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Non è questa la sede per soffermarsi sui dettagli tecnici e i tanti elementi minuti dei richiamati provvedimenti. Nel rinviare per una loro rapida sintesi al prospetto sopra

P ARTE SECONDA

8. Non è questa la sede per soffermarsi sui dettagli tecnici e i tanti elementi minuti dei richiamati provvedimenti. Nel rinviare per una loro rapida sintesi al prospetto sopra

riportato, basti qui ricordare che le nuove norme modificano in senso permissivo la legislazione in materia di pensionamento, la quale, dopo gli interventi adottati con la legge 214/2011, prevede, in linea generale, due canali di “uscita”: a) la pensione di vecchiaia, alla quale si ha diritto con 67 anni di età (dal 1° gennaio 2019) e b) la pensione anticipata il cui diritto matura con 42 anni e 10 mesi di anzianità contributiva per gli uomini e un anno in meno per le donne5. L’innovazione consiste nell’estendere la possibilità di pensionamento anticipato introducendo un sistema di “quote” non dissimile da quello conosciuto prima della riforma Fornero6 e grazie al quale si potrà accedere all’assegno se la somma dell’età anagrafica e degli anni di contribuzione sarà pari ad almeno 100, con il doppio vincolo che l’età non potrà essere inferiore ai 62 anni e gli anni di contribuzione a 38.

L’intreccio dei due vincoli, di anzianità anagrafica e contributiva, farà si che la platea dei potenziali beneficiari sia costituita, sempre con riferimento alla generalità dei

5 Accanto a tali regole generali operano numerose eccezioni (vedi Riquadro 1), tra cui quella per i cosiddetti lavoratori precoci (in pensione anticipata con 41 anni di contributi, a prescindere dall’età), cresciute significativamente negli ultimi anni. Come regola generale il pensionamento anticipato per i cosiddetti contributivi puri (coloro i quali hanno iniziato a lavorare dopo il 1° gennaio 1996) è consentito nel 2019 a 63 anni e 11 mesi di età con 20 anni di anzianità contributiva effettiva se l’assegno pensionistico maturato è superiore a 2,8 volte l’importo dell’assegno della pensione sociale.

6 Nel nostro ordinamento il “sistema delle quote” è stato in vigore tra il 2009 ed il 2012. Introdotto con legge n. 247/2007 per correggere il cosiddetto “scalone” e cioè l’aumento del requisito anagrafico da 57 a 60 anni a partire dal 2008, prevedeva per i lavoratori dipendenti l’accesso alla pensione di anzianità con 58 anni di età e 35 anni di contributi (quota 94, con entrambi i requisiti come vincolo minimo) a partire dal 1° gennaio 2008 e fino al 30 giugno 2009; nei successivi 18 mesi la quota saliva a 95, con età minima a 59 anni e poi, tra il 2011 ed il 2012 a 96 con età minima di 60 anni e anzianità contributiva minima di 35. A decorrere dal 2013 la quota sarebbe salita a 97 (con minimi di 61 di età e 37 di contributi). La stessa legge confermava il requisito minimo dei 40 anni contributivi per l’accesso alla pensione indipendentemente dall’età. I requisiti per l’accesso alla pensione di vecchiaia erano allora di 65 anni per gli uomini e 60 per le donne con 5 anni di contributi.

lavoratori e prescindendo dalla vasta casistica delle deroghe già esistenti (vedi oltre), da tutti coloro i quali avranno un’età maggiore o uguale a 62 anni, ma minore di 67 e, contemporaneamente, un’anzianità contributiva maggiore o uguale a 38 anni ma minore di 42 anni e 10 mesi (41 e 10 mesi nel caso delle donne). Il cambiamento proposto offre, in definitiva, un’opzione aggiuntiva non soltanto a coloro i quali saranno in Quota 100, ma a tutti coloro che avranno requisiti cumulati fino ad un massimo di quota 108 (per esempio, lavoratori maschi aventi 66 anni di età e 42 di contributi).

