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“la filosofia come creazione del mondo”

3.2 Metodi e Gioch

3.2.1 L’idea sublime

<<è chiaro, gli uomini di oggi non sanno cos’è un “filosofo pratico”; chiunque penserà: « un filosofo che si trova esso stesso oscuro e poco chiaro, ignora sia quel che vuole che quel che pensa !» Ma la filosofia pratica, — stazione eterna, sia detto di passaggio, nell’orlo dell’abisso dell’eternità, è qualcosa di molto superiore alla filosofia semplicemente teorica, che non va oltre l’idea — , ha necessariamente bisogno di punti oscuri>>392

Il nostro tentativo nell’analisi del filosofo pratico consisterà dunque nel cercare di riunire tutto quello che può costituire una spiegazione ragionata dei punti meno

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<<Penser, ce n’est pas connaître, c’est courir l’aventure d’une chasse aux revenants, c’est danser avec ces fantômes, c’est un jeu, un jouet, plaisanterie et rire >>, LKD, p. 164

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<<« Évidemment, les humains d’aujourd’hui ne savent pas ce que c’est qu’un « philosophe pratique »;

tout un chacun ricanera en lisant les lignes qui précèdent: « un philosophe pur qui se trouve lui-même peu clair, ignore aussi bien ce qu’il veut que ce qu’il pense ! » Mais la philosophie pratique, — station éternelle, soit dit en passant, au bord du noir abîme de l’éternité, chose de loin supérieure à la philosophie simplement théorique, qui ne va pas au-delà de l’idée —, a nécessairement besoin de points obscurs>>, LKD, p. 234

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oscuri, avendo già mostrato come lo stoicismo abbia ispirato la costituzione di questa maniera d’agire.

<<1.) « Io sono colui che sono » Ignoro del tutto cosa Cristo abbia voluto dire con ciò; io, intendo: la mia essenza consiste nella coscienza della Mia assolutezza, ossia dell’assolutezza, ossia dell’Essere; dunque, semplicemente, io sono Dio...>>393

Prima di occuparci nello specifico del sentimento di assolutezza, è utile notare l’uso dell’espressione “io sono colui che sono”, indipendentemente dal senso che ne dava Cristo (sebbene il senso che dia Klíma sia lo stesso di quello che viene attribuito a Cristo: <<io sono l’ente a tutti superiore, sono Dio>>); questo punto mette in luce una tecnica continuamente applicata riguardo la fascinazione per certe parole, per il loro effetto; una ripresa di un tema già sviluppato in passato e che ha fatto presa sulla sua immaginazione; ciò non impedirà però che il senso “originario” dell’espressione sarà messo del tutto in secondo piano, se non addirittura ignorato deliberatamente, mentre la frase verrà invasa da un nuovo campo di intensità e di significazioni. Ritornando al sentimento di assolutezza che caratterizza il primo punto della filosofia pratica, essa è una predisposizione d’animo che consente di sentire su di sé la possibilità di ogni divenire, di essere per l’appunto l’attraversamento, il luogo dove accade il trans. La strada da seguire per raggiungerlo comporta

<<prima necessità: estrarre da se stessi i materiali necessari all’edificazione dell’Assolutezza: inventare da sé tutto il complesso ideale; un autore che si rispetti non prende la parola se non per monologare. Secondo: mettersi di fronte ai propri materiali: ripensare a fondo, chiaramente, metodicamente, tutto il complesso. Terzo: costruire. Non soltanto pensare, — agire>>394

Concepire da sé un complesso articolato di precetti per permettere la manifestazione del sentimento di assolutezza vorrà dire porsi come creatore sul piano linguistico,

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<<1.) « Je suis celui qui suis. » J’ignore évidemment ce que le Christ a voulu dire par là; moi, j’entends:

mon essence consiste en la conscience de Mon absoluité, autant dire de l’absoluité, autant dire de l’Être; soit, tout bêtement: je suis Dieu...>>, LKD, p. 234

394 <<Première nécessité: Extraire par soi-même les matériaux nécessaires à l’édification de l’Absoluité:

inventer soi-même tout le complexe idéel que voici; un auteur qui se respecte ne prend la parole que pour monologuer. Seconde: s’accommoder ces matériaux: repenser à fond, clairement, méthodiquement, tout le complexe. Troisième: construire. Non seulement penser, — agir>>, LKT, p. 210

