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Il risveglio del pensiero: Il mondo come coscienza e come niente

Primo capitolo

1.2 I divieti fondanti e l’architettura della demolizione

1.2.2 Il risveglio del pensiero: Il mondo come coscienza e come niente

<<fino ai miei 16 anni, la vita di ciò che mi è più proprio fu puramente onirica>>106 La datazione di quest’affermazione contenuta nell’ Autobiografia, coincide con l’anno in cui avvenne l’espulsione dal liceo, a seguito della quale si trasferì per tentare di continuare gli studi a Zagreb, fuori dai confini dell’impero Austriaco, ma lì, dopo soli sei mesi, decise di abbandonare gli studi e rinunciare ad intraprendere qualsiasi professione

<<ho passato sei mesi in libertà, e poi ho acconsentito a piegarmi ancora sui banchi del liceo di Zagreb. Mai sono stato tanto vicino alla morte. Ho purgato un semestre, poi ripartii senza schiamazzi per la Boemia, risoluto a non mettere più piede in nessuna scuola e a non intraprendere nessuna professione>> 107

A quel punto, ritornato in casa dal padre, non sappiamo se prima o dopo aver lasciato il liceo, perché nelle due autobiografie e nelle lettere le datazioni sono incerte a

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M. Foucault, L’ermeneutica del soggetto, op. cit., p. 242 106

LKM, p. 442

107 <<Je passai six mois en liberté, puis consentis à croupir encore sur les bancs du lycée de Zagreb.

Nullepart je n’ai frôlé la mort d’aussi près. J’y purgeai un semestre, puis repartis sans crier gare pour la Bohême, résolu à ne plus mettre les pieds dans aucune école, à n’embrasser aucune profession>>, LKT, p.

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proposito, Klíma subisce un risveglio brusco di cui farà cenno in più missive e nell’autobiografia filosofica redatta nel 1924

<<la mia essenza fino a quel momento addormentata si risvegliò, in un modo tanto brusco quanto pauroso, sotto una delle sue forme: dovere per forza pensare l’impensabile. Il resto della giornata e tutta la notte mi torcevo in una riflessione convulsa *…+— conseguenza necessaria del mio “istinto” fondamentale: io sono onnipotente — impossibile fermare la volontà fintanto che il mio corpo benedetto non lo decida. Fin da allora questo stato non mi ha mai lasciato del tutto, non fosse che per un minuto; un numero incalcolabile di volte ho creduto di essere sul punto di soccombere — il più terribile dei compiti divini — 18 ore al giorno della più rude fra le scocciature, in apparenza per nulla>>108

Non avendo più alcuna costrizione esterna, nessun legame con la società, Klíma trasferisce la sfida su un piano teorico; comincia a porsi una serie di interrogativi che mirano a indagare la natura delle cose, il loro funzionamento. Accesi pensieri sul limite del pensiero ed anche su quello dell’uomo stesso; sul determinismo e sul libero arbitrio; sulla condizione che vede l’uomo schiavo delle azioni che compie con o senza il concorso della volontà. La volontà, elemento così necessario nella prassi filosofica di Klíma, diventa fin da quell’epoca l’“impossibile da fermare”, che ha come obiettivo il pensiero-sfida e non più il gesto-sfida. Klíma dice trattarsi di una lotta preparatoria109 contro qualcosa che non aveva cessato di situarsi come norma umana, ma che ne appariva come la sua natura. Contro tutte le convinzioni interne al sé che lo rendono qualcosa di più di quel che è; che distolgono lo sguardo dal giudizio sulle cose. Nel 1897, si iscrive come uditore alla facoltà di filosofia dell’università di Praga. Non sappiamo nulla però rispetto alla sua effettiva frequentazione, né sui rapporti che intrattenne con i professori della facoltà. Sappiamo però che è contemporaneo a

