• Non ci sono risultati.

Quella in cui Abramo riceve la visione divina e viene a conoscenza del futuro della sua casa è una notte speciale. A questa notte viene dedicato un intero capitolo (Gen 15), e ben 21 degli 83 versetti che ricoprono la storia di Abramo dallo stanziamento ad Ebron alla nascita del primo figlio, Ismaele - questa notte, da sola, occupa circa 1/4 dello spazio di 10 anni (13,18-16,3). Il tempo narrativo si dilata e lascia spazio ad un racconto visionario, fatto di buio e di stelle, di paure e di promesse.

Abramo, dopo la promessa ricevuta in passato da Yhwh di una grande discendenza (Gen 13,15-16), superati alcuni avvicendamenti della sua vita legati al fratello Lot (capp. 13-14), giunge alle soglie della vecchiaia ancora senza figli e pone a Yhwh la questione della sua eredità: "Signore, che cosa mi darai? Io me ne vado senza eredi e il figlio del coppiere della mia casa19 ( י ִ֔תיֵבּ ק ֶשֶׁ֣מ־ןֶבוּ) è Eliezer di Damasco", "tu non mi hai dato discendenza (ע ַר ָ֑ז) ed ecco un inserviente della mia casa (יִ֖תיֵבּ־ןֶב) avrà la mia eredità" (15,2-3). A queste domande Yhwh rinnova la promessa della numerosissima prole: "alza gli occhi al cielo e conta le stelle, se riesci a contarle, così sarà la tua discendenza" ( םיִ֔בָכוֹ֣כּ ַה ֙רֹפ ְסוּ ה ָמְי ַ֗מ ָשּׁ ַה אָ֣נ־טֶבּ ַה

׃ךֶָֽﬠ ְרַז הֶ֖י ְהִי ה ֹ֥כּ וֹ ֔ל ר ֶמאֹ֣יַּו םָ֑תֹא ר ֹ֣פּ ְסִל לַ֖כוּתּ־ם ִא 15,5).

Gran parte della critica vede dopo queste parole una rottura con il seguito del capitolo. Nel contenuto infatti si passa dalla promessa di una numerosa discendenza (15,1-5) alla promessa del possesso della terra (15,7-21)20.

Questo "passaggio di promessa" ha indotto ad ipotizzare una divisione orizzontale del testo in due fonti affiancate (1-5 e 7-21, con il v. 6 che fungerebbe da ponte). Al contrario, alcune "indications of doublets" interne a queste due unità (ad es. la doppia replica di Abramo ai vv. 2 e 3, sopra citati) hanno fatto pensare alla presenza di due fonti operanti verticalmente in entrambe le parti del capitolo. Anche la questione se il testo sia formato da un solo nucleo di base ingrandito in un secondo tempo da un redattore, oppure se si tratti di due fonti indipendenti combinate insieme, crea ancora dibattito21.

Il seguito mostra comunque coerenza di ambientazione, di personaggi e di tema con i primi versetti: siamo ancora in un "notturno" - per quanto la discrepanza tra i vv. 5 e 12 crei alcune difficoltà di

19 Adotto qui la traduzione di Giuntoli dell'hapax י ִ֔תיֵבּ ק ֶשֶׁ֣מ־ןֶבוּ 20 Cfr. N. Lohfink (1975), 41.

interpretazione22; gli unici personaggi sono ancora Abramo e Yhwh, in dialogo; il problema centrale rimane quello del futuro, declinato in varie sfaccettature (l'erede della casa, la discendenza numerosa, l'eredità della terra).

La richiesta di conoscere (עדי è verbo ricorrente, vv. 8 e 13) il futuro e di averne una prova ("da che cosa saprò che la erediterò, [la terra]?", הָ֥מַּבּ

׃הָנּ ֶֽשׁ ָרי ִֽא יִ֥כּ עַ֖ד ֵא, 15,8) viene soddisfatta. Un torpore (המדרת), lo stesso che prese Adamo al momento di essere privato di una costola (Gen 2,21), prende Abramo, che in questo sonno riceve la profezia sui secoli a venire, per lui e per il suo popolo dopo di lui.

I versetti che raccontano la visione, o meglio riportano le parole divine23 sul futuro della casa di Abramo (15,13-1624), condensano in quattro brevi istantanee, una per versetto, 400 anni di storia a venire, toccando tutti gli "attori" presenti e futuri: la "discendenza" o ערז di Abramo (v. 13), il popolo (יוגה) degli oppressori (v. 14), Abramo stesso (v. 15) e una non ben definita "quarta dôr" (v. 16).