Nell’ottica di dare risposta alla necessità di allentare i vincoli posti dalle riforme più recenti si sono mosse pure le norme che bloccano fino al 2026 il requisito di anzianità contributiva per la pensione anticipata indipendentemente dall’età anagrafica e hanno introdotto un sistema di decorrenza con finestre trimestrali, quella che ha sospeso, sempre fino al 2026, l’aumento del requisito contributivo correlato alla speranza di vita per i lavoratori precoci e quelle, infine, che hanno prorogato, con lievi modifiche, l’Opzione Donna e l’Ape sociale.

Con riguardo alle ultime due misure la Corte ha già espresso una valutazione positiva nel Rapporto 2018 sul coordinamento della finanza pubblica sottolineando come fossero strumenti volti a garantire una più fluida fase di transizione dal vecchio al nuovo regime disegnato dalla legge n. 214 del 2011. Una valutazione che va dunque ribadita. Discorso diverso è quello relativo alla sospensione, fino al 2026, degli adeguamenti dell’anzianità contributiva all’aumento della speranza di vita per l’accesso al pensionamento anticipato - indipendentemente dall’età anagrafica (art. 15) - e per i lavoratori precoci (art. 17), misure che dal punto di vista concettuale si prestano alle stesse criticità di Quota 100 (vedi oltre). In ogni caso, il complesso di tali misure contribuisce a ridurre, rispetto alle tendenze, l’età di pensionamento invertendo un positivo trend in atto da alcuni anni.

Età di pensionamento: confronti con l’Europa

9. Come si evince dai già citati dati INPS, a seguito della riforma Fornero l’età di pensionamento ha registrato una significativa crescita. Tra il 2011 e il 2018 l’età effettiva di pensionamento è passata, per le nuove pensioni liquidate nel settore privato, da 61,5 a 63,9 anni nel caso degli uomini e da 60,6 a 62,9 anni nel caso delle donne. Per quel che riguarda il requisito anagrafico, “Quota 100” viene dunque a ridurre di circa 1 anno e mezzo l’età di pensionamento per gli uomini e di quasi 1 anno per le donne e lo fa in un contesto che non sembra vedere l’Italia penalizzata, nel confronto internazionale, in termini di età di uscita dal mondo del lavoro. A tal riguardo, una comparazione su base tendenzialmente omogenea è possibile facendo riferimento ai dati OCSE, analizzati nell’ambito della pubblicazione Pensions at glance. Secondo le evidenze di tale studio, il quale presenta accanto all’età standard di pensionamento (intesa come età legale) una stima dell’età effettiva di uscita dal lavoro, nel 2016 l’Italia consentiva l’uscita a 62,1 anni per gli uomini e 61,3 anni per le donne, valori che si confrontavano con i 65,1 e 63,6 anni nella media dei Paesi OCSE. I Grafici 7 e 8 mostrano che nella realtà internazionale la distanza tra età effettiva ed età legale assume segno positivo (cioè si resta mediamente a lavoro oltre l’età standard) in 18 dei 35 Paesi dell’OCSE. L’Italia è, con Germania e Francia, nel gruppo dei Paesi dove l’età effettiva è inferiore a quella standard, e la distanza è la più ampia di quelle osservate (-4,4 anni per gli uomini e -4,2 anni per le donne).

