L'interpretazione, le teorie, le metafore [storiche], che portano da subito innovazioni nella versione concettuale del passato, divengono in molti casi - trascorso un certo tempo - sui generis loci communes,
cioè forme della comunicazione e del pensiero più o meno condivise. J. Topolski17
Una delle difficoltà principali che incontriamo come lettori moderni nel cogliere la dimensione artistica della narrativa biblica è proprio il fatto che abbiamo perso la maggior parte delle chiavi di comprensione delle convenzioni a partire dalle quali essa fu composta.
R. Alter18
Prendendo in esame la definizione di "tòpos" offerta da G.L. Beccaria nel Dizionario di linguistica e di filologia, metrica e retorica, si leggono punti che paiono riguardare da vicino il tema ricambio generazionale biblico e che fanno avanzare l'ipotesi che proprio di un tòpos, il nostro oggetto di studio, si tratti - in questo caso di un tòpos storiografico. I tòpoi (anche detti loci, luoghi, stereotipi, convenzioni) nell'ambito del sapere sono definiti da Beccaria come:
Scomparti di un magazzino, nei quali gli argomenti si trovano disposti e a disposizione di tutti [Barthes 1970]. Nell'uso letterario, i loci communes si cristallizzarono in modelli, ciascuno dei quali poteva essere inserito in appositi programmi (per es. il programma dell'esordio, col tòpos dell'affettazione di modestia, funzionale a quello della captatio benevolentiae; il tòpos del ricorso a massime e proverbi; il tòpos della dichiarazione della causa scribendi "il motivo per cui si scrive", dalla quale dipendeva un grappolo di tòpoi: dedica, meriti del dedicatario, invocazione della divinità, ecc.; la formula della brevità, collegata a tòpoi quali "poche, delle molte cose che potrei dire", ecc.). Così all'uso argomentativo dei tòpoi [si vedano i loci o argumenta tramandati dall'antichità classica al medioevo, sussidio retorico indispensabile per la composizione scritta]19 si sovrapponeva l'impiego dei medesimi come formule ricorrenti e classificabili, in quanto costanti di contenuto codificabile. Tali sono il tòpos del locus amoenus, nelle descrizioni di luoghi associate agli stereotipi della piacevolezza, dell'evasione in un ambiente naturale accogliente, ecc.; il tòpos medioevale del puer senex, applicato a chi fin da ragazzo dimostra la saggezza di una persona matura; il tòpos della lode del buon tempo antico
17 Topolski (1997), 95. 18 R. Alter (1990), 65.
unita al rammarico per la nequizia del presente20... Le attuazioni dei tòpoi non sono solo affidate alle arti verbali (si pensi agli esiti pittorici del locus amoenus). In ogni caso lo studio degli stereotipi nei diversi campi (arti figurative, design, grafica tecnologica, oltre all'architettura e alla musica) comporta la considerazione dei simboli ricorrenti e dei tratti che definiscono le varie maniere.
Il ricambio generazionale biblico rientra nella definizione generale di tòpos in quanto elemento a disposizione di tutti (riutilizzabile e riutilizzato nello stesso Antico Testamento), di contenuto codificato e avente simboli ricorrenti. Di questi tre aspetti, soprattutto il primo rende l'idea della dimensione e della fortuna di un tòpos. Quanto più un dato elemento - un'immagine, un tema, un'interpretazione, uno stilema - viene dalla tradizione successiva riconosciuto e rimpiegato, citato e modificato, preso come modello per future creazioni, tanto più è efficace come tòpos.
È mia intenzione dimostrare che il ricambio generazionale, oltre ad essere nell'Antico Testamento un efficace strumento di interpretazione e di racconto del passato, gode anche di una certa statura di tòpos. Esso infattisi presta a casi di allusione, rielaborazione e citazione all'interno della stessa letteratura biblica (cfr. il paragrafo della tesi intitolato: Rielaborazione: il caso dei racconti "impropri"). Ciò non sorprende, data la tendenza naturale di certi costrutti storiografici a diventare "loci communes" e, allo stesso tempo, dato il peculiare modo biblico di narrare servendosi di convenzioni di vario tipo, scene-tipo o altri elementi codificati dalla tradizione.
