Come si è potuto cogliere dal precedente paragrafo, la Cina non disprezza, come molti invece pensano, l’ideale di democrazia. Al contrario, la stessa leadership cinese ritiene che sia necessaria una riforma del sistema politico, al fine di trasformare la Repubblica Popolare Cinese in un paese democratico e moderno governato dalla
141 Anche a causa dei timori che derivano dai fallimentari tentativi di urbanizzazione messi in atto in
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legge entro il 2021. Le riforme politiche introdotte negli ultimi quarant’anni sono numerose e possono essere divise in tre fasi.
La prima fase va dall’XI Congresso nazionale del PCC, tenutosi nel 1978, fino al 1989. Nel 1980 Deng Xiaoping indicò i principali difetti del Partito e dello Stato nell’eccessiva burocrazia, nel troppo forte accentramento del potere, nel patriarcato e negli eccessivi privilegi dei leader, e suggerì che fosse necessaria una riforma di queste istituzioni. Da allora, la riforma del sistema politico cinese è andata lentamente avanti. In questa prima fase, per trovare una soluzione al problema dell’accentramento del potere, fu istituita la carica di segretario generale, che andò a sostituire quella di presidente del Comitato centrale. Furono poi eliminati gli incarichi a vita per gli alti funzionari, stabilendo un implicito termine per il loro ritiro (attualmente è di 68 anni). Sono stati inoltre riformati gli istituti governativi per ridurre la burocrazia, istituiti organi di autogoverno del popolo, indette elezioni democratiche a livello locale di base, rafforzato il sistema giudiziario e innalzato il livello di preparazione dei funzionari statali142.
La seconda fase prende il via con i disordini politici del 1989 i quali bloccano temporaneamente il processo delle riforme. In questo periodo ci si concentrò prevalentemente sulla riforma del sistema economico, accantonando le riforme politiche.
Tale stasi si arrestò nella terza fase, che ebbe inizio nel 1997. Durante il XV Congresso nazionale del PCC, l’allora Presidente Jiang Zemin sottolineò l’importanza di approfondire la riforma del sistema politico specificando le tre direzioni lungo le quali tale riforma doveva muoversi: il governo della legge, ovvero il potenziamento del sistema giudiziario; il perfezionamento del sistema democratico, ovvero l’elezione diretta dei rappresentanti delle organizzazioni di base; l’approfondimento del sistema di controllo democratico, ovvero della supervisione operata dal popolo. Anche il suo successore Hu Jintao, sottolineò l’importanza delle riforme politiche, dichiarando, nel 2004 che:
142 Nel far ciò, sono stati seguiti i Quattro criteri: essi devono essere giovani, competenti, professionali
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«In Cina è in atto una riforma a tutti i livelli, che riguarda la politica, l’economia, la cultura e altri settori. Non stiamo solo modificando il nostro sistema economico ma anche quello politico. Il nostro obiettivo è lo sviluppo della democrazia socialista. Ci siamo resi conto che il socialismo e la modernizzazione sono imprescindibili dalla democrazia. Siamo attivamente impegnati nella riforma del sistema politico al fine di migliorare i meccanismi specifici della democrazia socialista e di garantire al popolo il diritto di partecipare a elezioni democratiche, a un processo decisionale democratico, a una gestione democratica e a un controllo democratico. In questi anni abbiamo compiuto notevoli progressi e avviato una serie di riforme concernenti il sistema di guida dello Stato, il sistema legislativo, amministrativo e giudiziario, la democrazia di base e il meccanismo di controlli e contrappesi. I diritti civili e politici e le libertà di base del popolo cinese sono affermati e garantiti dalla legge»143.
Le riforme continuano ancora oggi sotto il Presidente Xi Jinping, dei cui risultati si parlerà in seguito.
La Cina dunque, seppur lentamente, si sta trasformando anche da un punto di vista politico. Tale trasformazione è stata resa possibile da una serie di fattori. Innanzitutto, il fatto che il suo promotore, il Partito comunista, ne ha supervisionato la realizzazione dall’inizio alla fine. In secondo luogo, la gradualità con cui essa si sta realizzando ha minimizzato le resistenze interne e ha permesso, al tempo stesso, di stare al passo con l’evoluzione della struttura sociale e culturale del paese, aumentando le possibilità di successo. Tale processo deve però continuare. Allo stato attuale molti importanti problemi sono stati risolti, ma altri persistono (burocrazia, patriarcato, sovraffollamento degli organi governativi) e, anzi, ne sono sorti di nuovi, come la piaga della corruzione e dello scambio di favori.
