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Curioso destino quello della scienza letteraria: chi la coltiva rimane o senza scienza o senza letteratura. E. Staiger1

Dopo avere introdotto nel precedente capitolo i sei racconti di ricambi generazionali, quattro "propri" e due "impropri", ci addentriamo ora nella funzione storiografica che essi rappresentano. Analizziamo pertanto il costrutto di pensiero soggiacente a ciascuno ed i modi in cui tale costrutto si presenta a livello di enunciato.

Certamente non è corretto affermare che ogni passaggio d'epoca, nella storia biblica, sia raccontato come un ricambio di generazione. Ricambi generazionali veri e propri, infatti, compaiono soltanto in alcuni momenti: nel passaggio dall'epoca prediluviana a quella postdiluviana (cfr. racconto Il diluvio); nel passaggio dalla dimensione patriarcale a quella nazionale di Israele (cfr. Morì Giuseppe); nel passaggio del popolo di Israele dal deserto alla Terra promessa (cfr. Nel deserto); e infine nel passaggio dall'insediamento alla prima forma politica, ossia l'epoca dei Giudici (cfr. Morì Giosuè).

Considerato secondo l'ordine canonico, da Genesi a Giudici, questo susseguirsi di ricambi generazionali ha due meriti: crea continuità cronologica tra passato e presente, creando legami e snodi fra un'epoca e l'altra; accompagna il racconto dal mito universale alla storia locale di Israele attraverso un progressivo ridimensionamento del focus narrativo. Si passa infatti, attraverso la ripetizione dello schema, da una dimensione di umanità universale al popolo di Yhwh, a sua volta declinato nelle sue fasi di formazione e trasformazione interne (dimensione patriarcale, dimensione "nazionale" dell'Esodo ed incipiente entità politica con i Giudici).

L'espediente della focalizzazione del racconto è lo stesso che si vede anche nella cosiddetta "tôledôt formula", come dimostrato da Thomas2. La scelta e l'ordine dei personaggi di cui si racconta la genealogia attraverso la formula delle tôledôt non sono casuali, bensì incanalano la storia dal primo uomo (Adamo) ai capi del nascente popolo di Israele (Mosè ed Aronne): il movimento che si crea è dal generale al particolare, e dal mitico allo storico. Progressivamente il focus del racconto si restringe su una selezionata linea di discendenza, escludendo alcuni ceppi o subordinandoli

1 Emil Staiger, critico letterario svizzero (1908-1987). L'aforisma è citato da Schökel

(2013), 11.

rispetto a quello che su tutti deve emergere; la formula di tôledôt non soltanto crea ponti cronologici con il passato, ma soprattutto direziona l'attenzione verso l'obiettivo ultimo della narrazione: la storia del popolo di Yhwh.

Similmente alle genealogie, i vari ricambi generazionali, seppure meno frequenti nell'Antico Testamento, creano unione tra passato e presente e convogliano la storia dalla storia dell'Uomo alla storia del popolo di Israele3. A differenza delle genealogie, però, il ricambio generazionale ha il suo ruolo precipuo nel creare i momenti di snodo, di rinnovamento e di novità nel procedere dal passato al presente e dall'umanità tutta al singolo protagonista, Israele. Cambiano i comportamenti, le condizioni politiche, finisce un'epoca, nascono nuove instituzioni e muoiono le vecchie, mutano i rapporti tra i popoli. Il ricambio generazionale è sempre, nell'Antico Testamento, segnale che la storia del mondo o di Israele sta per prendere un nuovo corso.

Il ricambio e il nuovo corso vengono talvolta causati da atti che compromettono la situazione storica esistente: il male ripetutamente commesso dall'umanità prediluviana la costringe alla distruzione, così come la colpa della dôr del deserto richiede di essere purificata mediante l'estinzione dei suoi esponenti. In questi due casi la storia, raggiunto il punto più grave e di massimo pericolo, necessita di un cambio radicale, di una mossa di discontinuità per potere procedere. Allora interviene l'espediente storiografico del ricambio generazionale, che svolge in questi casi il compito di rigenerare la storia, azzerando, con la morte simbolica di tutte le persone, la situazione storica compromessa.

Nei casi, fra loro analoghi, della morte di Giuseppe, di Giosuè e delle loro rispettive dôr si ha uno scenario, si potrebbe dire, opposto. La fine di questi personaggi e delle loro generazioni avviene in modo naturale, per sopraggiunta vecchiaia. Termina, in entrambi i casi, un'epoca di sostanziale stabilità politica per Israele - con Giuseppe si esaurisce l'esperienza patriarcale, mentre con Giosuè si compie, quasi interamente, l'esperienza della conquista della terra di Canaan - periodi in cui i rapporti tra l'uomo e la divinità non sono compromessi. La stessa morte naturale dei protagonisti riflette, sul piano letterario, l'assenza di conflitti o rischi per l'umanità.

3 Seguendo l'avvicendamento di generazioni, ossia di fasi storico-politiche

emblematiche, il lettore viene accompagnato dall'epoca di Noè alle soglie della prima età monarchica di Israele maturando l'impressione di una linea diretta ed obbligata, che va dagli inizi dell'umanità alla costituzione politica di Israele nella Terra promessa. Questo è ovviamente il risultato di una strategia storiografica precisa, che si serve dello strumento del ricambio generazionale per attuarsi.

In questi casi, allora, l'espediente del ricambio generazionale interviene non per risolvere, rigenerando da zero, una situazione irreparabilmente compromessa, bensì per transitare il racconto da una fase stabile, che da sola non troverebbe risoluzione, a quella successiva. Il pericolo grave, in questi due casi, si affaccia proprio al momento della morte di Giuseppe e di Giosuè, le figure garanti della stabilità storica. Con la morte loro e di tutti i loro contemporanei si apre un vuoto grave e la storia inevitabilmente degenera: immediatamente dopo Giuseppe Israele diventa schiavo sotto il re d'Egitto, mentre dopo Giosuè si apre un'epoca senza unità e continuità politica, di conflitti interni e di peccati reiterati. Il ricambio generazionale, nei casi in cui compare, è un importante strumento narrativo, uno strumento di organizzazione ed articolazione del racconto. Esso, in particolare, è in grado di creare snodi tra epoche storiche o situazioni politiche totalmente diverse, permette il contrasto e preannuncia la novità. Quando tutti (o quasi) i protagonisti di un'epoca si estinguono, la storia è narrativamente legittimata a cambiare. Questa è la forza di questo strumento: creare un movente narrativo, aprendo lo spazio per la novità.

Il cambiamento, come si è visto, può essere volto per il meglio, come può essere volto per il peggio. L'espediente del ricambio generazionale permette, infatti, di rigenerare una situazione compromessa (Il diluvio e Nel deserto), come al contrario di fare degenerare una situazione stabile (Morì Giuseppe e Morì Giosuè). Per questo deve essere considerato uno strumento ambivalente, in quanto "vale" per due possibili scenari: in caso di situazione di partenza negativa consente la descrizione di un passaggio d'epoca favorevole (traiettoria rigenerativa), mentre in caso di situazione di partenza positiva ne descrive uno sfavorevole (traiettoria degenerativa).

Queste due traiettorie storiografiche, rappresentate nell'Antico Testamento dalle due tipologie di ricambio generazionale che andrò a descrivere di seguito, presentano paradigmi strutturali e forme di enunciato significativamente diversi, pur condividendo alla base un certo repertorio comune di elementi.