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Crearsi una tecnologia del sé (il mondo è una pagina bianca)

“Il ritorno a sé”

2.1 La ritirata organizzata nel guscio di Achille

2.1.3 Crearsi una tecnologia del sé (il mondo è una pagina bianca)

Durante il periodo di scrittura letteraria fantastica, o quando, a partire dall’espulsione dal liceo, si ritrova in casa col padre, Klíma, sperimenterà un tipo di difesa dall’attività disciplinare sia sul piano pratico, come abbiamo visto nel primo capitolo, con la creazione di nuove coordinate spazio temporali, nuovi luoghi e nuovi rituali, che su quello teorico, tramite il ricorso alla fantasticheria, che assumerà una dimensione molto importante dal punto di vista filosofico. Il risultato cui giunge la fantasticheria è un sabotaggio in piena regola di tutti i progetti che la società proietta sull’individuo, un rigetto ad ascoltarli e a prendervi parte che coinvolge ogni aspetto della vita. In un saggio molto interessante, Elemire Zolla, molto critico nei confronti della fantasticheria276, ce ne descrive alcuni aspetti

<<Nella lingua italiana la condanna della fantasticheria era implicita: fantasticamente voleva dire nel buon secolo: con modo rincrescevole, molesto ed in latino l'uomo fantastico si diceva morosus, che significa altresì stravagante, morboso. Opera fantastica equivaleva per la Crusca a "senza fondamento" e uomo fantastico era come dire intrattabile dall'aver sempre la fantasia occupata. Dunque non si distinguevano il rêveur e l'uomo molesto, stranito che andasse producendo fantasime, incubi. L'atto del fantasticare dicevasi altresì stillare il cervello, mulinare, ghiribizzare, girandolare, grillare>>277

Nonostante l’aspetto critico e l’avversione mostrata da Zolla contro tale tipo di comportamento, ciò che vi è di essenziale in questo discorso è per l’appunto l’esser “senza fondamento” di colui che fantastica, il suo essere sospeso in aria, in procinto di costruire castelli di pensieri affascinanti, paurosi

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Va riconosciuto l’intento nobile che muove il libro, ossia di tracciare il percorso che dalla fantasticheria conduce direttamente alla televisione ed alla sostituzione di uno stato d’attività con quello dell’annullarsi di fronte alle immagini proiettate su di uno schermo; ma in questa critica si ha l’impressione che Zolla preferisca buttare il bambino con tutta l’acqua sporca perché, una critica alla fantasticheria, è una critica ad un atteggiamento umano tout court e non all’uso che se ne fa.

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<<Con curiosi giochi d'immagini, il repertorio delle locuzioni popolari esortava a "non aver grilli per la testa" e tanto più, a "non mettere in valigia", cioè nella pancia, il grillare o ribollire della fantasia. L'uomo fantastico veniva posto sotto l'egida del grillo, suo animale totemico, cui egli si condannava a rassomigliare. Il grillo è inquieto e capriccioso, l'opposto dell'ape operosa e sapiente>>278

L’improduttività è la seconda caratteristica di quest’uomo disastroso che è il fantasticatore, il rêveur. Egli non lavora per la collettività e si manifesta come primo avversario del funzionalismo e della produttività, riempendosi lo stomaco –nutrendosi- di pensieri piuttosto che di cibo

<<In latino fantastico si diceva anche cerebrosus, che in italiano si traduce lambiccato, ed è aggettivo pertinente a chi si stilla, si rompe la testa invece di abbandonarsi e che perciò smarrisce i doni della prontezza naturale. Il fantastico non ha coscienza pura, ma ha coscienza di aver coscienza: è compiaciuto. Questo è un punto non facile da afferrare per menti moderne: "L'attenzione estrema somiglia a un'incoscienza... quando si fa moltissima attenzione ad una cosa non si ha tempo di saperlo... Si dice che si è agito macchinalmente per designare atti mancati; di aver agito per abitudine per designare atti che si sanno compiere. Si ha coscienza del controllo che si esercita soltanto quando qualcosa non va..."; tali sono i princìpi posti da Simone Weil per distinguere fra i due ordini dell'attività mentale, il luminoso pensiero e il grigio arrovellarsi o rimuginare o trastullarsi con immagini mentali, ossia fra attenzione e immaginazione. Il fantasticare si presenta come cosa innocua, ma la lingua italiana annovera il proverbio: "immaginazione fissa fa talora caso", a rammentarci che nessuno può fantasticare impunemente, poiché presto o tardi le fantasticherie pigliano corpo, e se ne palesa la deformità, come di meduse tratte a riva, ridotte a gelatina. "È un uomo tutto d'un pezzo", "non ha grilli per il capo" sono lodi che raffigurano la sanità mentale non insidiata dai piaceri segreti e aridi dell'immaginazione; chi è coperto dal velo delle fantasticherie non può deliberare prontamente, né pensare ordinatamente, né concedere il gioco spontaneo ai muscoli. Tant'è: ottima medicina dell'immaginazione disordinata è l'esercizio armonioso del corpo in paraggi e compagnie armoniose e lo sguardo placido dell'atleta esercitato proviene dall'avere

