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3.3 I due paradigmi: concetti ed enunciat

3.3.1 Gruppo umano o generazione

Il primo concetto fondamentale del nostro costrutto è il "gruppo umano" o la "generazione" che, con la propria morte, è direttamente coinvolta nel processo di ricambio generazionale. Tale elemento è centrale tanto nel paradigma di rigenerazione, quanto in quello di degenerazione.

Fra tutti i concetti è l'unico ad essere espresso, in tutti i racconti analizzati, sempre dallo stesso lessema: il sostantivo dôr6. Ciò non avviene per gli altri concetti, per i quali si registra, a livello di enunciato, una certa alternanza sinonimica tra un paradigma e l'altro o tra un racconto e l'altro (si vedano ad esempio i casi della "morte" oppure dell'"eccezione" che descriverò in seguito).

Di dôr si parla per indicare l'umanità coeva a Noè nel racconto del diluvio (ויתרדב Gen 6,9; הזה רודב 7,1), per i contemporanei di Giuseppe (אוהה רודה לכו Es 1,6), per la generazione costretta ad estinguersi nel deserto (ערה השׂעה רודה לכ Num 32,13; הזה ערה רודה Dt 1,35; המחלמה ישׁנא רודה לכ Dt 2,14) e per i contemporanei di Giosuè, che come nel caso

6 Il lessema dôr è di genere maschile e si presenta generalmente al singolare nei passi

che ho studiato (fanno eccezione Gen 6,9 e Gs 22,27.28). Quando, fra tutte le sue ricorrenze bibliche, si presenta al plurale dôr ha desinenza -ot, costituendo uno degli 80 termini della Bibbia ebraica di genere maschile con desinenza plurale -ot (cfr. P. Joüon, T. Muraoka [2009], 247, nota 1). Nei racconti di ricambio generazionale lo troviamo accompagnato da pronomi determinativi maschili (הזה in Gen 7,1 e Dt 1,35, e אוהה in Es 1,6 e Gdc 2,10), participi o forme verbali di genere maschile ( הֶ֥שֹׂע ָה in Num 32,13, הָ֛לְגִנְו עַ֧סִּנ in Is 38,12) o ancora aggettivi di genere maschile ( עָ֖ר ָה in Dt 1,35, ר ֵ֜חא in Gdc 2,10, יִ֖ﬠיִב ְר in Gen 15,16). In certi casi il sostantivo singolare dôr è soggetto di un verbo plurale; tale concordanza ad sensum rivela come dôr si presti ad essere interpretato come nome collettivo (gruppo umano, generazione di persone). Fra i nostri passi ciò si verifica in Gen 15,16 ( וּבוּ ֣שָׁי יִ֖ﬠיִב ְר רוֹ ֥דְו ), nella prima ricorrenza di Gdc 2,10 ( וּ֖פ ְס ֶאֶנ אוּ ֔ה ַה רוֹ ֣דּ ַה־לָכּ ) e ancora in Gdc 2,10 nella seconda ricorrenza di dôr (in questa seconda ricorrenza si vede un'oscillazione nel numero della persona verbale:ר ֵ֜ח ַא רוֹדּè prima soggetto di un verbo singolare,ם ָקָיַּו, e poi di un verbo plurale, וּע ְד ָֽי־אֹל).

di Giuseppe muoiono contestualmente al loro capo-dôr (אוהה רודה לכ םגו Gdc 2,10). Per quanto riguarda i due racconti "impropri", troviamo ancora il lessema dôr in riferimento alla quarta linea di discendenza di Abramo (יעיבר רודו Gen 15,16) ed in riferimento ai discendenti delle tribù dell'Est (וניתורד Gs 22,27-28)7.

All'origine di questo elemento di fissità nell'enunciato si intravede la pratica storiografica, precedentemente citata8, che Topolski definisce: "impiegare certi termini per denotare certe cose". Dôr viene selezionato infatti come vocabolo esclusivo per denotare, all'interno del costrutto, il concetto di "gruppo umano/generazione" e non vi è ambiguità (alternanza sinonimica) che lasci intendere che altri lessemi possano ugualmente essere adottati per esprimere tale concetto9.

