Responsabilità degli uomini e responsabilità dei re: conclusione
Appendice 2: schema dell'analisi lessicologica e letteraria
Questo schema di analisi è stato messo a punto da me per indagare i diversi enunciati del costrutto di ricambio generazionale nei loro rispettivi contesti narrativi. Ho cercato di coprire, con la scelta di un ampio ventaglio di categorie di analisi, tutti i fattori che intervengono comunemente nei testi di natura narrativo-letteraria: lessico e fraseologia, discorso, stile, retorica, struttura e componenti narrative.
Tale schema raduna, in un insieme ragionato, differenti metodologie e strumenti di analisi letteraria. Li illustro concisamente, fornendo per ciascun punto definizione, motivazione della scelta, esempi specifici ed eventuali riferimenti critici.
piano del lessico
Studio del lessico di contesto, ossia dei fenomeni lessicali significativi che si presentano contestualmente (stesso brano o pericope) ad ogni ricorrenza di dôr e del costrutto di ricambio generazionale. Nel vaglio del lessico secondo le voci sotto elencate si è dato peso tanto ai fenomeni ricorrenti in ogni racconto (che costruiscono la tipicità dell'enunciato), quanto a quelli specifici o unici di ciascuno (unicità).
Scopi principali:
- definire la rete dei lessemi che potenzialmente possono sostituire dôr nel costrutto di ricambio generazionale, al fine di delinearne meglio l'accezione (sinonimi I ordine, v. sotto)
- estrapolare, attraverso il confronto con i sinonimi di I ordine presenti in ogni racconto, il significato specifico veicolato da dôr (v. sotto polarizzazione)
- riconoscere il ventaglio lessicale coinvolto nell'esprimere ciascun concetto (sia "generazione/gruppo umano", I ordine, sia ogni altro concetto, II ordine), accrescendo la nozione sul lessico di repertorio generale del tema
- creare una gerarchia interna al ventaglio lessicale che esprime ogni concetto, definendo
quale lessema (semplice o composto) è più tipico e ricorrente nei vari racconti ("lessema principe") e quale meno.
sinonimi ✓ Sinonimi di I ordine = sinonimi di dôr. Lessemi semplici o composti (= 2 o più parole) che sostituiscono dôr nel contesto del ricambio generazionale o che lo affiancano in ripetizione sinonimica.
✓ Sinonimi di II ordine = insieme dei lessemi semplici o composti fra loro sinonimi che esprimono altri concetti del costrutto (es. concetto di "morte": lessemi תומ = תובא לא ףסא = חתשׁ = םמת)
antonimi ✓ Antonimi I ordine = antonimi o contrari di dôr. Lessemi di significato contrario a dôr. Per avere antonimi dôr deve presentare almeno un tratto qualitativo da rovesciare [cfr. Beccaria, antonimia]: es. " dôr malvagia" e "terra buona", Dt 1,35. Negli altri casi intendo con antonimo l'elemento che si contrappone narrativamente: es. "i vostri padri" (fedeli) contrapposti alla presente " dôr " (infedele).
✓ Antonimi II ordine: insieme dei lessemi fra loro antonimi che esprimono altri concetti del costrutto (es. תומיו "morì" vs םוקיו "sorse"). polarizzazione Fenomeno che induce un termine ad assumere
un significato specifico per opposizione ("polarizzazione") rispetto ad altri termini contestuali: es. םע in ambito militare significa "esercito", in opposizione ai generali assume il significato specifico "truppa"; in ambito politico significa "popolo", in opposizione ai governanti: "sudditi"; e nel campo religioso, in opposizione ai sacerdoti e leviti, significa "laici" [Schökel (1994), 10].
Nello studio del racconto del Diluvio vediamo un fenomeno di polarizzazione: i termini תיב e ערז, in molte ricorrenze sinonimi fra loro nel significato generale di "discendenza", mostrano di specializzarsi reciprocamente per contrasto, andando ad indicare nel caso di תיב (7,1) la
discendenza umana di Noè e nel caso di ערז (7,3) la discendenza animale delle specie selezionate per salvarsi.