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una mente sgombra di ubbie, fisime, fantasmi, al pari del pensatore. L'uomo risentito e vizioso respira scorrettamente, ha gesti privi di agio, è incapace di deporre nell'oblio gli avvenimenti ma anzi li cincischia, allestisce castelli in aria>>279

L'autorevolezza è incompatibile con la fantasticheria, poiché d'istinto tutti diffidano dell'uomo trasognato e tutti disprezzano d'acchito, come schiavo, chi covi i torti patiti, e tutti sanno, senza bisogno di venire ai fatti, che chiunque stia nel groviglio delle sue immaginazioni è incapace di carità e di generosità, essendo tutto perso a confezionarsi le sue bolle iridescenti di fandonie e desideri. Inoltre è l’antitesi della prontezza e dell’azione risoluta, avendo al contrario, una serie di incertezze che sbarrano il cammino ad ogni presa di posizione

<<L'uomo di mente disciplinata è spedito senza enfasi, e quanto al parlare, pronto e mordace, capace di silenzio e di severi piaceri, laddove, come dice Santa Teresa d'Avila "la malinconia fabbrica le sue chimere nell'immaginazione" *…+ Ogni educazione è allenamento a non fantasticare; a svegliarsi con nettezza, tagliandosi fuori dal sonno, senza starsene a nutrire le chimere della notte, imparando a correre incontro alla luce; a non lasciare nella giornata lacune in cui il presente possa essere sopraffatto dal passato o dal futuro *…+ Ciò che ostacola questa salvezza, che consiste nel dare continuamente, virilmente, colpi alle immagini affinché passino in fretta, si chiama pietrificazione, incantamento, legatura, ristagno. Cancellando le fantasticherie si purifica la fonte della vita>>280

Ciò che Zolla condanna è, per gli stessi motivi, elogiato in massimo grado da Klíma. Sanzionare e condannare questo tipo di introspezione, sottolinearne il carattere anormale ed anomalo, che verrà in seguito dato in pasto alla funzione “psy”, è un compito che aveva già intrapreso la religione, la quale condanna, con la stessa energia, ma priva del potere scientifico, questo comportamento inutile e improduttivo per la comunità. Ma l’improduttività e l’immobilità dei “fantasticatori” è solo apparente. Il loro è un movimento su se stessi, e per questa ragione invisibile, una conversione a sé che li rende poco malleabili, identificabili, normalizzabili, poco atti a comandare o ad essere comandati. Diventano per essenza un ostacolo al disciplinamento e alla

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Ibidem. 280 Ivi, p. 3

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normalizzazione, che consiste in primo luogo nel costituire un tipo di sapere in grado di far produrre all’uomo una verità su se stesso, una confessione. Un’arte di vivere e di occuparsi di sé, messa in atto nel XX secolo, ha bisogno di passare attraverso la fantasticheria, l’improduttività, l’inutilità, per sfuggire alle continue sollecitazioni disciplinari provenienti dall’esterno. Una fuga per “cunicoli sotterranei”281 che per gli stoici greci e romani non era altrettanto necessario compiere