108

<< mon essence jusque-là rêveusement assoupie se réveilla, de façon aussi brusque qu’effrayante,

sous l’une de ses formes: devoir de force penser les impensables. Le reste de la journée et toute la nuit je me tordis dans une réflexion convulsive *…+ — conséquence nécessaire de mon « instinct » fondamental: je suis tout-puissant — impossible d’arrêter la volonté tant que mon corps béni n’y mit pas le holà. Depuis lors cela ne m’a jamais lâché tout à fait, ne fût-ce qu’une minute; un nombre incalculable de fois je me suis cru sur le point de succomber — le plus terrible des tâcherons divins — à 18 heures par jour de la plus rude des corvées, en apparence pour rien >>, LKT, p. 24

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<<menant surtout une lutte préparatoire, à la vie et à la mort, avec le problème élémentaire du libre arbitre >>, LKT, p. 25

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questi anni l’approfondimento di Nietzsche e Schopenhauer, autori conosciuti nei sei mesi passati a Zagreb

<<li ho letti entrambi nell’arco di un anno e mezzo, imparando il teutonico nel percorso. Per la prima volta, mi sentivo interpellato da qualcosa che rispettavo e che mi era propria. Ho amato per molto tempo questi piccoli birichini dello stesso amore che si ha di solito per le belle ragazze. È vero che non mi hanno dato nulla di ciò che costituisce il mio propriissimum, ma hanno accelerato e facilitato il mio sviluppo. Non so a chi devo di più fra di loro. Ho imparato molto da Schopenhauer, prendendo piuttosto da Nietzsche delle forze e dell’altezza. Senza Schopenhauer, avrei senza dubbio passato anni inutili a colluttare con la ”visione scientifica del mondo”, senza Nietzsche, con la liquidazione della morale. Sottoscrivo ciò che scrissi allora: “l’idealismo metafisico di Schopenhauer, unito alla forza etica di Nietzsche — spinti in entrambi i casi fino alle conseguenze più radicali, ignorate da questi filosofi, — ecco quale sarà la filosofia dell’avvenire.“ Senza di loro, la mia vita sarebbe difficilmente pensabile, — poiché sono venuti presto e a tempo — di nessun altro genio posso dire altrettanto…>>110

Per Klíma è questione di spingere la volontà a pensare i limiti all’interno dei quali si costituisce il nucleo sociale e, dopo aver trascorso quasi cinque anni di vita nella casa del padre a Modrany, o per meglio dire nei boschi111, fugge assieme alla moglie del padre che <<a 24 anni non poteva certamente andare d’accordo con un sessagenario>>112.

110 <<Je les lus tous les deux en l'espace d'un an et demi, apprenant le teuton en cours de route. Pour la

première fois, j'étais interpellé par quelque chose que je respectais et qui m'était propre. J'ai longtemps aimé ces petits coquins du même amour qu'on a plus communément pour les jolies femmes. Il est vrai qu'ils ne m'ont rien donné de ce qui constitue mon propriissimum, mais ils en ont accéléré et facilité l'épanouissement. Je ne sais à qui je dois le plus. J'ai appris davantage chez Schopenhauer, puisant plutôt chez Nietzsche des forces et de la hauteur. Sans Sch., j'aurais sans doute passé quelques inutiles années à me colleter avec la «vision scientifique du monde», sans N., avec la liquidation de la morale. Je souscris toujours à ce que j'écrivis alors déjà: «L'idéalisme métaphysique de Sch.[openhauer], joint à la force éthique de N. — poussé dans les deux cas jusqu'aux conséquences les plus radicales, ignorées de ces philosophes, — voilà qui sera la philosophie de l'avenir. » Sans eux, ma vie serait difficilement pensable, — car ils sont venus tôt et à temps, — d'aucun autre génie je n'en puis dire autant... >>, LKM, p. 443

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O meglio, come specifica nella sua autobiografia vivendo principalmente nel Modřanská rokle, nella gola di Modrany, un sentiero attraversato da una foresta e corsi d’acqua. Luogo privilegiato dai botanici cechi per via della quantità di varietà di erbe che vi si possono trovare, e oggi diventato una riserva naturale fra le più belle di Praga. È possibile osservare alcune immagini su questo sito: http://vivreaprague.servhome.org/parc/modranska.php

