• Non ci sono risultati.

La DOR biblica ed il tema del ricambio generazionale. Studio lessicologico e letterario di un tòpos

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La DOR biblica ed il tema del ricambio generazionale. Studio lessicologico e letterario di un tòpos"

Copied!
193
0
0

Testo completo

(1)

UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Scuola di Dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti Ciclo XXVI

L-OR/08 Ebraico

LA DÔR BIBLICA ED IL TEMA DEL

RICAMBIO GENERAZIONALE

STUDIO LESSICOLOGICO E LETTERARIO DI UN TÒPOS

Candidata: Paola Mollo

Tutor: Prof. Pier Giorgio Borbone

 

(2)
(3)

Sigle e Abbreviazioni 5

Introduzione

La generazione come strumento letterario e storiografico: ipotesi Le storie bibliche e le "Storie" di Erodoto: spunti per la ricerca Il concetto di "costruzione letteraria" per la storia dell'antico Israele "To concentrate on the way they presented the past"

7 8 13 16 19 Capitolo 1 - LA "QUESTIONE" DEL RICAMBIO GENERAZIONALE NELL'AT 1.1 Una nuova nozione

1.2 Costrutto ed enunciato storiografico: definizioni 1.3 Tòpos storiografico e letterario: definizioni

23 24 27 30 Capitolo 2 - RACCONTI DI RICAMBI GENERAZIONALI

2.1Il diluvio

2.2 Il seme di Abramo (e la quarta dôr) 2.3 Morì Giuseppe 2.4 Nel deserto 2.5 Il testimone 2.6 Morì Giosuè 41 43 50 56 60 71 76

Capitolo 3 - COSTRUTTO, ENUNCIATO E DEVIAZIONI 3.1Un costrutto ambivalente

3.2 I due paradigmi: strutture concettuali 3.3 I due paradigmi: concetti ed enunciati

3.3.1.Gruppo umano o generazione 3.3.2 Morte

3.3.3 Tabella riassuntiva di concetti ed enunciati 3.4 Formularità e ripetizione di patterns

3.5 Rielaborazione: il caso dei racconti "impropri"

85 86 89 91 92 97 101 105 108 Conclusioni: RISULTATI E IDEE

"Ontological nature": risultati

"Process": idee per uno studio della storia letteraria del tema Responsabilità degli uomini e responsabilità dei re: conclusione

113 114 117 121 APPENDICI

Appendice 1: Sinossi delle fonti testuali

Appendice 2: Schema dell'analisi lessicologica e letteraria

125 126 167

(4)
(5)

ANRW Aufstieg und Niedergang der Römischen Welt BA Biblical Archaeologist

BASOR Bullettin of the American Schools of Oriental Research BDB Dizionario di Brown, Driver e Briggs

BHS Biblia Hebraica Stuttgartensia

BWANT Beiträge zur Wissenschaft vom Alten und Neuen Testament

BZAW Beihefte zur Zeitschrift für die alttestamentliche Wissenschaft

DJD Discoveries in the Judaean Desert GLAT Grande Lessico dell'Antico Testamento GLNT Grande Lessico del Nuovo Testamento IOS Israel Oriental Studies

ISBE International Standard Bible Encyclopedia JSOT Journal for the Study of the Old Testament

JSOT SS Journal for the Study of the Old Testament Supplement Series

KB Dizionario di Koehler e Baumgartner OBO Orbis Biblicus et Orientalis

OED Oxford English Dictionary

SBF Studium Biblicum Franciscanum

SJOT Scandinavian Journal of the Old Testament ZAW Zeitschrift für die alttestamentliche Wissenschaft

(6)

α Aquila σ Simmaco θ Teodozione Kenn. Kennicott ms manoscritto mss manoscritti P Peshitta Q Qumran

Sam versione samaritana Syh Siro-esaplare

TG Targum

TG Onq Targum Onqelos

TG Ps-J Targum Pseudo-Jonathan

TM Testo Masoretico

Nella traslitterazione dei termini ebraici ho adottato il sistema impiegato dal GLAT

(7)
(8)

La generazione come strumento letterario e storiografico:

ipotesi

Nell’Antico Testamento il ricorso alla scansione della storia per dôrôt, o "generazioni", caratterizza tanto i racconti sulle origini dell’umanità (si veda ad esempio la famosa generazione pre-diluviana condannata a perire), quanto le tappe della vicenda di Israele (si pensi alla generazione maledetta del deserto, oppure alla generazione di Giosuè che entra nella Terra e che muore lasciando spazio alla “nuova” e peccaminosa generazione dell’epoca dei Giudici). Oltre a rappresentare un chiaro, e tutto sommato scontato, elemento di scansione temporale, funzionalmente non diverso da quello annalistico, la generazione sembra avere nella letteratura biblica ben altro ruolo, più specifico ed incisivo sul piano narrativo e storiografico.

In primo luogo, si riconosce che le tappe significative della storia dell’umanità o di Israele, nella Bibbia, vengono incarnate da altrettante dôrôt o "generazioni". Ognuna di queste generazioni è allo stesso tempo unica (la generazione del diluvio, la generazione di Giuseppe, la generazione del deserto, etc.) ed universale (alcuni tratti e schemi si ripetono, e ad ogni generazione segue la successiva, di natura simile nonostante le differenze del caso). L'elemento del sorgere e tramontare delle generazioni (o ricambio generazionale), inoltre, è sapientemente utilizzato per descrivere gli snodi ed i trapassi da una fase storica e politica all’altra1.

Da queste osservazioni nasce l'ipotesi della ricerca: è corretto vedere nel concetto di dôr, nel suo ricambio e ciclico rinnovamento, una strategia storiografica, piuttosto che un dato storico vero e proprio? In altre parole, la storia biblica racconta un susseguirsi di generazioni, oppure un susseguirsi di generazioni raccontano la storia biblica?

1 Generalmente alla fine della vecchia ed al sorgere della nuova generazione viene

associata l’idea di una frattura o di un cambiamento di varia natura: “Morì Giuseppe e tutti i suoi fratelli e tutta questa generazione” (Es 1,6) chiude la storia dei Patriarchi ed apre al periodo di oppressione in Egitto con la conseguente fuga; così Gdc 2,8-10 vede il declino di Giosuè e della sua generazione di pii conquistatori ed il sorgere di una dôr ’aḥēr recidiva nel peccato ed inabile alla guerra (Gdc 3,1 ss.). Come per il cambiamento totale, così lo strumento-generazione è adoperato anche per raccontare l’opposto, ossia la parziale continuità; in questi casi, però, compare nella narrazione l’elemento dell'eccezione. Tutta l’umanità delle origini era peccatrice e da sterminare; tuttavia nel momento critico della distruzione di quella generazione fu incaricato un “giusto” (Noè) a restaurare (o meglio a ri-generare) la vita. Oltre al mito, uno schema analogo si ritrova nella storia della conquista: alla generazione maledetta dell’esodo viene garantita continuità per mezzo di Giosuè e Caleb, ai quali, unici rimasti, viene consentito di entrare in Canaan e ripristinare il popolo nella Terra promessa.

(9)

Al momento non esistono studi che affrontano e descrivono il ricambio generazionale biblico in questi termini, letterari e storiografici. Tracce di questa idea si possono comunque riscontrare occasionalmente nelle definizioni che alcuni dizionari ed enciclopedie bibliche danno della parola ebraica dôr. Esse, pur non approfondendo la questione, riconoscono un uso convenzionale ed implicitamente storiografico ad alcune ricorrenze della parola, condividendo in maniera indiretta con questa ricerca l'ipotesi di base2.

Il Grande Lessico dell'Antico Testamento individua nell'elemento del ricambio generazionale un efficace modello per raccontare il trapasso da un'epoca a quella successiva:

A motivo dell'importanza originaria di base che nell'Antico Testamento venne attribuita a una generazione in quanto suddivisione del corso storico del tempo, alla fine della vecchia e al sorgere della nuova generazione si associò l'idea di una frattura e un cambiamento di varia natura3.

