all’interno della giungla. Egli sembra pian piano subire una sorta di fusione con la natura dove “he had grown new feelers” (SCS, p.54). Questa sua caratteristica è evidente in alcuni passaggi testuali, che lo ritraggono in completa armonia con l’ambiente circostante, di cui ormai riconosce i diversi segnali, come si nota quando “A dimpled swelling of the bark told Simeon of the tree scorpion. He could hear the woodpecker in the unseen ticket” (SCS, pp. 54- 55).

Alcune battute di Hitler non sono presenti nel testo per la scena, come succede nel momento in cui i ragazzi iniziano a legargli mani e braccia e lui tuffa le mani nell’acqua e, senza rivolgersi a qualcuno in particolare, dice: “Cold. The water’s really quite cold” (SCS, p. 58).

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I desideri e le ambizioni del gruppo di ricerca, soprattutto quelli di Amsel, sono eliminati a teatro. Chiacchierando con Gideon, il ragazzo gli rivela di voler fare il regista e di voler girare un film sulla loro avventura nella giungla e sul ritrovamento di Hitler, dal titolo “Journey into the Green Hell” (SCS, p.65). A questo punto Gideon richiama alla memoria gli anni trascorsi a Parigi in cui conobbe la sua amata, ma ad un certo punto “loathed the quick sensuality of his daydreams […] When he turned imagination on his wife and the three children the focus was blurred and the light too naked” (SCS, p. 69).

Nell’adattamento teatrale si omette il sogno, i ricordi, e le offese razziste di Kulken. Per quanto riguarda il sogno, si legge che “he had dreamt a motorcycle […] the rest of the dream was a blur but the tattoo of the engine stayed loud like one of the 500-cc Hondas he had seen lashing around the circuit in Montevideo” (SCS, p. 75). Lui era un abile motociclista, nessuno riusciva a stargli in pari, per questo era soprannominato “el diablo, the red spark” (SCS, p. 75). Le offese razziste, invece, sono rivolte agli indios quando afferma: “But Indians were shit […]” (SCS, p. 74).

In che modo si evince che Kulken intercetta l’esatto messaggio che gli dà la conferma che Hitler sia stato catturato? Il testo teatrale non lo specifica, ma Kulken aveva captato alla radio un intrico di nomi proveniente dal quindicesimo capitolo di Giosuè, e il mattino seguente il messaggio viene decodificato dai suoi superiori:

- One thity-six. One thirty-six. Oh give thanks unto the God of gods […] and slew famous kings; for his mercy endureth for ever…[…] Sun stand thou still upon Gibeon, and thou Moon in the valley of Ajalon […] And there was no day like that before it or after it that the Lord hearkened unto the voice of a man. (SCS, p. 82)

Altri riferimenti biblici compaiono nel nono capitolo. In particolare si fa riferimento ad una parola scritta nella Torah che, con la sua imperfezione, ha portato all’uomo non pace e amore “but the stench the razor under my sole the needles in my shoulders where the strap burns […]” (SCS, p. 85). Ma quale parola? “Deuteronomy 2: XXV: and shall tremble” (SCS, p. 87).

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La scurrilità dell’eloquio è un elemento che viene eliminato nel testo scenico. Ad esempio Kulken, cercando di cacciare di casa il signor Crownbacker, dice:

- Get out Mr. Crownbacker. I don’t know what you’re talking about. I don’t know what you think you picked up. And what’s more, I don’t give a fart. (SCS, p. 110)

Ma non solo, anche Crownbacker subisce una censura: “What did I tell you, turd?” (SCS, p. 146). Molte riflessioni non sono state portate in scena, come quelle sulla musica e sulla vita privata di Gervin Rothling. La musica è per lui una liberazione nel e dal tempo, ed è la sola realtà concepita dall’uomo che governa il tempo:

A piece of music takes time but not in the ordinary sense, not in reference to the clock. It sets itself across the general flow of time in which we conduct our regimented lives with a specific assertion of freedom so absolute as to dwarf other pretenses at liberty by they political, private, orgiastic. Music is the only reality perceptible to man that governs time […] (SCS, p. 112)

Rothling ricorda quando, a Delft, durante un permesso, aveva fatto fare un giro turistico ad alcuni uomini della sua compagnia: “had shown them the hunched postern through which William the Silent stepped into present death” (SCS, p. 115). Ricorda la donna della quale si era innamorato e la comunicazione della sua morte avvenuta vicino a Narvik nel periodo della “easy war” (SCS, p. 116).