Un altro fenomeno di polarizzazione coinvolge il lessema dôr, in Gen 15 (Il seme di Abramo): la contrapposizione è tra ערז e רוד. Il primo, ערז, ricorre in questo testo più volte, soprattutto nella prima parte del capitolo, in relazione al concetto della sterilità/eredità/casa di Abramo; דרו invece interviene soltanto in 15,16, nella profezia di tipo storico che, come visto al paragrafo Rielaborazione: il caso dei racconti "impropri", crea un richiamo al costrutto del ricambio generazionale. In questo caso la polarizzazione di רוד rispetto a ערז è ancora più accentuata dai diversi sottocontesti d'uso in cui i due vengono impiegati: רוד come marker del motivo del ricambio generazionale, ערז come marker del motivo della sterilità ed eredità di Abramo, due temi, come visto, accostati ma non integrati. merismi,
espressioni polari
Merismo ed espressione polare sono due modi di esprimere una totalità mediante la menzione di due sue componenti.
Il merismo (dal greco, "divisione", "distribuzione") esprime un insieme riducendolo a due membri non estremi scelti da una serie completa o dividendolo a metà; es. "monti e valli" rappresentano un regno intero o un intero paesaggio [S. Bazyliński (2004), 80; Schökel (1989), 105-107]. L'espressione polare è più prossima all'antitesi: della catena di componenti che forma un insieme sceglie i due estremi (es. "non conoscono né il bene né il male", Dt 1,39). immagini Immagini o similitudini che arricchiscono
l'enunciato conferendogli maggiore vividità e caratterizzazione (es. il proliferare sovrumano degli Israeliti in Es 1,7; l'immagine della "preda, bottino", di Dt 1,39). Queste immagini, peculiari di ciascun contesto, ci informano del modo in cui il costrutto viene maneggiato e caratterizzato in ogni racconto (unicità).
parole rare / hapax Lessemi che ricorrono raramente o che non costituiscono la prima scelta (comune) per esprimere un concetto. Se si conosce soltanto un'attestazione, si parla di hapax legomenon (es. תוברת Num 32,14). Invenzione (≠ convenzionalità).
espressioni fraseologiche Dato lessicologico opposto alle parole rare / hapax. Sintagmi, abbinamenti o espressioni fisse costituite da una o più parole aventi particolare coesione strutturale e semantica interna. Le espressioni fraseologiche ritornano (quanto più) invariate in diversi loci, caratterizzando i contesti che li utilizzano. Es.: gli stranieri sono, nel resoconto delle spie, un "popolo grande, numeroso (e alto di statura)" (Num 13,28.31; Dt 1,28; 2,10.21). Convenzionalità (≠ invenzione).
polisemia Caratteristica di una parola che ha più di un significato. I significati di una parola polisemica hanno un denominatore comune, discendono tutti da un significato fondamentale. È difficile trovare parole monosemiche, cioè con un solo significato; i linguaggi specialistici sono quelli le impiegano maggiormente (per evitare l'ambiguità che deriva dalla polisemia) [Beccaria, polisemia]. In certi casi la ripetizione polisemica di un termine è una strategia di significato (si veda nel Diluvio il doppio impiego di תחשׁ per indicare sia il peccato/corruzione dell'umanità sia la sua conseguente distruzione).
discourse analysis
Il tipo di discorso in atto condiziona fortemente la forma dell'enunciato. L'enunciato infatti presenta vesti sintattiche - oltre che stilistiche e di punto di vista - differenti a seconda se viene pronunciato da un personaggio (Gen 7,1), riportato da un narratore (Gen 6,9), espresso in un discorso di giuramento (Num 32,13) o ancora
in un dialogo a due parti (Gs 22,27-28). La discourse analysis si basa in modo particolare sulla sintassi dei verbi, che varia notevolmente tra "narrazione" e "discorso".