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<<visto che Mme Klimova si occupava di tutto il necessario per vivere, ero dispensato da qualsiasi rapporto con gli umani. I miei soli compagni, amati, erano quantità di gatti. Fra gli esseri visibili che amo di più ci sono le montagne, le nuvole e i gatti — e forse, dopo tutto, anche le donne. Negli anni in cui altri si affaticano a passare concorsi e a lanciarsi in una carriera, la mia principale attività fu quella di camminare senza sosta nei boschi, correre appresso a ninfe e castelli allucinatori, rotolarmi nudo nel fango e nella neve e condurre terribili lotte con Dio, il quale si era messo in testo di vivere allo stato di veglia in quanto uomo.. Nel Tirolo ho riportato su tutta la linea delle necessarie vittorie preliminari>>113

Klíma risponde con una fuga incestuosa all’ideale sociale che voleva vederlo in procinto di prepararsi una carriera. Il suo viaggio, dalla durata di cinque anni, vedrà, al suo culmine, la stesura e la pubblicazione del primo lavoro prettamente filosofico dell’ormai ventiseienne Ladislav Klíma: Il mondo come coscienza e come niente. È un testo molto importante perché segna l’ingresso di Klíma all’interno della dimensione della scrittura come luogo in cui mettere in atto un Gioco, il quale a quest’epoca include fra i partecipanti sia il pubblico che il suo tempo anche se di tanto in tanto violentati o considerati inesistenti114. Rispetto agli altri testi pubblicati in seguito <<ha un vantaggio raro, arci raro: essendo stato scritto senza fretta, senza preoccuparsi del tempo impiegato nella redazione: 20 settimane o vent’anni, era uguale>>115. In questo testo è urgente per l’autore il bisogno di fare chiarezza sullo stato della filosofia: la limitatezza e ristrettezza del sapere, la sua presunzione di credersi infallibile e fondato su verità certe. Il testo è suddiviso in due macrosezioni: Genaralia e Singularia. Nella prima, concepita in progressione numerica, i punti focali sono il rapporto con la verità, il suo procedere nella storia della filosofia, il compito del filosofo, della filosofia, una indagine riguardo il concetto di esistenza, sul mondo esterno, lo scetticismo,

113 << Comme Mme Klí. pourvoyait à tous les besoins du ménage, je pouvais me dispenser d’un

quelconque commerce avec les humains. Mes seuls compagnons, aimés d’amour, étaient des quantités de chats. Ceux des êtres visibles que j’aime le mieux, ce sont les montagnes, les nuages et les chats — et peut-être, malgré tout, les femmes aussi. Durant les années où d’autres s’échinent à passer des concours et à se lancer dans une carrière, ma principale activité fut de me promener sans fin dans les futaies, de courir après les nymphes et les châteaux hallucinatoires, de me rouler tout nu sur la mousse et dans la neige et de mener des combats terribles avec Dieu, lequel s’était mis en tête de vivre à l’état éveillé en tant qu’homme.. Dans le Tyrol je remportai sur toute la ligne de nécessaires victoires préliminaires >>,

LKT, p. 25 114

LKM, p. 29 115 Ibidem.

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l’idealismo, il rapporto fra le idee e l’individuo, l’immortalità dell’anima e ciò che la muove e di cui è composta. Nei riguardi della verità, Klíma afferma che non si deve credere ch’essa sia necessaria; si tratta piuttosto di un divertimento dello spirito

<<la ricerca della verità, -più valorosa che la verità in quanto tale-, è il più nobile e piacevole dei passatempi, - fin tanto che si sia capaci di disfarsi della neurastenia faustiana e, nel caso contrario, mandare a passeggio la filosofia in totalità in un sonoro scoppio di risa, - fare del sorriso, in qualità di verità suprema, il coronamento del nostro “sistema”…>>116

La tendenza sistematica è messa dunque in ridicolo e sostituita con l’arte del sorriso, del piacevole e della ricerca, attività più importante che il ritrovamento della stessa verità. In effetti, è questo stato d’animo di ricerca che mette, secondo Klíma, lo spirito in uno stato di insoddisfazione nel quale, in mancanza di verità, potrà sempre rifugiarsi nella certezza, quale che sia