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stilistico, teorico, pratico; in altri termini apporre delle modifiche su ogni aspetto dell’esistenza e delle interpretazioni nelle quali la sola cura veramente necessaria è quella che riguarda il piacere e gli stati d’animo che può provocare. La concezione personale di questo sapere ci fa comprendere quanto esso sia per l’appunto un sapere spirituale; un equipaggiamento che costituisce uno schema fra i possibili. La teorizzazione di queste procedure, da parte di Klíma, avviene dieci anni dopo aver iniziato a praticarle spontaneamente e dipende non tanto da uno “spirito di sistema”, già criticato nel Mondo come coscienza e come niente, ma dalle continue richieste dei suoi amici/discepoli/mecenate di sapere qualcosa di più sulla sua pratica filosofica. <<2.) «Volontà assolutamente comandante » è la parola che mi serve a designare la Volontà Divina per tanto che, allo stato di embrione, si manifesta nell’uomo. Consiste nella convinzione radicata, divenuta istinto, che si può sempre dominare tutto, farne ciò che si vuole, — in un’imperiosità assoluta — e non soltanto nella piccolezza napoleonica; nella tendenza a trionfare continuamente su tutto e violentare tutto in modo sovrano, mettendo in pratica forsennatamente questa tendenza fin nelle sue conseguenze più estreme: una propulsione e un impulso continuo e convulsivo ai pensieri e un graticolato di questi pensieri in tutti i sensi e in tutta la confusione possibile — senza obiettivo “reale”, semplicemente per asservire il Dispotismo- proprio..>>395

<<ho agito troppo radicalmente in qualità di Dio. Ma questa “follia” è radicata nei miei istinti più profondi.. Rileggendo le lettere scritte all’età di 17 anni, mi sono detto mio malgrado: ecco gli scritti di un egosolista nato — La mia vita avvenire consisterà senza dubbio a seguire le briciole della grande e vergognosa giornata di cholupnice 6 1./X 1910>>396

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<<2.) « Volonté absolument commandante » est le terme qui me sert à désigner la Volonté Divine

pour autant que, de façon embryonnaire, elle se manifeste chez l’homme. Elle consiste en la conviction enracinée, devenue instinct, qu’on peut et doit toujours tout dominer, en faire tout ce qu’on veut,— dans une impériosité absolue — et non pas minablement napoléonienne; en la tendance à triompher continuellement de tout et à tout violenter de façon souveraine, en la mise en pratique forcenée de cette tendance jusque dans ses conséquences extrêmes: une propulsion et une impulsion continuelles et convulsives données aux pensées et un touillage de ces pensées dans tous les sens et tous les brouillards possibles — sans but « réel », simplement pour assouvir le Despotisme-propre..>>, LKD, p. 234

396

<<J’ai trop radicalement agi en qualité de Dieu. Mais cette « folie » s’enracine dans mes instincts les plus profonds.. En relisant des lettres rédigées à l’âge de 17 ans, je me suis dit malgré moi: voici les écrits

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<<// 4/ 09 (// 4/ 09 (Seguito) Sull’adiaforia: L’adiaforia effettiva è una prassi approfondita, — per me ancora qualcosa di nuovo a dire il vero, d’interessante, d’eccitante, — si deve soltanto procedere alla lettera, approfondire; — quali contrade nuove si aprono per me, Quale poesie, quale compimento li dentro, che gioiosa serenità>>397

Purtroppo, quello che per Klíma è il seguito di una riflessione sull’adiaforia, per noi è il frammento che apre la raccolta di scritti intimi398. Ad ogni modo gli approfondimenti saranno ancora una volta possibili con l’ausilio della pratica epistolare, in cui sono esposte ai suoi “discepoli per corrispondenza” le modalità di esecuzione della pratica filosofica

