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Egosolismo e feerismo: le basi di una forma di vita

“la filosofia come creazione del mondo”

3.1.2 Egosolismo e feerismo: le basi di una forma di vita

<<Il soggettivismo assoluto è la possibilità filosofica più esaltante, superlativamente bella, seducente e desiderabile: perché pone l’individuo come tutto, come « dio », — pleno sensu; lascia il campo libero a tutti i possibili>>356

Riprendendone il discorso nella struttura letteraria, nella “stretta amorosa di tutti i contrari”, questa ipotesi assume un valore sempre più grande, ed è anche il presupposto principale dell’egosolismo. Prendono piede così dei pensieri che diventeranno centrali nella cura di sé messa in atto da Klíma nello slancio che, nel finire del 1908, gli fa intraprendere la pratica della filosofia stoico-metafisica, nella quale occupa un ruolo centrale l’interesse verso se stesso e verso il modo di considerare il mondo

<<per il momento, l’uomo ha sempre visto Dio, più o meno, fuori di sé; la filosofia non si è ancora elevata al di sopra della natura. Ci sono due strade che conducono a questo sopra: la filosofia egosolista e il disprezzo della verità>>357

Queste due strade, sono in un certo senso i divieti fondanti, i pilastri a partire dai quali tutti i possibili prenderanno corpo e dimensione. Si tratta di leggi a partire dalle quali viene prodotta358 <<la determinazione del pensabile e del non pensabile>>359, che si forma a partire dall’egosolismo e dal disprezzo della verità360. Si tratta di qualcosa di simile a quanto accade nelle pratiche stoiche, ciniche o induiste e, visto il valore che

356

<<Le subjectivisme absolu est la possibilité philosophique la plus exaltante, superlativement belle,

séduisante et désirable: car il érige l'individu en tout, en «dieu», — pleno sensu; il laisse le champ libre à tous les possibles>>, LKM, p. 40-41

357

<<Pour l’instant, l’homme a toujours vu Dieu, plus ou moins, hors soi; la philosophie ne s’est pas

encore élevée au-dessus de la nature. Il y a deux voies qui mènent à ce dessus: la philosophie égosol<iste> et le mépris de la vérité>>, LKT, p. 119

358

Usando questo termine nell’accezione propria all’antropologia e cioè quelle interdizioni a partire dalle quali prende inizio lo sviluppo e la crescita di una società, che va strutturando leggi, tradizioni, regole e norme che affermano intorno al rispetto di questi divieti. Nella maggior parte delle società riguardano l’incesto e dell’antropofagia.

359

Miguel Benasayag, Gérard Schmit, L’epoca delle passioni tristi, p. 93, Feltrinelli, Milano, 2004

360 Il disprezzo della verità riguarda il ruolo costrittivo che essa comporta in seno alla costruzione di un sapere sullo spirito, il suo carattere normativo e fisso che non si associa con le trasformazioni di sé che accadono in questo percorso. Questa infatti ha la caratteristica di diventare da subito un’esternalità, qualcosa che l’individuo dovrà prendere in considerazione come esistente al di fuori di sé.

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Klíma attribuisce a questi tre approcci alla vita361, possiamo supporre che non si tratti di una coincidenza. La filosofia egosolista è una maniera di trattare e di mettere in questione i concetti di esistenza e di volontà, mentre il disprezzo della verità si riferisce al sapere intellettuale, al modo in cui esso si deve formare. Queste due leggi rimettono in questione

a) Che il mondo sia qualcosa di alieno alla coscienza: la sua esistenza è così subordinata alla coscienza e alla volontà di coscienza.

b) L’esternalizzazione della verità va presa come un tentativo di semplificare e rendere statico un processo di per sé dinamico e complesso.

