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marzo 2012 il Parlamento europeo ha istituito una commissione parlamentare speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio d

Politiche europee per la tutela della legalità

Il 14 marzo 2012 il Parlamento europeo ha istituito una commissione parlamentare speciale sulla criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio d

denaro. La commissione aveva il compito di svolgere delle indagini e di reperire dati sull'infiltrazione della criminalità organizzata nell'economia legale, nella pubblica amministrazione e nella finanza, sia svolgendo visite in loco, sia mettendosi in comunicazione con tutti i soggetti coinvolti nel problema, dalle vittime ai giudici, in ogni parte del mondo.

Nell’ottobre del 2013 è stata approvata dal Parlamento europeo una risoluzione con lo scopo di incentivare la repressione della criminalità organizzata, la corruzione e il riciclaggio di denaro nei Paesi dell’Unione. Ancora una volta, però, si è trattato di uno strumento non legislativo, quindi senza alcun potere vincolante per gli Stati. Questa risoluzione, che mantiene comunque un importante valore politico, è stata il prodotto di una lunga riflessione in seno al Parlamento europeo, volta a fornire un piano d’azione dettagliato per rispondere alle minacce criminali. La risoluzione intende fornire una bussola per orientarsi in maniera tempestiva e precisa, mettendo ordine in un quadro dalle tinte troppo confuse. Prevede alcune misure non soltanto per scovare e smantellare le organizzazioni, ma anche per il recupero delle ricchezze accumulate illegalmente dai

147 Parlamento italiano, La politica dell'Unione europea in tema di lotta alla criminalità organizzata, op.

cit.

54 gruppi criminali. Si legge a proposito, nell’articolo di Anna Costigliola149, che questo piano d’azione riconosce la seria interdipendenza tra varie attività criminali, come il riciclaggio e la corruzione, che proprio per questa loro mutua riconducibilità prevedono azioni mirate, reattive e preventive. «I parlamentari europei – scrive Costigliola - propongono di interdire a tutte le persone condannate in via definitiva per criminalità organizzata, corruzione o riciclaggio la partecipazione a tutti gli appalti pubblici nell’intera Ue, come pure la possibilità di candidarsi o svolgere una funzione pubblica150». Il Parlamento propone, inoltre, di creare una procura europea per coordinare le indagini verso tutte quelle azioni che generano una limitazione alla libertà, ai diritti e alla sicurezza dei cittadini europei, e che ledono le finanze dell’Unione. La proposta forse più interessante è l’introduzione di una legislazione comune tra i Paesi membri, con sanzioni più severe e una maggiore protezione per le vittime, al fine di coordinare meglio le azioni comuni nell’ambito di una politica globale coerente.

Quello che a questo piano manca è, come sempre, la definizione di mezzi concreti per il raggiungimento di obiettivi che nel corso degli anni diventano sempre più precisi ed ambiziosi.

3.

Agenzie europee per la lotta al crimine

Per quanto riguarda gli altri attori europei con giurisdizione in materia, essi sono notevolmente aumentati nel corso degli ultimi anni (Europol, Eurojust, Frontex, the European judicial network, the European Task Force of Police Chiefs, the European Police College and OLAF)151, così come le loro competenze. Il loro compito è quello di favorire l’avvicinamento delle legislazioni in materia e di accelerare la cooperazione tra Stati membri152. Si tratta, in generale, di agenzie decentrate, con compiti tecnici e scientifici di supporto alle istituzioni Europee che dovranno poi redigere le politiche.

149

A. Costagliola, Lotta al crimine organizzato: approvato piano d’azione dell’Unione europea, 28 ottobre 2013, Diritto.it

150 Ibidem.

151 H. C. Carrapico, The European Union and Organized crime: the securitization of organized crime and

its embedment in the construction of a risk-based security policy, op. cit., p. 15.

152

55 Esse cercano anche di colmare la distanza tra gli Stati e l’Europa, fornendo un tramite e reclutando gli individui specializzati col supporto dei governi nazionali. Le agenzie decentrate, proprio per queste loro caratteristiche, hanno sedi in vari Paesi dell’UE, e vengono istituite per un periodo indeterminato di tempo. Le maggiori agenzie che si occupano della lotta alla criminalità organizzata transnazionale, e non solo, sono EUROPOL, EUROJUST, FRONTEX.