<<per quanto la città sia una presenza pressante, e per quanto sia importante l’idea di nomos, o per quanto all’interno del pensiero greco sia largamente diffusa la religione, per un Greco o per un Romano, ma soprattutto per un Greco, non sono mai la forma della legge, o l’imperativo religioso, a poter dire che cosa è necessario concretamente fare nel corso di tutta quanta la propria vita. Ritengo insomma che la tekhne tou biou si iscriva, all’interno della cultura greca classica, nel vuoto lasciato tanto dalla città e dalla legge, quanto dalla religione, relativamente all’organizzazione della vita>> 282 L’improduttività di cui ci parla Zolla era precisamente il risultato cui voleva giungere Klíma, una trasformazione in pietra, un procedimento di disumanizzazione, insensibilizzazione e sabotaggio a partire dal quale produrre in seguito un sapere positivo, ricominciare ad osservare il mondo senza essere soggetti alle rappresentazioni di questo provenienti dall’esterno. Si tratta della prima fase, definita a posteriori da Klíma, del risveglio della Volontà Sovrana

<<il carattere, la volontà sovrana significa la ritirata all’interno d’una conchiglia rigida, il barricamento, un blindare se stessi.. Come una corazza nel corpo, la volontà sovrana rende lo spirito maldestro. Quest’imitazione della lumaca non è, ciò detto, che il primo dei primi stadi della volontà sovrana, la sua infanzia più mattinale, — che somiglia ad un primo sguardo alla senilità — , un’attitudine di difesa, cioè di debolezza, di aderenza

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<<La taupe — bête magnifique entre toutes: Symbole de toutes choses terrestres ———>>, (LKT, p. 266) <<il grillo sta agli antipodi, sa modulare il suo canto solamente quando gli si accosta la femmina;

quando poi è della specie affine alle talpe, si scava cunicoli sotterranei e riesce disastroso alle piante poiché divora le tenere radici La fantasticheria, come il grillotalpa ai coltivi, è esiziale alla cultura dei sentimenti

(E. Zolla, Storia del fantasticare, op. cit., p. 2) queste due descrizioni diametralmente opposte dello stesso fenomeno sottolineano eloquentemente la tensione fra un pensiero che vuole essere pericoloso, ed attraversare i cunicoli dell’essere, la grotta, e la tendenza ad esorcizzare questo processo, trovandolo nefasto per la collettività.

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alla roccia più vicina, in mancanza di sapersi ancora muovere. Quando — quando dunque ? la confusione iniziale, il caos, la fatica, la pesantezza saranno dissipati, quando si instaurerà il regno effettivo della volontà sovrana sullo spirito, — la lumaca si trasformerà in uccello — eccome ! Il più difficile gli sarà facile, ciò che c’è di più facile.. Dios283.. Quest’avvenire splendido ! Nessuno ha una sorte così fortunata e grande come me —e nessuno una tal forza del sano istinto in condizioni così terribili, così pietose !...>>284

Con gli eventi vissuti nella scrittura orizzontale cominciano a disegnarsi, nella superficie del guscio di Klíma, sagome e rilievi simili a quelli forgiati da Vulcano nello scudo che da ad Achille, in cui è raffigurata la creazione di un mondo, una cosmogonia, una cosmogonia stoica a partire dalla designazione della lumaca come prima fase della volontà sovrana, com’è riassunto così efficacemente da Francis Ponge in un testo dedicato esclusivamente alle lumache285. Cominciano a prendere forma alcune

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Dios è uno dei personaggi del Gran romanzo, vedi infra p. 108 (nota 254). 284

<<Le caractère, la volonté souveraine signifie en revanche le retrait au dedans d’une coquille rigide, l’embarricadement, le blindage de soi-même.. Comme une cuirasse le corps, la volonté souveraine rend l’esprit maladroit. Cette imitation de l’escargot n’est, cela dit, que le premier des premiers stades de la volonté souveraine, son enfance la plus matinale, — ressemblant de prime abord à la sénilité —, une attitude de défense, c.-à-d. de faiblesse, d’adhérence au roc le plus proche, faute de savoir encore se mouvoir. Quand — quand donc ? la confusion initiale, le chaos, la fatigue, la lourdeur se seront dissipés, quand se sera instauré le règne effectif de la v. s. sur l’esprit, — l’escargot se métamorphosera en oiseau — et comment ! Le plus difficile lui sera facile, tout ce qu’il y aura de plus facile.. Dios.. Cet avenir splendide ! Personne n’a eu un sort aussi grand que moi — et personne une telle force du sain instinct dans des conditions on ne peut plus pénibles, on ne peut plus terribles !... >>, LKT, p. 62

