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Questa necessità di modernizzare il sistema di governance e la capacità di governo dello Stato è stata indicata, durante il XVIII Congresso del PCC tenutosi dal 8 al 15 novembre del 2012, quale obiettivo primario delle riforme che verranno messe in atto nei prossimi anni. Teoricamente, questo è un segnale politico molto importante poiché evidenzia la trasformazione del Partito comunista cinese da partito rivoluzionario a partito di governo. In pratica, esso mostra come il Partito comunista abbia formalmente incorporato l’idea di modernizzazione politica all’interno dell’agenda delle riforme.

Ma modernizzare la governance dello Stato non significa esclusivamente riformare il sistema di governo, ma significa anche riorganizzare la relazione che intercorre tra governo, mercato e società. I grandi cambiamenti che, come si è visto, sono intervenuti negli ultimi quarant’anni, e che hanno permesso alla Cina di ottenere successi inimmaginabili che non trovano eguali nella storia mondiale dello

144 Zhou Tianyong, La via cinese alla democrazia, trad. ita. di Tortorella B., in Il marchio giallo

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sviluppo economico, sono infatti dovuti non solo a riforme del sistema economico, ma, più in generale, a profonde trasformazioni nel suo sistema di governance statale.

Il primo step è stato la ristrutturazione tra Stato e mercato. Prima delle riforme la Cina aveva un’economia pianificata; lo Stato controllava tutti i principali mezzi di produzione e il governo decideva direttamente cosa produrre e in che quantità. All’economia privata non era permesso di esistere e il libero mercato era proibito. Governo e imprese erano altamente integrate e il governo supervisionava direttamente tutto il processo produttivo. Nei fatti, dunque, l’economia cinese, più che pianificata, era un’economia comandata (command economy). Deng Xiaping scelse di riformare tale sistema introducendo un’economia di mercato competitiva separando funzione economica e funzione amministrativa, implementando il sistema contrattuale sulla responsabilità e prevedendo una corrispondenza tra produzione e salario. Come conseguenza di ciò, il Partito e il governo non possono più interferire direttamente sulle attività economiche dei privati. In aggiunta, la Cina introdusse un moderno sistema d’impresa nelle grandi città in modo da impedire a funzionari governativi di intromettersi nella gestione delle imprese. In questo modo il Partito e il governo cinese hanno smesso di gestire direttamente le imprese, le quali sono invece diventate persone legali con il diritto di prendere autonomamente decisioni sulla propria gestione. Questo nuovo sistema di governance di mercato ha finalmente “liberato” le forze produttive della società cinese, con il risultato che, negli ultimi quarant’anni, il PIL della Cina è cresciuto con un tasso annuale medio del circa 9%, e l’economia cinese è divenuta la seconda al mondo, dopo quella degli Stati Uniti d’America.

Il secondo step è stato la ristrutturazione del rapporto tra Stato e società. Negli ultimi anni è infatti emersa una società civile relativamente indipendente. Così, nella seconda metà degli anni ’80, sono stati istituiti sistemi di autogoverno prima nelle aree rurali e poi nelle città; è questo un passaggio particolarmente importante nell’evoluzione del principio di condivisione dei poteri tra Stato e società. Al tempo stesso, un ampio numero di funzioni manageriali, originariamente detenute dal governo, sono state trasferite alle sempre più numerose associazioni industriali; ma

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anche ad organizzazioni civili, verso le quali l’attitudine del governo si è andata trasformando fino ad arrivare ad incoraggiarne addirittura l’esistenza. Il governo ha iniziato a permettere loro di partecipare alla governance sociale e ha delegato alcuni poteri statali ad alcune organizzazioni sociali designate. Attualmente, in Cina sono presenti almeno tre milioni di organizzazioni145 di vario genere che giocano un ruolo sempre più importante nella vita politica della RPC, per esempio fornendo servizi pubblici e partecipando alla governance sociale.