EUROPOL, o Ufficio Europeo di Polizia, nato nel 1994, é entrato in funzione il 1° luglio del 1999, a seguito della ratifica della convenzione EUROPOL da parte di tutti gli Stati membri, e il 1° gennaio del 2010 è diventato un'agenzia dell'UE. Il suo scopo è quello di fornire informazioni, dati e supporto tecnico per agevolare le investigazioni da parte dei governi nazionali. L'agenzia è incaricata dello scambio di informazioni tra Stati, mediante la “Rete protetta per lo scambio di informazioni” (SIENA). Si propone l’obiettivo ultimo di migliorare l'efficienza delle autorità di pubblica sicurezza dell'UE e la cooperazione reciproca intervenendo in questi settori: traffico di stupefacenti, terrorismo, organizzazione clandestina di immigrazione, tratta di esseri umani e sfruttamento sessuale di minori, contraffazione e pirateria di prodotti, riciclaggio di denaro, contraffazione di denaro. EUROPOL si occupa anche di redigere relazioni strategiche e analisi dei reati sulla base di informazioni d’intelligence fornite dagli Stati membri, o prodotte da EUROPOL stesso, promuovendo anche l'armonizzazione delle tecniche investigative e della formazione delle autorità di polizia all'interno degli Stati membri.

EUROJUST è stato creato con decisione del Consiglio nel 2002, con il compito di fornire supporto legale e materiale nell’implementazione delle richieste di estradizione, agevolando la prestazione dell’assistenza giudiziaria internazionale e l’esecuzione dei mandati d’arresto europei. EUROJUST si compone di 28 membri nazionali, uno per ciascuno Stato membro dell’UE. Si propone di rafforzare la lotta contro le forme gravi di criminalità e di favorire il coordinamento di indagini e procedimenti giudiziari fra gli Stati membri dell’UE. L’agenzia stimola l’efficienza delle autorità nazionali responsabili delle indagini e dei procedimenti giudiziari contro le forme gravi di criminalità organizzata e transfrontaliera, tra cui anche il terrorismo, la tratta degli esseri umani, il traffico di droga, la frode e il riciclaggio di denaro sporco.

56 EUROJUST garantisce infine lo scambio d’informazioni fra le autorità competenti e le assiste affinché si realizzi la migliore cooperazione possibile153.

FRONTEX è stata istituita nel 2004, con il compito di incoraggiare la cooperazione materiale tra gli Stati membri, organizzare delle missioni in loco e aiutare gli Stati nelle emergenze alle frontiere. Ha anche il compito di assistere gli Stati dell’UE nella formazione dei membri dei corpi di polizia di confine, elaborando norme comuni a tal fine. Si occupa, inoltre, di redigere analisi dei rischi, conducendo ricerche proprie. FRONTEX opera in stretto collegamento con altri organismi comunitari come EUROPOL, CEPOL, OLAF, per non intaccare la coerenza complessiva del sistema. Recentemente, dopo la riforma di FRONTEX nel 2011, all’agenzia è stato dato anche il compito di sviluppare un sistema informativo in grado di favorire lo scambio di informazioni tra i Paesi membri, in relazioni a minacce alla sicurezza interna degli stessi, oltre che dell’Unione in generale. FRONTEX ha adesso anche il compito di fornire il necessario supporto per lo sviluppo di di azioni coordinate154 di controllo dei confini.

CEPOL, Accademia europea di polizia, è un’agenzia istituita dal Consiglio nel 2005. CEPOL riunisce alti funzionari delle forze di polizia di tutta Europa per incoraggiare la cooperazione transfrontaliera in materia di lotta alla criminalità e per il mantenimento della sicurezza e dell'ordine pubblico.

OLAF, è l’Ufficio europeo per la Lotta Antifrode, istituito dalla Commissione Europea nel 1999.