<<si deve essere dominati da un’idea sublime si si vuole essere liberi ed anche dominarsi; quest’idea, voi, non l’avete ancora trovata. <<L’opera principale dell’uomo, è di fare ciò che è>>: obiettivo ”soggettivo”; ma per compiere quest’opera, bisogna diventare ”oggettivi”, impersonali — sublimi. — A 14 anni, ero dominato dall’idea d’essere un gran poeta. 2 anni dopo: di compiere azioni anarchico-nichiliste; qualche mese dopo: fare in vita più che potessi in qualità di “genio” — in un senso, tutto sommato, schopenhaueriano; 2 anni dopo ancora: essere, tale e quale a un Napoleone; qualche mese dopo ancora: diventare una sintesi di Napoleone e di Nietzssche, tutto insieme “genio del pensiero” e “genio dell’atto”, — sottomettere il pensiero al mio imperialismo, — essere il più complesso, il più elevato ecc. degli uomini, nelle modificazioni sempre nuove. Quest’ultimo proposito, mi ha accompagnati fino ai miei 28 anni, — credendo sempre di perseguire un obiettivo sublime; l’istinto era buono: sentivo in me, isolatamente, molti elementi de slanci elevati, ma l’obiettivo, ciò che dominava, era solo la piccola vanità umana, la “soggettività”… In seguito, quando mi lanciai a testa bassa nella filosofia pratica, caddi in fretta, senza farlo apposta, sotto il giogo dell’idea: essere del tutto Libero e sublime, al di sopra di tutto e assoluto, —

d’un égosoliste-né — Ma vie à venir consistera sans doute à suivre les brisées de la grande et honteuse journée cholupicienne 6 1./X 1910 >>, LKT, p. 50

397

<< Suite) Sur l’adiaphorie: L’ad. effect. est une praxis approfondie, — pour moi quelque chose à vrai dire de nouveau encore, d’intéress., d’excitant, —il faudrait seulement procéder à la lettre, approfondir; — quelles contrées nouvelles s’ouvrent ici à moi, Quelle poésie, quel éclat là-dedans, quelle joyeuse sérénité >>, LKT, p. 35

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A causa del fatto che di tutti gli scritti del 1909 -è bene ricordarlo- in seguito agli autodafé del 1912, in vista del suicidio, non restano che poche pagine

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dunque, di fare in modo d’avere veramente del valore. Fu quello, il primo obiettivo elevato, allora cominciai veramente ad acquisire valore, a diventare sublime: e “oggettivo”: certo, il mio obiettivo era sempre “soggettivo” — come tutto, del resto: si trattava sempre della mia persona; ma era un soggettività saggia e sublime, non intaccata dalla meschineria, — ciò che a dire il vero è la vera definizione dell’oggettività>>399

Vivere sotto il dominio di un idea sublime, rende l’uomo libero. Illudersi sulla sublimità di un’idea fin quando possibile, agendo per essa soltanto, per cercare di raggiungerla nella sua sublimità, per poi sostituirla, quando l’eccessiva prossimità ne scopre i contorni, con un’altra. Questa tecnica, che Klíma spiega dopo un’osservazione retrospettiva delle sue azioni, riesce a sostituire in tutto o in parte gli effetti dell’educazione che si impartisce agli individui in società

<<l’educazione: in che misura più o meno chiunque è formato alla schiavitù sin dall’ingresso nel gioco. Cosa ci libera ?>>400

Una liberazione da un giogo, proveniente dall’esterno, con lo scopo di rendere l’uomo un soggetto sociale con l’introduzione di un altro (« per poco che si sappia essere di una pazienza estrema e di una crudeltà di ogni istante verso se stessi »), proveniente da se stesso; liberazione che ha tra gli scopi quello di “disumanizzare” e “deificare” l’individuo, di renderlo, a forza di credere ad idee sublimi, sublime esso stesso. Si tratta