Come primo punto mi soffermo a descrivere come nasce un tòpos storiografico o, come comunemente viene chiamata in ambito specialistico, una convenzione storiografica.
La convenzione storiografica è uno sviluppo dei due "lavori" dello storiografo precedentemente descritti (creazione del costrutto e dell'enunciato) che si realizza con il passare del tempo. In particolare riguarda la fortuna che costrutto ed enunciato incontrano nella loro recezione.
Il processo avviene in questo modo, e si perpetua ciclicamente: a partire da un certo numero di dati storici e dal bagaglio di conoscenze dello storiografo viene creata la nuova costruzione interpretativa o costrutto (un'innovazione, secondo Topolski); successivamente tale innovazione viene cristallizzata in un'espressione linguistica convenzionale (enunciato); infine, grazie alla novità di pensiero ed alla convenzionalità di formulazione, la somma dei due processi diventa convenzione essa stessa e
20 Cfr. il primo studio sui tòpoi letterari effettuato da E.R. Curtius (trad. francese, 1956;
va ad aumentare il bagaglio a disposizione di chi successivamente interpreterà i dati storici e li narrerà.
Come scrive Topolski, "la convenzionalità linguistica e il processo di creazione delle innovazioni intellettuali sono anch'esse (almeno in parte) candidate a divenire nuove convenzioni"21. Ne consegue che i due elementi insieme, costrutto ed enunciato, entrano nel bagaglio di pensiero comune e diventano convenzione storiografica, a disposizione per ogni futura riflessione di tipo storico. La convenzione in storiografia non pertiene soltanto a uno dei due "lavori", bensì è l'esito comune della loro fusione. La convenzione storiografica non può prescindere infatti da un costrutto interpretativo innovativo capace di modificare o ampliare le categorie di pensiero esistenti, né può prescindere da un'enunciazione particolarmente persuasiva e personalizzata. Infatti il solo costrutto, senza un enunciato appropriato, non ha la capacità di diventare convenzione; né l'enunciato storiografico potrebbe esistere in assenza dell'innovazione concettuale che lo ha creato.
Per rendere chiaro ogni elemento del processo, riporto di seguito un esempio noto della storiografia greca. Fa parte ormai del bagaglio comune di conoscenze il fatto che, nella Grecia della seconda metà del V sec. a.C., si consumò la Guerra del Peloponneso. Tutti i manuali e gli storici che trattano di quella regione in quell'epoca sono "costretti" a confrontarsi con questo elemento che, nell'orizzonte interpretativo, costituisce ormai una convenzione22. Tuttavia, come sostengono molti autori tra cui F. Cassinari, la Guerra del Peloponneso non è mai esistita come tale; anzi, fu "Tucidide a creare la realtà della Guerra del Peloponneso cogliendo, in uno sguardo d'insieme, battaglie differenti separate da periodi di pace"23.
In altre parole, abbiamo a che fare con un classico esempio di costrutto storiografico, come spiega bene lo storico N. Luraghi:
Il fatto è che la stessa idea di un’unica guerra iniziata con l’attacco tebano a Platea nel marzo del 431 e finita con la capitolazione di Atene nel marzo del 404 è un prodotto del pensiero storico di Tucidide, e non era per nulla universalmente condivisa tra gli storici greci successivi, e nemmeno, possiamo presumere, tra i Greci contemporanei di Tucidide. Si trattava di un modo di vedere che privilegiava certi fattori sottovalutandone altri, dal significato della Pace di Nicia del 421 ai differenti scenari di politica interna
21 Topolski (1997), 95.
22 Sul rapporto tra lo storico e la convenzione Topolski (1997), 96 scrive: "lo storico
normalmente parte dalla convenzione, riprendendone l'interpretazione banalizzata (e questo è senz'altro un errore) oppure proponendo una propria interpretazione totale o frammentaria".