13 ָ֑תֹא וּ֣נּ ִﬠְו םוּ ֖ד ָב ֲﬠַו ם ֶ֔הָל אֹ֣ל ֙ץ ֶר ֶ֙א ְבּ ֗ךָ ֲﬠ ְרַז הֶ֣י ְהִי ׀ר֣ ֵג־יִכּ ע ַ֜ד ֵתּ ַע ֹ֙דָי םָ֗ר ְב ַאְל ר ֶמאֹ֣יַּו עַ֥בּ ְר ַא ם ׃הָֽנ ָשׁ תוֹ ֖א ֵמ 14 ׃לוֹ ֽדָגּ שֻׁ֥כ ְר ִבּ וּ ֖א ְצֵי ןֵ֥כ־י ֵר ֲח ַאְו יִכֹ֑נ ָא ןָ֣דּ וּד ֹ֖ב ֲﬠַי ר ֶ֥שׁ ֲא יוֹ֛גּ ַה־ת ֶא םַ֧גְו 15 ׃הָֽבוֹט הָ֥בי ֵשׂ ְבּ רֵ֖ב ָקּ ִתּ םוֹ֑ל ָשׁ ְבּ ךָיֶ֖תֹב ֲא־ל ֶא אוֹ ֥ב ָתּ הָ֛תּ ַאְו 16 ִ֧כּ הָנֵּ֑ה וּבוּ ֣שָׁי יִ֖ﬠי ִב ְר רוֹ ֥דְו ׃הָנֵּֽה־ד ַﬠ י ִ֖רֹמ ֱא ָה ן֥וֹ ֲﬠ םֵ֛ל ָשׁ־אֹל י

13 Il Signore disse ad Abramo: «Sappi per certo che i tuoi discendenti dimoreranno

come stranieri in un paese che non sarà loro: saranno fatti schiavi e saranno oppressi per quattrocento anni;

14 ma io giudicherò la nazione di cui saranno stati servi e, dopo questo, se ne partiranno

con grandi ricchezze.

22 Lohfink (1975), 42, che evidenzia le incongruenze testuali come prova della presenza

di due diverse tradizioni, scrive al riguardo: "una grande importanza ha avuto sempre il rilievo che in Gen 5,5 è già notte (Abramo contempla le stelle) mentre in 15,12 il sole sta alto per tramontare... non si può escludere che queste contraddizioni nei particolari siano state accettate da un unico redattore in quanto elementi caratteristici delle varie tradizioni ch'egli intendeva riunire nel suo testo".

23 Sulla natura di questa profezia, Van Seters (1975), 259 scrive: "it is not a case here of

a prediction of a single event sometime in the future. Rather, it is the outlining of a historical period containing a series of events and presented vaticinium ex eventu. Such forms of prediction are typical of late apocalyptic literature, but this form of prophecy is also known from a somewhat earlier period in Mesopotamia".

24 Questi versetti sono generalmente considerati dalla critica letteraria un'aggiunta. Sulla

15 Quanto a te, te ne andrai in pace presso i tuoi padri e sarai sepolto dopo una prospera

vecchiaia.

16 Alla quarta generazione essi torneranno qua; perché l'iniquità degli Amorei non è

giunta finora al colmo». (Trad. NRV)

Questa profezia è, in alcuni punti, ambigua. Al v. 13 parla di un periodo futuro lungo 400 anni, in cui i discendenti di Abramo risiederanno in terra straniera, serviranno e saranno oppressi ( ם ֶ֔הָל אֹ֣ל ֙ץ ֶר ֶ֙אְבּ ֗ךֲָﬠ ְרַז הֶ֣י ְהִי רֵ֣ג ׃הָֽנ ָשׁ תוֹ ֖א ֵמ עַ֥בּ ְר ַא םָ֑תֹא וּ֣נּ ִﬠְו םוּ ֖ד ָב ֲﬠַו); non vengono nominati esplicitamente il luogo e gli oppressori, ma, dati gli avvenimenti di poco successivi, in queste parole si intende un riferimento implicito al soggiorno e alla schiavitù in Egitto. Più di un commentatore trova il numero di 400 anni conflato nel descrivere la schiavitù in Egitto, essendo di quattro secoli la durata "not of the oppression, but of the entire Egyptian sojourn (cfr. Es 12,40-41)"25. Il testo di 15,13, tuttavia, a mio avviso parla non soltanto di schiavitù e oppressione, ma anche di un periodo di "residenza in qualità di stranieri", espresso con la parola רג26. Il numero 400, pertanto, non sarebbe eccessivo e la profezia risulterebbe idonea a ricoprire tutte le fasi storiche successive, compreso il soggiorno non oppressivo in Egitto.

