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3.1 – FORMA DI STATO

3.1.1 – L’EVOLUZIONE DELLO STATO

Quando si usa la parola “Stato”, si fa generalmente rifermento al modello venutosi a creare in seguito alla pace di Westfalia del 1648, ovvero un ente dotato di potere sovrano e originario, nonché di un popolo e di un territorio sul quale esercitare tale potere54. Di conseguenza, si può affermare senza troppe obiezioni che le l’Europa abbia inventato lo Stato55.

Con l’espressione “forma di Stato” si indica invece quell’insieme di principi che, all’interno dell’ordinamento statale, regolano i rapporti tra governanti e governati, ovvero tra autorità (Stato) e libertà (cittadini). Nel corso degli anni, tale rapporto si è manifestato in modi differenti, in base agli obiettivi politici che lo Stato, di volta in volta, si prefiggeva.

Come si è detto, lo Stato così come lo intendiamo oggi, nasce in Europa, nella seconda metà del XV secolo. È da quel momento che si deve partire se si vuole analizzare (brevemente, nel nostro caso) le varie forme di Stato succedutesi. La prima forma di Stato che si viene a delineare è quello dello Stato assoluto, caratterizzato da: la rivendicazione dell’indipendenza nei confronti dei soggetti esterni allo Stato; l’affermazione del potere assoluto nelle mani di un Re, la cui legittimazione è di origine divina e il cui potere viene trasmesso ereditariamente; le assemblee rappresentative hanno una funzione unicamente consultiva e i loro membri sono soggetti a un mandato vincolante; i giudici, nominati dal Re,

54 I tre elementi sono identificati da G.Jellinek in Allgemeine Staatslehre (1905), 7ima ed., OGentner,

Bad Homburg vor der Hohe, 1960, p. 433, trad. it. La dottrina generale del diritto dello Stato, Giuffrè, Milano, 1949.

55 Reinhard W., Geschichte der Staatsgewalt. Eine vergleichende Verfassungsgeschichte Europas von

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sovraintendono alla giustizia in suo nome, assicurando coerenza in tutto il territorio statale. All’interno di questa tipologia di forma di Stato si possono distinguere due fasi, ovvero l’assolutismo empirico e l’assolutismo illuminato; la prima si contraddistingue per la coincidenza tra finalità pubblicistiche e finalità privatistiche dello Stato, per cui si parla anche di “Stato patrimoniale”; nella fase dell’assolutismo illuminato si afferma invece l’idea che lo Stato debba provvedere alla realizzazione di interessi pubblici e dunque al benessere dei propri cittadini per cui si parla anche di “Stato di polizia” (dal termine greco polis). La Rivoluzione inglese del 1688, e poi, nel secolo successivo, quella americana del 1776 e quella francese del 1789 furono i fattori determinanti che segnarono l’avvento di una nuova forma di Stato: lo Stato liberale.

Con l’affermarsi dello Stato liberale, nasce l’idea della nazione come entità unica e indivisibile, si impone la borghesia quale classe dirigente, si separano sfera pubblica e sfera privata e nasce l’esigenza di dare una legittimazione al potere pubblico, respingendo quelle giustificazioni trascendenti che avevano caratterizzato l’assolutismo. Inoltre, lo Stato liberale non si impegna direttamente nel realizzare il benessere dei propri cittadini, quanto piuttosto di creare un ambiente idoneo all’esercizio della libertà e dell’autonomia proprie di ogni individuo. Si tratta quindi di uno Stato non interventista, per quanto non escluda l’utilizzo legale della forza (di cui mantiene il monopolio) qualora si rivelasse necessario. Sul piano istituzionale, questa forma di Stato si contraddistingue per: una Costituzione, che sancisce gli elementi fondamentali dell’ordinamento statale e rappresenta il vertice del sistema delle fonti; il principio del rule of law, ovvero l’idea secondo la quale anche i pubblici poteri siano assoggettati al diritto e che qualsiasi limitazione alle libertà dei cittadini debba derivare dalla legge; il riconoscimento dei diritti e delle libertà, tendenzialmente libertà negative, ovvero che implicano una non ingerenza dello Stato negli affari privati dei cittadini (diritto alla proprietà privata in primis); il principio di separazione dei poteri in legislativo, esecutivo e giudiziario, affidati rispettivamente a parlamento (espressione del popolo), governo (espressione del re) e alle Corti, indipendenti dagli altri poteri; infine, la rappresentanza politica che si

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realizza attraverso libere elezioni e il divieto del mandato imperativo. Considerando che nello Stato liberale il suffragio è ancora ristretto a coloro che hanno un certo livello di reddito (suffragio censitario) e che sanno leggere e scrivere, appare evidente come, nel complesso, esso possa essere considerato uno Stato oligarchico nelle mani della borghesia.

“L’avvento del suffragio universale e l’affermazione del principio

d’eguaglianza rappresentano uno degli spartiacque più rilevanti tra lo Stato liberale e lo Stato democratico pluralistico. Quest’ultimo diventa a tutti gli effetti uno Stato fondato sulla democrazia rappresentativa; attraverso gli organi e gli istituti della rappresentanza politica, il popolo esercita la sovranità”56.

La forma di Stato della democrazia pluralistica è caratterizzata dalla riscoperta della dignità umana per tutti gli individui. Anche i ceti inferiori meritano allora di entrar a far parte del sistema politico del paese; nascono i primi partiti di massa e la distanza tra Stato apparato e società civile tende ad assottigliarsi. Questa forma di Stato si distingue dall’assolutismo anche per lo sviluppo di interventi assistenziali a favore delle classi più disagiate e a regolamentare il mercato per redistribuire la ricchezza in modo più omogeneo (si parla dunque di Welfare State). Anche la Costituzione, pur rimanendo al vertice del sistema delle fonti, si trasforma: si ampliano le parti dedicate al riconoscimento di diritti e libertà, alla disciplina dei poteri pubblici e si introduce un procedimento rinforzato per la revisione della Costituzione stessa.

Dal fallimento dello Stato liberale nascono anche delle forme di Stato differenti da quella democratica pluralista, sviluppatasi principalmente in occidente. Nascono infatti anche quelle forme di Stato qualificate, molto genericamente, come autocratiche. Tra queste ricordiamo la forma di Stato totalitaria57, il nazionalismo

56 Pegoraro L., Rinella A., Op. Cit., p. 26.

57 I cui caratteri generali sono: la presenza pervasiva dello Stato in ogni aspetto della vita sociale;

un’ideologia ufficiale; un partito unico, a fare da tramite tra Stato e società; la mobilitazione delle masse per ottenere consenso e l’ampio utilizzo di propaganda politica; struttura corporativa della vita economica e sociale. Ne sono prototipi lo Stato fascista italiano, quello nazional-socialista tedesco e il regime franchista in Spagna.

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socialista arabo58 e, infine, la forma di stato socialista e la sua “variante cinese” che più ci interessa studiare ai fini di questa trattazione59.