La forma di vita che Klíma ha intenzione di creare ha come obiettivo di fare del mondo “il romanzo più interessante che ci sia”, e il modo per raggiungere un tale traguardo è quello di considerar e “il mondo come apparizione, visione….”: “per poco che si osservi il mondo sotto il profilo del feerismo – non c’è nessun mondo reale che non appaia come feeristico”. Questa creazione non è più unicamente letteraria, ma viceversa, il romanzo è diventato la realtà stessa, un tipo di realtà in cui la componente letteraria è costitutiva della realtà stessa: essa fonda le sue basi su due divieti che sono in relazione con i concetti di coscienza/esistenza e a quello di volontà/schiavitù. Stabilite queste relazioni, una selva di pensieri prenderanno consistenza, concedendo al pensiero spazializzazione, temporalità e materialità. Vengono rimesse in causa tutte le visioni già date che si possono avere della realtà

<<non c’è nulla fuori dal pensiero, niente fuori dalla filosofia, la “vita” non esiste, non è nient’altro che una finzione del pensiero, una finzione della filosofia>>362

Il primo divieto espresso da Klíma riguarda il concetto di esistenza: tanto per cominciare, va segnalato che l’approccio al concetto di esistenza di Klíma è ispirato al pensiero evoluzionista, o meglio, si serve del pensiero evoluzionista per trarre la conclusione che il mondo è materia evolvente e per molti anni l’uomo, ha condiviso la

361

<< Ce qu’il y a eu de plus respectable ? Les stoïciens, les cyniques, les Hindous. Voilà qui était au moins

quelque chose. Le reste n’est rien —; ou tout au plus — de pauvres pressentiments (Shakesp.) >>, LKT, p.

327 362

<<il n’y a rien hors la pensée, rien hors la philosophie, la « vie » n’existe pas, elle n’est qu’une fiction

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stessa sorte con il resto degli animali, ovvero viveva uno stato di incoscienza quanto essi. Una volta apparso, però, ha significato per l’uomo l’uscita dal mondo di tenebra; la coscienza ha permesso di vedere dietro un oggetto una moltitudine di azioni possibili da compiere intenzionalmente nei suoi riguardi e le relative conseguenze: la coscienza dell’altro e della molteplicità di cose che esso può rappresentare ha favorito la riflessione, ha dato inizio al pensiero. La coscienza è, per Klíma, continuamente in evoluzione e il divieto che si pone riguarda la distribuzione di questa caratteristica senza il concorso della volontà363; credere che il mondo sia un insieme di pluralità, che l’esistenza sia molteplice, lo condannerebbe a considerare la sua scelta come un atto completamente inutile, privo di importanza.

<<una delle fatali idiozie filosofiche: credere che esista qualcosa di già dato>>364

Il divieto fondante è quindi quello relativo all’esistenza degli oggetti di per se stessi indipendentemente dalla propria coscienza. Un’inversione, rispetto alla “coscienza della natura” del Mondo come coscienza e come niente, che finisce col sopprimere le intenzionalità altrui, le volontà altrui, nel senso che non ci sono altre volontà, né altre intenzionalità di cui si può fare l’esperienza al di fuori di quella propria. Non si può sentire la volontà altrui ma la si può interpretare; e nel farlo si sta già seguendo la propria volontà, si sta scegliendo di dirigerla laddove si ritiene sia giusto che questa vada diretta al fine di avvicinarsi il più possibile a quella che si ritiene essere la volontà altrui. Dal punto di vista filosofico, considerando l’ipotesi da un punto di vista strettamente teorico, Klíma si serve di questa osservazione per risolvere tutta una gamma di problemi legati a come mettere in atto la visione della realtà in cui tutto è pensiero compreso l’atto, compresi i dati, compresi gli esseri attorno. Negando che io possa sapere che l’altro desideri, voglia, abbia precise intenzioni, Klíma si impone di

