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1.

Una Mafia globalizzata

Il tema della globalizzazione e delle sue conseguenza sulla vita degli individui è tanto attuale quanto controverso. Secondo alcuni la globalizzazione si riferisce alle nuove dinamiche di interdipendenza che sono emerse nei rapporti tra attori politici, sociali ed economici in ogni parte del Globo. Altri parlano di un processo lento e incostante, che si muove nella direzione di connettere ogni angolo del mondo. Quel che è certo è che la globalizzazione è un fenomeno tangibile che ha rivoluzionato la struttura sociale, politica ed economica del pianeta, anche se non sempre in maniera positiva. In politica si assiste ad un’evoluzione del ruolo dello Stato, che non è più un'autorità assoluta, ma che deve competere con nuovi attori politici, all’interno di un articolato sistema di leggi internazionali. Il Globo ha perso quelle caratteristiche di immensità e mistero che lo caratterizzavano, per diventare accessibile a tutti. Si è creata una nuova concezione di società, estranea ad una dimensione esclusivamente locale. Il nuovo villaggio globale in cui viviamo ha la caratteristica di rendere vicine realtà anche profondamente diverse. La globalizzazione ha creato un unico mercato, dal quale chiunque e da ogni parte del mondo può attingere. Offre moltissime opportunità economiche: permette di investire in ogni parte del globo, distribuisce i prodotti ovunque, consente di spostarsi per trovare nuove prospettive lavorative.

La globalizzazione si basa quindi sull’accresciuta mobilità di beni, servizi, informazioni e persone335. Non sempre questo ha costituito un bene: molti Paesi con economie fragili non hanno potuto evitare di ritrovarsi catapultati in un mercato troppo vasto e incontrollato. Gli squilibri hanno indebolito ulteriormente le istituzioni, rendendo questi paesi più vulnerabili ai commerci illegali336. Un dibattito ricorrente è proprio quello riguardante il rapporto che intercorre tra il processo di globalizzazione in atto e la criminalità organizzata transnazionale. La globalizzazione ha scardinato il

335 A. Schloenhardt, Organized crime and the business of migrant trafficking, op. cit., p. 209.

336 M. Berdal, M. Serrano, Transnational Organized Crime and International security. Business or

124 sistema in cui le organizzazioni tradizionali operavano. Chiaramente un mondo globalizzato e senza più frontiere può offrire molto alle organizzazioni criminali. Può fornire inoltre l’incentivo giusto alla criminalità nazionale per uscire dai confini statali ed espandersi anche sul mercato mondiale, cosa che non solo risulta più conveniente dal punto di vista economico-finanziario, ma sicuramente rende più complicato localizzare e catturare i criminali. Quel che è certo è che sicuramente il crimine organizzato si è adattato molto facilmente al nuovo assetto di cose. «I gruppi criminali – scrive Savona, direttore del centro studi Transcrime - che operano su mercati transnazionali, infatti, presentano delle caratteristiche peculiari quali la flessibilità e l’alto livello di organizzazione, che contribuiscono a complicare il lavoro delle autorità di investigazione e di tutti quegli organi e istituzioni che cercano di prevenire e contrastare le attività criminali337».

Il crimine, che prima si muoveva basandosi su relazioni personali, adesso riesce e penetrare i mercati dall’altro capo del mondo, con maggiori possibilità di sfuggire al dominio della legge. Le informazioni e le nuove tecnologie sono ormai alla portata di tutti e anche i gruppi mafiosi hanno approfittato di questo vantaggio, rivoluzionando i loro modus operandi, se non addirittura l’interno settore criminale.

Savona ritiene che la dissoluzione dei confini geografici abbia incentivato la migrazione338 e, in conseguenza, la diffusione transnazionale della criminalità. Per contrastare la disoccupazione, «i singoli paesi europei – scrive il professore - hanno emanato delle leggi che prevedono delle misure restrittive sull’immigrazione, e queste legislazioni hanno in qualche modo frenato anche il flusso di immigrati legali e di coloro che chiedono asilo politico339». Questo ha creato una vasta domanda di migrazione illegale, della quale le organizzazioni criminali hanno approfittato.

