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Lo 0,9 per cento di crescita reale annua registrato nel 2018 ha avuto tra i suoi apporti principali quello della domanda interna che, al netto delle scorte, ha influito

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4. Lo 0,9 per cento di crescita reale annua registrato nel 2018 ha avuto tra i suoi apporti principali quello della domanda interna che, al netto delle scorte, ha influito

variazione delle scorte è stato, come nel 2017, negativo, ma di minori dimensioni in media d’anno (-0,1 contro -0,4 nel 2017); tuttavia, particolarmente rilevante è diventato nel quarto trimestre (-0.4 punti), presumibilmente per l’operare di non favorevoli aspettative circa l’orientamento della domanda futura.

Consumi

Al rallentamento della crescita del Pil (7 decimi di punto in meno rispetto al 2017) ha fornito un contributo molto significativo la dinamica dei consumi delle famiglie residenti, il cui tasso di variazione annua è risultato pari allo 0,6 per cento, contro un valore circa triplo nel 2017. Tenuto conto del loro rilevante peso nella domanda aggregata (circa il 60 per cento), il relativo contributo alla crescita è risultato pari a 0,3 punti percentuali contro gli 0,9 del 2017. La crescita dei consumi è stata di intensità analoga per beni e servizi. Il rallentamento è stato più marcato per i secondi. Hanno registrato segno negativo le dinamiche dei consumi alimentari e dei servizi sanitari; tra i consumi che hanno invece conosciuto tassi di incremento superiori alla media si segnalano quelli del comparto “vestiario e calzature” e “mobili, elettrodomestici e manutenzione della casa”. Il reddito disponibile valutato in termini reali (potere di acquisto) è cresciuto dello 0,9 per cento (1,9 in termini nominali contro 1,1 per cento di inflazione), dal che consegue che l’incremento dei consumi più sopra menzionato si è prodotto in un contesto di risalita della propensione al risparmio, tornata, secondo le rilevazioni dell’ISTAT, al di sopra dell’8 per cento (8,1 contro il 7,8 per cento del 2017). Le capacità reddituali delle famiglie sono state sostenute, oltre che dal recupero delle retribuzioni unitarie e da un quadro occupazionale relativamente stabile, anche da un sostenuto andamento delle prestazioni sociali. I consumi delle famiglie hanno risentito anche di un peggioramento del clima di fiducia e dell’incertezza registrata dagli indici delle indagini congiunturali. Può aver influito sulle più restrittive decisioni di spesa l’andamento della ricchezza e la percezione della volatilità delle quotazioni di alcune sue componenti (vedi oltre).

Investimenti

Anche la dinamica degli investimenti fissi lordi (Grafico 3) ha contribuito significativamente al rallentamento del 2018. Nel complesso l’accumulazione di capitale è aumentata di un punto percentuale in meno del 2017 (dal 4,4 al 3,4 per cento in termini reali), con la conseguente lieve riduzione del contributo alla crescita del Pil passato da 0,7 a 0,6 punti percentuali. Una frenata relativa hanno conosciuto gli investimenti in mezzi di trasporto, i quali, aumentati negli ultimi tre anni di quasi il 30 per cento medio annuo (e di oltre il 39 per cento nel 2017), sono cresciuti del 14 nel 2018. Di contro si è mostrato complessivamente in accelerazione il settore delle costruzioni (dall’1,3 al 2,6 per cento tra il 2017 e il 2018), in misura più pronunciata rispetto a quanto programmato in sede di DEF 2018, quando si prevedeva un aumento medio annuo pari all’1,4 per cento. Il settore - che rappresenta poco meno della metà degli investimenti fissi lordi totali - ha segnato dunque un recupero, nonostante le non positive dinamiche degli investimenti pubblici. Sul mercato degli investimenti immobiliari residenziali è comunque continuata la ripresa del numero delle transazioni mentre sul fronte dei prezzi, dopo la lieve risalita verificatasi nei primi mesi del 2017 il recupero delle quotazioni si è arrestato: nelle più recenti rilevazioni è emersa la prosecuzione della fase discendente, almeno con riferimento al valore medio degli

immobili transati (la dinamica degli immobili di nuova costruzione è caratterizzata da un ciclo nettamente più favorevole).

Sull’andamento e le prospettive degli investimenti fissi lordi complessivi possono aver influito le incertezze circa la prosecuzione delle politiche di incentivazione fiscale degli ammortamenti (iper e super ammortamenti) messe in atto negli anni scorsi e poi, prima parzialmente rimosse attraverso la legge di bilancio per il 2019, e successivamente parzialmente reintrodotte attraverso il recente Decreto Crescita.

GRAFICO 3

CONSUMI E INVESTIMENTI FISSI LORDI PRIVATI REALI E NOMINALI

(VARIAZIONI % ANNUE)

CONSUMI INVESTIMENTI FISSI LORDI

Fonte: elaborazione su dati ISTAT

Al deterioramento della domanda interna (di consumo e per investimenti) ha concorso il peggioramento diffuso degli indici di fiducia. Per quel che riguarda i consumatori, l’indice elaborato dall’ISTAT ha registrato a fine 2018 un valore del 113,1 (2010=100), con una riduzione del 3 per cento rispetto ad un anno prima, dopo che aveva toccato il 117,4 nel mese di marzo. Quanto alle imprese, sempre a dicembre 2018, l’indicatore di fiducia è sceso sotto il valore 100 dal 108,6 del mese corrispondente (-8,1 per cento) e dal 108,4 di febbraio. La caduta è stata più pronunciata nell’ultimo quarto dell’anno.