Il terzo step è stato la ristrutturazione della relazione tra mercato e società. Il passaggio a un’economia di mercato e l’emergere della società civile hanno portato alla luce una nuova questione, ovvero la reciproca interferenza tra mercato e società. Da un lato, è spesso capitato che le attività commerciali facessero incursione in numerosi aree dell’arena pubblica, come l’istruzione obbligatoria, le attività di beneficienza e la salute pubblica, portando rapidamente ad una commercializzazione della società, ad una nuova crisi del settore educativo e al disfacimento della credibilità e dell’etica che caratterizzavano la società cinese. D’altra parte, non solo il governo, ma anche la società ha spesso sconfinato nelle competenze di imprese e mercato in nome del pubblico interesse e della responsabilità sociale, che ha imposto alle imprese costi così pesante da essere insostenibili per molte di loro. La RPC ha iniziato ad adottare nuovi metodi di definizione del rapporto tra mercato e società solo alla fine del anni ’90. Per esempio, è stato introdotto un nuovo sistema di responsabilità sociale per le imprese, e, in più, a quest’ultime è ora richiesto di svolgere solo modeste funzioni politico-sociali. È stato incoraggiato lo sviluppo di imprese private mentre, allo stesso tempo, sono stati limitati e rigidamente definiti gli obiettivi delle attività condotte dalle organizzazioni no profit.

Da questa evoluzione del rapporto tra Stato, mercato e società, si possono trarre due osservazioni. Innanzitutto, mentre nella società pre-moderna Stato, mercato e società erano intimamente integrati e la società politica controllava qualsiasi aspetto della società economica e della società civile, lentamente si è assistito ad una segmentazione in tre realtà relativamente indipendenti: il sistema statale, alla cui

145Il dato risale al 2014.

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base vi sono le organizzazioni governative e i funzionari sono i suoi rappresentanti; il sistema di mercato, alla cui base vi sono le organizzazioni economiche e gli imprenditori sono i suoi rappresentati; la società civile, alla cui base vi sono le organizzazioni non governative e i cittadini sono i suoi rappresentanti. Funzione primaria del governo è quello di demarcare i confini di poteri e responsabilità appartenenti a queste tre distinte istituzioni. In secondo luogo, né Stato, né mercato, né società sono onnipotenti. Questo implica che per evitare il fallimento generale devono cooperare e ciascuno deve usare i propri punti di forza per compensare le debolezze degli altri. Devono inoltre cercare di preservare l’equilibrio tra di loro senza che l’uno prevarichi sugli altri. C’è però da dire che storicamente parlando, in tutti i paesi, e in particolar modo in Cina, il governo statale è sempre stato considerato il settore più potente della società e né mercato né società possono essere considerati alla sua stregua. Per questo motivo, nella governance di uno Stato moderno, il governo gioca ancora un ruolo da protagonista. Ciò vuol dire che per avere una buona governance si deve prima avere un buon governo.

E il governo cinese, pur continuando a sostenere la propria convinzione nel non voler seguire il modello occidentale, continua anche a sottolineare l’importanza delle riforme politiche e, in particolare, della riforma del sistema di governance statale; come si è visto, la leadership cinese si sta chiaramente muovendo in questa direzione. Se infatti si guarda al sistema politico cinese degli ultimi quarant’anni esclusivamente in termini di competizione multipartitica, elezioni generali e rigida separazione dei tre poteri, si potrebbe a ragione sostenere che nulla, o quasi, è cambiato. Invece, se si guarda ad esso con una prospettiva di governance statale, si scopre che la vita politica cinese ha attraversato profondi cambiamenti in questo lasso di tempo. Si considerino, come esempio, gli sviluppi che si sono avuti in termini di rule of law, partecipazione pubblica, servizi pubblici, accountability del governo, trasparenza politica, efficienza amministrativa, decentralizzazione e sviluppo delle organizzazioni sociali. Tutti cambiamenti che muovono verso un’unica direzione: dall’unità alla diversità; dalla centralizzazione alla decentralizzazione del potere; dal governo degli uomini al governo della legge; dalla

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chiusura all’apertura nei confronti della comunità internazionale. È da tutto questo che deriva il successo dello sviluppo economico della Cina, che non ha intaccato la stabilità socio-politica del paese, e il suo nuovo ruolo nello scenario globale.