Secondo il professor Savona, la globalizzazione ha anche cancellato la barriera tra criminalità organizzata e criminalità economica, rendendoli due concetti in qualche modo sovrapposti. «La criminalità economica – spiega Savona - è cresciuta in maniera sempre più sofisticata ed organizzata, in conseguenza della maggiore complessità dei mercati economici nell’ambiente globale attuale, mentre i gruppi tradizionali di criminalità organizzata si sono diversificati, aggiungendo alle loro attività i reati economici più lucrativi e meno rischiosi. [...] Diversificare le attività criminali in

337 E.U. Savona, Processi di Globalizzazione e Criminalità Organizzata Transnazionale, op. cit., pp. 1-28. 338 Ibidem.

339

125 operazioni economiche in mercati legali assicura un profitto stabile che non crea sospetti, ma questo tipo di investimento è possibile solo se l’organizzazione criminale è in grado di trasformare la propria organizzazione in una struttura più flessibile ed efficiente340».

Uno strumento di cui il crimine organizzato si avvale sempre di più nel mondo globalizzato, specie per commettere reati economici, sono le reti informatiche. Non solo le nuove tecnologie consentono comunicazioni rapide, immediate e anonime anche a grandi distanze, ma consentono di rendere più sofisticata tutta una serie di attività illecite particolari, come ad esempio i giochi d’azzardo online, le scommesse clandestine etc. Il dato più preoccupante in tal senso, però, è la capacità delle organizzazioini criminali di riuscire a penetrare all’interno di sistemi informatici protetti, con conseguenze disastrose.

Gli effetti della globalizzazione sulla criminalità transnazionale sono diversi, in base al grado di sviluppo dei vari paesi. Le conseguenze economiche sono quelle più tangibili: «Per i paesi in via di sviluppo – spiega Savona - la globalizzazione ha portato ad una trasformazione da una economia locale verso mercati globali più aperti, ma ha anche portato ad una riduzione dei prezzi dei prodotti tradizionali, e quanto più questi mercati tradizionali diventano competitivi e i profitti vengono ridotti, tanto più diventano appetibili i profitti illeciti. Nonostante i paesi in via di sviluppo costituiscano un luogo di minori rischi per la criminalità transnazionale, la maggior parte degli introiti derivanti dalle attività criminali non rimane in questi paesi; infatti il denaro, una volta ripulito, confluisce nei conti correnti delle maggiori banche mondiali341».

La liberalizzazione economica è un aspetto fondamentale del processo di globalizzazione, in quanto ha materialmente reso possibile la creazione di un mercato globale. Una politica economica liberalizzata apporta indubbiamente enormi benefici agli individui, ma, se non adeguatamente regolata, può provocare svantaggi a lungo termine per gli Stati. Inoltre, a causa dell’interdipendenza globale, c’è il rischio che squilibri nazionali possano diventare vere e proprio pandemie. L’obiettivo della liberalizzazione è quello di aumentare la competitività, l’innovazione, ma riduce la capacità dello Stato di contenere le pressioni dei mercati esterni342. Espande le reti di

340 Ibidem. 341 Ibidem.

342 M. Berdal, M. Serrano, Transnational Organized Crime and International security. Business or

126 distribuzione, riduce i costi e innova le infrastrutture di trasporto, e di questo ne approfitta anche il commercio illegale343.

In definitiva possiamo affermare che la liberalizzazione ha ampliato il mercato dei beni di consumo considerati legali, riducendo gli incentivi ad un’attività criminale in questo ambito, ma d’altra parte ha anche facilitato gli scambi e i traffici di quei beni e servizi che tuttora rimangono illegali. E’ comunque vero che la liberalizzazione economica incentiva anche le relazioni politiche tra vari attori internazionali, creando un ambiente favorevole a intese e cooperazioni di più ampio respiro.

In generale non si può affermare che la globalizzazione o la liberalizzazione abbiano creato un nuovo tipo di crimine organizzato. Il mondo globalizzato è solo un nuovo scenario in cui le mafie già esistenti hanno imparato a vivere, addattandosi ed evolvendosi verso una dimensione transnazionale, ma non è in questo mondo che le mafie sono nate. Le organizzazioni criminali hanno approfittato della disomogeneità legislativa e della mancanza di coordinazione delle politiche di sicurezza dei vari paesi per “globalizzarsi”. Sono politiche poco accorte, lacune normative, conflitti etnici e politici gli elementi che permettono al crimine organizzato di insinuarsi, ed è su questi elementi che bisogna intervenire.