<<tutto è contemporaneamente vero e falso; che lo si chiami in un modo o in un altro, rientra nei nostri diritti. “Ma”…, bisogna che ci si fermi da qualche parte>>

Avendo escluso la serietà con la quale vengono prese le scelte, Klíma rivendica per il pensiero una certa leggerezza e felicità, una filosofia del buon umore, della volontà e dell’intelletto:

<<un’attività sana e ciò che segue: la durata naturale, lucida; l’aggressività negatrice, contestataria, protestante, sprezzante; l’immoralità teorica; l’indifferenza glaciale per il mondo e per se stessi, compresa la filosofia; la pertinacia smoderata, cieca ai trentaseimila scacchi; il gusto dell’anormale e dello “spiacevole”; il superamento di sé per necessità e per riderne; il dono dell’avventura che realizza l’insolito, intraprende l’imprevisto, osa i salti…: - per conoscere la verità, è sufficiente spesso riflettere all’opposto di ciò che si è tenuto per vero; - non è la verità il compito più arduo, ma il dubbio; c’è più di una cosa che dobbiamo soltanto tenere in considerazione per

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pensarla, di colpo, fino in fondo; il sottile strato che separa ovunque la verità dal suo contrario è frutto della pigrizia>>117

In questa trattazione è fortemente presente la figura di Nietzsche, se ne sentono gli echi dietro “l’indifferenza glaciale per il mondo e per se stessi”, che lascia pensare al gelo nietzschiano impiegato nella genealogia della morale come <<simbolo mitico- psicologico di un rifiuto di investimento affettivo sul mondo>>118; Klíma, lo definisce così: <<è il filosofo che ha avuto, fra tutti, la più grande forza di volontà. Gli è mancata soltanto l’attività sublime, omnidominante, demiurgica, napoleonica, la fronte di bronzo; questo sacerdote della durata era troppo molle, sentimentale, caritatevole, il suo spirito ha una colorazione esaltata, tradisce un’anomalia tutto sommato specifica alla poesia…, - - ma lo spirito più elevato deve sottomettere anche i suoi stati passionali e “artistici”, ciò che non può essere realizzato senza imporsi dei limiti…: - - la grandezza ideale non risiede che nell’armonia naturalmente necessaria delle qualità superlative..>>119

Oltre all’influenza nietzschiana, vi è, nel testo, quella dell’altro filosofo moderno che è stato per Klíma una grande fonte d’ispirazione: Schopenhauer. È proprio Schopenhauer a stuzzicare l’interesse di Klíma nei confronti dello stoicismo, che sarà il punto di partenza della pratica filosofica ch’egli metterà atto a partire dal 1908. In questo libro, Klíma cerca di identificare ciò che precede e fa si che Schopenhauer dica “Il mondo è mia rappresentazione”120: la coscienza che se ne ha di questo. Inoltre, questa coscienza sarà capace di estendere la misura della “rappresentazione” del mondo che l’uomo riesce a produrre: una maggiore coscienza corrisponde ad una più estesa rappresentazione del mondo; questo spiega ed avvalora la tesi della volontà di potenza di Nietzsche, che in quest’ottica diventa volontà di piacenza, essendo lo stato volitivo, mosso da una ricerca di soddisfazione di desiderio e di piacere, i quali

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LKM, p. 33-34 118

G. Campioni, “Spirito libero” e nichilismo: su un componimento poetico di Nietzsche, in AA.VV.,

Critiche della ragione e forme dell’esperienza: studi in onore di Massimo Barale, ETS, Pisa, 2011, p. 268

119

LKM, o. 34 120

A. Schopenhauer, Il mondo come volontà e rappresentazione, Vol. 1, Ugo Mursia Editore, Vignate, 1991

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interagiscono in una sorta di “circolarità originaria”121. Siamo di fronte ad una trattazione nella quale il criterio della verità non dev’essere stabilito una volta per tutta, ma la ricerca della verità dev’essere intrapresa con una predisposizione d’animo fresca e gioiosa, non provata da un eccesso di zelo, dalla bramosia di possederla; ciò rende il nostro già debole spirito, più debole ancora