Oltre alla condivisione di ideali di libertà e democrazia, a spingere verso una revisione del sistema politico vi è il fatto che il ritardo politico del paese influisce negativamente sul suo sviluppo economico. La riforma del sistema politico deve dunque essere coordinata a con quella del sistema economico. Per far ciò, la Cina dovrebbe combinare un sistema politico adeguatamente centralizzato con un sistema
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economico sostanzialmente liberista. La fase di rapido sviluppo e di trasformazione economica che la Cina sta attraversando sarà ricca di problematiche che solo un sistema politico centralizzato sarà in gradi di gestire in maniera rapida ed efficiente. Ma i vantaggi di un potere centralizzato, in Cina, sono anche altri: innanzitutto, rispecchia la situazione interna del paese e la sua cultura tradizionale, evitando di creare caos nella società; in secondo luogo, in un grande paese multietnico come la Cina, agevola uno sviluppo più equilibrato e rafforza l’unità tra i vari gruppi etnici; infine, creando un ambiente politico stabile e controllato, dà a imprese e individui impegnati in attività economiche o di ricerca quel senso di sicurezza necessario allo svolgimento delle loro attività. Questo processo di riforma politica non può dunque prescindere dal ruolo di guida del Partico comunista, sia per contingenze storiche, sia perché esso è stato scelto dal popolo cinese stesso che lo ha elevato a timoniere del Paese. Ovviamente, nel corso dei suoi quasi cento anni di vita, il Partito ha commesso alcuni errori dovuti alla mancanza di modelli che si potessero adattare facilmente alla situazione cinese, ma fino ad ora è sempre, o quasi, riuscito correggersi da solo; e deve continuare a farlo. Essendo il Partito fulcro della trasformazione del sistema politico cinese, è il Partito stesso che deve rinnovarsi e riformarsi per ampliare le proprie capacità esecutive. Bisogna poi riformare il sistema elettorale in modo da conciliare al meglio il controllo del partito sui funzionari con le scelte del popolo che, in un sistema democratico, sono il nucleo del sistema elettorale. Si deve, inoltre, ridefinire in modo chiaro e trasparente il rapporto tra Partito e governo, ovvero le modalità con le quali queste due istituzioni possono interagire e collaborare tra loro. Bisogna infatti ricordare che il potere delle organizzazioni di partito deriva dai membri del partito stesso, mentre gli organi di governo derivano il loro potere dal popolo. Ciò vuol dire che non spetta al Partito assumersi la responsabilità di amministrare il potere legislativo, l’esecutivo e quello giudiziario. Il Partito dovrebbe limitarsi ad indicare ai cittadini i candidati che, per competenza e personalità, sono i più adatti a governare (e quindi ad assumersi direttamente la responsabilità del governo del paese), ed esercitare, in nome del popolo, la funzione di controllo e supervisione su quelli di loro che vengono
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realmente eletti. Infine, si deve rivedere e potenziare il ruolo e l’indipendenza dei media, poiché controllare gli organi di governo è uno dei compiti principali dell’informazione. Si devono allora modificare i contenuti e le modalità di diffusione delle informazioni, aumentandone l’obiettività e permettendo che vengano denunciate le iniziative sbagliate prese dalle organizzazioni di partito, come anche dal governo o da tribunali che antepongono il proprio interesse a quello dei cittadini.
In conclusione, tenendo come punto fermo la volontà di riformare il sistema politico da parte della dirigenza cinese con lo scopo di realizzare una democrazia socialista, e avendo bene a mente il difetto fondamentale dell’attuale sistema, ovvero l’eccessivo accentramento dei poteri, dovuto anche ad un elevato livello di pianificazione dell’economia, la Cina dovrà muoversi in direzione di una maggiore divisione dei poteri prevedendo un sistema di checks and balances simile a quello già presente in altri paesi moderni. Il sistema costituzionale cinese, come si è visto nel capitolo precedente, si basa ancora su una forte combinazione tra rappresentatività e funzione esecutiva che fonde il potere dell’assemblea legislativa rappresentativa con il potere dell’esecutivo (che rimane responsabile dei confronti della prima). Anche il potere giudiziario, sulla carta indipendente, finisce, in realtà, essere subordinato agli altri.
Per sintetizzare in poche righe quanto si è detto in questo paragrafo, al fine di creare la democrazia socialista a cui tanto aspira, la leadership cinese dovrà proseguire con il suo graduale, ma profondo, processo di riforma politica, ovvero:
“cambiare lo stile di governo del partito e favorire la democrazia al suo interno, a condizione che il Pcc rimanga l’unico partito e continui a controllare l’esercito, i funzionari di governo e i media; costruire un «sistema di controlli e contrappesi» tra il Congresso nazionale del popolo (Cnp), la Conferenza consultiva politica del popolo cinese (Ccppc), il partito e la magistratura, e istituire un sistema giudiziario equo; riformare il sistema amministrativo; costruire un governo le cui funzioni siano ragionevoli, le divisioni chiare, la gestione scientifica e il cui lavoro sia ordinato ed efficiente; stabilire un sistema fiscale e di finanza pubblica in cui il bilancio sia trasparente, i cittadini possano partecipare e il popolo abbia il diritto di controllare; istituire un settore terziario a basso costo e ad alto livello di efficienza; favorire la nascita
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di Organizzazioni non governative (Ong); esplorare la possibilità di creare una società in cui lo Stato e i cittadini interagiscano tra loro e sfruttare l’influenza delle Ong e delle religioni per costruire una società più armoniosa”144.
In questo modo si verrebbe a creare un nuovo modello di governance, legittimata e responsabile, in cui governo, Partito, organizzazioni sociali, imprese e cittadini collaborano per il bene del paese. Con questa nuova struttura del potere e di governance, la Cina ridimensionerebbe l’eccessivo accentramento del potere che al momento la caratterizza, e potrebbe davvero riuscire a trovare una propria via per arrivare alla democrazia.