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Costrutto di Creatività

Lo studio della creatività ha attirato l’attenzione di professionisti e ricercatori appartenenti ad una varietà di discipline poiché rappresenta un costrutto di fondamentale importanza in molti contesti (Runco, 2004). La difficoltà nell’affrontare uno studio sulla creatività consiste proprio nell’impossibilità di partire da una definizione data.

Secondo alcuni studiosi (De Giorgi, 2016) la creatività può venire associata all’innovazione. Si ha innovazione, infatti, quando ci si trova dinnanzi ad un prodotto creativo capace di apportare una novità, sia a livello sociale, che personale. Di fatto l’innovazione consiste in una novità che spesso può costruire invenzioni nuove e percorsi inediti. Ciò suggerisce che si possa guardare all’innovazione come ad un meccanismo a due livelli, tenuti assieme da un rapporto di causa ed effetto: un primo livello relativo all’oggetto stesso (prodotto creativo); il secondo relativo alle ricadute che questo oggetto ha nella società (dimensione culturale).

Questa visione rischia però di associare la creatività solo a quei soggetti che sono di fatto in grado di apportare innovazione. Come invece sostengono Guilford (1974, 1977, 1978, 1986) e Vygotskij (1933) la creatività appartiene ad ogni individuo appartenente alla specie umana. La creatività, afferma Rosati (2004), è presentata come una prerogativa non di pochi (artisti e scienziati), ma di tutti, poiché a livello potenziale tutti gli uomini sono creativi.

Già Vygotskij (1933) affermava, infatti, che “la creatività sussiste di fatto non solo dove realizza creazioni, ma dovunque c’è un uomo che immagina, combina, modifica e realizza qualcosa di nuovo”.

Tutti siamo quindi creativi in quanto chiamati a misurarci nella (e con la) nostra quotidianità: la differenza è data da quei fattori che costituiscono la creatività stessa: fluidità, flessibilità, originalità ed elaborazione (Antonietti & Pizzingrilli, 2009) sono indicatori della creatività, ma sono di fatto frutto di analisi complesse determinate da apprendimenti che rappresentano il punto di partenza su cui poter costruire creativamente.

La creatività ha molte definizioni: almeno una per ogni scuola di pensiero, se non addirittura una per ogni singolo autore che l’ha indagata. Il termine creatività non possiede, infatti, un significato univoco: è un

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termine che viene impiegato in diversi contesti e molto spesso il suo ambito semantico viene sovrapposto a quello di altri termini quali fantasia, immaginazione, innovazione (Cinque, 2010).

Per poter misurare la creatività sono stati utilizzati diversi test, costruiti soprattutto da ricercatori e studiosi appartenenti all’area psicologica. Tra i test più conosciuti troviamo il TCD (Test di Creatività e Pensiero Divergente (Williams, 1994), il test di ASK (Schuler & Hell, 2009), il test Torrance Test of Creative Thinking (Torrance,1998).

Ad oggi una definizione unanime di creatività non è ancora stata data. Spesso il pensiero creativo viene considerato sinonimo di creatività e lo stesso vale per il pensiero laterale e per il processo creativo (Giusti et al., 2007).

I contributi elaborati inerentemente al costrutto di creatività guardano alla creatività in particolare come: prodotto, atteggiamento, potenziale, tratto e processo.

Recentemente si è tentato di delineare il campo d’indagine della creatività (Batey & Furnham, 2006, Plucker et al., 2004) e molti ricercatori hanno adottato la definizione secondo cui un prodotto creativo è ciò che è “nuovo ed utile” (Mumford, 2003).

Il prodotto non è sempre qualcosa di visibile (Simonton, 1984). Basti pensare ad esempio ad alcune scoperte scientifiche per rendersene conto.

Secondo gli studi attuali di Sternberg e Lubart (1996) la creatività consiste fondamentalmente nella capacità di produrre qualcosa di nuovo (originale, inatteso) e appropriato (utile, adattabile al compito prefissato). La creatività secondo questa prospettiva richiede la confluenza di sei risorse distinte, ma interrelate, ovvero: le capacità intellettive, la conoscenza, lo stile di pensiero, la personalità, la motivazione, l’ambiente. In particolare le capacità intellettive si scompongono in tre caratteristiche principali: la capacità di sintesi, la capacità di analitica, l’abilità pratica-contestuale. Se utilizzati separatamente questi tre fattori non producono un processo creativo, ma conducono a risultati differenti. La capacità di sintesi da sola produce nuove idee che non sono sottoposte ad alcun controllo, sia in rapporto alla loro validità, sia in rapporto alla loro applicazione. La capacità analitica produce solamente il pensiero critico e non quello creativo, infine la capacità pratico-contestuale può risultare come semplice trasmissione di idee che non hanno però alcuna caratteristica innovativa o qualità applicativa.

Per comprendere invece la creatività intesa come atteggiamento è necessario chiarire il concetto stesso di atteggiamento. Secondo Galimberti (2010) per atteggiamento si intende una “disposizione relativamente costante a rispondere in certi modi particolari alle situazioni del mondo per quel residuo di esperienza passata che in qualche modo guida, indirizza o comunque influenza il comportamento”.

