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1.3. GIUSTIZIA PENALE CEDU ED ORDINAMENTI NAZIONAL

1.3.5. LA CRISI DEL GIUDICATO: CENN

Come si è accennato, <<qualsiasi sentenza della Corte europea che accerti una violazione pattizia posta in essere dall’autorità giudiziaria verrà sempre fisiologicamente a collidere con un giudicato nazionale>>. 301 Da ciò, la necessità di rimettere in discussione, ed in determinati casi di superare, l’ accertamento contenuto nella sentenza divenuta irrevocabile. Il giudicato non è più, così, un limite ultimo ed invalicabile ma tende ad assumere una dimensione sempre più flessibile e dinamica, tanto da aver indotto molti 302 a parlare di una vera e propria “crisi del giudicato”, quantomeno nella sua fisionomia tradizionale. Il fenomeno, in realtà, non è nuovo, visto che la necessità di soddisfare esigenze di giustizia sostanziale aveva già suggerito, nel 1998, al legislatore della riforma del codice di rito di <<aprire significative brecce nel muro del giudicato penale>>303 consentendo, ad esempio, di applicare in executivis la disciplina del cumulo giuridico delle pene in caso di concorso formale o reato continuato o, ancora, di scomputare dal quantitativo di pena da scontare i periodi di cd. presofferto; tutti interventi, questi, che rimodulano, quoad poenam, il contenuto della sentenza definitiva. E’ innegabile, tuttavia, che, negli ultimi anni, il processo di <<sgretolamento del Totem della cosa giudicata>>, 304 abbia subito una considerevole accelerazione, che solo in parte si coglie guardando al profilo dei rapporti tra ordinamento interno e circuiti di giustizia sovranazionali; <<la caduta del tabù>> 305 è dovuta, infatti, tanto a fattori “endogeni”306 quanto a motivi “esogeni”, che, pur diversissimi, sono accomunati da un dato generale: ove,

300 In questo senso, QUATTROCOLO, Serena. La “vicenda Drassich” si ripropone come

crocevia di questioni irrisolte, Nota a Cass. Pen., sez. II, 12 settembre 2013, n. 37413 in

www.penalecontemporaneo.it, p. 163. 301 LONATI, op. cit., p. 4.

302 Si veda, ex plurimis, CAPRIOLI, op. cit., p. 3 303 CAPRIOLI, op. cit. p. 4..

304 Secondo la felice metafora di Paola BALDUCCI. 305 Ancora espressione di Paola BALDUCCI.

306 Il riferimento non può non andare ad alcune recentissime pronunce della Cassazione penale e, soprattutto, alla sentenza 42858/2014 in cui si è affermato che << successivamente ad una sentenza irrevocabile di condanna, la dichiarazione di illegittimità costituzionalità di una norma penale diversa dalla norma incriminatrice, idonea a mitigare il trattamento sanzionatorio, comporta la rideterminazione della pena, che non sia stata integralmente espiata, da parte del giudice dell’esecuzione>>.

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per qualche ragione, l’an o il quantum della pena da scontare fossero ingiusti, la condanna sulla cui base l’espiazione ha avuto inizio, va rimessa in

discussione. Per l’attinenza al tema del presente lavoro si abbozzeranno,

comunque, qui di seguito, solo i “fattori esogeni” della “crisi del giudicato”. Come si è detto più volte, le sentenze della Corte di Strasburgo intervengono a “ricorsi interni esauriti” e, quindi, quando il giudicato è, ai sensi degli artt. 648 e 650 c.p.p., formato; inoltre, come detto, eseguire le sentenza di Strasburgo significa, in taluni casi, dover riaprire o ricelebrare il processo, quid est superare una sentenza irrevocabile. Considerando assieme queste asserzioni, il risultato non può che essere uno: il giudicato interno deve cedere davanti alla sentenza della Corte EDU che lo abbia ritenuto ingiusto per violazioni “sostanziali” o “processuali” tanto gravi da inficiare la fairness della sentenza definitiva. <<La fondamentale “sentenza Cat Berro”, che ha ritenuto che lo strumento più acconcio per determinare l’eseguibilità di una condanna interna riportata all’esito di un processo ritenuto iniquo dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, fosse l’incidente di esecuzione, […] ha fissato in linea di principio la vulnerabilità del giudicato, individuando il percorso per eliderlo o revocarlo del tutto>>. 307 Con la “sentenza Somogyi”, secondo cui <<qualsiasi sentenza della Corte di Strasburgo che accerti una violazione dell’art. 6 C.e.d.u. posta in essere dall’autorità giudiziaria nazionale verrà sempre, inevitabilmente, fisiologicamente (e quindi istituzionalmente) a collidere con un giudicato nazionale>> è, poi, <<la tangibilità di quest’ultimo a dover essere affermata, anche perché lo stesso principio di intangibilità, giuste le previsioni della revisione e del ricorso straordinario ex art. 625 bis c.p.p., nel nostro ordinamento giuridico, non è poi così assoluto>>. 308 Infine, con l’ introduzione della cd. revisione europea, si può dire che il principio di “tangibilità” del giudicato si sia oramai istituzionalizzato e che quello delle sentenze penali di condanna sia divenuto una sorta di “giudicato allo stato degli atti”, 309 sempre pronto a cadere, nelle forme ed alle condizioni viste, qualora la Corte di Strasburgo, sempre più un “quarto grado di giudizio” 310 dovesse ravvisarne l’iniquità. Tutto ciò comporta un grande pregio ed un

307FURFARO, Sandro, Il mito del giudicato ed il dogma della legge, la precarietà della

certezza giuridica, in www.archiviopenale.it , p. 14. 308FURFARO, ibidem.

309 Sul punto v., amplius, CAPRIOLI, op. cit. p. 110 e ss.

310 Si veda il titolo del saggio, più volte citato, di CAIANIELLO, “Terzo e quarto grado di giudizio. Ovvero, quando c’ è chi cassa la Cassazione”. Questa trasformazione pone, invero, complessi problemi ordinamentali che, tuttavia, non possono, in questa sede, venire analizzati.

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grande difetto: una sempre maggiore protezione dei diritti umani ma anche una sempre minore certezza del diritto. Eppur tuttavia, come recita la Cassazione Drassich del 2009, <<nel bilanciamento di valori costituzionali, da un lato, quello della funzione del giudicato e, dall’ altro, quello del diritto a un processo equo e a una decisione resa nel rispetto di principi fondamentali e costituzionali posti a presidio del diritto a interloquire sull’ accusa, non può che prevalere quest’ ultimo>>. Insomma, <<tramontata la stagione delle sentenze irrevocabili destinate a facere de albo nigrum,311 nell’attuale assetto normativo “il giudicato diviene istituto flessibile, malleabile, aperto alle verifiche qualora ve ne sia comprovata necessità in bonam partem”: disegnando “un vero e proprio sistema di rimedi revocatori del giudicato penale”, la legge processuale “punta a moltiplicare gli antidoti alla decisione

iniqua”, con l’effetto di piegare “la naturale tendenza autoconservativa del

giudicato alle esigenze di giustizia sostanziale” >>. 312

311 Il riferimento è al noto brocardo latino: res iudicata facit de albo nigro, originem creat,

aequat quadrata rotundis, naturalia sanguinis vincula et falsum in verum mutat.

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