ateniese dall’epoca della seconda spedizione in Sicilia in avanti. In altre parole, senza Tucidide difficilmente si darebbe per scontato che la guerra conclusa da Teramene nel 404 fosse la stessa guerra incominciata da Pericle nel 432 con il rifiuto dell’ultimatum spartano: quando parliamo della Guerra del Peloponneso, parliamo di fatto di un costrutto tucidideo24.
Luraghi espone con chiarezza le operazioni di Tucidide nell'atto di selezionare, raggruppare e interpretare, a posteriori, la serie di accadimenti svoltisi in un arco temporale e in un quadro geografico da lui scelti e delimitati. Il risultato di questo lavoro è il costrutto storiografico, una struttura di senso che organizza l'insieme delle circostanze, il prodotto del pensiero storico dell'interprete.
La fortuna di tale "invenzione" tucididea viene garantita dal fatto che l'autore, sin dal titolo dell'opera, le assegna un enunciato chiaro, eloquente, personalizzato e nuovo. Da allora in poi a questo insieme di circostanze organizzate viene dato il nome compendiario di Guerra del Peloponneso (Περὶ τοῦ Πελοποννεσίίου πολέέµμου): il costrutto e il suo enunciato hanno dato vita, così, a una delle più fortunate convenzioni storiografiche nella storia del pensiero storico.
Si è dimostrato che la convenzione storiografica nasce da due elementi imprescindibili ed inscindibili fra loro: costrutto di pensiero innovativo ed efficace enunciazione formale. A partire da ciò, nell'affrontare il ricambio generazionale nell'Antico Testamento, sarà importante indagare se la categoria storiografica da noi studiata, insieme al suo enunciato, abbia tali qualità, capaci di renderla una convenzione storiografica. Ciò si traduce nel ricercare, all'interno del corpus biblico, il ricorso al tema del ricambio generazionale in ragione della sua capacità di sintesi storica e, allo stesso tempo, dell'efficacia del suo enunciato. La costanza nell'impiego, la riproposizione e la familiarità con tali elementi costituiranno la prova della sua statura di convenzione o tòpos storiografico.
Tuttavia, come detto in precedenza, il ricambio generazionale ritorna all'interno del corpus biblico non solo in virtù della sua efficacia come categoria di interpretazione e rappresentazione della storia (ossia come convenzione storiografica), ma anche in ragione, come detto in precedenza, del peculiare modo biblico di narrare servendosi di convenzioni, scene-tipo o altri elementi codificati dalla tradizione25. In altre parole, il ricambio
24 N. Luraghi (2013), 77.
25 Alter, nel suo libro intitolato L'arte della narrativa biblica, dedica particolare
attenzione all'uso delle convenzioni nella letteratura biblica, pratica che l'Antico Testamento condivide con la letteratura di ogni tempo e ogni luogo. Su questo aspetto e sull'opera di Alter ritornerò nel seguito del capitolo.
generazionale dimostra di avere fortuna anche come elemento tematico, come immagine topica, fino a potere essere considerata una forma stereotipata, entrata a far parte del bagaglio e dell'orizzonte d'attesa dei lettori o fruitori del tempo: ossia una convenzione letteraria. Esso è infatti ripreso ed rimpiegato non solo all'interno della letteratura biblica26, ma lascia eco anche letteratura rabbinica27 e nella letteratura moderna fino ai giorni nostri28.