Mercato del lavoro, redditi e basi imponibili

Nonostante il netto rallentamento e, nella seconda metà dell’anno, la caduta delle attività produttive, per il mercato del lavoro il 2018 si è evidenziato, nel complesso, come un anno di significativo recupero e sostanziale tenuta, elemento importante considerata la crucialità dell’occupazione sulle basi imponibili dei principali tributi e contributi e dunque per la finanza pubblica. Le unità di lavoro totali sono aumentate dello 0,8 per cento annuo (Grafico 4), un valore sostanzialmente analogo a quello registrato nel 2017 (0,9 per cento). In generale si è osservata una decelerazione lieve e diffusa, ma non sono mancati i settori in controtendenza: l’agricoltura è tornata al segno positivo (dal -1,3 allo 0,7 per cento) mentre il fenomeno opposto si è registrato nel comparto delle costruzioni (dall’1,1 per cento nel 2017 al -0,2 per cento nel 2018). Il settore dei servizi, che assorbe la quota maggiore di unità di lavoro (il 73 per cento nel 2018) ha confermato la crescita dello 0,8 per cento annuo registrata nel 2017. La

spinta maggiore alla crescita è provenuta, ancora una volta, dall’occupazione dipendente, la quale è aumentata dell’1,3 per cento. Lo scarto rispetto alla dinamica dell’occupazione autonoma si è tuttavia ridotto soprattutto perché si è attenuata, pur continuando lungo un trend ormai annoso, la caduta delle unità di lavoro indipendenti (dal -1,7 al -0,3 per cento).

Per quel che riguarda la dinamica delle ore effettivamente lavorate, i dati hanno fatto registrare in media un incremento dell’1,1 per cento, frutto tuttavia di dinamiche in corso d’anno molto differenziate. Mentre infatti i trimestri centrali sembrano aver visto un aumento, anche piuttosto diffuso in termini settoriali, nel primo e nel quarto trimestre si sono registrati cali.

Nella media del 2018 il tasso di disoccupazione è sceso dall’11,2 al 10,6 per cento, un livello in linea con quanto previsto nel DEF 2018. La riduzione si è determinata in un contesto sia di crescita del numero di occupati sia di aumento dell’offerta di lavoro.

GRAFICO 4

UNITÀ DI LAVORO TOTALI (NUMERO E VAR % ANNUE -SD) E UNITA’ DI LAVORO DIPENDENTI E

INDIPENDENTI (PANNELLO DI DESTRA -2014=100)

Fonte: elaborazione su dati ISTAT

La non brillante dinamica del reddito disponibile reale si è realizzata nonostante che nel 2018 i redditi da lavoro unitari abbiano registrato incrementi nominali ben maggiori del 2017: per il complesso dell’economia +2 per cento a fronte del precedente +0,3 per cento. Non dissimile è stata peraltro la crescita delle sole retribuzioni che ha segnato un +1,7 per cento. Gli incrementi segnalati scontano l’avvenuta sottoscrizione, già nella seconda parte del 2017, di una serie di rinnovi contrattuali. Per quel che concerne l’andamento delle masse, il monte retributivo, particolarmente rilevante ai fini del gettito delle imposte personali, è cresciuto del 3 per cento (2,3 per cento nel 2017). Un esercizio, che ha provato a identificare le basi imponibili delle tre principali imposte del nostro sistema tributario (IRPEF, IVA e IRES) e che dovrà essere affinato, ha prodotto i risultati esposti nel Grafico 5. Vi si mostra che la base imponibile IRPEF, approssimata dalla sommatoria dei redditi da lavoro dipendente privato e pubblico e dai redditi da lavoro autonomo (tutti al netto degli oneri sociali) e dai redditi pensionistici, è cresciuta del 2,4 per cento. La base

imponibile IRES, rappresentata dalla sommatoria del valore aggiunto e dei contributi alla produzione al netto dei redditi complessivamente corrisposti, sarebbe sostanzialmente rimasta stazionaria (+0,1 per cento). Infine la base imponibile IVA, qui approssimata dai consumi nominali delle famiglie, è cresciuta dell’1,6 per cento.

GRAFICO 5

ANDAMENTO DELLE BASI IMPONIBILI (“PROXIES”) DELLE PRINCIPALI IMPOSTE

(2008-2018)

NB: la proxy della base imponibile IRPEF è qui calcolata, sulla scorta dei dati di contabilità nazionale, come sommatoria dei redditi da lavoro dipendente privato, da lavoro dipendente pubblico, da lavoro autonomo (tutti al netto degli oneri sociali) e dai redditi da pensioni. La proxy della base imponibile IRES è rappresentata dalla sommatoria del valore aggiunto e dei contributi alla produzione meno i redditi da lavoro dipendente. Infine la proxy della base imponibile IVA è data dai consumi delle famiglie.

Fonte: elaborazione su dati ISTAT

Tassi di interesse, mercati finanziari, credito

5. La caduta degli investimenti fissi lordi complessivi e la revisione dei piani di

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