Infine, l’Agenzia europea per la difesa (AED), istituita dal Consiglio dei ministri, è nata al fine di promuovere la cooperazione europea in materia di armamenti per la difesa e la ricerca scientifica in questo settore.

4.

Missioni europee nell’area di sicurezza e giustizia.

Le missioni condotte dall’Unione Europea possono essere di tipo militare e non. Quelle militari sono in larga parte portate avanti con la cooperazione della Nato. Tra le missioni non militari le più importanti sono senza dubbio quelle di polizia, che spesso

153

Dati disponibili sul sito Europa.Eu.

57 subentrano a precedenti operazioni militari, per garantire la stabilità di un territorio155 dopo un conflitto.

L’operazione Mirage ha avuto inizio il 7 settembre 2002. Per circa una settimana dieci nazioni del sud est Europa hanno contrastato il traffico di esseri umani e la migrazione illegale. L’operazione è stata portata avanti in maniera congiunta dai membri del SECI regionale (Centre for Combating Transborder Crime), creato nel 1999 all’interno del più ampio SECI (Southeast European Cooperative Iniziative), con lo scopo di aumentare la cooperazione nell’area dellEuropa sud-orientale, specie nel campo delle forze di polizia156.

La missione di polizia EUMP (European Union Military Police), in Bosnia- Erzegovina ha avuto inizio il 1° gennaio 2003. Si prefiggeva lo scopo di «accrescere le capacità operative e manageriali della polizia bosniaca tramite attività di formazione, monitoraggio ed ispezione»157. L’intervento mirava anche a stimolare una migliore amministrazione della giustizia, sia in termini d’efficienza burocratica che d’imparzialità. Oltre trenta Paesi hanno partecipano a questa missione, quindi anche Paesi non membri dell’Unione Europea, per un totale di circa 500 ufficiali di polizia.

La missione di polizia EUROPOL Proxima è iniziata in Macedonia il 15 dicembre 2003, subentrando alla precedente operazione militare Concordia, condotta in cooperazione con la Nato. Secondo un rapporto dell’Istituto Affari Internazionali, «anche la missione Proxima aveva per scopo quello di monitorare, istruire e fornire consulenza alla polizia locale, in modo da allinearla agli standard delle polizie occidentali e metterla in condizione di contrastare efficacemente la criminalità organizzata. Il personale impegnato nella missione è stato di circa 200 uomini, in rappresentanza di tutti i paesi membri dell’Unione Europea e di altri paesi terzi»158.

EUROJUST ha condotto una missione in Georgia, Themis, che non è stata una missione di polizia, ma di promozione dello stato di diritto attraverso accademici e professionisti, inviati in loco per fornire assistenza e consulenza.

Tuttavia, è in particolare il FRONTEX che, dal 2005, ha portato avanti numerose missioni in Africa, nel Mediterraneo e in Europa, suscitando spesso parecchie

155 M. Comelli, F. Di Camillo, G. Gasparini, Prospettive della politica europea di sicurezza e difesa. Le

missioni e l’Agenzia europea di Difesa, Roma, Istituto Affari Internazionali(IAI), 2004, p. 5.

156 G. Papanicolaou, Transnational Policing and sex trafficking in southeast Europe, New York, Palgrave

Macmillan, 2011, p. 2.

157 M. Comelli, F. Di Camillo, G. Gasparini, Prospettive della politica europea di sicurezza e difesa. Le

missioni e l’Agenzia europea di Difesa, op. cit., p. 6.

58 polemiche per la sua condotta. Le modalità d’intervento FRONTEX comprendono due tipologie di missione, le Rabit (Squadre di intervento rapido alla frontiera) e le JO (Joint operation). Le missioni Rabit intervengono per un periodo limitato di tempo su richiesta di uno Stato membro che si trovi ad affrontare problemi alle frontiere urgenti, quali ad esempio un afflusso massiccio di clandestini. Le JO invece hanno una durata più lunga e una specifica strategia di ripristino della sicurezza alle frontiere.