GRAFICO 7

ETÀ MEDIA DI USCITA DAL MERCATO DEL LAVORO (2016): UNA COMPARAZIONE INTERNAZIONALE

GRAFICO 8

USCITA DAL MERCATO DEL LAVORO NEI PAESI OCSE: DIFFERENZA TRA ETÀ EFFETTIVA E “STANDARD”

(UOMINI;2016)

Fonte: OCSE

La platea dei beneficiari

10. Secondo le stime ufficiali (Relazione Tecnica (RT) al DL 4/2019), l’allentamento dei requisiti di accesso alla pensione di cui all’art. 14 (Quota 100) dovrebbe comportare un maggior numero di pensioni pari a 290 mila alla fine del 2019 e fino a poco meno di 360 mila alla fine del triennio 2019-21. A tale stima si perviene assumendo, per il primo anno, una “propensione al pensionamento” dell’85 per cento per il settore privato e del 70 per cento per il settore pubblico7. A ciò corrisponderebbe un onere aggiuntivo complessivo pari a 3,8 miliardi nel 2019 e fino a 8,3 miliardi nel 20218. Secondo la RT la distribuzione del numero di pensioni aggiuntive vedrebbe, in tutti e tre gli anni, la prevalenza di dipendenti del settore privato rispetto a quello pubblico (all’incirca due terzi contro un terzo) e, nell’ambito del settore privato, dei lavoratori dipendenti rispetto agli autonomi (54 contro 46 per cento)9. La RT non fornisce altri elementi informativi, né con riguardo alla distinzione per genere, né per sotto-settore dei principali comparti. Indicazioni aggiuntive rispetto a quelle della RT vengono dall’esame di un campione di posizioni contributive che l’INPS trasmette

7 Si assume invece del 100 per cento nel caso dei cosiddetti “silenti”.

8 La transitorietà della misura farebbe poi gradualmente scendere l’onere (fino a 1,5 miliardi nel 2028, ultimo anno per cui si forniscono valutazioni).

9 La Relazione tecnica stima anche gli effetti, sia in termini di numero che di onere finanziario, delle misure pensionistiche che si aggiungono a Quota 100 e che pure sono dettate dalla volontà di allentare i criteri previgenti: blocco dell’aumento del requisito contributivo per le pensioni anticipate indotto dall’aumento della speranza di vita, blocco dello stesso aumento per i lavoratori precoci, proroga dell’Anticipo pensionistico sociale (Ape sociale) e proroga di Opzione donna. Nel 2019 l’insieme di tali misure comporterebbe un aumento del numero di pensioni di circa 60 mila unità, con la conseguenza che la platea di beneficiari delle norme fin qui commentate passerebbe da 290 (Quota 100) a circa 350 mila nel 2019, da 330 a 391 nel 2020 e da 356 a 411 mila nel 2021.

annualmente alla Corte e sulla cui base sono state già svolte analisi specifiche confluite nei Rapporti sul coordinamento della finanza pubblica del 2017 e 2018. Da tale dataset si può stimare (sulla scorta di ipotesi semplificatrici, necessarie soprattutto perché i dati si riferiscono alla situazione di fine 2016 e vanno proiettati agli anni successivi) l’ordine di grandezza di alcuni altri elementi informativi, specie sulla composizione della platea potenziale. In generale tali stime confermano le indicazioni ufficiali fornite dalla RT; in particolare da esse si desume a) la forte prevalenza di lavoratori di sesso maschile (73 per cento); b) nell’ambito del lavoro autonomo, la tendenziale maggiore numerosità di commercianti ed artigiani, nell’ordine; c) per quel che riguarda il settore pubblico, un consistente numero di lavoratori del comparto scolastico (9 per cento del totale e quasi il 31 per cento del settore); un altrettanto rilevante numero di lavoratori degli Enti territoriali (15 per cento del totale e 53 per cento del settore), incluso il settore sanitario che fa capo alle Regioni10; per quanto riguarda, infine, la distribuzione per età, una relativa bassa quota di persone fino a 63 anni ed una maggioritaria quota di appartenenti alla classe tra 63 e 65 anni.