[cfr. A. Niccacci (1986); A. Gianto (1998)] Scopi:
- in molti casi il nostro enunciato compare in un flusso narrativo (= assenza di discorso diretto), ossia dalla voce di un narratore (Gen 6,9; Es 1,6- 8; Gdc 2,10; 3,2). È utile vedere quale veste sintattica assume l'enunciato nei casi di narrazione ed individuare le differenze con i casi in cui compare all'interno di un discorso
- in presenza di un discorso, invece, distinguere attraverso lo studio della sintassi verbale il tipo di discorso che ospita il costrutto
narrazione Attraverso l'analisi dei tempi e modi verbali si può suddividere il flusso narrativo in tre piani: - primo piano (flusso delle azioni)
- secondo piano o sfondo (azioni durature, reiterazione, informazioni di retroscena)
- quadro (circostanze dell'azione)
discorso Si intende per discorso le parole direttamente pronunciate da un personaggio. I principali tipi di discorso sono:
- predittivo (nel futuro, es. Gen 15,16) - esortativo
- narrativo (un personaggio prende la parola e narra, è una "narrazione nella narrazione"; es. in Num 32,13 e Dt 2,14 Mosè è il "narratore"). Vi sono poi tipi di discorso meno usuali: domande, esclamazioni, giuramenti (Dt 1,35 è un esempio di giuramento). Ciascun tipo di discorso utilizza determinati tempi e modi verbali.
piano dello stile
Il piano dello stile informa soprattutto dell'unicità di ciascun testo che ospita il tema del ricambio generazionale. In base alle diverse esigenze narrative, lo stile dei racconti si presenta sempre diverso.
In particolare, il racconto Morì Giuseppe si distingue per uno stile prolisso e descrittivo, che tende all'accumulazione verbale (lista "genealogica" vv. 1-5, triplice soggetto v. 6, cinque verbi del proliferare v. 7, ulteriore dettagliata descrizione della schiavitù in v. 14). Al contrario è sintetico ed efficace nel passare da un piano temporale all'altro (dôr dei padri/generazione dei figli), capace di tratteggiare in pochi versetti (vv. 6-14) molti protagonisti del passato e del presente (spie, Ruben e Gad, Mosè, Caleb e Giosuè, i contemporanei), il discorso narrativo di Mosè in Num 32 (Nel deserto). Infine si può definire retorico, quasi "forense", lo stile in atto nel confronto tra Rubeniti, Gaditi e metà orientale di Manasse ed i rappresentanti delle tribù ad Ovest del Giordano in Gs 22, Il testimone (fenomeni di topicalizzazione ed enfasi vv. 7, 22a, 24; litote v. 20; costruzioni argomentative "non per... né per... ma per" יכ ...אל ...אל vv. 26-28, "non... ma" זא ...אל; argomentazione concentrica vv. 27- 28, cfr. sotto pivot pattern etc.).
I fenomeni stilistici più ricorrenti tra quelli riscontrati sono le sequenze sinonimiche e le ripetizioni. Le prime sono importanti in quanto attuano la focalizzazione su personaggi, azioni, concetti o temi importanti in quel momento nella narrazione. Le seconde, come si vede nel resto dello schema, hanno importanti ricadute sul piano retorico (espressività, giochi di parole e ironia), tematico (Leitwort) e strutturale.
sequenze sinonimiche Nei testi narrativi studiati si trovano di frequente sequenze sinonimiche che hanno la funzione di riproporre un concetto, creando effetti di accumulazione, enfasi o specificazione (es. i tre aggettivi per il "giusto" Noè, Gen 6,9; i cinque verbi di ripopolamento, in Es 1,7; la doppia domanda di Abramo sull'eredità in Gen 15,2-3). La sequenza sinonimica rallenta il ritmo della narrazione o del discorso e crea focalizzazione. ripetizioni Riproposizione di determinati elementi
all'interno del contesto narrativo (capitolo o pericope). Prendo in considerazione tre tipi di ripetizione [cfr. Schökel, 98]:
1) ripetizione letterale: di una parola, un sintagma, un versetto
2) ripetizione radicale: della stessa radice lessicale riproposta sotto varie forme morfologiche (es. Es 1,13-14 ripetizione radice דבע)
3) ripetizione morfologica o sintattica: ad es. la ripetizione di imperativi di diversi verbi, di participi, di plurali maschili o femminili (che comportano assonanza), oppure di frasi condizionali, temporali etc. (cfr. serie dei pronomi personali in Dt 1,36-40; anafora di ו + sostantivo in Dt 1,39a.39b.40)
piano della retorica
Considero come "piano della retorica" quei procedimenti organizzativi del discorso di cui l'autore si serve per realizzare le proprie scelte espressive e comunicative. In particolare mi soffermo sulle molteplici funzioni retoriche della ripetizione: essa può dare esiti espressivi, strutturali, tematici, creare giochi di parole e produrre l'ironia.
