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1.3. GIUSTIZIA PENALE CEDU ED ORDINAMENTI NAZIONAL

1.3.3. LA RIAPERTURA DEL PROCESSO INGIUSTO: PROFILI COMPARATISTIC

Analizzando maggiormente da vicino le soluzioni adottate negli ordinamenti delle Alte Parti Contraenti, si scopre che ambo le vie, legislativa e

giurisprudenziale, sono state percorse. Tra i Paesi che hanno seguito la prima

strada, si segnalano: Germania238, Lussemburgo, Norvegia, Malta, Austria, Bulgaria, Croazia, Francia239, Danimarca240, Lituania, […], Polonia, Slovenia e Svizzera 241. Hanno intrapreso il secondo percorso, oltre al Regno Unito,242 […] Russia, Svezia, Slovacchia, Spagna243 e Finlandia, tutti Paesi <<forti del riscontro giurisprudenziale propenso ad accordare la riapertura in virtù dell’applicazione estensiva degli esistenti mezzi d’impugnazione straordinaria>>. 244 Infine, singolare il caso dell’ Estonia, in cui <<la giurisprudenza ha fatto da volano alle successive riforme della legislazione processuale penale>>.245 Una considerazione a parte meritano, le soluzioni adottate in Germania, Francia e Regno Unito.

Nel 1998 la Repubblica Federale Tedesca ha introdotto nello

Strafprozessordung una specifica ipotesi di revisione mediante l’ inserimento,

al § 359 StPO – norma che prevede, appunto, i casi di revisione - di un n. 6, relativo all’ ipotesi di riapertura del processo a seguito di sentenze della Corte di Strasburgo. L’impugnazione straordinaria è prevista a favore del condannato quando la Corte EDU abbia riscontrato, nel procedimento definitivamente conclusosi, l’inosservanza di una disposizione convenzionale, a patto che la decisione irrevocabile si fondi su quella violazione; 246 il che,

238 Paese su cui torneremo a breve. 239 Su cui, amplius, infra.

240 La cui classificazione in questo o nell’ altro gruppo è dubbia. V., infatti, per l’ opposta categorizzazione DI PAOLA, op. cit., p. 87 nota 164. Va, ad ogni modo, ribadito il carattere

relativo di ogni classificazione e la valenza operativa e non dogmatica.

241 Germania, Lussemburgo, Norvegia e Malta si sono per altro attivate ancor prima del monito del Comitato dei Ministri Cfr. PARLATO, La revisione del giudicato, op. cit., p. 1021.

242 Tuttavia, secondo PARLATO, ibidem, essa andrebbe ascritta al primo gruppo di Paesi. Sul perché di queste divergenze e sulla singolarità del caso inglese si dirà a breve.

243 Problematicamente, però, secondo quanto si è detto in nota 237. 244 DI PAOLA, ibidem.

245 DI PAOLA, ibidem.

246 L’ opinione largamente maggioritaria in dottrina e dominante in giurisprudenza esclude che il rimedio sia utilizzabile in assenza di una pronuncia favorevole al condannato resa dalla Corte di Strasburgo nell’ ambito della medesima vicenda processuale; la revisione non può essere chiesta, dunque, quando esista solo un precedete favorevole della Corte EDU, relativo ad un caso analogo a quello per cui è intervenuta la sentenza definitiva.

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secondo il punto d’arrivo a cui è pervenuta la dottrina tedesca, si verifica nel caso in cui, in assenza dell’ infrazione, la decisione sarebbe stata diversa. In estrema sintesi, <<occorre […] che la violazione abbia avuto un peso determinante sul dictum giudiziale: […] la necessaria “incidenza” e la conseguente ammissibilità dell’ impugnazione sussistono quando, senza la violazione, “possibilmente” l’esito processuale sarebbe stato diverso, nel senso che non deve potersi escludere - intanto - che la violazione sia stata effettuata e sia stata determinante e - di converso – che la decisione, in mancanza della violazione medesima, sarebbe stata differente>>.247 Come logica conseguenza, la giurisprudenza richiede che l’ istanza di revisione contenga, oltre all’ indicazione della pronuncia europea, una rappresentazione chiara e completa delle circostanze per cui si afferma che il vizio acclarato abbia inciso in modo determinante sulla decisione impugnata.248