Come è facile immaginare, la parola dôr compare anche in molte altre occasioni nell'Antico Testamento10; ma all'interno del contesto d'uso di nostro interesse, quella del ricambio generazionale, dôr dimostra di sviluppare un'accezione a parte, "specialistica", rispetto al suo potenziale

7 Ai due racconti "impropri" ed al loro modo di interpretare il tema del ricambio

generazionale è dedicato un discorso a parte al paragrafo intitolato Rielaborazione: il caso dei racconti "impropri".

8 Cfr. nota 46.

9 È interessante l'unica eccezione che si presenta in Num 14,27: in questo versetto si

legge תאֹ֔זּ ַה ֙הָﬠ ָרָֽה הָ֤דֵﬠ laddove, al passo parallelo di Dt 1,35, si legge הֶ֑זּ ַה עָ֖ר ָה רוֹ ֥דּ ַה . Le due espressioni si equivalgono, a parte l'alternanza tra i due lessemi che esprimono il concetto chiave del "gruppo umano": הדע / רוד. Tale alternanza sinonimica può rivelare, sulla scorta della posizione di Levine (cfr. cap. 2 par. Nel deserto), la compresenza di due fonti diverse che raccontano il medesimo episodio con le differenze del caso. Oppure può essere interpretata, sempre in chiave diacronica, in ottica nuova: le due espressioni parallele rivelano l'esistenza di un percorso di formazione dell'enunciato, ossia testimoniano una fase (o tradizione) in cui il lessema dôr non è il lessema principe del costrutto (Num 14,27) ed una fase (o tradizione) in cui invece lo è (Dt 1,35). Su questa possibilità di interpretazione tornerò in "Risultati e idee" par. Process: idee per uno studio della storia letteraria del tema.

10 Il numero delle ricorrenze di dôr oscilla lievemente nelle concordanze. Mandelkern

conta 169 ricorrenze del lessema, a cui attribuisce l'arco semantico: periodus; aetas, homines aliqua aetate degentes; habitatio; domicilium. Lisowsky invece distingue tra il lessema dôrI (168 ricorrenze) significante Generation / generation / genus / speculum ed il lessema dôrII (unica attestazione: Is 38,12) significante Zeltlager / tent-camp / tintoria. Even-Shoshan conta 167 occorrenze; fra queste include anche il discusso Is 38,12, ma rispetto a Mandelkern e Lisowsky non conteggia due ricorrenze. Botterweck, nel suo contributo alla voce "dôr" nel Grande Lessico dell'Antico Testamento (GLAT), annovera 167 ricorrenze, da cui esclude Is 38,12 oltre ad un altro passo - che non esplicita - rispetto al conteggio di Mandelkern e Lisowsky. Tutte le concordanze considerano e conteggiano a parte il lessema omofono che dà il nome alla città di Dôr (cfr. Gs 11,2; 12,23; 17,11; Gdc 1,27; 1Re 4,11 e 1Cr 7,29).

semantico globale11. In tale accezione specialistica dôr è volto ad indicare quelle poche, ma emblematiche, generazioni legate ad una morte (causata o naturale) avente come conseguenza il ricambio umano. Sono le generazioni del cambiamento storico; non a caso lo stesso lessema, dôr, è scelto nell'incipit del libro di Qohelet, in cui l'autore riflette sul susseguirsi, dal suo punto di vista scevro di reale cambiamento, di epoche e generazioni lungo il corso della storia (Qoh 1,4 ת ֶדָֽמֹע םָ֥לוֹע ְל ץ ֶרָ֖א ָהְו א ָ֔בּ רוֹ ֣דְו ֙ךְֵלֹה רוֹ ֤דּ, "una dôr va e una dôr viene, ma la terra sussiste per sempre").

Mentre sul piano dell'enunciato si ritrova un unico elemento, fisso e "specializzato", per indicare tutti i gruppi umani coinvolti nei vari ricambi generazionali, sul piano concettuale occorre fare dei distinguo tra un paradigma e l'altro, sottolineando il fatto che le dôr che traghettano la storia verso una rigenerazione (generazioni del diluvio e del deserto) hanno composizione e natura etica significativamente diverse rispetto a quelle che traghettano la storia verso una degenerazione (generazioni coeve a Giuseppe e a Giosuè).