Sempre in GLAT sono enumerate le "famose" generazioni della Bibbia ed il tema della parziale continuità che avviene, in certi casi, tra una generazione e l'altra:

Talora Jhwh considera corrotta tutta quanta una generazione, e di conseguenza adotta una punizione radicale. Nella storia delle origini è Noè l'unico giusto trovato in una generazione altrimenti tutta malvagia (Gen 6,9; 7,1). Come punizione per la loro disubbidienza, i Gaditi e i Rubeniti dovettero peregrinare nel deserto per 40 anni4, fino a quando la generazione fosse totalmente estinta (Nm 32,13) ... Questa generazione è il tema principale di Dt 32 (cfr. vv. 5.20), e di nuovo se ne racconta in Sal 78,8 e 95,10.Ma anche in questo caso, come nella storia di Noè, Jhwh salvaguardò una certa continuità e permise a Caleb e a Giosuè di metter piede in Canaan (Dt 1,36.38)5.

2 C'è da dire che l'attribuzione di una fuzione letterario-storiografica alla generazione

vale per un gruppo ristretto di ricorrenze della parola dôr nell'AT, dato che molto diffuse sono le locuzioni stereotipe aventi altri significati e funzioni (come ledōrōtêkem, -tâm, -tāw “per le tue/nostre/sue generazioni” provenienti dai testi attribuiti allo strato P, e ledôr wādôr “di generazione in generazione” frequente nei Salmi). Il gruppo dei testi in cui si vede operante lo strumento-generazione è oggetto specifico di questa tesi; verrà analizzato nel dettaglio a partire dal cap. 2 in avanti.

3 GLAT, vol. 2, 200.

4 In realtà, come dimostro al cap. 2 par. Nel deserto, il GLAT offre un'interpretazione

erronea di Num 32,13. Coloro che sono condannati ad estinguersi dopo 40 anni di peregrinaggio nel deserto non sono i Rubeniti e Gaditi citati in Num 32, bensì la generazione dei loro padri.

(10)

Di un certo interesse per questa tesi è anche la definizione del lessema dôr data dal Brown-Driver-Briggs Dictionary (BDB):

Generation characterized by quality or condition, class of men; שׁ ֵקִּﬠ רוֹדּ crooked generation Dt 32,5; of diff. classes of wicked, Pr 30,11; 30,12; 30,13; 30,14 cfr. Sal 12,8; of the righteous, as a class.

e quella proposta dall'International Standard Bible Encyclopedia (ISBE):

The people of a particular class or sort, with some implied reference to hereditary quality; the wicked (Dt 32,5; Pr 30,11); the righteous (Sal 14,5; 112,2).

Spesso infatti la parola "generazione" è accompagnata da un aggettivo o da una specificazione che la rendono emblematica, memorabile e viva nell'immaginario di chi legge il racconto: la generazione "malvagia" (Num 32,13; Dt 1,35), la generazione "degli uomini della guerra" (Dt 2,14), la "quarta" generazione di Abramo (Gen 15,16), la "nuova" generazione dell'epoca dei Giudici (Gdc 2,10)6. Tale caratterizzazione rende ogni generazione unica e riconoscibile, conferendole dignità di "personaggio" che agisce un determinato comportamento o compie una determinata impresa.

Grazie alla generazione nell'Antico Testamento il materiale storico e narrativo viene organizzato per blocchi non soltanto spazio-temporali (ogni periodo storico-politico trova corrispondenza in una generazione), ma anche qualitativi (le caratteristiche di ogni periodo storico vengono trasferite e attribuite alla generazione corrispondente: giustizia, empietà, belligeranza...). Grazie alla generazione le diverse epoche bibliche sono rappresentate come momenti "unici", posti in relazione reciproca di continuità/discontinuità, contrasto/somiglianza, degenerazione/rigenera- zione. L'unicità è resa dalla tecnica della caratterizzazione; le interrelazioni tra le generazioni sono rese dalla ripetizione del modello generazionale, in una dialettica oscillante tra convenzione ed invenzione.

Convenzione/invenzione, caratterizzazione, funzione storiografica: questi i principali elementi che creano il profilo di dôr secondo

6 Un breve excursus sulla recezione del concetto di generazione nell'immediata civiltà

post-biblica ha evidenziato come le generazioni della Bibbia siano state lette, sin dagli antichi fruitori, come un cliché narrativo ed ulteriormente elevate nella loro unicità. Sono, infatti, della letteratura rabbinica (e non biblica) le definizioni di הגלפה רוד "la generazione che testimoniò la divisione delle razze", יונב לדגמ לבב quella che "costruì la torre di Babele", רוד לובמה "la generazione del diluvio" e רוד רבדמה quella che vagò per 40 anni nel deserto e lì si estinse (Sanhedrin, 3, folio 108a).

(11)

l'interpretazione di questo studio. Si tratta di temi che trovano indispensabile cornice metodologica nell'approccio letterario e, nel caso specifico, nell'applicazione della literary analysis7 alla prosa storiografica.

Definire la storiografia come un genere letterario e studiarla con opportuni strumenti sincronici è sembrato a lungo sconveniente ed impraticabile nella scienza biblica. Senza dubbio nel 1983, quando J. Van Seters scriveva: "What is sorely needed in the study of historiographic prose in the Old Testament is not the splitting up of prose works into various 'traditions' in a highly speculative and uncontrolled fashion, but a careful study of those literary qualities that the Old Testament shares with this large body of early prose works from antiquity"8, tale proposta appariva ancora prematura. Da ciò deriva la scarsità di studi sulle tecniche compositive del racconto storico biblico, sulla narrativa e sulla stilistica, sulla presenza di convenzioni, di elementi ricorrenti, di ripetizioni e sulla loro funzione.

In tale vacuum critico il presente contributo propone una via concreta per individuare, indagare e descrivere questo particolare strumento di tipo storiografico-letterario. Come elemento letterario, la generazione biblica vanta riconoscibilità, emblematicità e capacità allusiva; mentre i suoi meriti storiografici risiedono specialmente nella capacità di organizzare la narrazione e l'interpretazione della storia secondo schemi ricorrenti, non solo esteticamente piacevoli, ma anche funzionalmente utili. Nel definire il

7 La literary analysis (o literary approach, literary criticism) è un approccio critico

relativamente recente, introdotto negli studi sull'Antico Testamento negli anni '70 per influenza di orientamenti esterni, quali il New Criticism, lo strutturalismo ed il formalismo russo (tra i principali esponenti del "vecchio" New Criticism si citano H.N. Frye, W.K. Wimsatt e M. Beardsley; e come esponenti del "nuovo" New Criticism R. Barthes, J. Kristeva, A.J. Greimas e T. Todorov; le scuole letterarie "formaliste" e "sociologiche" attive in Russia negli anni '70 sono rappresentate in primis da V.N. Voloshinov, M.M. Bakhtin e B. Uspensky). Questo approccio applica ai testi biblici i metodi e le scoperte della scienza letteraria sviluppati per altre letterature, con il fine di ragionare e lavorare sulle qualità letterarie proprie dell'Antico Testamento. La via dell'approccio letterario agli studi biblici, percorsa autorevolmente da studiosi quali R. Alter, M. Sternberg, J. Van Seters, R. Polzin - per citare alcuni riferimenti imprescindibili - non intende sostituirsi ed invalidare i risultati portati dagli approcci "classici". Bensì afferma la necessità di importare anche nella scienza biblica gli strumenti di analisi letteraria comunemente usati e affinati nello studio delle altre letterature antiche (in primis quelle classiche) e di quelle moderne. Tale ottica considera il corpus biblico un'opera che presenta in molti punti caratteristiche e velleità letterarie da approfondire e descrivere con strumenti di analisi specifici, nonché fenomeni noti in altre letterature (imitatio, intertestualità, ripetizione di temi o scene-tipo e altri) da studiare in chiave comparativa.

(12)

metodo di ricerca ho tenuto conto delle duplici istanze sollevate dal tema: per sondare le capacità letterarie di dôr ho fatto riferimento agli studi di literary analysis e di analisi linguistica sviluppati fuori e dentro la critica biblica; per individuare le sue funzioni storiografiche ho reperito validi spunti anche da studi recenti che hanno affiancato la storiografia classica, in particolare greca, a quella biblica.

(13)

Le storie bibliche e le "Storie" di Erodoto: spunti per la ricerca

  L'opera di Van Seters In search of history ha un grande merito: quello di avere teso ponti scientifici tra vari mondi della ricerca sui testi storiografici, in particolare tra gli studi classici, più evoluti in questo tema, e quelli biblici. Su questa scia alcuni studi dagli anni ’80 hanno affiancato il modo di scrivere la storia nell'Antico Testamento a quello erodoteo, dimostrando, al di là delle singole tesi sostenute, la fattibilità e la reciproca utilità di un confronto tra i due repertori letterari.

