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L’idea di Costituzione, intesa come insieme di norme giuridiche fondamentali poste alla base dell’ordinamento giuridico di uno stato, nasce in Europa con lo scopo

42 L’art. 13 recita: “La legittima proprietà privata dei cittadini è inviolabile. Lo Stato protegge in

accordo con la legge il diritto dei cittadini di possedere ed ereditare la proprietà privata. Lo Stato può in accordo con la legge e nel pubblico interesse, appropriarsi o requisire la proprietà privata dei cittadini per il suo utilizzo, rendendo compensazioni”.

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di scolpire al suo interno dei limiti al potere politico che nemmeno la “tirannia della maggioranza” avrebbe potuto superare. “Esse delineano l’identità dello Stato; tracciano i caratteri della forma di Stato, vale a dire del rapporto politico e giuridico che si instaura tra chi governa, e dunque esercita il potere supremo, e chi è governato”43.

Nella seconda metà del XVIII secolo, affianco alla Costituzione, si diffuse in Europa anche un movimento ideologico, noto come costituzionalismo, che si poneva l’obiettivo di superare l’assolutismo per costruire un nuovo assetto politico. Elementi caratterizzanti del costituzionalismo sono, il principio di separazione dei poteri (legislativo, esecutivo e giudiziario), al fine di evitare l’accentramento del potere nelle mani di un unico soggetto e garantire, così, una migliore tutela dei diritti dei singoli; l’affermazione dei diritti dell’uomo e del cittadino, a partire dal diritto all’eguaglianza. Nello specifico, una Costituzione che sia il prodotto del costituzionalismo deve avere taluni tratti caratteristici, tra i quali: la dichiarazione dei diritti dell’uomo e della loro supremazia nell’ordinamento statale; la tutela dei suddetti diritti, da parte di giudici indipendenti; la separazione dei poteri, con relativi strumenti di limitazione del potere politico e un sistema di check and balances; il principio della rule of law, o dello stato di diritto, che implica che tutti siano soggetti alla legge; la legittimazione della sovranità statale deve provenire dal popolo; il principio di maggioranza, per quanto riguarda l’adozione delle decisioni politiche; la separazione tra Stato e Chiesa; il controllo di costituzionalità degli atti normativa ad opera di appositi Tribunali costituzionali. Il costituzionalismo, dunque, non espone una visione neutra di Costituzione, ma richiama un preciso insieme di valori, tipicamente occidentali.

Non sorprende dunque che esistano delle Costituzioni “senza costituzionalismo”, ovvero dei documenti che pur auto-qualificandosi come Costituzioni, non possono essere realmente considerate tali, quanto piuttosto degli statuti e semplicemente atti costitutivi. Ciò è vero per quei paesi in cui i valori del

43 Pegoraro L., Rinella A., Sistemi Costituzionali Comparati – Estratto, Giappichelli editore, Torino,

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costituzionalismo non sono radicati, così che appaia assurda l’idea che il potere politico possa trovare delle limitazioni nelle libertà riconosciuta ai suoi cittadini; oppure in quei paesi nei quali il fattore religioso si fonde con l’apparato di governo. Queste Costituzioni nascono, quindi, per delle motivazioni del tutto differenti da quelle tipiche delle esperienze occidentali, e si attribuiscono, impropriamente, quel involucro esterno chiamato “Costituzione”; è anche per questo motivo che esse vanno studiate attraverso un approccio relativistico, ovvero tenendo in considerazione, i principi e i valori che permeano la cultura di un dato paese.

Generalmente, le Costituzioni senza costituzionalismo, nascono dall’esigenza di ottenere il riconoscimento, da parte della comunità internazionale, di soggetto di diritto internazionale. Il richiamo alla rule of law e ai diritti umani sono indispensabili per accedere a organismi internazionali quali il WTO e ai benefici che derivano dal mercato globale. In altri casi, questi documenti hanno lo scopo di placare le rivendicazioni della popolazione; ancora, esse possono derivare da un’imposizione esterna ascrivibile a vecchi e nuovi colonialismi. Quale che ne sia il fattore di origine, ciò che ne deriva è un documento le cui disposizioni “non

esprimono alcun intendimento politico o aspirazione ideale, ma solo ed esclusivamente finzioni. I cataloghi dei diritti e delle libertà […] non rappresentano alcun vincolo per lo Stato o limite per l’autorità politica”44. Esse, solitamente, si

limitano a descrivere l’architettura istituzionale, regolando i rapporti tra le varie componenti delle èlite al potere e indicando le procedure di risoluzione di possibili conflitti interne ad esse.