La composizione della generazione varia nei due paradigmi. Nel caso di ricambi di tipo rigenerativo (paradigma 1) la dôr destinata ad estinguersi non conta al suo interno un elemento fondamentale: l'eccezione di uno (Noè) o due (Caleb e Giosuè) personaggi. In questo caso la dôr è pertanto un insieme che non si estingue interamente: una piccolissima (ma fondamentale!) percentuale si salva, estendendo la sua esistenza alla generazione successiva. Nel caso invece di passaggi di tipo degenerativo (paradigma 2) la dôr muore insieme al suo capo-dôr, non lasciando dopo di sé nemmeno un esponente come elemento di continuità transgenerazionale. L'eccezione12, da un lato, e la morte del capo-dôr13, dall'altro, distinguono

11 Prendo a prestito il concetto di "meaning potential" o "semantic potential" definito da

T. Bosman nella sua dissertazione dottorale (2011), 102: "The meaning potential is all the information that the word has been used to convey... This means that a word has an extended meaning potential and different areas of this potential can be activated within different contexts of use". Nel nostro caso osserviamo che, all'interno del "context of use" del tema storiografico di ricambio generazionale, la parola dôr "attiva" il suo significato specifico e propriamente storiografico di "generazione del cambiamento".

12 Il concetto di eccezione compare nel paradigma rigenerativo, ossia nei racconti Il

diluvio e Nel deserto. Dal punto di vista dell'enunciato non c'è uniformità. Nel Diluvio l'eccezione di Noè è segnalata non da una parola, bensì da una strategia retorica: ritmo, discorso, sintassi e caratterizzazione contribuiscono a sottintendere, senza lasciare dubbi, che esiste un'eccezione in seno alla dôr del diluvio, Noè. Nel racconto del Deserto, invece, l'eccezione si manifesta verbalmente attraverso l'impiego della preposizione יתלוז in Dt 1,36 e della preposizione יתלב in Num 32,12. Si tratta di tre modalità diverse dell'enunciato di esprimere il concetto comune di "eccezione".

nettamente fra loro i due tipi di dôr, creando a livello concettuale la differenziazione che manca sul piano dell'enunciato.

Anche la natura etica dei due tipi di dôr è decisamente diversa. Nel primo paradigma vi è contrasto tra la dôr e la sua eccezione, descritto in termini di contrapposizione tra male e bene. A ben vedere è proprio il contrasto etico la causa della distinzione tra le due parti che dà vita all'eccezione stessa. In questo paradigma il male è insito nella dôr vigente; al termine della traiettoria rigenerativa il male si estingue insieme con la generazione del passato e non viene trasferito alla nuova. Nel secondo paradigma non compare invece il contrasto bene/male all'interno della dôr vigente; di conseguenza non compare nemmeno l'elemento dell'eccezione. In questo paradigma, di tipo degenerativo, il male contraddistingue piuttosto la nuova generazione che, privata di un elemento di continuità positivo proveniente dal passato, agisce - come dimostra l'intero libro dei Giudici - peccando ed errando ripetutamente14.

Il caso della generazione del deserto è certamente particolare e merita una sezione di approfondimento. La sua storia segue fedelmente, come più volte detto, lo schema concettuale del paradigma di rigenerazione. Al suo interno vi è l'elemento dell'eccezione nelle persone di Caleb e Giosuè; tuttavia compare anche, contemporaneamente, l'elemento del capo-dôr che muore insieme alla sua generazione, come nel paradigma di degenerazione. Da questa commistione che modifica la composizione standard del "gruppo umano/generazione" (vi è l'anomala compresenza di capo-dôr ed eccezione) nasce un racconto di successione generazionale particolarmente complesso.

A ricoprire il ruolo di capo-dôr, in questo racconto, è Mosè: egli transita la dôr a lui coeva lungo il deserto per tutto l'arco di tempo che la separa dalla morte giurata da Yhwh; al termine di questo periodo, e prima che cominci la nuova epoca, termina la sua vita.

La posizione di Mosè è particolare: egli si distingue per statura rispetto alla dôr, ma è ad essa accomunata nel destino. Viene caricato del peccato della sua generazione e ne subisce le conseguenze (Dt 1,37 ֙יִבּ־םַגּ

םֶ֖כְלַלְג ִבּ הָ֔והְי ף ַ֣נּ ַא ְת ִה "anche contro di me il Signore si adirò per causa vostra", NRV; cfr. anche Num 20,7-13). Mosè è pertanto annoverato come membro della dôr malvagia, destinata a morire prima di entrare in Canaan e

13 La morte del capo-dôr nei racconti Morì Giuseppe e Morì Giosuè è rappresentata a

livello di enunciato da due espressioni quasi formulari. Mi soffermerò su questo punto in seguito, al cap. 3 par. Formularità e ripetizione di patterns.