Dopo Van Seters, che per primo nel 1983 aveva sollevato la questione dei molti paralleli presenti tra l'opera Deuteronomistica (Dt-Re) e le Storie di Erodoto originando una "general discussion of the position of Israelite historiography among historical texts from the ancient Near East and Greece"9, è apparso a dieci anni di distanza il primo studio specifico

sul tema, ad opera di S. Mandell e D.N. Freedman, intitolato The Relationship between Herodotus’ "History" and Primary History. Per la prima volta compare in esso la definizione di Primary History (PH), che riunisce al suo interno tutte le narrazioni bibliche, dalla creazione del mondo al periodo del regno diviso di Israele e Giuda (Gen - 2Re). Il corpus dei racconti sugli eventi pre-storici e storici del mondo e di Israele viene per la prima volta visto e studiato come un'opera unica e la sua coesione interna viene argomentata sulla base dei numerosi paralleli con l'opera di Erodoto.

Altri due studi spesso citati che affrontano la Primary History in relazione alle Storie di Erodoto sono A.J.F. Nielsen, The Tragedy in History. Herodotus and the Deuteronomistic History (1997) e J.W. Wesselius, The Origin of the History of Israel. Herodotus’s Histories as Blueprint for the First Books of the Bible (2002). I lavori di Mandell-Freedman, Nielsen e Wesselius si differenziano tra loro negli obiettivi, nonché nei confini del testo biblico considerato (e nell'identificazione dell'autore/redattore); ma allo stesso modo adottano tutti un approccio sincronico e comparativo.

Mandell e Freedman, orientati a dare un volto alla mano che riarrangiò le fonti "classiche" dando vita alla Primary History (lo riconoscono in Ezra, 485 a.C.10), individuano soprattutto nella strutturazione dell'opera, nei contenuti di massima e in certi paralleli

9 J.W. Wesselius (2002), 2.

10 Mandell e Freedman accettano come datazione il 485 a.C. (cfr. Ez 7:8). Allo stesso

modo aveva fatto prima di loro Miller, il primo teorizzatore della PH, da lui ancora chiamata "Israelite History". Cfr. l'articolo di J.M. Miller (1985) citato in bibliografia.

(14)

teologici11 le principali ragioni per riconoscere alle opere di Erodoto e di Ezra-PH la "probability that there was a direct relationship betwen (them)"12.

Nielsen, che stringe i confini dell'opera biblica messa in paragone alle Storie alla sola opera storiografica deuteronomistica (DtrH), approfondisce un unico tema significativamente condiviso dalle due opere: il tragico. Per Nielsen i motivi comuni del tragico e della divinità ingannatrice sono la prova di un'influenza ellenistica sul milieu che produsse la DtrH. Uno stesso destino tragico accomunerebbe Creso a Saul, due re timorosi della divinità i quali, a dispetto della loro fedeltà, vengono abbattuti al momento del loro massimo potere.

Il terzo studio citato, quello di Wesselius, si concentra sulla pratica della trasformazione letteraria, una "remarkable procedure" secondo lo studioso, che costituisce "one of the leading principles of the literary composition of Primary History, which has largely remained unrecognized"13. Con "trasformazione letteraria" egli intende, nello

specifico, il metodo di copiare elementi strutturali di opere letterarie esistenti all'interno di opere di nuova composizione. Dimostra che nell'antichità tale metodo era usuale14 ed ha lasciato segni visibili anche all'interno della Primary History: i principali indizi sarebbero da individuarsi nella ripetizione, anche in generi letterari diversi e in racconti lontani, di certe espressioni, nomi di personaggi o strutture narrative (si vedano fra gli altri i casi di Giuda e Tamar [Gen 38] e Amnon e Tamar [2Sam 14], o il triplice racconto della moglie-sorella).

Wesselius identifica paralleli fra la PH e le Storie a livello di macro-struttura, ponendo l'accento nei libri di apertura (Genesi-Esodo e Storie

11 Come somiglianze strutturali Mandell e Freedman notano che entrambe le opere

furono divise dai grammatici alessandrini in 9 libri, secondo un uso non solito, e che le due opere hanno simile lunghezza. Dal punto di vista del contenuto, sia le Storie sia la Primary History iniziano con una preistoria trattata come realmente esistita che include miti, fiabe, folk-tales e leggende, e continuano con lo stesso spirito anche nei tempi cosiddetti storici; in entrambe, poi, il format narrativo cambia in maniera repentina in corrispondenza di circostanze simili, ossia quando la "patria" diventa il luogo dell'azione (da un lato, i figli di Israele stanno per entrare nella Terra promessa e, dall'altro, i Persiani stanno per intraprendere il combattimento in terra greca): a questo punto entrambe le narrazioni prendono sembianze storiografiche. Infine, sul piano del pensiero teologico, queste due "storie" si dimostrano giostrate dal volere della divinità.

12 S. Mandell, D.N. Freedman (1993), xiii. 13 Wesselius (2002), 50.

14 Alle pp. 48-49 Wesselius accenna ai processi di prestito e trasformazione letteraria

presenti nel libro di Tobit e di Daniele e conclude: "in certain Israelite groups there was an accepted literary habit of reusing characteristc structural elements of certain highly valued and more or less classical books when writing a new work".

(15)

II) sulla successione genealogica di personaggi-chiave tra loro paralleli (Abramo e Ciassarre, Isacco e Astiage, Giacobbe e Mandane, Giuseppe e Ciro, Jochebed e Atossa, e, in modo quasi paradossale, Mosè e Serse15). Per quanto riguarda il seguito delle due epopee, la PH biblica riprenderebbe secondo Wesselius la struttura erodotea dal punto di vista tematico, invertendo l'ordine di comparsa dei suoi due macro-temi: "great campaign" (Esodo-Giosuè // Storie VII-IX) e "ordinary history" (Giudici-Re // Storie II-VI).

15 Wesselius definisce l'associazione Mosè-Serse "the most surprising of these

(16)

Il concetto di "costruzione letteraria" per la storia dell'antico

Israele

L'importanza di questi studi comparativi tra Antico Testamento e letteratura classica, al di là dei singoli metodi e delle singole tesi, risiede a monte della loro realizzazione. Ossia nell'humus critico che muove le loro ipotesi di partenza: l'intendere la storia biblica come una costruzione letteraria, sorta con vari intenti (politici, didattici, legittimativi...) in un'epoca successiva rispetto agli avvenimenti narrati. In una parola, intenderla come history writing o storiografia16.

Questa posizione ha del tutto soppiantato, dalla metà degli anni '70, il vecchio paradigma secondo cui la storia biblica era il riflesso dell'antico mondo Palestinese nell'età del Bronzo e del Ferro. Secondo il nuovo paradigma, definito "revisionista" da uno dei suoi stessi componenti (N.P. Lemche17), la storia raccontata nei testi biblici non rappresenta il passato così come fu in realtà, ma così come gli autori volevano che fosse; insomma, una retroiezione dell'orizzonte del presente narrante (ideologia, società, valori, istanze politiche, religione) in un passato narrato mai realmente esistito - per lo meno non nei termini in cui è descritto.

Su questa linea interpretativa si sono ritrovati molti studiosi, che successivamente hanno dato vita ad ipotesi ben diverse per quanto riguarda il tempo, il luogo e i modi di creazione della storia dell'antico Israele18.

16 Adopero come sinonimi i due termini, intendendo con entrambi in uguale modo la

pratica dello scrivere opere relative ad eventi storici del passato. Van Seters, nel suo In search of history, crea invece una distinzione: "historiography" è una categoria generale, all'interno della quale rientrano tutti i testi che fanno riferimento a eventi passati o che riflettono una certa conoscenza relativa al passato; fra questi si annoverano anche i testi di provenienza regale (iscrizioni, resoconti di battaglie etc.) in cui lo scopo precipuo è difendere gli interessi e le istanze del re. Per "history writing", invece, Van Seters designa quel particolare genere di storiografia in cui si riconosce il punto di vista della nazione o comunità che produce la propria opera di storia con intento collettivo.