363

Va tenuta presente la circostanzialità di questa scelta. Klíma esprime questo pensiero adesso, dopo secoli di evoluzione in una direzione, proprio perché il suo concetto di evoluzione non è lineare ma tiene conto di tutti gli scarti, le pieghe dell’essere, i suoi “strati” ed è nel giudizio di essi che decide di percorrere quest’ipotesi la quale va letta in tutto e per tutto come un’ipotesi evolutiva dell’uomo. Per Klíma infatti, la coscienza è stata uno strumento per la conservazione e l’evoluzione della specie fondamentale; è stata al servizio del biologico fino ad arrivare al punto da assicurare all’uomo un certo controllo della natura e un certo primato rispetto agli altri animali. Ma ciò non vuol dire che la coscienza deve continuare a svilupparsi in questa direzione. Il suo lavoro sul sogno e sullo stato incosciente, sull’immaginazione, mira a servirsi della coscienza per far diventare coscienti e controllabili questi stati che, per trascuratezza e negligenza da parte dell’uomo, non trovano altra definizione che come processi secondari.

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non attribuire all’altro esistenza allo stesso modo in cui la attribuisce a sé; in effetti, fra il modo in cui un individuo sente esistere se stesso e quello in cui può arrivare a sentire esistere gli altri vi è una differenza qualitativa e quantitativa. Proprio perché l’esistenza altrui non può essere “sentita”, ma si può soltanto consentire di “credere” che essa sia <<giudica gli altri da un punto di vista “egoista” — e ti sbaglierai; giudicali imparzialmente — e ti sbaglierai tre volte di più —>>365

A questo pensiero non consegue la considerazione dell’altro come automa, robot, ma piuttosto come fantasma, apparizione, entità che si vede e con la quale si ha un rapporto sempre misterioso e continuamente diverso366.

<<se ti capita di dire alla vista di una terza persona: « fisionomia volgare », è il tuo spirito che lo è, momentaneamente>>367

Come si può notare si tratta di una lettura delle cose che cerca di riportare sempre a se stessi i giudizi sul mondo esterno fino a vedere nel giudizio che diamo agli altri come un rispecchiamento mascherato; il mondo esterno è diventato un’autosuggestione dello spirito

<<il mondo pluralista è un’autosuggestione che fa credere che il legame sia rotto; il cosmo, tradotto in ceco, significa non-senso; contrario del buon ordine; cadavere. Tutte le cose non sono altro che componenti dell’Io>>368

365

<< Juge les autres d’un point de vue « égoïste » — et tu t’y tromperas; juge impartialement — et tu t’y

tromperas trois fois plus — >>, LKT, p. 551

366

Da ciò seguono una serie di conseguenze sul profilo pratico: questo atteggiamento obbliga Klíma ad occuparsi di se stesso, a dare alla costruzione di sé e del suo linguaggio un’importanza decisiva, a concentrare le sue attenzioni sulle prospettive che apre quest’ipotesi che troverà un articolazione più chiara negli anni successivi quando Klíma sarà riuscito a descrivere in maniera soddisfacente la realtà come una unidualità in cui ad ogni piano di realtà corrispondono caratteristiche peculiari. Nei suoi testi egli parlerà estremizzando della vita della scimmia e di quella di Dio. Applicando a questo divieto il primo grado di conoscenza di Epicuro, ovvero la sensazione, sarà possibile capire quali fossero gli intenti di Klíma: amplificare le sensazioni provenienti da se stesso, cercare di rendere la loro validità al di sopra di tutto e, contemporaneamente a questo atto di attenzione che si cerca volontariamente di costituire, riuscire a mettere fuori gioco le influenze provenienti dall’esterno. <<Mon ouvrage est ainsi, jusqu’à un certain point, un système binaire>>

367

<<S’il t’arrive de te dire à la vue d’un tiers: « physionomie vulgaire », c’est ton esprit qui l’est,

momentanément>>, LKT, p. 508

368

<< Le monde pluraliste est une autosuggestion qui fait croire le lien rompu; le cosmos, traduit en

tchèque, donne non-sens; contraire du bon ordre; cadavre. Toutes choses ne sont que des membres à même le Moi >>, LKT, p. 138

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Fra le illusioni che si possono scegliere per condurre la propria esistenza, quella di credere che il mondo sia un insieme di singolarità che si incontrano è per Klíma l’ipotesi meno suggestiva dal punto di vista filosofico e quindi essa sarà oggetto di una refutazione sistematica, specialmente nei primi anni di “separazione dal terreno originario” che vedrà piuttosto il nascere di un ipotesi in cui l’uomo esiste soltanto per sé, per perseguire il suo compito eroico, quello di trasformare tutto il mondo in bellezza, in sogno