Il v. 16 offre informazioni vaghe e aperte a diverse interpretazioni. Parla di una "quarta dôr" (יִ֖ﬠיִב ְר רוֹ ֥דְו) destinata a ritornare "qui" (הָנֵּ֑ה וּבוּ ֣שָׁי). La prima discussione nasce sul fatto se la notizia della "quarta dôr" corrisponda oppure no a quella dei 400 anni precedentemente riportata, ossia se la "quarta dôr" di 15,16 sia effettivamente la stessa di cui si predice, al v. 14, "l'uscita" dalla schiavitù con "grande eredità" ( שֻׁ֥כ ְרִבּ וּ ֖אְצֵי לוֹ ֽדָגּ). Se 15,13 e 15,16 stessero parlando del medesimo lasso di tempo (soggiorno e schivitù in Egitto), allora la durata di ogni dôr, qui,

25 W.H.C. Propp (1999), 135. Ibi, 70: "the Oppression in Egypt is not represented in the

Bible as lasting for anything like 400 years. The period of Joseph is hardly reckoned as a time of Oppression, and indeed we are told that it was in the reign of one Pharaoh that the oppression was begun, and in the reign of his successor that it was terminated in the Exodus. The reign of the first oppressor is represented as a long one (cfr. Es 2,23), but certainly one that fell far short of 400 years". Inoltre, la discrepanza di numeri tra la notizia di Gen 15,13 (400 anni) e Es 12,40-41 (430 anni) viene armonizzata nella letteratura rabbinica ipotizzando che la profezia ad Abramo sarebbe stata pronunciata "between the pieces" 30 anni prima della nascita di Isacco (Mekilta of R. Ishmael, e al. - cit. da H.H. Rowley [1948], 69, nota 1).

26 Seguo la traduzione e l'interpretazione di רג data da Giuntoli (2013)2, 98: "tale

termine, in ebraico, designa abitualmente un forestiero che abita pressoché permanentemente in un paese a lui straniero" (cfr. Gen 23,4).

corrisponderebbe ad un secolo - caso eccezionale rispetto alle altre dôr dell'Antico Testamento. Questa posizione è sostenuta da Rowley, che scrive: "the word dôr in Hebrew far more commonly means 'cycle of time' than 'cycle of birth', and in view of the preceding 'four hundred years' (15,13), it most probably means the large cycle of a century here"27.

Da segnalare è la diversa interpretazione di Lohfink28, il quale separa le due notizie della profezia: gli הנשׁ תואמ עברא del v. 13 farebbero riferimento, secondo lo studioso, al tempo intercorso da Abramo all'esodo, mentre le "quattro generazioni"29 ad un tempo successivo, "dall'esodo alla conquista di Gerusalemme ad opera di Davide, senza prendere troppo alla lettera queste cifre".

Lohfink lega di conseguenza la "quarta dôr" ad un'ulteriore epoca storica - o meglio storiografica - di Israele: non più quella dell'esodo, bensì quella davidica. Lo spazio per questa così diversa interpretazione è offerto proprio dall'ambiguità e dalla vaghezza di informazioni, come si diceva sopra, del v. 16. Infatti, nota Lohfink, "in Gen 15,16 è detto che alla quarta generazione i discendenti di Abramo verranno 'qui' (הנה). Dove? Gen 15 non lo dice". La maggior parte dei commentatori vi leggono un ritorno a Canaan (Giuntoli, Rowley, Speiser), dato il riferimento testuale alla "colpa dell'Amorreo" (י ִ֖רֹמ ֱא ָה ן֥וֲֹﬠ), "normally the name of a specific people (cfr. Gen 10,6), but sometimes also the collective term for the pre-Israelite population of Canaan"30. Lohfink, invece, propone il ritorno a Gerusalemme della quarta generazione dopo l'esodo, argomentando sulla base di un velato riferimento a Gerusalemme nella parola šālēm in 15,16 (sia pure usato in un'accezione diversa!) e rintracciando più di una

27 Rowley (1948), 69, nota 2. Della stessa opinione è anche Speiser (1964), 113, che

identifica tra loro le notizie dei 400 anni e della "quarta dôr", pur senza soffermarsi sul valore numerico da attribuire alla seconda ("dôr signifies 'duration, age, time span'... the context does not show specifically how the author used the term in this instance; it could have been any of several round numbers of years"). Sulla questione confronta anche W.F. Albright (1961), 50-51: "The early Hebrews... dated long periods by lifetimes, not by generations (which replaced the count by lifetimes about the 10th century B.C. at least). Heb DOR (for older dahru > dâru, properly 'lap in a race, cycle of time') means 'lifetime' in Gen 15:16; the 400 years of 15:13 is simply the translation of the archaic terminology into classical Hebrew".