17 N.P. Lemche (2000), 131, nota 12.

18 Questo modello affonda le radici, secondo la ricostruzione fatta da J. Pasto,

addirittura nei lavori di de Wette, Wellhausen ed altri epigoni illustri, tra cui von Rad. Essi collocarono la linea di separazione tra il passato narrato ed il presente narrante nel periodo Persiano; anche Liverani, a distanza di più di un secolo dai primi, ha sostenuto, argomentandola con molti dati, una simile tesi (Oltre la Bibbia). Van Seters, negli anni '80, difendeva l'origine esilica del "biblical history writing", datando lo Yahwista al VI sec., ben posteriormente perciò al contesto storico narrato. In continuità di veduta si segnalano anche i recenti studi di Bolin, Lemche, Thompson e Davies, che individuano invece nel periodo Ellenistico la sede della costruzione storiografica dell'Israele biblico. Per i principali riferimenti critici: P.R. Davies (1992), T.L. Thompson (1992), N.P. Lemche (1993), id. (1985), M. Bolin (1996), J. Pasto (1998), M. Liverani (2004).

(17)

Questo processo critico ha spostato, un passo dopo l'altro, l'asticella di separazione fra i racconti considerati attendibili storicamente e quelli considerati di invenzione storica; in ordine cronologico, dal più antico al più recente, si sono dissolte le convinzioni di attendibilità attribuite ai Patriarchi, all'esodo, alla conquista, al periodo dei Giudici e alla monarchia unita di Davide e Salomone; per ultimo, il revisionismo di Lemche e altri ha smontato anche l'esilio babilonese, attribuendogli la funzione di mito fondante: "this concept of an exile had little to do with the historical realities in Palestine between the seventh and the fifth centuries BCE... Like the book of Joshua, the tales of Ezra and Nehemiah are ideological constructs"19. La dissoluzione dell'immagine biblica dell'antico Israele non si è limitata, citando ancora Lemche, a pochi episodi isolati, bensì ha coinvolto in maniera sistematica tutta la "network of historical construction in the Old Testament"20.

Tengo a citare al riguardo l'appunto fatto da J. Pasto in un articolo del 1998, in cui sostiene la necessità di "revisionare", storicizzandolo, il processo revisionistico di Lemche e gli altri. La loro teoria della costruzione storiografica seriore va vista anche, per Pasto, come un prodotto interpretativo derivato dalla Germania protestante del XIX secolo (che produsse critici quali W.M.L. de Wette, J. Wellhausen e, nel XX secolo, G. von Rad) e non come la realtà delle cose tout cours. Il punto di partenza di Pasto è: "biblical scholarship cannot be separated from its social and political context"21; per cui, per l'autore dell'articolo, è importante distinguere, nell'interessante intuizione di questi studiosi, quanto è scientificamente fondato su dati fattuali e quanto derivante dall'orizzonte interpretativo del contesto in cui essi sono vissuti o vivono.

Tuttavia, pur tenendo a mente l'istanza di storicizzare la critica "revisionista", è innegabile il contributo che questo processo ha apportato allo studio dell'Antico Testamento. Al di là dell'incertezza sull'effettiva data di creazione della storia dell'antico Israele (esilica, post-esilica, ellenistica - le ipotesi sono varie e si falsificano a vicenda) e al di là del rischio di avere creato e di creare nuovi "miti" interpretativi, considerare finalmente il racconto storico biblico come una costruzione letteraria offre la possibilità di rispondere su fenomeni testuali rimasti fino ai tempi recenti senza spiegazione.

Attraverso questa lente si è reso finalmente possibile, anche per l'Antico Testamento, uno studio non più focalizzato sui soli contenuti storici (problema della veridicità, da un lato, e del Sitz im Leben, dall'altro),

19 Lemche (2000), 131. 20 Ibi, 130.

(18)

ma anche orientato al linguaggio dello "history writing" (la topica, le tecniche compositive, le categorie interpretative...). Mi sembra opportuno citare al riguardo il suggerimento di Lemche: "we should pay little attention to the historical construction presented to us by biblical historiographers. We would be better advised to accept their description of the past as a construct and to concentrate on the way they presented the past"22.

22 Lemche (2000), 131. Un lavoro diverso e più articolato compie B. Halpern (1988).

Egli indaga il doppio lavoro compiuto dagli "historians of DtrH", oggetti del suo studio: sia il lavoro di ricostruzione storica sia quello di "drammatizzazione" letteraria; sia il piano dell'evidenza sia quello dell'invenzione e creazione artistica: "two different, if interrelated, historiographic procedures", 278.

(19)

"To concentrate on the way they presented the past"

Concentrarsi sul modo in cui hanno presentato il passato è un imperativo che ha dato vita finora a studi fondati su modelli e metodologie talvolta tanto diversi tra loro da far perdere le tracce del comune dettame di partenza. Attualmente il vasto terreno che si è aperto è stato solo in minima parte esplorato: restano le intuizioni dei pionieri e gli approfondimenti di chi dopo di loro ha cercato vie di applicazione concrete23. Ciò che ancora manca - ragionevolmente, data la novità del tema scientifico - è un quadro sistematico su come indagare il prodotto di questa costruzione letteraria, la cosiddetta storiografia biblica, e su come giungere ad una descrizione dei principali aspetti del suo linguaggio.

Incanalare gli sforzi nello studio specifico del linguaggio storiografico dell'Antico Testamento è una novità della critica attuale. L'ampia libertà di esplorazione porta inevitabilmente questo tipo di studio ad intersecarsi, a cooperare e a confondersi con altre discipline ad esso confinanti, come ad esempio la critica letteraria, lo studio letterario comparato e la filosofia del pensiero storico. Senza addentrarmi nello specifico di queste interrelazioni, citerò tre aspetti del linguaggio storiografico che, grazie a tale processo di integrazione metodologica, sono stati ritenuti rilevanti ed ormai acquisiti negli studi veterotestamentari.

Il linguaggio storiografico biblico si caratterizza per la presenza di tòpoi, per l'uso di tecniche compositive proprie e per il manifesto operare di categorie interpretative. Le prime due hanno natura letteraria, mentre la terza è più propriamente storica. Letteratura e pensiero storico, sommati al pensiero religioso, secondo il pensare contemporaneo sono (e vanno tenuti) ben distinti; al contrario, nella storiografia antica compaiono come componenti omogenee. In un unico testo si susseguono allora racconti edificanti, aneddotica, resoconti di battaglie, miti, racconti straordinari di creazione o di migrazioni, cronologie reali, minuziose e documentabili descrizioni di palazzi. Storia, letteratura e senso religioso si fondono e concorrono alla (ri)costruzione e alla presentazione del passato. Il pensiero storico antico, nel caratterizzare gli avvenimenti, nel dare loro un'organizzazione e talvolta nello stravolgerli deliberatamente24 si serve di

23 In questa introduzione cito molti dei lavori scientifici appartenenti a questo

macro-filone di ricerca con l'intento di illustrare i lavori o le posizioni che più hanno influenzato l'idea iniziale e la successiva realizzazione della mia ricerca.

24 G.W. Ahlström (1993), 29 (e nota 2)cita al riguardo il resoconto storico relativo alla

battaglia di Qadesh fatta da Ramses II: "the battle of Qadesh between the Hittites and the Egyptians may serve as an example. It almost ended in disaster for the Egyptian

(20)

strumenti letterari; viceversa, dietro ad elementi apparentemente soltanto letterari vengono celate scelte ideologiche e valoriali propriamente storiche o teologiche.

Letteratura, pensiero storico e pensiero religioso non hanno domìni propri né confini nello history writing antico: fanno parte di un unico continuum concettuale ed espressivo. Il fatto di concepirli come distinti e addirittura inconciliabili è un portato dell'epoca in cui viviamo, leggiamo e studiamo questi testi. Varrà ancora la pena tenere a mente l'appunto di Pasto per riconoscere nella nostra critica l'orizzonte interpretativo contemporaneo attraverso il quale affrontiamo le opere del passato. La prosa storiografica antica usa appunto un linguaggio proprio che ha la caratteristica di coniugare, in un unico fenomeno, aspetti compositivo-letterari ed elementi di interpretazione storica; esso, se spiegato attraverso le categorie del linguaggio storiografico moderno, può facilmente uscirne frainteso.