14 La nuova generazione (dôr ’aḥēr) dell'epoca dei Giudici è detta più volte "fare il male

agli occhi di Yhwh" (Gdc 3,7.12; 4,1; 6,1; 10,6; 13,1). Questo ritornello composto da verbo "fare" שׂהע + c.ogg. "male" ער + locuzione "agli occhi di Yhwh" יניעב הוהי è la stessa che descrive, in Num 32,13, la generazione malvagia del deserto. Sul piano dell'enunciato la dôr dei Giudici non differisce affatto da quella dei suoi tristemente noti avi.

nettamente distinta, sulla base della contrapposizione etica di male/bene, empietà/pietas, dalle due eccezioni: le spie "buone" Caleb e Giosuè, che nel loro resoconto non scoraggiarono il popolo dal conquistare la Terra promessa.

La posizione tragica di Mosè, individualità di spicco e allo stesso tempo mancata eccezione, è ben rappresentata nelle parole di Dt 1,35-39:

35 «Certo, nessuno degli uomini di questa malvagia generazione vedrà

il buon paese che ho giurato di dare ai vostri padri,

36 salvo Caleb, figlio di Gefunne. Egli lo vedrà. A lui e ai suoi figli

darò la terra sulla quale egli ha camminato, perché ha pienamente seguito il Signore».

37 Anche contro di me il Signore si adirò per causa vostra, e disse:

«Neanche tu vi entrerai.

38 Giosuè, figlio di Nun, che ti serve, vi entrerà; fortificalo, perché egli

metterà Israele in possesso di questo paese.

39 I vostri bambini, dei quali avete detto: "Diventeranno una preda!" I

vostri figli, che oggi non conoscono né il bene né il male, sono quelli che vi entreranno; a loro darò il paese e saranno essi che lo possederanno. (Trad. NRV)

In questi versetti ogni elemento concettuale del paradigma rigenerativo viene esplicitamente enunciato (a parte l'ira divina): peccato (agg. ערה "malvagia"), gruppo umano (רודה), eccezione (יתלוז + nome proprio Caleb/Giosuè), morte (perifrasi ed eufemismo: "nessun uomo vedrà", ossia tutti moriranno); a questi si aggiunge un cenno esplicito al destino della futura generazione, quella chiamata a ricominciare la storia al di qua del Giordano (v. 39).

Ciò che è interessante, in questo passaggio, è l'ordine con cui l'enunciato presenta i vari protagonisti del ricambio generazionale, che può essere schematizzato come segue:

Dt 1,35 vecchia generazione (dôr) 36 eccezione di Caleb

37 destino di Mosè (= morte come capo-dôr) 38 eccezione di Giosuè

39 nuova generazione ( םֶכיֵנְב֠וּ ...םֶכְפּ ַט "i vostri piccoli ... i vostri

figli")

Agli estremi, come punto di partenza e di arrivo del processo, si trovano le due generazioni, la vecchia e la nuova; nella parte centrale le tre individualità ed i loro rispettivi destini. In maniera particolarmente efficace viene posta al centro di questa struttura la figura di Mosè, che in questo modo risulta l'elemento centrale dell'intero enunciato di Dt 1,35-3915. Il suo destino di morte contrasta nettamente con i destini di salvezza di Caleb e Giosuè, posti, in ordine di esposizione, subito prima e subito dopo il suo.

Nella struttura a pivot di Dt 1,35-39 il ricambio generazionale che avviene nel deserto è mostrato in tutta la sua complessità ed anomalia: è un

ricambio generazionale che risparmia dalla morte la parte pia di popolazione (Caleb e Giosuè), condannando allo stesso tempo ad un sacrificio tragico il capo-dôr Mosè, la terza mancata eccezione, posto al centro, ossia al punto retoricamente forte, dell'enuciato.