La Francia, dopo pressanti sollecitazioni del Comitato dei Ministri, è intervenuta in materia nel 2000, con l’inserimento nel codice di rito di una norma che consente la revisione del giudicato a seguito di una sentenza della Corte europea che riconosca l’inosservanza della CEDU o dei suoi Protocolli, ove, per la sua natura e la sua gravità, la violazione accertata comporti per il condannato conseguenze pregiudizievoli che non possano essere rimosse mediante l’ equa soddisfazione bensì solamente attraverso la revisione. L’esperibilità del rimedio non è illimitata nel tempo e, per la proposizione della richiesta è previsto un termine di un anno a far data dalla sentenza della Corte europea. La riapertura del processo può essere richiesta dal Ministro di Giustizia, dal Procuratore generale presso la Corte di cassazione e dal condannato. La domanda è indirizzata a una commissione speciale, 249 composta da sette magistrati della Corte di Cassazione. La Commissione statuisce in esito a un’udienza pubblica nella quale il richiedente, il difensore e il pubblico ministero possono presentare osservazioni. La decisione non è suscettibile di ricorso.250

Del tutto peculiare - e, come accennato, di difficile classificazione - è, infine, il modello inglese, che sconta le differenze, tutt’oggi significative, tra sistemi di civil law e common law. Per inquadrare in questo ordinamento la problematica della riapertura del processo, va innanzitutto ricordato che il

247 PARLATO, op. cit., 1018. All’ A. si rinvia per una disamina più approfondita. 248 In questo PARLATO, ibidem.

249 Trattasi della Commission de réexamen prevista dal nuovo art. 626-1 cpc Cfr. TEGA, op.

cit. p.1.

250 Cfr. PARLATO, op. cit. , pp. 1022-1023. All’ A. si rinvia per una disamina più approfondita.

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Regno Unito ha, nel 1998, adottato lo Human Right Act con cui251 si è voluto consentire agli individui che subiscano una lesione dei propri diritti sanciti nella Convenzione, di poterli fare valere direttamente di fronte ai giudici inglesi. Lo Human Right Act fa ricadere in capo alle Corti un obbligo di interpretazione convenzionalmente conforme della legislazione interna e, solo se emerge un insanabile contrasto tra questa ed i diritti convenzionali, il giudice può pronunciare una formale “dichiarazione di incompatibilità” che, pur non intaccando la validità e l’efficacia delle disposizioni in relazione alle quali è avanzata, consente al Ministro della Giustizia – ove lo ritenga – di operare degli emendamenti alla legislazione interna a mezzo di un apposito strumento normativo, il remedial order.252 E’ comunque fatto divieto ad ogni autorità pubblica, ivi incluse le corti ed i tribunali ad ogni livello, di agire in modo incompatibile con i principi della Convenzione.253 Orbene, in questo contesto legislativo, si introduce l’approccio giurisprudenziale 254 inteso a

consentire, in determinati casi, la riapertura di un processo ritenuto unfair o comunque contrario dalla Corte EDU. Peraltro, anche qui, il discorso sarebbe particolarmente lungo e complesso mentre, nell’ economia della presente ricerca, sono possibili solo brevi cenni.255 Il dato da cui partire è che, nel Regno Unito, la revisione del processo è deliberata da un apposito organo, la

Criminal Cases Review Commission 256 alla quale può rivolgersi chiunque sia stato condannato con sentenza non più suscettibile di impugnazione. Se accoglie l’istanza, essa non ha alcun potere di annullare, modificare o

251 Seppure non incorporando nel sistema interno né la Convenzione né i diritti in essa contenuti.

252 Cfr. MANGIARACINA, op. cit., p.994-995.

253 A meno che, a seguito di una o più disposizioni di legge primaria, l’autorità pubblica non avrebbe potuto comportarsi diversamente oppure nell’ ipotesi in cui l’autorità sia tenuta a dare corso ad una o più disposizioni di legge che non possano essere interpretate o applicate in conformità al dettato della Convenzione. Ne da conto MANGIARACINA, op. cit., p. 995.

254 I due formanti sono dunque entrambi presenti; ecco spiegata la diversità di classificazioni fra DI PAOLA e PARLATO, di cui si è detto supra.

255 Per una trattazione completa ed esaustiva si rinvia, dunque, al citato studio di MANGIARACINA.

256 La Commission (acronimo CCRC) è un organismo pubblico, non ministeriale e indipendente, è stata istituita col Criminal Appeal Act del 1995 , ha iniziato le sue attività nel marzo del 1997 ed ha sede a Birmingham. La sua competenza concerne i procedimenti penali svoltisi in Inghilterra, Galles ed Irlanda de Nord ma non in Scozia, ove opera un organo similare ma del tutto autonomo, la Scottish Criminal Cases Law Review Commission. E’ composta attualmente da 12 membri di cui due terzi non professionisti ed un terzo giuristi, a cui si aggiungono funzionari ed esperti. Il mandato ha durata quinquennale ed è rinnovabile sino ad un massimo di dieci anni. Cfr. www.justice.gov.uk e MANGIARACINA,