1.1 L’importanza della cooperazione nel Villaggio Globale

Grazie ai nuovi strumenti a disposizione nel mondo globalizzato, la cooperazione tra organizzazioni criminali continua a crescere costantemente. La convenienza porta le organizzazioni criminali a sviluppare le più improbabili cooperazioni, con le stesse motivazioni di un’azienda che opera nel mercato legale: maggior guadagno, minori costi e, in definitiva, minori rischi di uscire dal mercato344. Tuttavia, operando in un mondo anarchico com’è quello della criminalità, un incremento dei benefici può essere seguito non dalla diminuzione del rischio, ma semmai da un aumento dello stesso. Risulta più difficile tenere nell’ombra operazioni che coinvolgono un maggior numero di persone, e che violano più di una legislazione

343 Ivi, p. 40. 344

127 nazionale345. Al tempo stesso però, per uno Stato risulta complesso combattere un gruppo criminale vasto, mobile e con appoggi fuori dai confini nazionali.

La globalizzazione ha incentivato la creazione di networks criminali, rendendo le associazioni mafiose sempre più potenti, tanto da riuscire a condizionare conflitti interni, crisi politiche, addirittura guerre. Tuttavia, gli equilibri delle cooperazioni criminali sono altamente fragili, non esistono quei vincoli istituzionali che spesso, ma non sempre, arginano le complicazioni in politica. Problemi di cooperazione possono emergere quando vi sono eccessive diseguaglianze e dunque compensi asimmetrici346. Nel 1994 Sterling dichiarò che il mondo si stava evolvendo verso una Pax Mafiosa347,

all’interno della quale i conglomerati globali del crimine cooperavano per la creazione di stabili mercati criminali. I networks tra associazioni criminali vanno visti per lo più come accordi di convenienza, limitati, nel tempo e negli scopi, dal raggiungimenti di mutui benefici348. Non si tratta quindi di una cospirazione mondiale, di una pax mafiosa, ma più semplicemente di una guerra mafiosa, poiché questi accordi, non sono semplici da stipulare, né da mantenere. Non dimentichiamoci che si tratta di un mondo che cerca di vivere il più possibile in ombra, e le cui dinamiche non risultano mai totalmente evidenti.

L’espansione transnazionale della criminalità organizzata richiede una corrispondente espansione internazionale delle leggi, delle autorità investigative e della giustizia penale. Osservando le dinamiche cooperative tra associazioni criminali è possibile prendere spunto per ipotizzare un’adeguata risposta da parte delle istituzioni statali. Dopo tutto, anche le forze di polizia e le giustizie penali dei vari Stati possono avvalersi dei vantaggi offerti dal villaggio globale, per sviluppare delle cooperazioni che si basino su vincoli più saldi di quelli esistenti tra criminali. «Il problema è semplice - prosegue Savona -: i criminali si muovono a livello transnazionale, hanno già creato uno spazio internazionale, mentre investigatori e procuratori sono limitati dalla giurisdizione. I primi attraversano le frontiere senza documenti, mentre i secondi hanno bisogno dei lenti trattati di estradizione e delle rogatorie internazionali349».

Una cooperazione internazionale sul tema della prevenzione e della lotta al crimine, sebbene auspicabile, è impossibile, allo stato attuale delle cose. La discrepanza

345 Ivi, p. 72. 346 Ivi, p. 79. 347 Ivi, p. 67. 348 Ivi, p. 68. 349

128 tra ordinamenti legislativi diversi è uno dei principali ostacoli. L’armonizzazione legislativa dovrebbe essere il primo passo, ma gli Stati hanno non poche difficoltà a cedere una parte così importante della loro sovranità. «La giustizia penale – spiega Savona - rappresenta una sfera delicata dei governi nazionali poiché è direttamente coinvolta con la libertà degli individui e con il mantenimento dell’ordine sociale350». E se anche i governi rinunciassero a questa prerogativa, chi dovrebbe avere l’incarico di creare una normativa penale valida per tutti? Un organismo sovranazionale, che assicuri un risultato imparzialeattualmente non esiste, non a livello globale almeno. D’altro canto la logica intergovernativa che oggi si adotta non porta che ad azioni lente e i cui risultati sono limitati dai reciproci interessi. Il bene comune non sempre è un concetto univoco e, nei casi potrebbe diventarlo, viene troppo spesso scavalcato dall’interesse individuale.