In Erodoto, ad esempio, i logoi si susseguono paratatticamente, secondo un ordine tematico piuttosto che cronologico. Un episodio può precedere un altro avvenuto anteriormente se di quest'ultimo può efficacemente rappresentare un "modello" o un'analogia25 - si veda l'ordine invertito tra il logos Lidio e l'ascesa al potere di Ciro; questo è un esempio di come, attraverso l'inversione dell'ordine cronologico atteso (tecnica compositivo-letteraria), si esprima un processo di associazione interpretativa (riflessione storica)26. Altre tecniche compositive, poi, concorrono a creare collegamenti, fratture o associazioni valoriali tra episodi storici. Ad esempio, la presentazione delle vite dei regnanti descritti in paia nei libri dei Re (un re di Giuda / un re di Israele, e via dicendo) è sia un espediente topico in quanto noto anche al mondo greco (Plutarco, ca. 46-120 a.C, Vite), sia strutturale, sia interpretativo - in base ad una certa visione ideologica dello storiografo, epoche felici ed infelici si susseguono nella storia sulla base delle responsabilità morali dei regnanti27.

Questi sono alcuni degli elementi del linguaggio storiografico antico; il loro rinvenimento e censimento è appena all'inizio. Si sono studiate finora tecniche compositive e di struttura come la ripetizione di parole o di espressioni28, la "costruzione ad anello"29, il parallelismus membrorum, il

army, but Ramses II (1279-1212 BCE) describes it as a victory for himself and his 'father Amon', the main god of Thebes".

25 H. Wood (1972), 17: "Analogy is Herodotus' first principle of order in arrangement of

material".

26 L'esempio è tratto da Van Seters (1983), 36. 27 Lo spunto viene ancora da Lemche (2000), 138.

28 Van Seters (1983), 38, riferendosi in particolare allo stato dell'arte sullo studio delle

(21)

chiasmo, il cosiddetto "for Three... and for Four"30, il merismo, il pivot pattern31; elementi topici come il contrasto tra bene e male e il giudizio morale sui regnanti, il motivo ripetuto della moglie sorella, il "tragic mode of presentation" nei libri storici32, il tema della colpa che ricade sulle successive generazioni. Van Seters infine ha individuato modelli di pensiero storico comuni sia ad Erodoto sia alla Bibbia33, come le dinamiche di pensiero/azione, parola/fatto, profezia/avveramento, il ruolo della legge e la ricompensa divina come fondamento principe della causalità storica. Studiare tutti questi elementi del linguaggio storiografico biblico con una consapevole distanza di gusto letterario e di pensiero dal tempo attuale permette di affrontarli così come sono stati presentati.

connective techniques used in the Old Testament must await detailed analysis, but at least some of those used in common with Herodotus may be pointed out here".

29 Si tratta dello stesso fenomeno studiato dalla critica omerica, ossia la

Ringkomposition; negli studi biblici è chiamata con vari nomi, tra cui "resumptive repetition" e "inclusio". Cfr. C. Kuhl (1952), 1-11, e S. Talmon (1975), 363-364.

30 Ossia la struttura di un racconto in tre o quattro ripetizioni della medesima (o di poco

variata) scena, "in which a sharp diverting of the fourth occurs, a change which is the main feature and the climax of the literary unit" (cit. da Klaus, 14). Questo espediente compositivo è stato studiato da Y. Zakovitch nella sua dissertazione del 1979 intitolata appunto "For Three... and for Four".

31 Interessante è lo studio di N. Klaus (1999) sui pivot patterns nei Profeti anteriori. Il

pivot pattern è un modello che si sviluppa dal chiasmo; il primo a distinguerlo e studiarlo monograficamente è stato N.W. Lund (1930), 104-126. Klaus sottolinea che la grande differenza con il chiasmo è la natura "dispari" del pivot: esso è l'elemento climax, non ripetuto, centrale; in esso trova luogo l'idea principale, proprio al centro della struttura. Sono stati rinvenuti anche esempi di pivot patterns all'interno di grandi unità narrative; ad es. J.P. Tanner (1992), 146-161 individua una struttura a pivot nell'intera impostazione del libro dei Giudici, con la storia di Gedeone (capp. 6-7) al centro. Secondo Klaus, tuttavia, il limite di questi casi è che ci si basa molto sugli elementi tematici e troppo poco sul wording; ciò può portare (ed ha portato, secondo Klaus, anche Fokkelman) a identificare erroneamente alcuni patterns o a crearne addirittura laddove non esistono. Per Klaus il criterio fondamentale per individuare i pivot patterns è quello del wording: "authentic pivot patterns must be based on identical verbal parallelism without any omission whatsoever", 20.

32 Cfr. lo studio di A.J.F. Nielsen (1997). 33 Van Seters (1983), 39.

(22)
(23)

CAPITOLO 1

LA "QUESTIONE" DEL RICAMBIO GENERAZIONALE NELL'ANTICO

(24)

1.1 Una nuova nozione

 

Il tema del ricambio generazionale viene con facilità confuso con un altro tema assai più frequentato dalla critica biblica: la genealogia.

Il fraintendimento nasce dal fatto che la genealogia costituisce già da tempo una nozione acquisita in ambito specialistico e a livello divulgativo1, adombrando la nozione ancora inesistente negli studi biblici del ricambio generazionale. Studi specifici infatti hanno più volte affrontato le liste genealogiche del Pentateuco, di Ezra-Nehemia e delle Cronache2, il linguaggio della "parentela" nell'Antico Testamento3 e la cosiddetta "tôledôt formula" ricorrente nel "libro delle tôledôt", ossia delle genealogie (Libro di Genesi)4.

Sulla base di questi studi si è giunti a vedere nella genealogia un elemento di primaria importanza sia per la creazione (M.D. Johnson5) sia per la conseguente rappresentazione in forma narrativa della storia dei

1 Uno dei più recenti contributi divulgativi sul tema si trova nel progetto web intitolato

"Bibleodyssey", prodotto e presentato dalla Society of Biblical Literature (www.bibleodyssey.org): cfr. la voce "Genealogies in the Bible".

2 Per riferimenti bibliografici cfr. Halpern (1988), 280, nota 17.

3 Ibi, 271-280 ("Metaphor and genealogy - A pseudo-historical language"). 4 Il contributo più recente è lo studio di M.A. Thomas (2011).

5 M.D. Johnson (1988), 77-82 riconosce alle diverse genealogie bibliche le seguenti

funzioni geo-politico-storiografiche: dimostrare l'esistenza di relazioni tra Israele e le tribù vicine facendole risalire a ceppi familiari comuni, creando tuttavia un grado di parentela tale da mantenere un certo grado di distinzione tra Israele e i vicini (es. lista dei discendenti di Lot, Gen 19,36-38; di Nahor, Gen 22,20-24; di Keturah, Gen 25,1-6; lista dei figli di Ismaele, Gen 25,12-16 e di Esau, Gen 36); mettere in rapporto elementi isolati della tradizione riguardante le origini di Israele, creando un sistema genealogico inclusivo (il cosiddetto "libro delle tôledôt", strato sacerdotale di Genesi); stabilire continuità fra periodi di tempo non coperti da materiali della tradizione (es. fra creazione-leggende sul paradiso ed epoca dei patriarchi, Gen 5,11; fra conquista della terra ed inizio della monarchia davidica, Ruth 4,18-22); fornire una base per fissare una grande cronologia speculativa della storia del mondo e di Israele, come ad esempio la data del diluvio (Gen 5), la nascita di Abramo (Gen 11) o la divisione della storia di Israele in 12 periodi di uguale durata sotto la guida di 12 sommi sacerdoti (1Cr 5,27-41; 6,1-15). In Ezrah-Nehemia e nelle Cronache le liste genealogiche sono un tentativo di far prevalere il principio di continuità del popolo di Dio attraverso un periodo di disgregazione nazionale, mentre le genealogie associate in Ezra-Nehemia al tema del "seme santo" (Ez 9,2) hanno lo scopo ideologico di stabilire e preservare l'omogeneità della razza. Le geneaolgie hanno anche in certi casi, sempre secondo Johnson, funzione legittimativa, in quanto attribuiscono a personaggi che ricoprono cariche importanti un lignaggio familiare confacente; ciò vale per il sacerdozio (libri delle Cronache e Ezra-Nehemia), come anche per leaders religiosi e politici (genealogie di Samuele, 1Sam 1,1; di Saul, 1Sam 9,1; di Sheba, 2Sam 20,1; di Sofonia, So1,1; e di Zaccaria, Zac 1,1).

(25)

popoli e di Israele (M.A. Thomas6). L'attenzione che la critica ha rivolto alla genealogia biblica ha contribuito notevolmente alla sua comprensione e promozione; dalla critica la genealogia è stata anche isolata come forma o genere letterario a sé stante, definita come "an alternative to narrative or poetic forms of expression, that is as one of several methods of writing history and expressing the theological and nationalistic concerns of a people"7.