<<all’infuori del fantastico, del romantico, del sogno, non c’è poesia. La “realtà” si innalzerà al meno un po’ verso la poesia il giorno in cui si accosterà almeno un po’ al sogno>>369

Come abbiamo visto nel paragrafo precedente, il sogno e la veglia sono due stati che devono essere considerati nella loro problematicità e nel loro valore rispettivo, mentre ciò che accade, agli occhi di Klíma, è che il primo viene sistematicamente eretto alla sola realtà esistente ed il secondo designato come fantasia, termine che ne indica l’impotenza.

<<chi ha riconosciuto la superiorità assoluta del Sogno sulla veglia è più sapiente della somma di tutti gli “scienziati”.. (Gli Zulucafri sono più civilizzati della canaglia europea.)>>370

Quest’accanimento contro la visione scientifica propria alla civiltà europea nei confronti di tutto quello che riguarda il sogno e gli stati transici e rituali, somiglia a ciò che Wittgenstein contesta all’autore del Ramo d’oro per quanto riguarda la comprensione delle cerimonie e delle abitudini di popoli oggetti del suo libro

<<“i Malesi si raffigurano l’anima umana come un ometto, quasi interamente invisibile, e della grandezza di un pollice, che corrisponde esattamente in forma, proporzione e anche in colore all’uomo nel cui corpo risiede. L’ometto è di natura leggera e insostanziale sebbene non così impalpabile che non possa causare spostamento entrando in un oggetto fisico, e può sgattaiolare in un baleno da un corpo durante il

369 <<En dehors du fantastique, du romantique, du rêve, il n’y a pas de poésie. La « réalité » s’élèvera au

moins un peu à la poésie le jour où elle se rapprochera au moins un peu du rêve>>, LKT, p. 252

370

<< Celui qui a reconnu la supériorité absolue du Rêve sur la veille est plus savant que la somme de

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sonno, l’estasi, le malattie, e permanentemente dopo la morte”) quanta più verità nel dare all’anima la medesima molteplicità del corpo che non in un’annacquata teoria moderna>>371

L’intero pensiero di Klíma poggia proprio su un’inversione rispetto alle teorie moderne e alla visione etnocentrica della realtà e dei fenomeni che la compongono. Il suo obiettivo è quello di costruirne un’altra, scegliendo volontariamente i fenomeni che devono comporla, riflettendo quindi sui meccanismi che operano questa selezione in maniera automatica e naturale nell’uomo372. Ed è a partire dal linguaggio che prende inizio la sovversione del concetto di realtà: dissodando la mitologia accumulata da homo occidentalis che anestetizza alcuni stati d’animo e ne valorizza altri, Klíma crea la sua prospettiva personale

<<si potrebbe dire che “ogni prospettiva ha il suo fascino”, ma ciò sarebbe sbagliato. È invece corretto dire che ogni prospettiva è significante per colui il quale la vede significante>>373

Questa considerazione, che esprime appieno il sentimento del relativismo intellettuale e della localizzazione dei pensieri nella vita del soggetto e non di collettività astratte, o di generalizzazioni illusorie, mostra come in realtà, ciascun individuo sia posizionato all’interno di un modo di percepire la realtà, e come sia soltanto a partire da essa che osserviamo e giudichiamo sia essa stessa, sia gli altri fenomeni che avvengono all’esterno374. Il divieto posto da Klíma nei riguardi dell’esistenza di qualcos’altro al di