Riassumendo: il "gruppo umano/generazione", concetto principe del costrutto, non presenta varietà a livello di enunciato e viene espresso in ogni ricorrenza dello stesso dal lessema dôr. Tuttavia, approfondendo il sistema dei concetti soggiacente e i sotto-aspetti della composizione e della natura etica, emergono significative differenze tra la dôr del primo paradigma e quella del secondo.

Nel primo paradigma la generazione è scissa al suo interno da un conflitto etico (male/bene) che, come conseguenza, fa sorgere l'elemento dell'eccezione, elemento traghettatore della storia verso un'epoca migliore. Nel secondo, invece, non esiste internamente alla dôr un conflitto etico; il capo-dôr non fa eccezione rispetto alla dôr (in generale positiva e non in conflitto con la divinità) e non sfugge alla morte - una morte naturale. Mancando però l'elemento transgenerazionale, l'epoca che va a cominciare è sin dalle basi segnata come peggiore.

L'anomalia presente nel ricambio generazionale ambientato nel deserto riguarda soprattutto la composizione della dôr, che allo stesso tempo include (e fa morire) una figura di capo-dôr come Mosè, ed esclude (e salva) due figure come Caleb e Giosuè. Sul piano della composizione della dôr si vede una commistione tra i due paradigmi (capo-dôr + eccezione); per tutto il resto, invece, il racconto del deserto segue fedelmente il modello rigenerativo.

3.3.2 Morte

L'elemento della morte è il secondo elemento fondamentale del costrutto. Come tale compare in tutti i nostri racconti di ricambio generazionale (sia di primo che di secondo paradigma), compresi quelli "impropri". A differenza di quanto visto per il concetto di "gruppo umano/generazione", nel caso della "morte" il piano dell'enunciato riflette, attraverso una differenziazione nel lessico, la differenza concettuale presente tra la morte delle generazioni di primo paradigma (morte causata dalla divinità) e quella delle generazioni di secondo (morte naturale).

La morte causata è riservata alle generazioni malvagie: quella prediluviana e quella degli Israeliti del deserto16. I verbi più ricorrenti che esprimono la tipologia di morte violenta sono תחשׁ e םמת.

Il primo, תחשׁ, compare ripetutamente nel racconto del diluvio (Gen 6,13.17; 9,11.15); può essere dunque ritenuto il lessema principe del concetto di morte in questo contesto narrativo.

Gen 6,13b ץ ֶר ָֽא ָה־ת ֶא םָ֖תי ִח ְשׁ ַמ יִ֥נְנ ִהְו

Ecco io li distruggerò, insieme con la terra

Gen 6,17a םיִ֔יּ ַח ַחוּ ֣ר ֙וֹבּ־ר ֶשׁ ֲא ר ָ֗שׂ ָבּ־לָכּ ת֣ ֵח ַשְׁל ץ ֶר ָ֔א ָה־ל ַﬠ ֙םִי ַ֙מ לוּ ֥בּ ַמּ ַה־ת ֶא אי ִ֙ב ֵמ ֩יִנְנ ִה יִ֗נ ֲאַו

Ecco, io sto per far venire il diluvio delle acque sulla terra, per distruggere sotto il cielo ogni essere in cui è alito di vita

Gen 9,11 וּ ֖בּ ַמ דוֹ ֛ﬠ הֶ֥י ְהִי־אֹֽלְו לוּ ֑בּ ַמּ ַה י֣ ֵמּ ִמ דוֹ ֖ﬠ רָ֛שׂ ָבּ־לָכּ תֵ֧ר ָכִּי־אֹֽלְו ם ֶ֔כ ְתּ ִא ֙י ִתי ִר ְבּ־ת ֶא יִ֤תֹמ ִק ֲהַו ל

ץ ֶר ָֽא ָה תֵ֥ח ַשְׁל

Io stabilisco il mio patto con voi; nessun essere vivente sarà più sterminato dalle acque del diluvio e non ci sarà più diluvio per distruggere la terra

Gen 9,15b ר ָֽשׂ ָבּ־לָכּ תֵ֖ח ַשְׁל לוּ ֔בּ ַמְל ֙םִי ַ֙מּ ַה דוֹ ֤ﬠ ה ֶ֙י ְהִֽי־אֹֽלְו

Le acque non diventeranno più un diluvio per distruggere ogni essere vivente

Come afferma J. Conrad (GLAT), il verbo תחשׁ descrive nell'Antico Testamento "un atto di distruzione spietata, col quale l'oggetto colpito subisce un annientamento totale, o viene decimato o rovinato in maniera tale che la sua scomparsa è scontata"; inoltre, quando compare, questa "azione di Yhwh è sempre una sua reazione alla colpa umana"17. Simili casi di distruzione divina descritti da questo lessema avvengono contro Israele, Giuda o Gerusalemme (Ger 13,9.14; Ez 9,8; Os 13,9); una simile distruzione tocca anche a Sodoma (Gen 19,14); mentre l'episodio di Genesi 6-9 (diluvio) estende la platea all'umanità intera.