Le scelte di esercitare o meno l’opzione offerta da Quota 100 dipende anche dalla decurtazione dell’importo dell’assegno a cui il pensionato va incontro anticipando l’uscita dal lavoro11. Si consideri, a titolo di esempio, che nel caso di un 62enne con 38 anni di contribuzione e con carriera ad elevato grado di continuità di versamenti, con una retribuzione ora intorno ai 36 mila euro lordi annui, sarebbe in una situazione con circa 1/3 di pensione di natura retributiva e circa 2/3 di natura contributiva. In tal caso si può valutare che l’anticipo di cinque anni dell’età di pensione comporterebbe un taglio dell’assegno complessivo intorno al 30 per cento, di cui circa la metà derivante dal più basso coefficiente di trasformazione utilizzato per il calcolo della componente retributiva, una parte quasi altrettanto rilevante riveniente dai mancati incrementi – da nuovi versamenti - del montante contributivo nei cinque anni di anticipo e dalla rivalutazione, in quei cinque anni, del montante contributivo esistente al momento del pensionamento anticipato e, infine, una piccola parte dovuta alla possibile perdita sulla componente retributiva (lato retribuzione)

TAVOLA 4

FLUSSI MEDI DELLE PENSIONI DI ANZIANITÀ/ANTICIPATE LIQUIDATE NEL PERIODO 2008-2018

VECCHIAIA + ANTICIPATE(1) Numero Età media

Settore privato ex iNPDAP Totale Settore privato ex iNPDAP Totale

Media 2008-2011 339.362 85.543 424.905 61,0 61,0 61,0 Media 2012-2015 246.849 65.271 312.120 62,6 61,7 62,4 Media 2016-2017 265.065 74.637 339.702 63,4 62,2 63,1 Anno 2018 307.447 103.861 411.308 63,7 (2) (2) Pensioni di vecchiaia Media 2008-2011 177.526 21.996 199.522 63,2 64,2 63,3 Media 2012-2015 128.427 15.002 143.429 65,2 64,8 65,2 Media 2016-2017 120.021 11.760 131.781 66,5 65,6 66,4 Anno 2018 137.881 30.893 168.774 66,9 (2) (2)

10 L’elemento della composizione anche all’interno dei sottogruppi di lavoro dipendente e lavoro pubblico è interessante anche a motivo delle probabili diverse propensioni, oltre che possibilità, di lasciare il lavoro e delle diverse problematiche che lo svuotamento di organici potrà comportare. E’ del resto connessa anche a questi aspetti la decisione del legislatore di prevedere finestre mobili differenziate tra settore pubblico e settore privato.

11 Circa l’effetto che potrà giocare (e sta giocando) la circostanza che chi anticipa il pensionamento va incontro a un naturale taglio dell’assegno, può essere utile ricordare l’esperienza delle norme su “Opzione donna” le quali hanno consentito alle assicurate con un minimo di 57 anni di età e di 35 anni di contributi, di andare in pensione, in deroga alle nuove più stringenti norme generali, optando per il calcolo dell’assegno in regime integralmente contributivo e che sono state prorogate, con modifiche, dal DL 4/2019. Secondo le valutazioni dell’Inps presentate nel XV Rapporto annuale “anche per l’anno di picco solo il 20 per cento circa delle donne che avrebbero potuto esercitare l’opzione lo ha fatto”. La decurtazione media stimata dallo stesso Inps ammontava a “poco più del 35 per cento” (pag. 111).

SEGUE TAVOLA 4

VECCHIAIA + ANTICIPATE(1) Numero Età media

Settore privato ex iNPDAP Totale Settore privato ex iNPDAP Totale

Pensioni anticipate/anzianità(1) Media 2008-2011 161.836 63.547 225.383 58,6 59,8 58,9 Media 2012-2015 118.422 50.270 168.691 59,8 60,8 60,1 Media 2016-2017 145.044 62.878 207.921 60,8 61,6 61,1 Anno 2018 169.566 72.968 242.534 61,0 (2) (2) (1) Inclusi prepensionamenti.

(2) Al momento dell'approvazione del presente Rapporto il dato non è disponibile.

Fonte: elaborazione Corte dei conti su dati INPS

11. I cambiamenti normativi apportati negli ultimi 10 anni hanno segnato

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