399 << Il faut être dominé par une idée sublime si vous voulez être libre et vous-même dominer; cette idée,

vous ne l’avez pas encore trouvée. « L’œuvre principale de l’homme, c’est de se faire ce qu’il est »: but « subjectif »; mais pour réaliser cette œuvre, il faut devenir « objectif », impersonnel — sublime. — À 14 ans, j’étais dominé par l’idée d’être un grand poète. 2 ans après: d’accomplir une action d’éclat anarcho- nihiliste; à quelques mois de là: de faire ici-bas le plus que je pourrais en qualité de « génie » — dans un sens, somme toute, schopenhauerien; au bout de 2 ans encore: d’être, à tout prendre, un Napoléon; à quelques mois encore de là: d’être une synthèse de Napoléon et de Nietzsche, tout ensemble « génie de la pensée » et « génie de l’acte »,— de soumettre la pensée à mon impérialisme, — d’être le plus complexe, le plus élevé etc. des hommes, dans des modifications toujours nouvelles. Ce dernier propos, je m’y suis tenu jusqu’à mes 28 ans, — croyant toujours poursuivre un but sublime; l’instinct était bon: je primasentais en moi, à titre isolé, pas mal d’éléments et de visées élevés, mais le but, ce qui dominait, n’était que la menue vanité humaine, la « subjectivité »... Ensuite, lorsque je me suis lancé tête baissée dans la philosophie pratique, je suis très vite tombé, sans faire exprès, sous l’emprise de l’idée: être tout à fait Libre et sublime, au-dessus de tout et absolu,— bref, être de manière à avoir réellement de la valeur. C’était là, pour la première fois, un but élevé, alors enfin j’ai acquis de la valeur, je suis devenu sublime: et « objectif » du même coup: certes, mon but était toujours « subjectif » — comme tout, d’ailleurs: il s’agissait toujours de ma personne; mais il était d’une subjectivité sage et sublime, non entachée de mesquinerie,— ce qui est à vrai dire la définition de ce qui se dit objectivité>>, LKD, p. 229

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<<L’éducation: dans quelle mesure à peu près tout le monde est formé d’entrée de jeu à l’esclavage. Qu’est-ce qui délivre ?>>, LKT, p. 426

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ancora una volta di una disumanizzazione che va vista in relazione a ciò che costituisce il senso dell’essere umano nella società cui appartiene Klíma; come la strada bellettrista intrapresa sin dal ritorno in casa del padre, in cui l’esplorazione del crimine, dell’anormale e del mostruoso erano strade per scardinare dalle fondamenta le basi dell’umanità, della condivisione fra gli uomini; anche in questo caso l’obiettivo è il recupero della volontà e dell’elemento sacrale; il “deificare” aggiunto alla pratica filosofica, segnala la scelta della direzione in cui deve avvenire questa disumanizzazione: verso l’alto. Da principio, questo procedimento era definito da Klíma –egli stesso lo ammette- come “La mia malattia”. Questa si manifesta imponendo di riflettere intensamente su un aspetto della realtà, senza permettere tregua alcuna. A questa definizione puramente negativa, verrà a sostituirsi progressivamente quella di volontà assolutamente comandante.

<<è vero che io stesso, durante lunghi anni, non ho mai nominato la volontà assolutamente comandante in altro modo che “la mia malattia”; il fatto di averla riconosciuta come virtù e salute suprema, — e, dunque, qualcosa che, nell’uomo all’inizio, è sempre accompagnata da stati d’animo malati senza fine, — il fatto di averle detto “si !” senza riserva — è uno dei più grandi atti della mia vita.. Nessun altro sarebbe capace di farlo oggi dopo di me… Nessun altro ?.. Nessuno ha la minima idea della minima idea di che cosa si tratti, questa cosa che mi ha messo nell’agonia e che ho infinite sormontato, che è per me realtà sola e unica !>>401

Ciò che è riuscito a “sormontare” era uno stato d’animo che fin dall’età di 16 anni, come ci racconta nella confessione filosofica, lo aveva preso, e che consiste nel

<<dovere, per forza e facendosi violenza, pensare convulsivamente — osservate bene l’antinomia apparente ! —: l’impossibilità di fermarsi — di pensare a qualcos’altro — fintanto che la volontà assolutamente comandante non è ogni volta, in un modo o nell’altro, soddisfatta..; la necessità di inventarsi senza tregua gli espedienti e le astuzie