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<<le lumache amano la terra umida. Go on, avanzano attaccate ad essa con tutto il loro corpo. La

portano con sé, ne mangiano, la evacuano. Questa le attraversa. Loro la attraversano *…+ durante le epoche secche si ritirano in fossati dove pare che la presenza del loro corpo contribuisca a conservarne l’umidità *…+ possiedono un elemento costitutivo ma vagabondo. Ed inoltre il loro guscio preserva il loro essere-più-proprio. Certamente è talvolta un fastidio di portare ovunque con sé questo guscio ma non se ne lagnano e ne sono anzi ben contente. È prezioso, che ovunque ci si trovi, si possa ritornare a se stessi e sfuggire agli importuni. *…+ sola, certamente la lumaca è ben sola. Non ha molti amici. Ma non ne ha bisogno per la sua felicità. Ha un così buon rapporto con la natura, ne gioisce così perfettamente da vicino, è amica della terra che bacia con tutto il suo corpo, e delle foglie, e del cielo verso il quale solleva il capo con tanta fierezza, con i suoi occhi così sensibili; nobiltà, lentezza, saggezza, orgoglio, vanità, fierezza. E non si dica che assomigli in questo al maiale. Non ha le sue caratteristiche meschine, il suo trotterellare irrequieto. Questa necessità, questa vergogna di fuggire tutto d’un pezzo. Più di resistenza, e più di stoicismo. Più metodo, più fierezza e senza dubbio meno ingordigia, - meno capriccio; lasciando questo pasto per gettarsi su di un altro, meno affanno e precipitazione nell’ingordigia, meno paura di lasciar perdere qualcosa. Niente è bello come questo modo d’avanzare così lento e così sicuro e così discreto, al prezzo di quali sforzi compiono questo scivolamento perfetto che onora la terra ! Proprio come un lungo naviglio dalla scia dorata. Questo odo di procedere così maestoso, soprattutto tenendo conto ancora una volta della loro vulnerabilità, dei loro occhi così sensibili. La collera delle lumache è percepibile ? Se ne ha traccia ? A causa del fatto ch’essa non dispone di nessun gesto, senza dubbio si manifesta soltanto per una secrezione di bava più flocculenta e più rapida. Questa bava d’orgoglio. Vediamo dunque come l’espressione della loro collera è la stessa di quella del loro orgoglio. Così si

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pratiche; intanto riguardo la scrittura: la fantasticheria prima immaginata nei rotolamenti nel fango e nelle lotte contro Dio, si trasforma ora in racconto letterario senza sistema e senza altro scopo se non quello di creare una pietrificazione e un’impermeabilità verso il mondo esterno. La sfida contro la società, cominciata con il lancio di sassi contro la chiesa, con la trascuratezza nel vestire, col procedere dondolante, trova adesso un altro luogo in cui compiere ogni sorta di crimini e reati contro la società e i suoi credo, che per Klíma, appropriandosi delle parole ad effetto del cristianesimo, sono il peccato originale

<<la credenza alla solidità, all’esattezza, alla realtà, alla verità, è il peccatum originale: è questa ad aver abituato a prendere qualsiasi cosa come stabile, costante; è questa ad aver insegnato, — contrariamente all’indifferenza divina — gli interessi, la paura, il dolore — la brutalità. Il contrario di essa è la divina fluidità…>> 286

Questa scrittura è priva di alcuna utilità apparente, diventa un gesto disinteressato, indifferente; un vuoto in cui si sperimenta la fluidità, la mobilità delle cose, la loro mancanza di certezza e di solidità; l’uso che viene fatto della fantasticheria è visibile soltanto a colui che ne intraprende la pratica. Nel contesto in cui è usata da Klíma, essa svolge contemporaneamente il ruolo di solco, di rituale transico, di “separazione dal