Il concetto di Costituzione è penetrato anche nei paesi asiatici. Questi si sono dotati di tale documento, ponendolo generalmente al vertice del sistema delle fonti e prevedendo delle procedure aggravate di revisione costituzionale. Nonostante ciò, queste Costituzioni sono spesso estranee ai valori del costituzionalismo occidentale, i quali vengono messi da parte in favore di valori più tipicamente asiatici: la prevalenza degli interessi collettivi (e quindi della famiglia, della comunità e della nazione) su quelli individuali; la necessità di creare armonia sociale anche a discapito

44 Pegoraro L., Rinella A., Op. Cit., pag 60

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delle aspettative del singolo; la dedizione all’ordine, alla stabilità e alla parsimonia; l’abnegazione per il bene della comunità; la rinuncia ad una gratificazione presente in vista di un vantaggio futuro; e così via45. Le Costituzioni asiatiche finiscono così con l’imitare forma e struttura delle Costituzioni occidentali, senza però accoglierne l’eredità ideologica radicata in esse.

L’attuale Costituzione della Repubblica Popolare Cinese appartiene senza dubbio a questo insieme. Essa si fonda su due categorie di principi: la prima include principi dalla fisionomia giuridicamente inquadrabile ma che non rappresentano una particolarità dell’ordinamento cinese, essendo presente nella maggior parte dei sistemi costituzionali moderni. Questi sono: il riconoscimento della sovranità popolare, ovvero il riconoscimento del popolo sovrano quale fonte di legittimazione del potere statale, prevista dall’articolo 2 della Costituzione46; il principio del rule of

law, a sottolineare che nessuno, a prescindere dal suo rango, è al di sopra della legge,

introdotto all’articolo 5 con la revisione del 199947; la tutela dei diritti dell’uomo che,

come si è detto, è stata introdotta integrando l’articolo 33 nel 2004; il principio di eguaglianza tra tutte le nazionalità, sancito dall’articolo 448. Si deve però rilevare

come, spesso, suddetti principi si distacchino, e non di poco, dalla realtà effettiva del paese. Per rendere effettivo il principio di sovranità popolare si dovrebbero, infatti,

45 Ehr-Soon Tay A., I “valori asiatici” e il rule of law, in Costa P., Zolo D. (eds), Lo Stato di diritto.

Storia, teoria e critica, Feltrinelli, Milano, 2002, p. 693 ss.

46 L’art. 2 recita: “Ogni potere nella Repubblica Popolare Cinese appartiene al popolo. L’Assemblea

nazionale del popolo e le assemblee locali del popolo ai vari livelli sono gli organi attraverso i quali il popolo esercita il potere statale. Il popolo amministra gli affari di Stato e gestisce gli affari economici, culturali e sociali attraverso vari canali e in vari modi in accordo con la legge”.

47 Per l’art. 5 si veda la nota n. 41.

48 L’art. 4 recita: “Tutti i gruppi etnici nella Repubblica Popolare Cinese sono uguali. Lo stato

protegge i diritti legittimi e gli interessi delle minoranze etniche e sostiene e sviluppa un rapporto di uguaglianza, unità e assistenza reciproca tra tutti i gruppi etnici della Cina. La discriminazione e l’oppressione di un qualunque gruppo etnico sono proibite. Qualsiasi atto che mini l’unità dei gruppi etnici e istighi la divisione è proibita. Lo stato assiste le aree abitate dalle minoranze etniche nell’accelerare il loro sviluppo economico e culturale in accordo con le caratteristiche e le necessità di delle varie minoranze etniche. L’autonomia regionale è praticata nelle aree in cui le popolazioni delle minoranze etniche vivono in comunità compatte; in queste aree gli organi di autogoverno esercitano il potere in autonomia. Tutte le aree etniche autonome sono parte integrante delle Repubblica Popolare Cinese. Tutti i gruppi etnici hanno la libertà di usare e sviluppare il proprio linguaggio parlato e scritto e preservare o riformare i propri usi e costumi”.