A teatro non compare l’offerta che Teku poggia ai piedi dell’anziano prigioniero, considerato un uomo da onorare data la sua veneranda età. Teku, infatti, pensa di non averne mai visto uno tanto avanti negli anni in vita sua.

La conferenza stampa, come abbiamo visto in precedenza, subisce alcune modifiche nell’adattamento teatrale, ma un episodio in particolare viene completamente rimosso:

- Thank you, Mr. Secretary. Regina Marten, Southern News Syndicate. When do you expect Hitler to come out of those woods and who’ll be there to receive him?

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- Again, I’m afraid, the question I open to some doubt. According to the latest information we have, and you must realize, ladies and gentlemen, that communications from the heart of the Amazonian rain forests are somewhat circuitous […] (SCS, p. 151)

Il segretario continua dicendo che il gruppo di cercatori e il presunto Hitler si sono fermati a sud- sud-ovest di Orosso, in un piccolo villaggio chiamato Jiaro, e che, in condizioni ottimali, il gruppo raggiungerà la civiltà entro una decina di giorni. Aggiunge, però, che le piogge torrenziali che si sono verificate negli ultimi giorni hanno causato delle inondazioni, ma ci tiene a mantenere il riserbo sulla questione perché i governi stranieri pretendono di avere voce in capitolo nella vicenda.

Un’ulteriore omissione si verifica quando, al processo, Hitler fa riferimento ad alcune lettere di fuoco scritte dagli ebrei, “das heilige Volk”, secondo cui la colpa del concetto di razza eletta è da imputare a coloro che la inventarono, gli ebrei stessi.

2.7 Conclusioni

The Portage to San Cristóbal of A.H. di Christopher Hampton, rappresentato a

teatro solo un anno dopo dalla pubblicazione dell’omonimo romanzo di George Steiner, può essere considerato una trasposizione di tipo formale del testo originale. In effetti sia la trama che l’ambientazione e i personaggi sono stati fedelmente mantenuti nell’adattamento. In sostanza, confrontando i due testi letterari, si nota come Hampton apporti poche significative trasformazioni all’ipotesto.

Fondamentalmente si evince che Hampton, mantenendo come elemento centrale dell’opera i rappresentanti di due mondi antagonisti, Lieber (considerato come “a symbol of God”73

) e Hitler (“incarnation of the Devil”74), desidera porre l’enfasi sulle stesse ragioni che spinsero Steiner a scrivere questo racconto: mantenere viva la memoria storica sul tragico dramma dell’Olocausto. Steiner in

73 M. BURTON, “From Polarity to Moral Ambiguity: Language in “The Portage to San Cristóbal of A.H.”, in Studies in American Jewish Literature, 22, 1981, p. 108.

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persona, sfuggito alla furia nazista, ricorda che fu più fortunato dei suoi compagni che, invece, ne furono vittime. Così Hampton, facendosi portavoce delle idee e dei valori morali di Steiner, focalizza l’attenzione sul binomio memoria/storia in modo assai provocatorio.

I due autori creano uno scenario fantastico, di situazioni improbabili, permettendo in questo modo ai lettori e agli spettatori di chiedersi cosa sarebbe realmente potuto accadere o in che modo si sarebbero comportati se la vicenda narrata fosse stata reale, ossia se Hitler fosse stato realmente vivo. Grazie a narrazioni/rappresentazioni assai ricche di dettagli, sono riusciti a creare un alto grado di verosimiglianza, tale da far nascere sempre nuovi spunti d’investigazione. Entrambi, inoltre, lasciano che sia il pubblico a giudicare Hitler, perché il finale dei due testi lascia aperta la questione del suo destino. Come a dire che l’eredità più importante della storia non è aderire a giudizi stereotipati, per quanto apparentemente incontrovertibili, ma imparare a riflettere e maturare un proprio pensiero critico.

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