16 Il lessico del male e del peccato che connota la dôr del diluvio è ricco: הער "male"

(6,5); סמח "violenza" (6,11.13) o "ingiustizia" secondo la traduzione della Settanta (αδικια); שׁתח "corruzione" (6,12). Il lessema ער/הער connota negativamente anche la dôr del deserto (Num 32,13 e Dt 1,35).

Nel racconto del diluvio, in aggiunta rispetto agli altri casi, il verbo תחשׁ crea un particolare gioco semantico. Esso viene impiegato, infatti, in entrambe le sue accezioni: "corrompere" attraverso comportamenti e gesti gravi o sacrileghi e "distruggere". Scrive Giuntoli al riguardo18:

Al v. 13 il verbo impiegato per descrivere il piano ormai stabilito da Dio di "distruggere" (šaḥat) la terra (cfr. anche 6,17; 9,11.15) è il medesimo che viene impiegato per descrivere la situazione di "corruzione" (šaḥat) della terra stessa (cfr. 6,11.12). Il Diluvio mandato da Dio, in altri termini, distruggerà definitivamente una terra che, in realtà, si era distrutta da sola, deviando dal progetto originario di bontà e di armonia che era uscito dalla volontà di Dio (cfr. 1,1-2,3): una sorta di pena corrispondente, dunque, almeno a livello grammaticale, al delitto perpetrato.

È interessante notare che una ricorrenza di questo stesso verbo compare anche in uno dei passi in cui si narra della generazione del deserto (Num 32,15). In questo caso, però, si assiste ad uno spostamento funzionale del verbo תחשׁ rispetto a Genesi. Esso infatti non è riferito alla morte toccata in sorte alla dôr malvagia - espressa, come vedremo di seguito, dal verbo םמת - bensì descrive l'esito che Mosè predice alla generazione dei figli di quella generazione, in particolare alle tribù di Ruben e Gad, in conseguenza al loro comportamento: "se voi vi sviate da lui, egli [Dio] continuerà a lasciare Israele nel deserto e voi sarete la causa della distruzione (verbo תחשׁ Pi.19) di tutto questo popolo". תחשׁ, verbo della distruzione dell'umanità prediluviana, ritorna come minaccia di pericolo per il futuro del popolo di Israele, anche dopo l'estinzione della generazione del deserto.

Passando proprio al caso della dôr del deserto, il lessema principe del suo prolungato, paziente e meticoloso sterminio operato per volontà divina è il verbo םמת, che ricorre più volte (Num 14,33.35; 32,13; Dt 2,14- 16). Num 14,33 ָֽבּ ְד ִמּ ַבּ םֶ֖כי ֵרְג ִפּ ם ֹ֥תּ־ד ַﬠ םֶ֑כי ֵתוּנְז־ת ֶא וּ ֖א ְשָׂנְו הָ֔נ ָשׁ םיִ֣ﬠ ָבּ ְר ַא ֙ר ָבּ ְד ִמּ ַבּ םיִ֤ﬠֹר וּ ֙י ְהִי םֶכיֵנ ְב֠וּ ר 18 Giuntoli (2013)1, 137.

19 Nella traduzione di questa ricorrenza di תחשׁ ho evidenziato la particolare accezione

che il verbo veicola alla forma Pi.; come riporta il GLAT, infatti, "il Pi. esprime un risultato conseguito, e quindi è usato quando si tratta di constatare l'esecuzione dell'iniziativa dell'annientamento". Nelle ricorrenze di Genesi viste sopra, tutte all'Hif., è invece determinante "l'intenzione del soggetto di procedere annientando". Cfr. ancora GLAT, vol. 9, 162.