28 Lohfink (1975), 98-99.

29 Considerato il fatto che l'ebraico dôr "non necessariamente significa, come il nostro

generazione, un periodo medio di 30 anni", ma, nella sua origine semitico-occidentale, "un periodo di 60 e anche 70 anni", Lohfink (1975), 99, nota 11.

corrispondenza tra il cap. 14, "incentrato più decisamente su Gerusalemme", e i versetti della visione profetica di 15,13-1631.

Per un confronto con altri testi dell'Antico Testamento in cui si parla di "quarta dôr", riporto di seguito le parole che concludono la vita (e il libro) di Giobbe: 16 הָ֑נ ָשׁ םיִ֖ﬠ ָבּ ְר ַאְו הָ֥א ֵמ תאֹ֔ז־י ֵר ֲח ַֽא ֙בוֹיּ ִא יִ֤חְיַו ) א ְרַיַּו ] ( ה ֶ֗א ְרִיַּו [ ויָ֔נ ָב יֵ֣נ ְבּ־ת ֶאְו ֙ויָנ ָבּ־ת ֶא ָבּ ְר ַא ׃תוֹ ֽרֹדּ הָ֖ﬠ 17 ׃םי ִֽמָי עַ֥ב ְשׂוּ ן ֵ֖ק ָז בוֹ֔יּ ִא ת ָמָ֣יַּו

Giobbe, dopo questo, visse 140 anni. Vide i suoi figli e i figli dei suoi figli, quattro dôrôt. Giobbe morì vecchio e sazio di giorni.

Le corrispondenze di contesto tra Gen 15,15-16 e Giob 42,16-17 sono strette: in entrambi viene descritta la morte del capo-famiglia in termini di fertilità e di lunga vita e compare il tema delle "quattro generazioni". Di un altro personaggio viene detto, sempre al momento della notizia della morte, che vide "i figli terzi di Efraim": Giuseppe (Gen 50,22- 23). Anche se in questo testo non viene menzionata la parola dôr, il contenuto ed il contesto letterario ("epilogo vita" in stile patriarcale, cfr. Gen 5) sono comuni ai passaggi relativi ad Abramo e Giobbe appena menzionati.

La formula "fino ai figli terzi e quarti" (con ינב invece di רוד; Es 20,5; 34,7; Num 14,18; Deut 5,9) ricorre poi in un diverso contesto: si tratta di passaggi in cui la "colpa dei padri" (תֹ֧ב ָא ן֙וֲֹﬠ) è minacciata di ricadere sopra i discendenti, come un'eredità. Il tema della "colpa", come si vede in Gen 15,16, sembra particolarmente legato al passaggio generazionale e al destino della dôr, in particolare della "quarta".

Un ultimo passaggio richiama da vicino la profezia sulla casa di Abramo di 15,13-16: in 2Re 10,30 e 15,12 si ricorda una profezia fatta a Iehu, re di Israele, sul destino dei suoi discendenti ed eredi al trono di Israele: "poiché tu hai eseguito puntualmente ciò che è giusto ai miei occhi, e hai fatto alla casa di Acab tutto quello che desideravo, i tuoi figli siederanno sul trono d'Israele fino ai figli quarti" ( אֵ֥סִּכּ־לַﬠ ֖ךְָל וּ֥ב ְשֵׁי םי ִ֔ﬠִב ְר יֵ֣נְבּ לֵֽא ָר ְשִׂי). La profezia sul futuro della casa ed il numero "quattro" accomunano questo testo a Gen 15,13-16. Qui viene detto che i "figli quarti" staranno seduti (verbo בשׁי), mentre in Gen 15,16 che la "quarta dôr" tornerà (verbo בושׁ); come si può vedere, le radici verbali ebraiche

(בשׁי e בושׁ) legate ai םי ִ֔ﬠִב ְר יֵ֣נְבּ di Iehu da un lato e alla יִ֖ﬠיִב ְר רוֹ ֥ד di Abramo dall'altro sono particolarmente vicine. Questo parallelo letterario potrà tornare utile a chi vorrà andare più a fondo sulla presenza, nella tradizione manoscritta medievale di Gen 15,16, della lezione ובשׁי in luogo di ובושׁי (mss Kenn. 9, 18, 615) e della ancora più enigmatica lezione ובושׁי יעיבר בושׁי, riportata per la verità solo in un ms (Kenn. 109).