Per questa ragione il tema del ricambio generazionale viene esplorato in questa tesi non soltanto nel suo ruolo di convenzione storiografica, ma anche in quello di convenzione o tòpos letterario. Attraverso l'indagine della struttura e della caratterizzazione interne al tema, degli elementi di allusività presenti nei testi che lo utilizzano, delle traduzioni antiche e del loro modo di recepire (quando lo recepiscono) il tòpos, viene dato lo spazio necessario alla "fortuna" del ricambio generazionale biblico anche da un punto di vista letterario. Come primo contributo a questo settore di indagine, fornisco in questa sede una definizione generale di convenzione e nello specifico di convenzione letteraria; un excursus sullo studio delle convenzioni nella narrativa biblica concluderà questa trattazione preliminare.
In senso lato, l'uso della convenzione è un'attitudine che investe tutti gli ambiti della comunicazione, da quella interpersonale e sociale ("a rule or practice based upon general consent, or accepted and upheld by society at large", Oxford English Dictionary), a quella artistica, a quella scientifica ("an arbitrary rule or practice recognized as valid in any particular art or study", OED). La convenzione, in generale, è funzionale quando tra chi comunica e chi riceve il messaggio vi è una sorta di "accordo implicito"29 sulle forme, sui contenuti e sulle strategie di comunicazione messe in atto. Viene anche definita come "any accepted manner, hallowed by long
26 Come esporrò nel seguito della tesi, ho individuato quattro racconti biblici che
impiegano il tema e costrutto del ricambio generazionale (il diluvio universale, la morte di Giuseppe, la morte della generazione del deserto, la morte di Giosuè e il conseguente inizio dell'epoca dei Giudici), due che vi alludono in struttura ed elementi testuali (la profezia ad Abramo sulla sua discendenza e il conflitto verbale tra le tribù dell'Est e quelle dell'Ovest in Gs 22), ed altre citazioni sparse nell'Antico Testamento (Ez 14,12- 23; Sir 44,17-18; Dt 32, noto come "Cantico di Mosè").
27 Cfr. nota 6.
28 Un'utile pubblicazione di G. del Olmo Lete (2010), 133-134 segnala le opere
letterarie (poetiche, drammatiche e narrative) dal XV al XXI sec. che riprendono e rielaborano il racconto del diluvio universale, uno dei più emblematici ricambi generazionali biblici [la pubblicazione è aggiornata al 2010].
practice, of conveying meaning" o come "ordinary usage"30. La lingua, la scrittura (segni, punteggiatura, formato) e in generale ogni linguaggio rientrano nella categoria della convenzione, data l'importanza che rivestono nell'atto comunicativo.
La letteratura, uno dei versanti artistici della comunicazione, è ovviamente pervasa dalle convenzioni. Attraverso le convenzioni si superano le limitazioni del mezzo artistico nel rappresentare la realtà (gli "a parte" teatrali ad esempio risolvono, con un tacito accordo tra autore e pubblico, la compresenza sullo stesso palco di personaggi che non dovrebbero udirsi tra di loro); attraverso le convenzioni si conferisce al discorso finalità e genere nitidi (si pensi ad esempio all'incipit, luogo fortemente convenzionale e programmatico di ogni testo); attraverso le convenzioni si propongono motivi, trame o personaggi di tipilogia universale. In letteratura la convenzione permette al lettore o fruitore di comprendere più di quanto sia scritto o detto, gli permette di entrare nel significato ulteriore giacente nel testo. Nel senso più inclusivo, le opere letterarie possono essere addirittura considerate interamente formate da convenzioni, dette anche "codici" (di genere, trama, personaggi, lingua, etc.), che il lettore "nativo" della cultura che li ha prodotti riconosce, recepisce e naturalizza senza fatica31.
All'interno dell'ambito letterario vengono spesso studiate le convenzioni narrative. Esse possono riguardare il soggetto, la forma o le tecniche che ricorrono ripetutamente; possono essere ricorrenti tipi di personaggi, risoluzioni di trame, generi o stili. Gli studi letterari individuano la presenza di convenzioni nel linguaggio, nei patterns di parole, nelle immagini, nei motivi, nelle tecniche e nelle strutture narrative32.