I vostri figli andranno pascendo le greggi nel deserto per quarant'anni e porteranno la pena delle vostre infedeltà, finché scompariranno interamente i vostri cadaveri nel deserto

Num 14,35 ִמּ ַבּ יָ֑ל ָﬠ םיִ֖ד ָﬠוֹנּ ַה תאֹ֔זּ ַה ֙ה ָﬠ ָרָֽה הָ֤ד ֵﬠ ָה־לָכְל ה ֶ֗שׂ ֱﬠֶֽא תאֹ֣ז ׀אֹ֣ל־ם ִא ֒י ִתּ ְר ַבּ ִדּ ֘הָוהְי יִ֣נ ֲא רָ֥בּ ְד

וּתֻֽמָי ם ָ֥שְׁו וּמַּ֖תִּי הֶ֛זּ ַה

Io, il Signore, ho parlato: certo, così farò a tutta questa comunità malvagia, la quale si è riunita contro di me; in questo deserto scompariranno interamente e vi moriranno

Num 32,13 ְבּ ֙הָוהְי ףַ֤א־ר ַחִֽיַּו עַ֖ר ָה ה ֶ֥שֹׂע ָה רוֹ ֔דּ ַה־לָכּ ֙םֹתּ־ד ַﬠ הָ֑נ ָשׁ םיִ֖ﬠ ָבּ ְר ַא ר ָ֔בּ ְד ִמּ ַבּ ֙ם ֵﬠִנְיַו ל ֵ֔א ָר ְשִׂי

הָֽוהְי יֵ֥ני ֵﬠ ְבּ

L'ira del Signore si accese contro Israele; ed egli lo fece andare vagando per il deserto durante quarant'anni, finché scomparve interamente tutta la generazione che aveva fatto ciò che è male agli occhi del Signore

Dt 2,14-16 ָ֑נ ָשׁ הֶ֖נֹמ ְשׁוּ םי ִ֥שׁלֹ ְשׁ ד ֶרֶ֔ז ל ַחַ֣נ־ת ֶא ֙וּנ ְר ַ֙ב ָﬠ־ר ֶשׁ ֲא דַ֤ﬠ ַעֵ֗נ ְר ַבּ שׁ֣ ֵד ָקּ ִמ ׀וּנ ְכַ֣ל ָה־ר ֶשׁ ֲא םי ִ֞מָיּ ַהְו ה ַה יֵ֤שְׁנ ַא רוֹ ֜דּ ַה־לָכּ ם ֹ֙תּ־ד ַﬠ ׃םֶֽהָל הָ֖והְי עַ֥בּ ְשִׁנ רֶ֛שׁ ֲא ַכּ הֶ֔נ ֲח ַמַּֽה ב ֶר ֣ ֶקּ ִמ ֙ה ָמ ָחְל ִמּ 15 ׃םָֽמּ ֻתּ דַ֖ﬠ הֶ֑נ ֲח ַמַּֽה ב ֶר ֣ ֶקּ ִמ םָ֖מּ ֻהְל ם ָ֔בּ ה ָתְיָ֣ה ֙הָוהְי־דַי םַ֤גְו 16 ׃םָֽﬠ ָה ב ֶר ֶ֥קּ ִמ תוּ ֖מָל הָ֛מ ָחְל ִמּ ַה יֵ֧שְׁנ ַא־לָכּ וּמּ ַ֜תּ־ר ֶשׁ ֲא ַכ י ִ֙הְיַו

14 Il tempo delle nostre marce, da Cades-Barnea al passaggio del torrente di Zered, fu di

trentotto anni, finché scomparve interamente tutta la generazione degli uomini d'arme dall'accampamento, come il Signore aveva loro giurato. 15 Infatti la mano del Signore fu contro di loro per sterminarli dall'accampamento, finché furono scomparsi del tutto.

16Quando la morte ebbe fatto scomparire tutti quegli uomini d'arme...

L'espressione che ritorna in Num 32,13 e Dt 2,14 רודה־לכ םת־דע "fino alla scomparsa di tutta la dôr", con la variante םכירגפ םת־דע "fino alla scomparsa dei vostri cadaveri" di Num 14,33, è uno dei casi di formularità che il costrutto di ricambio generazionale mostra. Si tratta di una formula che caratterizza esclusivamente la morte della generazione del deserto,