ripetizione espressiva La ripetizione è espressiva quando permette all'autore di manifestare la propria particolare intenzione. In pochi ma emblematici casi biblici la ripetizione crea questo effetto, che può declinarsi come emotivo, drammatico o enfatico [cfr. Alter (1990), 116-117 sul "pianto" di Davide in 2 Sam 19,1.5].
In Dt 1,14-16, ad es., è ripetuta tre volte l'informazione che la dôr malvagia (o della guerra) "scomparve interamente dall'accampamento": lo scopo è di ribadirlo con enfasi ai figli, affinché non lo dimentichino [cfr. pp. 86-87].
ripetizione strutturale Questo tipo di ripetizione organizza e struttura il discorso; scandisce varie fasi, step o punti di una narrazione (ad es. la ripetizione di "i vostri padri" in Num 32,8 e 32,14 struttura gli spostamenti nel tempo narrativo - dal presente, al passato, e nuovamente al presente; cfr. p. 55 e nota 121) Leitwort: ripetizione
tematica di parole chiave
"Un Leitwort è una parola o una radice di parola che ricorre più volte, in maniera significativa, all'interno di un testo, di un continuo di testi o di una configurazione di testi: seguendo queste ripetizioni, si è in grado di decifrare o afferrare un significato del testo, o comunque il significato sarà rivelato in maniera più sorprendente. Come abbiamo detto, non occorre che si tratti della ripetizione della parola stessa; basta la ripetizione della radice della parola. In effetti, la differenza stessa delle parole spesso può intensificare l'effetto dinamico della ripetizione" [M. Buber (1964), citato da Alter (1990), 118]. "Tramite una ripetizione abbondante, viene esplorata la gamma semantica di un determinato vocabolo" che si rivela centrale per la narrazione [Alter, 120]. Es. il verbo עדי in Gdc 2,6-3,6 (cfr. cap. 2 par. Morì Giosuè).
In altre parole il Leitwort è una ripetizione lessicale avente finalità tematica. La ripetizione di parole chiave è uno dei procedimenti tipici attraverso cui la prosa biblica crea i suoi tòpoi e
le sue convenzioni (il caso dell'enunciato del ricambio generazionale e di dôr può essere un esempio). Così scrive Alter a riguardo: "La reiterazione di parole chiave è stata formalizzata [nella narrativa biblica] in una convenzione di importanza primaria, destinata a ricoprire un ruolo molto più centrale nello sviluppo dell'argomento tematico di quello svolto da tali parole chiave in altre tradizioni narrative". Ciò è dovuto in particolare alla natura stessa della lingua ebraica, "che con il suo sistema di radici triletterali rende costantemente trasparente il nucleo etimologico sia dei verbi che dei sostantivi, per quanto coniugati e declinati". Rende pertanto percepibile la presenza di allusività tematica anche laddove la ripetizione di parole chiave sia soltanto radicale e non letterale.
giochi di parole, paronomasia
I giochi di parole nascono dall'accostamento di lessemi foneticamente simili, ma semanticamente diversi (es. Gen 15,2 ק ֶשֶׁ֣מ־ןֶבוּ
ק ֶשֶׂ֥מּ ַדּ אוּ ֖ה י ִ֔תי ֵבּ "il ben-mesheq [figlio del coppiere?] della mia casa è il dammesheq [damasceno] Eliezer", questo accostamento di parole di suono simile è retoricamente significativo per Speiser [1964], 111).
Quando invece di un nome comune il gioco di parole riguarda un nome proprio, abbiamo un procedimento specifico che solitamente, in senso stretto, viene denominato paronomasia (es. accostamento fonetico semantico di "Noè" חנ con "pentirsi" םחנ e ןח "grazia", Gen 6,6-8; cfr. cap. 2 par. Il diluvio).