371 L. Wittgenstein, Note sul “Ramo d’oro” di Frazer, op. cit., p. 38 372

In questa ricerca vediamo compiere da parte di Klíma un’analisi brillante nei confronti della certezza, del suo funzionamento, della necessità che ha l’uomo di servirsi di essa (La croyance donne plus que ce

qui mieux vaut: le scepticisme, LKT, p. 69), per via del reticolo di pensieri che si forma attorno alla cosa

creduta. 373

L. Wittgenstein , Note sul “Ramo d’oro” di Frazer, op. cit., p. 32

374 Va aperta una parentesi nei confronti della formazione di credenze messe in atto nelle società occidentali: esse, tramite la scienza, hanno trovato il modo di essere “vere” fino a quando non vengono sostituite con una “verità” più evidente. Per Wittgenstein come per Klíma però questo processo non pone l’uomo occidentale fuori dalla magia, dall’interpretazione magica e arbitraria della realtà, ma lo pone di fronte ad un’illusione con l’illusione che si tratti di una verità provvisoria la quale verrà un giorno sostituita con una verità migliore. L’idea di progresso è ciò che distingue il tipo di illusione dell’uomo occidentale <<può suonare troppo semplice ma si può dire che la differenza fra magia e scienza consiste

in questo, che esiste un progresso nella scienza ma non nella magia. La magia non ha una direzione di sviluppo che le sia intrinseca>> (L. Wittgenstein, Note sul “Ramo d’oro” di Frazer, op. cit., p. 38). Questa

“direzione di sviluppo” è ciò che permette alla scienza di dissimulare il suo stato di illusione, di considerarla come una verità. Per Klíma << 1./2. 27. Les lois des sciences de la nature ne sont que des

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la della sua coscienza, può trovare così un giudizio che solo parzialmente spiega questa scelta nella sua profondità, e più generalmente si limiterà a giudicarlo come qualcosa che ha tutti i connotati del patologico e dell’anormale. Limitandoci a descrivere soltanto questo fenomeno che innegabilmente ha dei tratti caratteristici che suscitano quantomeno curiosità ai nostri occhi, possiamo vedere come questo cambiamento di prospettiva, questo esercizio di esistenza che provoca un effettivo stupore per l’esistenza avvenga nel linguaggio, a partire dal linguaggio. Ritornando ad un uso del linguaggio specificamente stoico ed ellenico, in cui l’obiettivo era di accumulare per iscritto un arsenale di proposizioni pensate per sé stessi e vere per sé, da potere usare come supporto al pensiero, alla riflessione, alla memoria. Far si che un pensiero si rifletta in ogni aspetto del linguaggio, diventa così una delle procedure effettivamente messe in atto e compiute da Klíma per raggiungere una stabile coscienza di sé come di colui il quale è effettivamente creatore della realtà che lo circonda. Il linguaggio usato in quel determinato modo, diventa un rituale intendendo con questo termine una pratica che ha come compito di riportare alla mente una visione del mondo tramite un esercizio delle rappresentazioni e dei simboli. Il terreno in cui avvengono queste modifiche è quello di un piano prettamente spirituale, all’interno del quale non si può sapere a partire dai dati che si conoscono, perché essi non servono nemmeno a formare lo scheletro, l’ossatura degli accadimenti. Un sapere spirituale si percepisce soltanto cogliendo i passaggi che ne hanno formato l’intuizione, lavorando per formare quella scala sulla quale è poi necessario salire da sé, e gettare una volta usata

<<”non puoi sapere”. Sapere qui è come avere; avere in te stesso. Tu conosci sono i dati, ogni altra cosa è una congettura. Noi identifichiamo il conoscere e i dati>>375 Wittgenstein ci mette in guardia da una concezione del sapere nel quale l’accumulo dei dati è ritenuto sufficiente per raggiungere una stadio di conoscenza sufficiente. Anche per Wittgenstein, infatti, la conoscenza è una materia attiva, si configura come un

diktats, des apriorités psychiques. Si l’on tient à connaître la nature, il faut d’abord la fuir — dans les hauteurs, au-dessus. Comme au-dessus des nuages sillonnés d’éclairs: — Le dessous signifie ici esclavage total; le dessus — liberté absolue. L’humanité est toujours restée dessous; malgré les essors les plus grandioses, des Upanishads entre autres. La cause en a été le manque d’un scepticisme conséquent — —