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sovvertire la sentenza ma ordina la celebrazione di un nuovo giudizio d’appello. La Commissione può rinviare un caso257 se esiste la reale possibilità che la Corte di appello non confermerà la condanna o la pena. Il parametro, secondo la giurisprudenza inglese, denota una possibilità, che, nel giudizio della Commissione, deve essere più di una chance o di una mera aspettativa, ma anche meno di una probabilità, di una verosimiglianza o di una certezza. La Commissione deve valutare, insomma, che esista almeno la ragionevole prospettiva che la condanna, se rinviata, non sia confermata. 258 Sulla scorta di quanto sin qui detto, è chiaro che, se un soggetto è stato condannato all’esito di un processo nel quale sia stata accertata, da parte della Corte di Strasburgo, una violazione di un diritto contenuto nella CEDU, quale per lo più l’art. 6, la CCRC non potrà che disporre il rinvio della causa alla Corte di appello, così garantendo la “riapertura del procedimento interno.” 259 A questo punto, però, ci si deve chiedere a quali condizioni la Corte d’ appello possa procedere all’ annullamento della sentenza. E’ evidente, infatti, che la violazione convenzionale non sia di per sé sufficiente, visto che essa consente solo la celebrazione di un nuovo giudizio di appello ma ne lascia impregiudicato l’esito. In cosa consiste il quid pluris? La risposta risiede nella Section 2 del

Criminal Appeal Act: <<la Corte di appello ammetterà un appello contro una

condanna se ritiene che questa sia unsafe; e respingerà tale appello in ogni altro caso>>. L’ interrogativo a questo punto si sposta sul senso del termine

unsafe, che il legislatore inglese non provvede a definire. In particolare, è unsafe la condanna di un colpevole, sicuramente tale, giunta al seguito di un

processo dichiarato unfair dalla Corte di Strasburgo?260 Nonostante una prima risposta negativa nel caso Regina v. Chalkley e Jefferies (1998),261 la Corte ha, poi, decisamente mutato orientamento, come testimonia la sentenza

Regina v. Togher, Doran e Parson (2001). Ivi si afferma che essendo la

CEDU “parte del diritto interno” è preferibile applicare la parola unsafe in sintonia con la Convenzione. E infatti, <<sarebbe spiacevole se l’approccio seguito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo e da questa Corte continuassero a differenziarsi. […] Se un imputato non ha avuto un processo giusto e si ha un risultato di quella ingiustizia, sarebbe estremamente insoddisfacente se i poteri di questa Corte non fossero abbastanza ampi da

257 Ai sensi dell’ art. 13 del Criminal Appeal Act. 258 Cfr. MANGIARACINA, op. cit. , p. 998.

259 Come nota MANGIARACINA, op. cit. , p. 999.

260 Ecco che torna l’ interrogativo accennato in nota 9: può esistere una condanna sostanzialmente giusta a seguito di un processo formalmente ingiusto?

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potere correggere tale ingiustizia.>> 262 Tali principi sono approfonditi e sviluppati nella pronuncia Regina v. Davis, Rowe e Johnson (2001). Qui si stabilisce, innanzitutto, che la Corte deve verificare se la condanna sia safe; e se tale non può mai essere considerata qualora esista un dubbio in merito alla colpevolezza dell’ imputato, potrebbe non esserlo anche ove, pur non essendovi di tali perplessità, il processo sia stato inficiato da una seria ingiustizia. 263 Si specifica, poi, che la pronuncia resa a Strasburgo non determina una presunzione di unsafety della sentenza di condanna, giacché rimane necessario per la Corte di appello valutare l’impatto che una violazione dell’art. 6 CEDU potrebbe avere sulla safety della condanna. Si conclude, quindi, affermando che: <<noi siamo convinti che le due questioni (fairness e

safety) devono essere tenute separate. La Corte europea dei diritti dell’uomo

deve stabilire se c’è stata una violazione di un diritto contenuto nella Convenzione. Questa Corte si deve occupare della safety della condanna. Che la prima questione possa imporsi sulla seconda è ovvio. Fino a che punto dipenderà dalle circostanze del caso concreto. E’ da escludere che l’ accertamento da parte della Corte di Strasburgo di una violazione dell’art. 6 porterà inevitabilmente all’annullamento della condanna. L’effetto di ogni ingiustizia sulla safety della condanna varierà in ragione della sua natura e del suo grado>>. 264