[Cfr. Schökel (1989), 41-44].
ironia Si ha ironia quando, per ciò che emerge dal contesto, viene detta una cosa volendo significare la cosa opposta [Schökel (1989), 193].
Ad es. c'è ironia nelle parole del Faraone che dice "Su, comportiamoci da sapienti (םכח Hitp.) con lui [Israele], affinché non si moltiplichi (הברי
ןפ)", mentre poco dopo il narratore svela i risultati di una reale stoltezza: "ma più lo opprimevano, così più si moltiplicava (הברי ןכ)". Nel caso della ripetizione quasi invariata di הברי כן / הברי ןפ, "affinché non si moltiplichi" / "così si moltiplicava" (Es 1,10.12) si vede come l'ironia nasca proprio dall'accostamento contrapposto della medesima stringa testuale, nonché dalla contrapposizione di una presunta saggezza ad una reale incapacità.
piano della struttura
Secondo la Concept Analysis la struttura formale dell'enunciato, ossia la struttura di superficie, è il riflesso della struttura concettuale posta sotto il testo. In un caso (Num 32,10-13, sotto commentato) la struttura di superificie svela chiaramente la presenza del costrutto ed è pertanto un utile strumento per definire il costrutto stesso nei suoi confini testuali.
Come anticipato, è ancora una volta la ripetizione a causare i più numerosi casi di strutture formali o di superficie.
inclusione o costruzione ad anello
- Inclusione o costruzione ad anello: si tratta di una struttura il più delle volte circoscritta a pochi versetti. La medesima parola o stringa testuale apre e chiude un concetto o un tema, fornendo una cornice entro la quale esso si distingue dal resto del flusso narrativo (o poetico).
Un es. molto importante ai fini del nostro studio è la ripetizione di הָ֖והְי ףַ֥א־ר ַחִֽיַּו in Num 32,10 e 32,13. Questa inclusione crea la cornice per l'enunciato dell'intero costrutto; al suo interno compare infatti l'enunciazione di tutti i concetti, in ordine: ira - gruppo umano - peccato - eccezione - ira2 - dôr - morte causata.
chiasmo, pivot pattern
Chiasmo: disposizione "a incrocio" o speculare (schema ABB'A') di espressioni che si corrispondono.
dal chiasmo. La grande differenza con il chiasmo è la sua natura "dispari". Il "pivot" è l'elemento non ripetuto, che si trova al centro e forma il climax (centrale appunto) della struttura. Nel pivot trova luogo spesso l'idea principale. Abbiamo un pivot pattern di tipo argomentativo in Gs 22,27-28 [cfr. cap. 2 par. Il testimone]; al centro in questo caso non viene espressa un'idea principale o significativa, ma è importante la concentricità dell'intera argomentazione presa nel suo complesso.
piano narrativo
Lo studio dei diversi contesti narrativi in cui si presenta il ricambio generazionale è importante per comprendere come, ciò che abbiamo studiato come un costrutto di pensiero avente precisi patterns strutturali e variabili possibilità di enunciato, si presenti effettivamente nell'opera letteraria biblica. Quali sono, in quel dato racconto, le circostanze che richiedono un ricambio di generazione? quali personaggi "storici" sono coinvolti? di quale dôr si parla? chi è l'eccezione? chi è la novità? qual è la colpa della vecchia o della nuova generazione? attraverso le parole (e il punto di vista) di chi siamo informati di questo ricambio?
[cfr. Ska (2012); Alter (1990); B. Uspenski (1973); M. Sternberg (1985)]
personaggi I personaggi nei
racconti biblici sono per lo più al servizio dell'intreccio e sono raramente presentati in sé e per sé. "Se chiediamo quale principio seguono i narratori quando mettono l'accento su precise qualità dei loro personaggi, scopriamo
Scopo: approfondire i personaggi sulla scena aiuta a comprendere, da un lato, le caratteristiche della dôr protagonista e, dall'altro, le dinamiche di intreccio: presenza/assenza di contrapposizione tra la dôr ed un'eventuale eccezione interna; rapporti tra la dôr ed
che la caratterizzazione è in genere totalmente subordinata all'azione" [Gunkel (1910), xxxix]. I personaggi possono essere: - personaggi statici: tendono ad agire sempre nello stesso modo e le loro azioni diventano rapidamente prevedibili. Sono spesso dei tipi, "stereotipati".