Dal novembre 2010 al marzo 2011 FRONTEX ha condotto missioni nell’area del fiume Evos, nella Macedonia dell’Est e in Tracia, sulla base del suo Annual Risk

Analysis (ARA) per il 2012. L’analisi mostra come la migrazione illegale dalla Turchia

coinvolga molti Paesi dell’Est Europa, Ucraina, Albania, Macedonia, Grecia, per arrivare fino in Italia. Si è deciso di intervenire in quest’area a seguito di una richiesta da parte delle autorità greche, nell’impossibilità di fronteggiare un massiccio arrivo di migranti clandestini dalla Turchia. All’inizio è stato predisposto un intervento Rabit159 di 4 mesi, seguito poi dalla JO Poseidon, una missione con lo scopo di aumentare il livello di sorveglianza dei confini del sud est Europa, via mare e via terra. Tuttavia questo intervento è stato aspramente criticato da alcune NGO, in particolare Human Rights Watch160, che ha pubblicato un lungo e interessante rapporto dal titolo "The EU’s Dirty Hands: Frontex Involvement in Ill-Treatment of Migrant Detainees in Greece", il 21 settembre 2011. Secondo il report, migranti sono stati trasportati verso centri detentivi in Grecia e sono stati sottoposti, tramite interrogatori, a screening (determinazione della loro nazionalità) e de briefing, (domande circa eventuali collegamenti con organizzazioni criminali). Questi interrogatori, lo screening in particolare, è risultato essere lesivo dei diritti dei migranti. I centri detentivi, inoltre, non erano nelle condizioni di poterli accogliere con la dignità che meritavano e il FRONTEX era ben consapevole di questo, poiché vi aveva condotto ispezioni poco prima dell’inizio delle operazioni. Per finire, i migranti non sono stati informati della possibilità di poter richiedere protezione umanitaria, e solo pochi di essi, in effetti, lo hanno fatto.

Le spiegazioni in merito non sono state particolarmente esaustive. Le autorità greche avevano il comando dell’operazione e sono state indicate come le principali responsabili dell’accaduto, poiché FRONTEX può agire solo sotto il comando dello Stato ospitante. Tuttavia è improbabile che uno Stato che ha fatto espressamente

159 R. L. Holzhacker, Freedom, Security and Justice in the European Union, op. cit., p. 80. 160

59 richiesta di aiuto si trovi nelle condizioni di agire autonomamente e inoltre non è mai emersa una chiara catena di comando con al vertice le autorità greche.

Le critiche verso alcune missioni del FRONTEX non sono arrivate solo dalle organizzazioni umanitarie. Molti accademici si sono scagliati contro le basi legali su cui FRONTEX opera, definendole “precarie”161. In risposta il Consiglio Europeo ha approvato una decisione con la quale ha definito supplementi al Shengen Borders Code, per i controlli ai confini, e ribadito la necessità di rafforzare le misure a disposizione di FRONTEX. Il chiaro scopo della decisione è quello di fornire un più chiaro background legale per le JO FRONTEX e di favorire un maggiore coordinamento tra le azioni dell’Agenzia e quelle degli Stati162.

5.

Prospettive future

Il crimine organizzato è un’attività dinamica per natura. Non ci sono confini e barriere ad arginarlo. E’chiaro quindi che, se i governi agiscono individualmente, non possono affrontare il problema adeguatamente. Coordinare le azioni e le forze rappresenta oggi la maggiore sfida, non sono per i governi, ma per le società in generale163. Le azioni dei singoli Stati hanno limiti evidenti e risultano troppo ancorate a logiche nazionali. Le operazioni congiunte poi, se ci sono, necessitano di lunghe tempistiche e spesso anche di compromessi. Le legge non ha la stessa libertà di movimento dei criminali. La diversità normativa è forse il primo ostacolo alla creazione di un unico sistema giudiziario europeo. Senza contare che spesso un maggiore coordinamento delle operazioni ridurrebbe i costi per le singole nazioni. Gli obiettivi finali da raggiungere, tutti già in fase di implementazione per il vero, sono quindi una completa armonizzazione legislativa in materia di lotta al crimine, il mutuo riconoscimento da parte degli Stati membri delle procedure giudiziarie degli altri Stati sui crimini internazionali e lo sviluppo di processi di decision-making più rapidi ed efficienti, anche a scapito, talvolta, del carattere intergovernativo. I mezzi per raggiungere questi obiettivi sono senza dubbio il supporto tecnologico, necessario a

161

Ivi, p. 85.