Oltre alla maggiore fortuna critica della genealogia rispetto al ricambio generazionale, vi è una seconda ragione da cui scaturisce, in prima battuta, il fraintendimento fra i due temi. A livello di terminologia è avvenuto questo: passando per la mediazione del greco della Settanta, le lingue moderne hanno adottato, per esprimere questi due temi distinti, due parole della stessa radice lessicale, causando un'ulteriore impressione di omogeneità. Tuttavia "genelogia" e "generazione" (genealogy e generation, généalogie e génération...) sono concetti assolutamente differenti nel racconto biblico, come si può dedurre dallo stesso testo ebraico che impiega per ciascuno dei due una radice propria e differenziata.

Per indicare la genealogia l'ebraico utilizza principalmente il termine תדלות (tôledôt), mentre per indicare la generazione protagonista di ricambio e rinnovamento adopera di preferenza il termine רוד (dôr): le due parole ebraiche, differenti nella loro radice, non lasciano adito ad erronea sovrapposizione di concetti. Il passaggio alla lingua greca (e da lì alle lingue indoeuropee moderne) ha appianato invece la diversità di concetto tra tôledôt e dôr, scegliendo come traduzione, in entrambi i casi, termini provenienti dalla medesima radice *gen-, *gon-, *gn-. Infatti, come si evince dalle concordanze, la parola ebraica תדלות viene tradotta principalmente da γενεσις (24 volte) e da συγγενεια (14 volte), e una volta da γενεα. Per quanto riguarda רוד è γενεα a fare da traduttore quasi esclusivo; una volta compare al suo posto συγγενεια (Is 38,12) e quattro volte εκγονον (Prov 30,11-14), termini ancora una volta della radice *gen-, *gon-, *gn-.

Per quali motivi il greco della Settanta abbia assimilato sotto un'unica radice i concetti veicolati in ebraico da tôledôt e da dôr è una

6 Thomas, nel suo libro These are the Generations, si sofferma sul ruolo organizzativo e

letterario svolto dalla formula delle tôledôt. Lo studioso da un lato approfondisce i modi in cui la formula, a seconda del suo variare sintattico, struttura il racconto; dall'altro studia il contributo che la formula offre nel progressivo movimento di focalizzazione del racconto presente nei primi libri dell'Antico Testamento, dall'umanità intera (tôledôt di Adamo), ad un gruppo specifico (tôledôt di Giacobbe/Israele), agli esponenti della leadership di tale gruppo (tôledôt di Mosè e Aronne in Num 3).

(26)

prima buona domanda, che tuttavia allontana dall'obiettivo di questa tesi. Il compito di questa tesi è infatti un altro: isolare il concetto di ricambio generazionale - distinguendolo in partenza dal suo più noto "fratello" (la genealogia) - e studiarlo in termini di concetto, terminologia, caratteristiche letterarie, collocazione nel testo biblico e fortuna. Sollevare la "questione" del ricambio generazionale biblico, conferendogli la dovuta attenzione critica.

Ritengo però che almeno in un punto il parallelo con la genealogia sia valido e utile al prosieguo di questa indagine: come la genealogia, infatti, il ricambio generazionale può essere definito, usando le parole di M. Oeming8, un "Element des biblischen Denkens". Come tale è importante focalizzarlo, creando un percorso di ricerca adeguato allo studio di un elemento che non è solamente letterario ma anche e soprattutto di pensiero.

La natura del tema è dunque multidisciplinare (letteratura, storia e history writing) e la sua presenza nell'Antico Testamento è trasversale a diversi racconti; c'è la possibilità inoltre di incontrare, come avviene per la genealogia9, questo stesso "elemento di pensiero" anche in altre letterature vicine (Vicino Oriente Antico, letteratura greca e romana). A questi approfondimenti extra-biblici e antichistici si spera di fornire, con la presente tesi, un contributo di partenza, sia attraverso i risultati reperiti dall'Antico Testamento sia attraverso l'impostazione del ragionamento metodologico.

8 M. Oeming (1990), 9, nota 2.

9 Oeming (1990), 23-36 rintraccia l'uso di genealogie simili in forma e funzioni a quelle

(27)

1.2 Costrutto ed enunciato storiografico: definizioni

Come prima cosa, si è detto, occorre impostare lo studio del ricambio generazionale biblico come lo studio di un "Element des biblisches Denkens".

Come è possibile trovare "prove" sull'esistenza e sul funzionamento di un elemento di pensiero, dal momento che è un elemento, per definizione, astratto? Le prove concrete di una costruzione di pensiero si trovano nel testo, nei racconti che si strutturano a partire da essa e in base ad essa, nelle parole e in altri elementi formali che la segnalano. Tutto ciò che si muove al di sotto del testo - le categorie di interpretazione, i concetti - lasciano traccia visibile in superficie, nella scelta del lessico, nell'organizzazione delle idee, dei contenuti, nelle strategie retoriche10. E anche un elemento di pensiero come il ricambio generazionale lascia in superficie segnali osservabili. A partire da questi, ossia a partire dallo studio dell'enunciato formale, è possibile risalire alla conoscenza del costrutto concettuale soggiacente. Come lavoro fondamentale, pertanto, mi ripropongo di indagare questo doppio piano, procedendo secondo il seguente ordine metodologico: partire dall'enunciato espresso in superficie per risalire - o meglio scendere - al costrutto concettuale sommerso nel testo.

Costrutto ed enunciato compongono le due parti di uno stesso fenomeno; fenomeno che, nel caso del ricambio generazionale, svolge in

10 Queste osservazioni sono la base da cui si sviluppa la Conceptual Analysis (o

Concept Analysis), approccio esegetico sviluppato da R. Knierim e descritto da Won W. Lee (2003), 47-72. Secondo questo approccio ogni testo, come compare in superficie, è regolato e causato da un sistema concettuale posto e operante sotto la superficie: "[the] infratextual conceptual system, whose presence is implicit, is responsible for the organization of the extant text in its linguistic-semantic aspects, and without it the extant text in its present content and form would not exist", 47. La struttura concettuale è responsabile della struttura e dell'organizzazione generale del testo, ma anche dei suoi elementi più minuti, quali gli espedienti linguistici (tra cui parole rare, frasi tipiche, cluster di parole usuali o inusuali, sintassi della frase), stilistici e retorici (giochi di parole, ripetizioni, chiasmi, inclusioni, paralleli, pivot patterns, ironia, punto di vista del narratore, caratterizzazione dei personaggi, sviluppo della trama, ambiguità intenzionale). Come sono molteplici e unici i testi, nella loro struttura e nella loro veste linguistica, stilistica e retorica, così sono molteplici i sistemi di concetto che li causano. Come scrive Won W. Lee, "the presuppositions or concepts... are specific to an individual text in its individuality. This means that conceptual analysis deals with the infratextual concepts that are specific to a particular text and not abstractions from that text", 56. L'uso della Conceptual Analysis viene incontro alla necessità della mia ricerca di affrontare, sia sul piano formale (enunciato) sia su quello concettuale (costrutto), il tema biblico del ricambio generazionale inteso come strumento storiografico.

(28)

primis una funzione storiografica all'interno della narrativa biblica. Il costrutto è la parte concettuale, di pensiero, di riflessione storica (storio-); l'enunciato è la sua rappresentazione in forma di scrittura (-grafia). Il ricambio generazionale nell'Antico Testamento è prettamente un tema di tipo storiografico, riguarda l'ambito dello history writing, ossia del modo biblico di creare e rappresentare la propria "costruzione" storica. Per procedere su questa linea ritengo opportuno definire che cosa sono e quali finalità hanno il costrutto storiografico e l'enunciato secondo la riflessione critica in merito.

La costruzione di paradigmi interpretativi o costrutti è una pratica universale nella storiografia11. Per lo storico J. Topolski questa pratica nasce dalla necessità di dare senso agli accadimenti, creando delle categorie generali all'interno delle quali sistematizzarli (l’analogia, il contrasto, la sequenza causale sono i principali modi con cui si costituiscono tali categorie). In secondo luogo nasce dalla necessità di immobilizzare il sapere e creare miti interpretativi, talvolta dogmi, destinati a diventare autorevoli e canonici, semplificando l’iter della riflessione storica (si vedano ad esempio, per la storiografia contemporanea europea, i "miti" dell'evoluzione, della rivoluzione, del sublime, dell'attivismo)12. Nel caso del costrutto biblico di ricambio generazionale l'intento di fornire, tramite esso, un senso al susseguirsi delle epoche è chiaro. Inoltre la drasticità con cui tale costrutto si presenta - morte di tutta la generazione, rinascita da zero, contrapposizione totale tra la vecchia e la nuova generazione - fa propendere per la tesi che in esso operi con particolare forza anche l'istanza mitologizzante.