- personaggi dinamici:
si sviluppano
interiormente nel corso del racconto.
- personaggi piatti: non sono necessariamente personaggi superficiali, ma li conosciamo solo superficialmente. Introdotti brevemente, la loro personalità è spesso ridotta a un unico tratto di carattere. - personaggi rotondi: hanno una maggiore profondità e la loro personalità nasconde spesso tendenze conflittuali, persino contraddittorie. [Cfr. Ska (2012), 131- 154].
altre entità (dôr dei padri vs generazione dei figli; dôr vs il suo profeta Mosè; dôr vs Yhwh). In base a queste dinamiche si sviluppa, in un modo oppure nel suo contrario,
il ricambio
generazionale: verso la rigenerazione oppure verso la degenerazione.
sviluppo intreccio L'intreccio è una
successione ben
costruita di contenuti d'azione [Beccaria, motivo]; come scriveva Aristotele è "il collegamento ordinato dei fatti" [Poetica 1450a,5.15]. Possono esservi intrecci unificati, quando tutti gli episodi sono pertinenti per il racconto e sono in relazione con l'esito finale (ogni episodio si
basa su quello
precedente e prepara quello che segue).
Oppure intrecci
episodici, quando l'ordine degli episodi può essere cambiato ed
ogni episodio costituisce un'unità in sé; in questi casi di solito è la presenza di un personaggio principale a garantire l'unità (es. Odissea e la storia di Sansone, Gdc 13-16) [Ska (2012), 38]. La narratologia ha individuato diversi modi per dividere un intreccio [Ibi, 42]; in generale si può riconoscere in ognuno di questi la macro- suddivisione aristotelica: avvio - Scopo: approfondire in quale punto dell'intreccio compare il tema del ricambio generazionale, in questo caso inteso
come momento
dell'intreccio e strumento per orientare l'azione. Ho potuto notare che, per quanto riguarda il paradigma rigenerativo, il ricambio compare come risoluzione del racconto. Per quanto riguarda invece il paradigma degenerativo costituisce l'avvio stesso della azione, il momento in cui compare il problema da risolvere.
capovolgimento - risoluzione.
punto di vista Il punto di vista è l'angolo prospettico, il fuoco narrativo, il punto ottico in cui si colloca il narratore per raccontare la sua storia. Si basa sui rapporti tra il narratore, la materia narrata ed il lettore [Beccaria, punto di vista].
Per B. Uspensky il punto di vista è il fulcro della composizione letteraria: ideologia, linguaggio, percezione del tempo, dello spazio o dei comportamenti espressi nel testo dipendono dal punto di vista del narratore o dei personaggi che in quel momento costituiscono la "voce" in campo.
Scopo: la domanda "chi sta parlando/raccontando in questo momento?" è importante per la nostra ricerca. Il ricambio generazionale in certi
casi è narrato
asetticamente da un narratore onnisciente (Es 1,6-8 e Gdc 2,8-10), in altri ricordato in maniera
passionale dal
personaggio-narratore Mosè al suo popolo o
annunciato con
veemenza da Yhwh nelle sue istruzioni a Noè. Il
doppio paradigma
(degenerativo e
rigenerativo) è in un certo modo legato a due tipologie diverse di punto di vista: il primo mostra un punto di vista separato, un resoconto "cronachistico" del fatto; il secondo invece un
punto di vista
M.H. Abrams, A Glossary of Literary Terms (Chicago, San Francisco, Londra, Sydney: Holt, Rinehart and Winston, 1988)
P.R. Ackroyd, "The meaning of Hebrew dor considered", JSS 13 (1968), pp. 3-10
G.A. Ahlström, The history of Ancient Palestine from the Paleolithic Period to Alexander's conquest (JSOT SS, 146; Sheffield: Sheffield Academic Press, 1993)
W.F. Albright, "Abram the Hebrew: A New Archaeological Interpretation", BASOR 163 (1961), 36-54
R. Alter, “How Conventions Help Us Read: The Case of Bible’s Annunciation Type-Scene”, Prooftexts: A Journal of Jewish Literary History