L’atteggiamento creativo viene dunque designato come un’apertura verso l’esperienza, l’accettazione del rischio e della contraddittorietà, lo spirito di avventura e la predilezione verso la complessità. In accordo con questa impostazione, recentemente, alcuni degli aspetti che caratterizzano l’atteggiamento

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dell’individuo creativo sono stati intesi come elementi di una più generale dimensione psicologica denominata problem-finding (Antonietti & Pizzingrilli, 2009).

Un altro modo di considerare la creatività è quello legato al “potenziale”, secondo cui cioè la creatività può essere interpretata come un’abilità “in potenza”, che fa intrinsecamente parte dell’essere umano. Molto importante in questo tipo di paradigma è il contesto. Alla luce degli apporti del Capability approach (Nussbaum, 2001), la creatività rimane potenziale inespresso, infatti, se non stimolata all’interno di un contesto capacitante.

Secondo Guilford (1950) la capacità di adattarsi alle diverse condizioni ambientali può facilitare la creatività, la quale, secondo l’autore, è riconducibile alle caratteristiche del pensiero divergente e cioè a quel tipo di pensiero in cui ha luogo una notevole ricerca e vi è la disponibilità ad accettare una quantità di risposte diverse. Guilford giunge inoltre ad individuare un certo numero di tratti caratterizzanti gli individui più creativi, dividendoli tra tratti dell’intelletto e tratti della personalità. Tra i tratti intellettuali Guilford pensava che quelli delle persone creative potevano essere rappresentati dalla fluidità delle idee, dalla flessibilità del pensiero, dalla complessità della struttura concettuale e dalla capacità di staccarsi dall’ordinario, rinunciando ad interpretazioni tradizionali.

Anche secondo il pensiero di Gardner (1994), la creatività sarebbe più frutto dell’interazione con l’ambiente piuttosto che con l’eredità genetica. L’autore distingue una serie di abilità intellettive che si riferiscono a diversi campi e fa dipendere la creatività dall’incontro tra il tipo di intelligenza individuale prevalente e le condizioni culturali e sociali che permettono il suo manifestarsi. Gardner sostiene che l’individuo creativo è un individuo che esprime la propria creatività in una data disciplina, in un settore specifico, in relazione alla dominanza di una o più intelligenze.

Come si può evincere da questo breve excursus, nel corso del tempo la creatività è stata oggetto di studio di diverse prospettive, come quella educativa, psicometrica, storico-culturale, neuro scientifica, psicodinamica e via dicendo.

Allo stesso modo molteplici sono anche le definizioni di creatività disponibili (Weisberg, 1992). Secondo Cardaci (2014) è possibile declinare il costrutto di creatività in particolar modo all’interno di due cornici teoriche secondo cui con il termine creatività ci si riferisce:

-Alla personalità e ad alcune specifiche differenze individuali;

-Alla creatività intesa come abilità cognitiva, connotata da determinati processi mentali capaci di generare novità, di produrre risultati originali.

Questo studio si colloca all’interno della seconda cornice teorica, secondo cui la creatività viene considerata una vera e propria abilità cognitiva ed è presente, in modalità diverse, in ogni individuo (Antonietti, Colombo & Pizzingrilli, 2011).

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Partendo quindi dal presupposto teorico secondo cui la creatività è un’abilità cognitiva, si è deciso di focalizzare l’attenzione sui prodotti e sul processo creativo che non si discostano dal pensiero quotidano (Weisberg, 1992; Sim & Duffy, 2002) e che possono essere misurati attraverso specifici strumenti. Fondamentale a tal proposito l’approccio psicometrico introdotto da Guilford (1950) ed utilizzato in seguito da Torrance (1974), dove un ruolo preminente viene rivestito dal processo creativo. Nello specifico Torrance declina, tramite il suo Test di Pensiero Creativo (1974) la creatività operazionalizzandola in 4 fattori:

-Fluidità, o la capacità di produrre tante idee;

-Flessibilità, o la capacità di produrre idee diverse tra loro;

-Elaborazione, o la capacità di aggiungere elementi e dettagli ai disegni; -Originalità, o la capacità di produrre idee originali e diverse dal comune.

La creatività viene considerata, in accordo con l’Organizzazione Mondiale della Sanità- OMS (World Health Organization- WHO, 1992, 1993, 1999) una life Skills fondamentale per il benessere e per l’adattamento dell’individuo all’ambiente e che può essere incrementata attraverso specifiche stimolazioni (Bonino & Cattelino, 2008). Le Life Skills possono essere definite come abilità di carattere cognitivo, sociale, emotivo e relazionale che aiutano le persone a far fronte ai problemi incontrati nella vita quotidiana (Bonino & Cattelino, 2008).

In questo studio quindi la creatività viene intesa come un’abilità cognitiva ed una life skills fondamentale per il benessere e l’adattamento dell’individuo all’ambiente, caratterizzata da specifici processi mentali che possono essere misurati attraverso alcuni fattori, quali fluidità, flessibilità, originalità, elaborazione (Torrance, 1974) e presente, in diversa misura, in ogni individuo ed in grado di svilupparsi grazie agli stimoli ricevuti dall’ambiente in cui ciascuno è inserito (Cesa-Bianchi & Antonietti, 2003; Sternberg, 2003).