All'invenzione del costrutto segue un secondo "lavoro" dello storio-grafo: la creazione di un linguaggio ad hoc atto a raccontare il costrutto in questione, ossia l'enunciato. In questa fase entrano in gioco alcuni processi linguistici e retorici. Innanzitutto il linguaggio quotidiano (comune) viene specializzato e prestato a rappresentare nozioni propriamente storiche

11 Uno dei primi costrutti che si incontra in storiografia è proprio quello di "fatto

storico". Il filosofoF. Cassinari (2005), 263, riprendendo il concetto bergsoniano che "i fatti esistono retrospettivamente" attraverso un processo di concettualizzazione e costruzione posteriore, cita il famoso caso della "presa della Bastiglia", la quale diventa "un fatto storico (o, meglio, viene costruito come tale) un secolo dopo il suo verificarsi". Commenta inoltre Cassinari: "un fatto storico diventa tale soltanto a posteriori, in virtù delle sue conseguenze: è soltanto alla luce di fatti successivi o, più precisamente, della narrazione che li istituisce come tali che l'invasione della Polonia nel settembre del 1939 costituisce l'inizio della Seconda Guerra Modiale, mentre non lo è l'occupazione di Boemia e Moravia, che si verifica nel marzo del medesimo anno", 246.

(29)

(l'alba e il tramonto, ad esempio, diventano nozioni cronologiche riferite a civiltà o epoche). Quindi si sviluppa la pratica di "impiegare certi temini per denotare certe cose"13, con la conseguente formazione di enunciati stereotipati e convenzionali. Spesso vengono adottati espedienti retorici, quali le metafore (il sacrificio per la patria, la lotta per un ideale, la fioritura dei Comuni, la nascita del capitalismo ecc.), o altri tropi come l'antifrasi (rivoluzione pacifica), l'eufemismo (si veda l'espressione il culto della personalità, creata per riferire in maniera neutrale all'esaltazione e alla devozione dovuta ai tiranni), l'antonomasia (l'eroe dei due mondi, la Grande Guerra, l'11 settembre ecc.), l'iperbole (si veda il Re dei Re rivolto dai greci allo šāhanšāh persiano, espressione enfatica impiegata soprattutto nella storiografia di tipo apologetico)14.

La specializzazione del linguaggio, la creazione di enunciati convenzionali e l'impiego di espedienti retorici avvengono comunemente nella pratica storiografica; il pensiero storico si serve prevalentemente di forme narrative e letterarie per esprimere la propria interpretazione del passato e degli avvenimenti. Ciò è ancora più evidente nel caso del racconto storico biblico, in cui il piano del pensiero ed il piano della forma, la storiografia e la narrativa, si fondono in maniera, come la definì L.A. Schökel, "imbricata"15.

Per questo motivo, nel perseguire lo scopo di individuare e studiare le forme di enunciato attraverso cui il costrutto del ricambio generazionale si manifesta nell'Antico Testamento, si è reso necessario mettere a punto uno schema di analisi complesso, che tiene conto dei molteplici fattori che intervengono normalmente in un testo narrativo - prima ancora che storico: il lessico (e le eventuali espressioni fraseologiche), il discorso, lo stile, la retorica, la struttura e gli aspetti narrativi (personaggi, sviluppo della trama, indicazioni temporali, punto di vista...)16.

13 Ibidem.

14 I processi di creazione del linguaggio storiografico sono esposti da Topolski al cap. 3

del suo libro, intitolato "Il livello persuasivo (retorico) del racconto storico", 59-90.

15 L.A. Schökel (2013), 2. Scrive Schökel a p. 52: "Alla storia della letteratura

appartengono con pieno diritto Erodoto e Tucidide, Tito Livio e Tacito, Bernal Díaz del Castillo [esploratore spagnolo (1492-1584) e principale cronista della conquista del Messico nel XVI secolo] e il gesuita Juan de Mariana [spagnolo (1536-1624), compositore della Historia de rebus Hispaniae (1592)]. E, naturalmente, molti racconti biblici (ricordiamo che per opere storiche ricevettero il premio Nobel per la letteratura Mommsen e Churchill)".

16 Nell'appendice 2 di questa tesi si trova lo schema di analisi in questione, con una

(30)

1.3 Tòpos storiografico e letterario: definizioni

L'interpretazione, le teorie, le metafore [storiche], che portano da subito innovazioni nella versione concettuale del passato, divengono in molti casi - trascorso un certo tempo - sui generis loci communes,

cioè forme della comunicazione e del pensiero più o meno condivise. J. Topolski17

Una delle difficoltà principali che incontriamo come lettori moderni nel cogliere la dimensione artistica della narrativa biblica è proprio il fatto che abbiamo perso la maggior parte delle chiavi di comprensione delle convenzioni a partire dalle quali essa fu composta.

R. Alter18

Prendendo in esame la definizione di "tòpos" offerta da G.L. Beccaria nel Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica, si leggono punti che paiono riguardare da vicino il tema ricambio generazionale biblico e che fanno avanzare l'ipotesi che proprio di un tòpos, il nostro oggetto di studio, si tratti - in questo caso di un tòpos storiografico. I tòpoi (anche detti loci, luoghi, stereotipi, convenzioni) nell'ambito del sapere sono definiti da Beccaria come:

Scomparti di un magazzino, nei quali gli argomenti si trovano disposti e a disposizione di tutti [Barthes 1970]. Nell'uso letterario, i loci communes si cristallizzarono in modelli, ciascuno dei quali poteva essere inserito in appositi programmi (per es. il programma dell'esordio, col tòpos dell'affettazione di modestia, funzionale a quello della captatio benevolentiae; il tòpos del ricorso a massime e proverbi; il tòpos della dichiarazione della causa scribendi "il motivo per cui si scrive", dalla quale dipendeva un grappolo di tòpoi: dedica, meriti del dedicatario, invocazione della divinità, ecc.; la formula della brevità, collegata a tòpoi quali "poche, delle molte cose che potrei dire", ecc.). Così all'uso argomentativo dei tòpoi [si vedano i loci o argumenta tramandati dall'antichità classica al medioevo, sussidio retorico indispensabile per la composizione scritta]19 si sovrapponeva l'impiego dei medesimi come formule ricorrenti e classificabili, in quanto costanti di contenuto codificabile. Tali sono il tòpos del locus amoenus, nelle descrizioni di luoghi associate agli stereotipi della piacevolezza, dell'evasione in un ambiente naturale accogliente, ecc.; il tòpos medioevale del puer senex, applicato a chi fin da ragazzo dimostra la saggezza di una persona matura; il tòpos della lode del buon tempo antico

17 Topolski (1997), 95. 18 R. Alter (1990), 65.

(31)

unita al rammarico per la nequizia del presente20... Le attuazioni dei tòpoi non sono solo affidate alle arti verbali (si pensi agli esiti pittorici del locus amoenus). In ogni caso lo studio degli stereotipi nei diversi campi (arti figurative, design, grafica tecnologica, oltre all'architettura e alla musica) comporta la considerazione dei simboli ricorrenti e dei tratti che definiscono le varie maniere.

Il ricambio generazionale biblico rientra nella definizione generale di tòpos in quanto elemento a disposizione di tutti (riutilizzabile e riutilizzato nello stesso Antico Testamento), di contenuto codificato e avente simboli ricorrenti. Di questi tre aspetti, soprattutto il primo rende l'idea della dimensione e della fortuna di un tòpos. Quanto più un dato elemento - un'immagine, un tema, un'interpretazione, uno stilema - viene dalla tradizione successiva riconosciuto e rimpiegato, citato e modificato, preso come modello per future creazioni, tanto più è efficace come tòpos.