Alcune forme di cooperazione in passato hanno dato importanti risultati, ma erano finalizzate ad un obiettivo limitato. Probabilmente è troppo presto per ipotizzare una cooperazione davvero globale su un tema tanto delicato, ma sarebbe più produttivo continuare a muoversi per obiettivi, allargando sempre di più il campo d’azione. «La cooperazione internazionale può diventare efficace e per questo legittimata soltanto se le attività alle quali dà luogo producono benefici a tutti i paesi, - conclude Savona - e quindi alla comunità internazionale, maggiori di quelli che un singolo paese potrebbe ottenere attraverso la sua azione individuale. Più i paesi diventeranno consapevoli delle difficoltà e dei costi di trattare individualmente problemi di giustizia penale, più guarderanno agli strumenti ed ai meccanismi della cooperazione internazionale come le soluzioni per i loro problemi e conseguentemente essi legittimeranno la cooperazione internazionale, che, a sua volta, più sarà legittimata dalla vasta partecipazione dei paesi, maggiormente sarà diventata efficace351».

2.

L’Europeizzazione contro la Mafia

Per regionalizzazione si intende «la tendenza verso forme di accordi commerciali preferenziali tra gruppi di nazioni appartenenti possibilmente a una particolare regione

350 Ibidem. 351

129 geografica»352. Per lungo tempo il termine regionalizzazione si è riferito per lo più a materie economiche, ispirando gli accordi che negli anni ‘50 hanno dato vita alla prima Comunità Economica Europea. Oggi si ritiene che questa impostazione appartenga al vecchio regionalismo, contrapposto a un nuovo regionalismo353, emerso con gli ultimi allargamenti dell’Europa e che trascende da considerazioni meramente economiche, ma punta a raggiungere una comunione d’intenti anche politici, sociali, civili. Il regionalismo, poi, può essere visto non come obiettivo ultimo, ma come una fase transitoria, di preparazione verso il multilateralismo per tutte quelle nazioni che hanno bisogno di emergere, ma che non sono ancora pronte a farlo su uno scenario globale. Una macroregione può essere l’incubatrice perfetta per alcuni scenari economici e politici in transizione, può fornire i giusti modelli e le giuste spinte, ma al tempo stesso può proteggere i suoi membri con accorgimenti che altrimenti non avrebbero. In questo senso la regionalizzazione può essere una risposta alla globalizzazione, confusa e impetuosa.

La regionalizzazione può, tuttavia, avere conseguenze negative. C’è il rischio, ad esempio, che possano essere esportati inconsapevolmente anche alcuni difetti strutturali del sistema. Oppure che l’ingresso di un nuovo membro all’interno di una macro regione, e quindi l’abbattimento delle barriere, renda quest’ultimo particolarmente vulnerabile a fenomeni criminali, o che perlomeno favorisca i networks tra diverse organizzazioni, dentro e fuori dai confini nazionali. Ovviamente può avvenire anche il contrario, a discapito dei Paesi già membri.

In Europa un processo di regionalizzazione è in atto da oltre mezzo secolo e, seppur lentamente, sembra dare i suoi frutti coinvolgendo paesi diversi, un tempo nemici, ma oggi pronti a intraprendere un cammino comune. Per Europeizzazione alcuni autori indicano il processo attraverso il quale gli Stati adottano le regole dell’Unione Europea, non con una mera trasposizione delle normative europee all’interno degli ordinamenti statuali, ma con una interiorizzazione e condivisione delle stesse.354 Per Europeizzazione però, può intendersi anche un processo inverso, ossia un adattamento, un modellamento dell’Unione volto ad accogliere nuovi attori, con culture e situazioni interne differenti. Questo processo può essere guidato dall’Unione Europea, dall’esterno quindi, oppure dall’interno, attraverso gli attori domestici, ma i risultati più importanti ci sono quando avviene spontaneamente, per quanto

352

G. Meloni, Wider Europe: the influence of the EU on neighbouring Countries. The case of Russia and

Ukraine. Firenze, European University Institute, 2007, p. 16.

353 Ivi, p. 17.

354 F. Schimmelfennig, U. Sedelmeier, The Europeanization of Central Eastern Europe, New York,

130 stimolato. L’armonizzazione e la convergenza delle norme degli Stati membri, sono solo una conseguenze del processo.

Le ultime due ondate di allargamento dell’Unione hanno delineato nuove sfide per la stabilità stessa della Comunità, portando l’Unione Europea a riconsiderare alcune delle sue strategie interne e di vicinato. L’ingresso nell’Unione è condizionato dal raggiungimento di determinati obiettivi, non ultimi la lotta al crimine organizzato e alla corruzione. L’ingresso di questi paesi ha certamente favorito una più libera diffusione del crimine dell’Est in tutta l’Europa. Questo ha ribaltato le dinamiche criminali e ha fatto entrare in competizione mafie di diversa provenienza, rovesciando anche i rapporti di forza tra le stesse. Molte mafie balcaniche ad esempio, hanno assunto un ruolo predominante in Italia, in collaborazione con le tradizionali organizzazioni criminali italiane o, talvolta, a scapito delle stesse.