401

<<Il est vrai que moi-même, pendant des années, je n’ai presque pas nommé la v. a. c. autrement que « ma maladie »; le fait de l’avoir reconnue pour vertu et santé suprêmes,— et, partant, quelque chose qui, dans ses débuts chez l’homme, s’accompagne forcément d’états maladifs à n’en pas finir,— le fait de lui avoir dit « oui ! » sans réserve — est un des plus grands actes de ma vie.. Personne d’autre ne saurait le faire aujourd’hui après moi... Personne d’autre ?.. Pourtant personne n’a la moindre idée de la moindre idée de ce dont il s’agit, de cette chose qui m’a mis à l’agonie et que j’ai surmontée, qui est pour moi réalité seule et unique !>>, LKD, p. 235

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più atroci affinché ciò sia possibile in questo mondo di schiavi *…+ Avrei potuto rispondere stupidamente: la volontà assolutamente comandante è la coscienza della divinità-Propria ( non della “filiazione divina”, dell’”emanazione della Divinità” e altre stupidaggini della stessa farina, ma la coscienza che io sono, io il Tutto e l’Unico.. ) L’autore non può dire di più, il resto è affare del lettore…>>402

Parallelamente a questa volontà assolutamente comandante, abbiamo visto il dominio dell’idea sublime. In entrambi i casi sembra che Klíma sia “posseduto” da qualcosa che appartiene a sé ma contemporaneamente all’altro, all’elemento divino, al quale non riesce ancora a dare una definizione certa, e che lo spinge ad agire in modi che risultano per lo più oscuri persino a lui, almeno fino ad un certo tempo, fino a quando cioè, con il loro ripresentarsi nella memoria, diventano teorizzabili; dopo esser stati trasformati in parole scritte, letterarie o no, ed aver preso, nella finzione retrospettiva, un aspetto ben preciso all’interno della scrittura che, spogliata delle sue strutture classiche, si trasforma in un rituale molto complesso dal quale prendono origine tutte le possibilità di estensione del pensiero. La scrittura diventa il luogo in cui l’argilla viene, non soltanto modellata, ma ricordata, pensata, creata

<<il grande spirito non dovrebbe prendere la piuma se non per parlare del Più-Alto, del Divino>>403

<<liberamente soltanto sempre avanti — scrivere soprattutto *…+ Non pensare ad altro. Arriverà col tempo>>404

<<la più grande voluttà e il supplizio supremo: rileggersi>>405

402

<< devoir, de force et en se faisant violence, penser convulsivement, — remarquez bien l’antinomie

apparente ! —: l’impossibilité de s’arrêter — de penser à autre chose — tant que la volonté abs. c. n’est pas chaque fois, d’une manière ou d’une autre, satisfaite..; la nécessité d’inventer sans arrêt les expédients et les ruses les plus atroces pour que cela soit possible dans ce monde d’esclaves *…+ J’aurais pu répondre tout bêtement: La v. a. c. est la conscience de la divinité-Propre (non pas de la « filiation divine », de l’« émanation de la Divinité » et autres misères de même farine, mais la conscience que je suis, moi, le Tout et l’Unique.. ) L’auteur ne peut en dire davantage, le reste est l’affaire du lecteur...>>,

LKD, p. 235-236

403 << Le grand esprit ne devrait prendre la plume que pour parler du Plus-Haut, du Divin >>, LKT, p. 288 404

<< Librement seulement toujours de l’avant — écrire surtout *…+Ne penser toujours qu’à ça et écrire.

Ça viendra avec le temps>>, LKT, p. 81

200

<<l’uomo non “è” quel che è, ma ciò che vuol essere, diventare, dunque volontà ! …>>406

La volontà costituisce l’”essere”, la piena coscienza di sé, e il voler essere ci mostra da subito che si ha a che fare con il desiderio che perché l’uomo sia ciò che vuole essere, deve desiderare di esserlo. Ciò al tempo stesso, permette di operare un’azione nei riguardi del divenire; l’uomo, dal momento che “è”, si trova già in potere di divenire. Klíma non cerca di formarsi, riguardo allo stoicismo, un’idea circa un “pensiero stoico”, ma piuttosto di trovare degli strumenti atti a partecipare alla formazione e lo sviluppo di tale pensiero, per partecipare attivamente ad uno svolgimento di questo. La scrittura, è il luogo, nel XX secolo, in cui il divenire è ancora possibile, in cui cercare lo slancio per produrre riflessioni capaci di sbarazzarsi delle preoccupazioni quotidiane;