<<il nostro spirito è più debole di ciò che voglia far credere; la maggior parte dei nostri pensieri sono vaghi, - delle semplici premonizioni di idee chiare; nessuno è ancora riuscito a sondare un pensiero fin nel suo fondo: - la “stupidità” e la cecità restano ancora oggi l’elemento proprio dello spirito umano…-. L’uomo, più particolarmente il vanesio filosofo, è nonostante tutto, notevolmente dotato nel dissimulare la sua stupidità; preferisce ancora riconoscersi “immorale” all’estremo, piuttosto che debole di spirito; - segno, - sia detto di passaggio-, che, sul piano dei sentimenti per lo meno, l’umano è più sano di ciò che da a vedere-. Più di un errore e stupidità filosofica è così truccato, in modo da far credere, non che l’autore non abbia potuto, ma che non abbia voluto andar più lontano. - - La riflessione cronica è da reprimere imperativamente>>122

Questo libro è da considerare come una sorta tracciato, un sentiero che Klíma percorrerà correggendo alcune tesi, elaborando altre ipotesi, scartando e avvicinandosi a certe parti; consacrando parte delle sue ricerche a mettere in chiaro altri aspetti della coscienza, anzi dando alla filosofia il compito di servire alla <<spiegazione, prospettivamente esaustiva, della nostra coscienza, - fuori dalla nostra coscienza nulla esiste per noi>>123. Lo stato di coscienza riesce dunque a rendere partecipe il filosofo della ricerca della verità, che consiste proprio nell’astrazione prospettica di ciò che esiste per noi. Trasformare un oggetto di cui si ha coscienza in

121 <<Le désir et le plaisir sont des corrélats. Le plaisir est le sentiment qui accompagne la satisfaction

d'un désir, il est donc une conséquence du désir. Mais on ne peut désirer que le plaisir: les notions du « plaisant » et du « désirable » sont synonymes, — strictement coextensives..., — le «bien», la «valeur» ou comme on voudra, — se subsume sans excep-tion sous le concept de «plaisance!»: le plaisir n'est pas seulement le summum mais l’unicum bonum; quand même tout désir ne pourrait en pratique et en dernier ressort se réduire au plaisir, le contenu sans plus des deux concepts permettrait de poser que le désir est une conséquence du plaisir. Mais il en est aussi la cause..., — preuve s'il en est que la question: «le plaisir naît-il de la "volonté" ou, vice versa, la "volonté" du plaisir?» — est absurde: — On se trouve là tout bêtement en présence d'un circulus originaire, existant de tout temps à jamais... >>

122

LKM, 34-35 123 LKM, p. 35

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un’idea astratta è un procedimento espresso da Berkeley nel Trattato sui principi della conoscenza umana, nel quale si mostra la procedura di come la nostra coscienza forma le idee astratte a partire dalle esperienze che lo coinvolgono attivamente nella vita124, e si fa luce sull’elemento che più di altri riesce a rendere possibile questo processo: il linguaggio. Infatti, <<gli uomini, i quali fanno uso di un linguaggio, sono in grado di astrarre o di rendere generali le loro idee>>125

<<una spiegazione degli abstracta che soddisfi in senso logico è impossibile, poiché tutto è incerto, — fino e compreso questa stessa incertezza. Sapere che non sappiamo niente, ecco il sapere, ecco la certezza. L’insostenibile incertezza, la piaga beante del pensiero, è semplicemente l’assurdità di ciò che per forza ci è dato di credere vero, è la contraddizione di tutto, è il circulus vitiosus…, — ma tale è il nostro mondo alias il nostro pensiero nella sua totalità… Il compito della filosofia non può essere altro che questo fare ciò che fare si può: disseccare nel più grande dettaglio la nostra intellezione aberrante>>126

Ma fare quel che si può è un’operazione che deve avvenire all’interno del linguaggio; il filosofo deve cercare di procedere nei meandri della memoria, armato di un linguaggio modellato a partire da quell’esperienza traviata che è il ricordo. Ricordo che si produce proponendo un’idea, la quale però essa stessa non sarà la semplice percezione di una realtà, ma piuttosto l’invenzione di essa, vista la natura del ricordo stesso, secondo