Le convenzioni letterarie e narrative, così come ogni tipo di convenzione, non sono solo una creazione dell'artista, ma anche un prodotto del tempo e della società. Così esse sono soggette alle variazioni delle mode comunicative e destinate a diventare obsolete e a decadere; in certi casi invece si assiste a movimenti di riscoperta di stilemi o soggetti convenzionali caduti in disuso anche da molto tempo (si veda il Rinascimento europeo come rinascita delle arti classiche).
Nella crescita della tradizione letteraria sono operative due forze opposte: la convenzione e l'invenzione (o "revolt-convention", per
30 R. Fowler (1987), "convention".
31 Questa posizione è propria della critica strutturalista. Cfr. Abrams (1998),
"conventions".
32 Faccio riferimento ancora alle voci di vocabolario di Abrams (1998) e J.T. Shipley
Shipley)33. La convenzione costituisce la cornice sociale della letteratura che tende a stabilire forme fisse e canoniche; l'invenzione è il tentativo individuale di un autore di mettere la propria impronta sul mezzo tramandatogli dalla tradizione, la quale offre sempre un certo grado di resistenza all'originalità.
La distanza temporale ma soprattutto culturale con le opere del passato non permette di cogliere immediatamente le convenzioni che regolano l'opera e le eventuali invenzioni ed innovazioni rispetto ad esse. Per fronteggiare questa lacuna la critica deve disciplinarsi il più possibile, cogliendo la sfida ad entrare con metodi adeguati nello studio delle convenzioni e dei suoi meccanismi. Le convenzioni agiscono profondamente nella produzione artistica e di pensiero di ogni epoca, ad ogni livello: concettuale, interpretativo, sociale, estetico, etc. Sorvolare sul loro peso rischia di produrre una critica parziale, se non miope.
La distanza temporale e culturale tra la critica ed il testo biblico porta, secondo R. Alter, a due rischi: da una parte a quello di "gratuitously modernizing" il testo leggendolo secondo i parametri che la moderna critica letteraria ha creato per la moderna letteratura34; dall'altra quello di eliminare diligentemente ogni prospettiva letteraria dallo studio del testo, limitandosi ad una "considerazione atomistica" che procede versetto per versetto sul piano esclusivamente filologico, storico e testologico. R. Alter, considerato uno dei primi studiosi ad occuparsi degli aspetti letterari dell'Antico Testamento, tra i tanti fattori riconosce particolare importanza proprio alla convenzione.
Una lettura coerente di un'opera d'arte, qualunque sia lo strumento di cui essa si serve, richiede una conoscenza abbastanza dettagliata della rete di convenzioni con le quali, o contro le quali ogni singolo prodotto artistico opera. Soltanto in momenti eccezionali di storia culturale queste convenzioni vengono codificate in forma esplicita, come nel neoclassicismo francese, o nella poesia araba ed ebraica dell'età andalusa, ma tutta una serie di accordi taciti fra l'artista e i suoi interlocutori circa il modo di disporre l'opera d'arte costituisce, in ogni tempo, il contesto indispensabile nel quale
33 Alter (1990), 82: "il processo di creazione letteraria, come la critica ha già
riconosciuto a partire dai formalisti russi in avanti, è una dialettica crescente fra la necessità di usare forme stereotipate al fine di poter comunicare coerentemente e la necessità di infrangere e ricomporre tali forme".
34 "Making the author of Genesis (to invoke a famous notion of J.L. Borges) into a
precursor of Kafka because as a modern he has the advantage, or perhaps the disadvantage, of having read Kafka", Alter (1983), 116. Nel testo impiego l'aggettivo "moderna" non con riferimento a periodizzazioni storico-letterarie, ma semplicemente per esprimere distanza temporale tra i testi biblici ("antichi") e la critica e la letteratura recente ("moderna", in senso generico).
avviene la multiforme comunicazione artistica. Grazie alla nostra consapevolezza della convenzione siamo in grado di riconoscere modelli di ripetizione, di simmetria, di contrasto, che possono essere significativi o anche semplicemente piacevoli; possiamo distinguere fra il verosimile e il favoloso, cogliere gli indizi orientativi nella lettura di un'opera narrativa, vedere ciò che è innovativo e ciò che è deliberatamente tradizionale in ciascun nesso della creazione artistica35.