D’altro canto però, le recenti missioni portate avanti dall’Unione Europea, o le operazioni di polizia hanno avuto un incredibile successo grazie agli sforzi congiunti dei vari paesi. Si tratta di risultati tangibili. Nella maggior parte dei paesi dell’Est le cose sono migliorate negli ultimi 15 anni, specie da quando hanno cominciato un percorso d’integrazione nell’Europa Unita. «Indubbiamente – scrive Roberto Spagnoli - il fatto di sentirsi parte integrante dell'Unione europea per i paesi che hanno fatto il loro ingresso recentemente e anche per altri che hanno aspettative concrete di entrare a farne parte ha senza dubbio giovato»355.

La cooperazione, elemento imprescindibile nella lotta al crimine transnazionale, è più semplice a livello regionale, che globale. Una comunità più piccola, controllata, che già condivide valori e normative, può offrire interessanti modelli di lotta al crimine. La cultura europea della legalità, svincolata da logiche nazionalistiche e conflittuali, deve rendere comunitari non solo i principi astratti, ma anche i problemi, e facilitarne così la risoluzione.

355

131

Conclusioni

Il crimine organizzato transnazionale è una delle più gravi piaghe dell’epoca moderna. Tuttavia, come disse Giovanni Falcone, «non è un cancro proliferato per caso su un tessuto sano. Vive in perfetta simbiosi con la miriade di protettori, complici, informatori, debitori di ogni tipo, grandi e piccoli maestri cantori, gente intimidita o ricattata che appartiene a tutti gli strati della società». Si nutre dello stesso organismo che attacca.

E’ indubbio che il crimine organizzato abbia imparato a cavalcare la globalizzazione, ad approfittare della natura fluida della modernità356 meglio di altri attori politici. Secondo alcuni il TOC non è che un prodotto della globalizzazione. Forse è una forma di globalizzazione deviata, il lato oscuro della modernità, usando le parole di Alexander357. Ma è più probabile che sia un costrutto sociale, non molto difforme da quello della legalità. La differenza è che il mondo delle mafie è anarchico, imprevedibile, spesso violento. Anche all’interno di uno spazio legale le garanzie per gli individui sono spesso insufficienti, ma questa non è la regola. Lo Stato, per sua natura, è un’entità imperfetta: non può occuparsi di tutti gli aspetti della vita dei cittadini, mantenendone al tempo stesso le inviolabili libertà. Per questo è difficile, forse impossibile, che il crimine scompaia del tutto. Esiste un limite tollerabile per ogni Stato, e la chiave di volta è riuscire a capire quale sia, prima che il crimine riesca ad intaccare e distorcere la stessa struttura democratica358.

La sfida per l'Europa, oggi, sembra essere proprio questa: offrire sicurezza ai propri cittadini, sopperendo alle mancanze dei singoli Stati, senza allo stesso tempo minare le libertà acquisite dai singoli. Perchè questa non resti solo un’utopia è necessario che tutti gli attori in gioco si alleino, creino sinergie che vadano al di là di una semplice armonizzazione legislativa. Al crimine globale bisogna contrapporre una globalizzazione della legalità359. Il dovere degli Stati è di creare alternative alla mafia. La ragione principale del successo del crimine organizzato è la sua efficienza, che

356

Z. Bauman, Modernità liquida, Roma- Bari, Laterza, 2006.

357 J. C. Alexander, The dark side of modernity, Cambridge, Polity Press, 2013.

358 A. Šelik, A. Završnik, Crime and transition in Central and Eastern Europe, op. cit., p.172.

359 L. Caracciolo e F. Maronta, Intervista a Petro Grasso, Alla riconquista delle terre di mafia, in “Limes”,

132 produce consensi e diventa cultura. Ciò che l’Unione Europea deve fare è fornire gli strumenti perchè gli Stati possano agire, abbandonando logiche nazionali.

La lotta al crimine organizzato non può essere vinta con strategie di contrasto, di repressione. Perchè la mafia si ritiri bisogna renderla superflua. La creazione di uno