162 Ivi, p. 86.

163 A. Edwards, P. Gill, Transnational Organised Crime, perspective on global security, Londra,

60 facilitare lo scambio di informazioni, e mezzi efficaci per coordinare le azioni oltre confine. Infine è necessaria una strategia politica comune.

In generale ogni nazione determina le sue priorità in maniera unilaterale. Le informazioni sono parzialmente disponibili agli altri Stati e non c’è una reale politica interna europea contro il crimine. Lo scambio di informazioni è il primo step di una cooperazione multilaterale. Le difficoltà che incontrano i governi europei nell’assumere decisioni puntuali e concordate in merito all’impiego della forza, unitamente alle ben note carenze in termini di capacità militari, hanno portato diversi commentatori a considerare l’Unione un attore sostanzialmente irrilevante sulla scena mondiale164. Per dissolvere questo scetticismo l’UE deve mostrarsi un partner credibile, dotato di capacità e di volontà politica, e pronto a cogliere tutte le opportunità di collaborazione, nel rispetto della reciproca autonomia decisionale.

Vi sono dei principi cardine da tenere in considerazione nel mettere a punto una strategia di lotta al crimine che sia coerente e concertata. Prima di tutto non può essere creata un’area di giustizia senza considerare prioritaria la sicurezza degli individui. Bisogna dare ai cittadini un senso comune di giustizia attraverso l’Unione Europea. Ciò significa che gli individui devono avere la garanzia che i loro diritti verranno rispettati in ugual maniera, indipendentemente dal Paese membro nel quale si trovano. Allo stesso modo, il comportamento criminale, contrario ai valori proclamati dall’Unione, deve essere perseguito e sanzionato con la stessa rigidità dovunque in Europa165. Perlomeno, come ha statuito il Consiglio Europeo di Tampere, con riferimento ad alcune limitate aree criminali, di particolare rilevanza transnazionale. L’Unione Europea non può autolimitarsi nell’avanzamento della legislazione e della cooperazione giudiziaria tra Stati membri. Sancite le sue priorità nel campo della giustizia e degli affari interni, deve incorporarli nel suo piano strategico, specie in quelle a lungo termine. Queste strategie e progetti non devono limitarsi ai Paesi membri, ma anche a quelli candidati a diventarlo.

E’ enorme il divario tra ciò che l’Unione potrebbe fare con un più alto livello d’integrazione politica e ciò che oggi è, uno strumento ibrido, non una federazione, non una confederazione, con enorme potenziale non sfruttato. Sembrano inutili discorsi del genere in un momento in cui, con la crisi sempre dietro l’angolo, l’Europa Unita non dà

164 M. Comelli, F. Di Camillo, G. Gasparini, Prospettive della politica europea di sicurezza e difesa. Le

missioni e l’Agenzia europea di Difesa, op. cit., p. 10.

165 B. Ruyver, G. Vermeulen, T. Beken, Strategies of the EU and the US in combating Transnational

61 più fiducia e sicurezza. Me è proprio sull’Europa che bisogna puntare per risollevarsi. E’indubbio che l’Unione ha fornito stimoli, talvolta malvisti dai governi nazionali, per correggere le singole politiche interne al fine di renderle più efficienti nel contrasto alla criminalità, sempre più spesso indistinguibile dalla politica. L’Unione dovrebbe, a mio avviso, continuare su questa strada e diventare sempre più incisiva. Bisogna superare gli ostacoli strutturali, connessi ai processi decisionali. La regola della maggioranza dovrebbe diventare routine anche per i temi più delicati, sempre nel rispetto dei valori dei Trattati e sotto l’occhio vigile della Corte di Giustizia. E’ necessario cominciare a pensare in chiave sovranazionale ed educare le giovani personalità politiche europee a farlo.

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Capitolo 3