rassicurano imponendosi al mondo in un modo più ricco, argentato. L’espressione della loro collera, come del loro orgoglio, diventa brillante seccando. Ma anche questa costituisce la sua traccia e le designa al predatore. Inoltre la bava è effimera e non dura che fino alla prossima pioggia. Questa è la sorta di tutti quelli che si esprimono in modo interamente soggettivo senza pentirsene, e per tracce soltanto, senza preoccuparsi di costruire e formare la loro espressione come un edificio solido, a più dimensioni. Più duraturo che loro stessi. Ma senza dubbio non provano questo bisogno. La lumaca è un eroe, di esseri la cui esistenza stessa è opera d’arte, - che grandi artisti, cioè, fabbricatori di opere d’arte. Ma è a questo punto che tocco uno dei punti principali della loro lezione, che fra l’altro non è peculiare alla lumaca, ma che è comune a tutti gli esseri con guscio: questo guscio, parte del loro essere, è allo stesso tempo opera d’arte, monumento. Il guscio resta più tempo di loro. Ed ecco l’esempio che ci danno. Sante, si fanno opera d’arte della loro vita, - opera d’arte del loro perfezionamento. La loro secrezione stessa si produce in tal modo che essa stessa si mette in forma. Niente di esterno a loro, alla loro necessità, al loro bisogno è la loro opera. Niente di sproporzionato – d’altra parte – al loro essere fisico. Niente che non sia necessario, obbligatorio. Così tracciano agli uomini i loro compiti. I grandi pensieri vengono dal cuore. Perfezionati moralmente e farai dei bei versi. La morale e la retorica si raggiungono nell’ambizione e il desiderio del saggio. Ma santo in cosa: obbedendo precisamente alla loro natura. Conosci dunque prima di tutto te stesso. E accettati tale e quale sei. In accordo con i tuoi vizi. En proporzione con la tua misura. Ma qual è la nozione propria dell’uomo: la parola e la morale. L’umanismo>>, F. Ponge, Le parti pris des choses, Gallimard, Parigi, 1948, p. 51-55.

286 << La croyance à la solidité, à l’exactitude, à la réalité, à la vérité, est le peccatum originale: elle a

appris à prendre n’importe quoi pour stabile constans; elle a enseigné — à l’inverse de l’indifférence divine — les intérêts, les peurs, la douleur — la brutitude. Le contraire en est la divine fluidité... >>, LKT,

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terreno originario”, di preparazione. Anche questo processo sarà lento ma costituirà un rimedio efficace così come quello esposto nel primo capitolo, per allontanarsi dall’uso di un linguaggio che ha il dovere d’essere condivisibile e, contemporaneamente, per non sentire il canto delle sirene disciplinari

<<è necessario distogliersi da tutto ciò che rischia di attirare la nostra attenzione, di monopolizzare la nostra capacità di applicarci, di suscitare il nostro zelo, e che non coincide con noi stessi. È necessario distogliersene, per potere ritornare a noi stessi. Nel corso di tutta quanta la nostra esistenza, è necessario che l’attenzione, lo sguardo, lo spirito, e alla fine l’intero nostro essere, siano rivolti verso noi stessi>>287

Il rimedio stoico del distogliere l’attenzione per dirigerla verso se stessi, poteva essere messo in atto con sufficiente facilità in una situazione urbana e sociale come quella greca e romana, descritte da Foucault nel brano sopracitato ma, nella città disciplinare, in cui economia, lavoro, religione, legge e organizzazione della vita sono la base di ogni agire dell’uomo, questo distogliersi da ciò che rischia di attirare la nostra attenzione, non è più sufficiente

<<ogni forma di vita sociale: il rigore più barbaro nell’applicazione delle norme generali. Colui che non si conforma — pereat letteralmente ! C’è in questo, alla base, un’ingiustizia assoluta; neanche la minima traccia della sensibilità più elevata ! una bestialità senza fondo ! *…+ la socialità tutt’intera è, per essenza, e non può non essere altro che un risentimento assoluto>>288

È necessario trovare un’alternativa da osservare, per distrarsi dal “risentimento assoluto”, l’abbrutimento reciproco che causa la vita sociale, per osservare altrove piuttosto che acconsentire o criticare la società, ed è a questo punto, che il mondo fatato farà la sua comparsa, un mondo che è il frutto di una lucida e volontaria rêverie, un’estensione di questa, una continuazione di questa, al di là dell’ambito del pensiero, inghiottendo la realtà all’interno di questa metafisica fatata e magica.

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M. Foucault, L’ermeneutica del soggetto, op. cit., p. 182-183

288 <<Toute forme de vie sociale: la rigueur la plus barbare dans l’application des normes générales. Ce

qui ne s’y conforme pas — pereat carrément ! Il y a là, à la base, une injustice absolue; pas la moindre