In particolare Alter offre un grande contributo al riconoscimento, all'interno della narrativa biblica, di scene convenzionali che ritornano, con piccoli o grandi variazioni, nel corso del racconto per descrivere situazioni identiche. Egli chiama tali scene ricorrenti "scene-tipo", secondo la definizione proposta per la prima volta negli studi omerici da W. Arend36.
Esempi di scene-tipo bibliche sono l'annunciazione della nascita di un figlio-eroe ad una donna sterile, l'incontro della sposa al pozzo, l'epifania in un campo, la prova iniziatica, l'esperienza di un pericolo nel deserto e la scoperta di un pozzo o di un altro mezzo di sopravvivenza, il testamento dell'eroe all'avvicinarsi della morte37.
R.C. Culley38 individua altre strutture (ossia scene-tipo) ricorrenti, che intitola: "un patriarca, sua moglie e un capo straniero" (Gen 12,10-20; 20; 26,1-12), "al pozzo" (Gen 24,10-14; 29,1-14; Es 2,15-21), "incontro nel deserto" (Gen 16,6-14; 21,14-19; 1Re 19,4-8), "un bambino riportato in vita" (1Re 17,17-24; 2Re 4,18-37), "un'occasione di uccidere il re" (1Sam 23,14-24,23; 26,1-25), "l'accoglienza dei forestieri" (Gen 18,1-8; 19,1-3), "gli ospiti sono insultati" (Gen 19,4-11; Gdc 19,22-25), "visita di un messaggero" (Gdc 6,11-24; 13,2-24) e "il profeta e il vaso prodigioso" (1Re 17,7-16; 2Re 4,1-7).
J.L. Ska individua e segnala inoltre altri due tipi di modelli o scene convenzionali bibliche: il primo lo chiama "plebiscito di un capo o di un re" (Es 14,1-31; Gdc 3,7-11; 3,12-30; 6-8; 1Sam 7,12-17; 11,1-15; 1Re 3,16-18), e il secondo "sanzione divina dell'autorità dell'inviato di Dio" (Es 14,1-31; Num 17,16-26; Gs 3-4; 1Sam 12,16-18; 1Re 18,30-39; 2Re 2,14- 15)39.
Già prima degli studi specifici di Alter sulla convenzione e sulla scena-tipo, il filone critico che si era occupato di individuare le strutture (dette anche modelli, schemi o patterns) che ricorrono in maniera uniforme
35 Alter (1990), 65. 36 W. Arend (1933). 37 Alter (1983).
38 R.C. Culley (1976).
39 Per uno status quaestionis del tema critico e per riferimenti bibliografici cfr. J.L. Ska
nella narrazione biblica è stato il Form Criticism. Esso, sorto più di un secolo fa con H. Gunkel (Formgeschichte o Gattungsgeschichte), ha progressivamente cambiato nel corso dei decenni i suoi metodi, i suoi approcci e i suoi obiettivi40.
L'appunto fatto da Alter negli anni '80 alla "critica delle forme" di dedicarsi esclusivamente al reperimento dei modelli e degli elementi ripetuti, piuttosto che delle "molteplici variazioni del modello stesso che ogni sistema di convenzione letteraria inventa", è oggi accolto da molti studiosi. Non solo Ska scrive al riguardo "l'analisi raggiunge il suo scopo quando riesce a cogliere l'individualità e la singolarità di un determinato racconto"41, ma anche Sweeney e Ben Zvi, esponenti del Form Criticism contemporaneo, tracciano per il futuro del loro metodo la seguente