È mia intenzione dimostrare che il ricambio generazionale, oltre ad essere nell'Antico Testamento un efficace strumento di interpretazione e di racconto del passato, gode anche di una certa statura di tòpos. Esso infattisi presta a casi di allusione, rielaborazione e citazione all'interno della stessa letteratura biblica (cfr. il paragrafo della tesi intitolato: Rielaborazione: il caso dei racconti "impropri"). Ciò non sorprende, data la tendenza naturale di certi costrutti storiografici a diventare "loci communes" e, allo stesso tempo, dato il peculiare modo biblico di narrare servendosi di convenzioni di vario tipo, scene-tipo o altri elementi codificati dalla tradizione.

Come primo punto mi soffermo a descrivere come nasce un tòpos storiografico o, come comunemente viene chiamata in ambito specialistico, una convenzione storiografica.

La convenzione storiografica è uno sviluppo dei due "lavori" dello storiografo precedentemente descritti (creazione del costrutto e dell'enunciato) che si realizza con il passare del tempo. In particolare riguarda la fortuna che costrutto ed enunciato incontrano nella loro recezione.

Il processo avviene in questo modo, e si perpetua ciclicamente: a partire da un certo numero di dati storici e dal bagaglio di conoscenze dello storiografo viene creata la nuova costruzione interpretativa o costrutto (un'innovazione, secondo Topolski); successivamente tale innovazione viene cristallizzata in un'espressione linguistica convenzionale (enunciato); infine, grazie alla novità di pensiero ed alla convenzionalità di formulazione, la somma dei due processi diventa convenzione essa stessa e

20 Cfr. il primo studio sui tòpoi letterari effettuato da E.R. Curtius (trad. francese, 1956;

(32)

va ad aumentare il bagaglio a disposizione di chi successivamente interpreterà i dati storici e li narrerà.

Come scrive Topolski, "la convenzionalità linguistica e il processo di creazione delle innovazioni intellettuali sono anch'esse (almeno in parte) candidate a divenire nuove convenzioni"21. Ne consegue che i due elementi insieme, costrutto ed enunciato, entrano nel bagaglio di pensiero comune e diventano convenzione storiografica, a disposizione per ogni futura riflessione di tipo storico. La convenzione in storiografia non pertiene soltanto a uno dei due "lavori", bensì è l'esito comune della loro fusione. La convenzione storiografica non può prescindere infatti da un costrutto interpretativo innovativo capace di modificare o ampliare le categorie di pensiero esistenti, né può prescindere da un'enunciazione particolarmente persuasiva e personalizzata. Infatti il solo costrutto, senza un enunciato appropriato, non ha la capacità di diventare convenzione; né l'enunciato storiografico potrebbe esistere in assenza dell'innovazione concettuale che lo ha creato.

Per rendere chiaro ogni elemento del processo, riporto di seguito un esempio noto della storiografia greca. Fa parte ormai del bagaglio comune di conoscenze il fatto che, nella Grecia della seconda metà del V sec. a.C., si consumò la Guerra del Peloponneso. Tutti i manuali e gli storici che trattano di quella regione in quell'epoca sono "costretti" a confrontarsi con questo elemento che, nell'orizzonte interpretativo, costituisce ormai una convenzione22. Tuttavia, come sostengono molti autori tra cui F. Cassinari, la Guerra del Peloponneso non è mai esistita come tale; anzi, fu "Tucidide a creare la realtà della Guerra del Peloponneso cogliendo, in uno sguardo d'insieme, battaglie differenti separate da periodi di pace"23.

In altre parole, abbiamo a che fare con un classico esempio di costrutto storiografico, come spiega bene lo storico N. Luraghi:

Il fatto è che la stessa idea di un’unica guerra iniziata con l’attacco tebano a Platea nel marzo del 431 e finita con la capitolazione di Atene nel marzo del 404 è un prodotto del pensiero storico di Tucidide, e non era per nulla universalmente condivisa tra gli storici greci successivi, e nemmeno, possiamo presumere, tra i Greci contemporanei di Tucidide. Si trattava di un modo di vedere che privilegiava certi fattori sottovalutandone altri, dal significato della Pace di Nicia del 421 ai differenti scenari di politica interna

21 Topolski (1997), 95.

22 Sul rapporto tra lo storico e la convenzione Topolski (1997), 96 scrive: "lo storico

normalmente parte dalla convenzione, riprendendone l'interpretazione banalizzata (e questo è senz'altro un errore) oppure proponendo una propria interpretazione totale o frammentaria".

(33)

ateniese dall’epoca della seconda spedizione in Sicilia in avanti. In altre parole, senza Tucidide difficilmente si darebbe per scontato che la guerra conclusa da Teramene nel 404 fosse la stessa guerra incominciata da Pericle nel 432 con il rifiuto dell’ultimatum spartano: quando parliamo della Guerra del Peloponneso, parliamo di fatto di un costrutto tucidideo24.

Luraghi espone con chiarezza le operazioni di Tucidide nell'atto di selezionare, raggruppare e interpretare, a posteriori, la serie di accadimenti svoltisi in un arco temporale e in un quadro geografico da lui scelti e delimitati. Il risultato di questo lavoro è il costrutto storiografico, una struttura di senso che organizza l'insieme delle circostanze, il prodotto del pensiero storico dell'interprete.

La fortuna di tale "invenzione" tucididea viene garantita dal fatto che l'autore, sin dal titolo dell'opera, le assegna un enunciato chiaro, eloquente, personalizzato e nuovo. Da allora in poi a questo insieme di circostanze organizzate viene dato il nome compendiario di Guerra del Peloponneso (Περὶ   τοῦ   Πελοποννεσίίου   πολέέµμου): il costrutto e il suo enunciato hanno dato vita, così, a una delle più fortunate convenzioni storiografiche nella storia del pensiero storico.

Si è dimostrato che la convenzione storiografica nasce da due elementi imprescindibili ed inscindibili fra loro: costrutto di pensiero innovativo ed efficace enunciazione formale. A partire da ciò, nell'affrontare il ricambio generazionale nell'Antico Testamento, sarà importante indagare se la categoria storiografica da noi studiata, insieme al suo enunciato, abbia tali qualità, capaci di renderla una convenzione storiografica. Ciò si traduce nel ricercare, all'interno del corpus biblico, il ricorso al tema del ricambio generazionale in ragione della sua capacità di sintesi storica e, allo stesso tempo, dell'efficacia del suo enunciato. La costanza nell'impiego, la riproposizione e la familiarità con tali elementi costituiranno la prova della sua statura di convenzione o tòpos storiografico.

Tuttavia, come detto in precedenza, il ricambio generazionale ritorna all'interno del corpus biblico non solo in virtù della sua efficacia come categoria di interpretazione e rappresentazione della storia (ossia come convenzione storiografica), ma anche in ragione, come detto in precedenza, del peculiare modo biblico di narrare servendosi di convenzioni, scene-tipo o altri elementi codificati dalla tradizione25. In altre parole, il ricambio

24 N. Luraghi (2013), 77.

25 Alter, nel suo libro intitolato L'arte della narrativa biblica, dedica particolare

attenzione all'uso delle convenzioni nella letteratura biblica, pratica che l'Antico Testamento condivide con la letteratura di ogni tempo e ogni luogo. Su questo aspetto e sull'opera di Alter ritornerò nel seguito del capitolo.

Riferimenti

Documenti correlati

L'assegno universale per chi perde il lavoro che Renzi propone nel suo Jobs Act lo obbliga ad affrontare un dilemma generazionale di ben più ampia portata: chi aiutare per primo,

con riferimento agli articoli 3, 21 e 33, verifichi il Governo l’opportunità di ripristinare le disposizioni previste dalla legislazione vigente che contemplano spe- cifici obblighi

per altro verso, si è tradotta in un crollo repentino e inarrestabile del mercato immobiliare, che sovente ha privato l'esito dei procedimenti espropriativi di

Parte della dottrina ha ritenuto conferibili in fondo patrimoniale le quote di partecipazione in una società a responsabilità limitata, riconducendo tali beni alla categoria dei

La sua ricetta del successo è fatta di alcuni elementi particolari: «Vado avanti perché sono un tipo strano, vendo caro, sono fuori da tutte le regole della grande distribuzione

Dottorato di ricerca in Formazione della persona e mercato del lavoro PhD in Human Capital Formation and Labour Relations.. Venerdì 4 maggio

• Rischio continuazione della ditta individuale: meglio trasformarla in Snc in quanto nel caso di eredità di ditta individuale, si forma una società di fatto tra gli eredi,

coordinamento.. Proposta per un contratto unico operatori sanità privata e sanità pubblica Pagina 8 lato una maggiore responsabilità della gestione aziendale, dall’altro un