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garantire alcune precondizioni come il pluralismo della competizione elettorale o l’imparzialità dei pubblici poteri; il principio del rule of law, trapiantato nel sistema giuridico cinese, va ad assumere piuttosto il significato di rule by law, indicando la legge quale strumento di governo piuttosto che limite all’azione politica; infine, la stessa tutela dei diritti dell’uomo, mancando di effettivi ed efficaci strumenti di tutela, può essere considerata più come un’affermazione dai profili ideologici, simbolici e programmatici.

La seconda categoria di principi è costituita invece da quelle che potrebbero essere intese come le basi ideologiche che danno forma all’identità dell’ordinamento cinese. Sebbene menzionati all’interno del preambolo, e spesso con formule non precettive, essi svolgono una funzione di primo piano nell’interpretazione delle norme costituzionali. La dottrina cinese li chiama “quattro principi cardinali”; essi sono: il primato del Partito comunista49; la difesa delle dottrine politiche guida, in primis il marxismo-leninismo e il pensiero di Mao Zedong50; la via socialista; la dittatura democratica del popolo. Questi ultimi due, diversamente dai primi, vengono affermati, oltre che nel preambolo, anche all’articolo 1 della Costituzione51.

Concludiamo questo capitolo con un’ultima osservazione riguardo la Costituzione cinese, che ci porterà a delineare i tratti di una sorta di “costituzionalismo a tinte cinesi”. La dottrina cinese considera la Costituzione come fonte del diritto; al tempo stesso, però, la considera anche legge fondamentale dello Stato, il riflesso del sistema di governo e della segmentazione in classi tipica della società cinese, e il fulcro dei diritti e delle libertà dei cittadini cinesi. Riguardo al primo aspetto, la Costituzione cinese può essere definita “fondamentale” in quanto esplicita le finalità dello Stato cinese, è posta al di sopra di qualsiasi altra norma

49 Di cui si parlerà nel cap. 3.

50 Lo stato del PCC afferma che il marxismo-leninismo, il pensiero di Mao Zedong, la teoria di Deng

Xiaoping, il principio della triplice rappresentanza (di Jiang Zemin), quello dello sviluppo scientifico (di Hu Jintao) nonché, a partire dall’ottobre 2017, della teoria del socialismo con caratteristiche cinesi per una nuova era, elaborato dall’attuale Presidente Xi Jinping, costituiscono le linee guida dell’azione del Partito stesso.

51 L’art. 1 recita: “La Repubblica Popolare Cinese e uno stato socialista sotto la dittatura democratica

del popolo, guidato dalla classe lavoratrice e basata sull’alleanza tra lavoratori e contadini. Il sistema socialista è il sistema fondamentale della Repubblica Popolare Cinese. Il sabotaggio del sistema socialista da parte di qualsiasi organizzazione o individuo è vietata”.

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dell’ordinamento ed è emendabile sono dall’Assemblea nazionale del popolo. Nella realtà, la sua natura di manifesto politico e la sua rilevanza essenzialmente politica la privano di un’effettiva forza giuridica e la supremazia nel sistema delle fonti e la sua rigidità sono subordinati al primato del PCC. “La seconda caratteristica della

Costituzione sta nella sua natura classista, cioè nel fatto che essa riflette il contrasto e il bilanciamento tra le diverse classi sociali”52 o, se si preferisce, alle diverse “forze politiche”, così da poter includere quelle componenti della società non direttamente legate al concetto di “classe”. Anche in questo caso la realtà dei fatti è ben diversa considerando che, come abbiamo anche affermato in precedenza, lo stesso preambolo indica il PCC quale unico soggetto idoneo a determinare ciò che è bene per il popolo cinese. Quello cinese è dunque un pluralismo solo di facciata. Come di facciata è anche il riconoscimento delle garanzie di diritti e libertà fondamentali al popolo cinese, considerando che tale riconoscimento è rigorosamente accompagnato da clausole di limitazione e sospensione nelle mani del legislatore ordinario e, dunque, delle forze politiche dominanti.

“Esiste, in definitiva, una frattura profonda tra la Costituzione cinese formale,

apparentemente riconducibile al costituzionalismo di matrice liberal-democratica, e la Costituzione materiale o vivente”53. Quella cinese più che una Costituzione, così

come viene comunemente intesa in occidente, è un’etichetta che la Cina si è data per poter essere accolta nella comunità internazionale e godere dei benefici che ne derivano.

52 Pegoraro L., Rinella A., Op. Cit., p. 67. 53 Ivi, p. 68.

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3 – L’ORGANIZZAZIONE STATALE CINESE: FORMA