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9. Il ritorno verso la libertà

9.2. La crisi della registrazione

Quando nel febbraio del 1943 gli addetti alla registrazione dei questionari iniziarono la loro attività nei relocation centers, trovarono un’accoglienza a dir poco ostile. Dopo un anno di permanenza nei campi, i Nisei avevano realizzato che il governo non aveva mantenuto molte promesse e che non avevano nessuna certezza sul loro futuro. Nei mesi precedenti a Poston e a Manzanar erano scoppiati dei disordini a testimoniare che nei campi la situazione era abbastanza tesa.

198Memo for the record, Office of Provost Marshal General, Jan. 9, 1943. NARS. RG 210 (Cwric 12795- 97).

199

131 C’era confusione sugli intenti del programma di reinsediamento della Wra, soprattutto perché era stato preso in prestito dall’esercito il modello del questionario usato nell’indagine personale sulla lealtà per il servizio militare, facendolo compilare a tutti i reclusi sopra i diciassette anni, donne Nisei e Issei comprese.

Lo scopo della Wra era duplice: accelerare il trasferimento degli individui leali fuori dai centri e separarli dagli sleali, specialmente da coloro che si erano rivelati dei piantagrane negli ultimi avvenimenti.

Nisei e Issei furono alquanto diffidenti nel rispondere ai questionari, in quanto le domande risultavano poco chiare, soprattutto la numero ventisette e la numero ventotto, che riguardavano la dichiarazione di lealtà agli Stati Uniti d’America. Nella forma le domande erano simili in tutti e due i moduli e il dubbio era in che modo le risposte sarebbero state interpretate.200

Oltre al fatto che la domanda ventisette per gli anziani Issei era assurda, in quanto veniva a loro richiesto di servire il paese sotto le armi, nella domanda numero ventotto veniva chiesto a tutti, Nisei ed Issei, di rinunciare alla fedeltà verso l’imperatore, creando preoccupazione ed inquietudine per motivi diversi. I Nisei non erano mai stati fedeli all’impero, perciò non capivano il senso della domanda, mentre per gli Issei una risposta affermativa avrebbe comportato la rinuncia alla cittadinanza giapponese, quella americana era loro negata e quindi sarebbero diventati, di fatto, degli apolidi.

La Wra corse ai ripari predisponendo un questionario specifico per gli Issei dove veniva richiesta la conferma di lealtà agli Usa ma non veniva richiesta la rinuncia alla cittadinanza giapponese.201

I nippoamericani non si fidavano più di un esercito che chiedeva loro di combattere in nome della libertà e della giustizia, visto che lo stesso esercito li stava confinando nei relocation centers. In più, per molti di loro, un’unità di combattimento formata da soli Nisei non sembrava certo un incentivo al reinserimento, bensì un’ulteriore forma di segregazione. Più d’ogni altra cosa pesava il fatto di dover ancora una volta certificare la loro lealtà compilando l’ennesimo questionario, quando era già stata

200

Domanda 27: Siete disposti a servire l’esercito degli Stati Uniti in combattimento, dovunque ordinato? Domanda 28: Giurate incondizionata fedeltà agli Stati Uniti d’America e di difendere fedelmente gli Stati Uniti da ogni nemico, straniero o interno, e rinnegate ogni forma di fedeltà od obbedienza all’imperatore giapponese, ad ogni altro governo straniero, potenza od organizzazione? (Daniels, Asian America, p. 261). 201

Lyon Cherstin, Loyalty questionnaire (2013, March 19), Densho Encyclopedia. Consultato il 17 gennaio 2014 da http://encyclopedia.densho.org/Loyalty%20questionnaire/

ampiamente dimostrata accettando l’evacuazione e la sistemazione nei relocation

centers.202

Il questionario portava la dicitura “istanza d’evacuazione”, lasciando intendere che il risultato li avrebbe forzati a lasciare i centri. Sorse il problema di chi, nel caso di risposte diverse tra i componenti della stessa famiglia e la loro conseguente divisione, si sarebbe preso cura degli anziani. Quindi anche per i Nisei la tentazione di rispondere “no” alla domanda di fedeltà, era forte. La sopravvivenza della famiglia era più importante della dimostrazione di patriottismo e questo era possibile solo mantenendo lo status quo offerto dai campi, da cui molti Issei ormai dipendevano. Inoltre temevano il modo in cui sarebbero stati accolti dove risiedevano prima della guerra, perciò ora temevano che il governo volesse lasciarli in balia delle comunità ostili fuori dei

relocation centers.

Anche in questo caso la Wra corse ai ripari e tolse dai moduli la dicitura “Istanza d’evacuazione” e li chiamò semplicemente “questionari”.

I questionari innescarono quella che è solitamente chiamata la “crisi della registrazione”. Alcuni credettero che la domanda numero ventotto fosse un tranello per i Nisei che, rinunciando alla fedeltà verso l’imperatore rispondendo “si”, implicitamente avrebbero ammesso l’esistenza di un loro precedente consenso. Così, molti risposero alle domanda ventisette ponendo delle condizioni: “Si, se mi saranno restituiti i miei diritti di cittadino”. Oppure: “No, a meno che il governo non riconosca il mio diritto di vivere dovunque negli Stati Uniti”. Altri risposero “no” a tutte e due le domande perché erano fedeli in primo luogo al Giappone, altri perché erano risentiti per il trattamento ricevuto. Molti altri si rifiutarono semplicemente di compilare i questionari.203

Nel centro di Minidoka si ebbe il maggior numero di “lealisti”, mentre a Tule Lake l’esercito e la Wra non riuscirono nemmeno a completare la registrazione per i rifiuti e le forme di resistenza da parte degli sfollati. Il processo di registrazione, pensato dal Dipartimento di Guerra e dalla Wra come l’inizio del processo di ricollocamento nella società degli sfollati, si rivelò essere una delle esperienze più amare per gli internati, che poterono esprimere tutto il malcontento e il risentimento nei confronti di un governo le cui azioni contraddicevano i valori che professava.

Dei quasi 78.000 carcerati soggetti alla registrazione, in 75.000 compilarono il questionario. 6.700 risposero “no” alla domanda ventotto risultando “sleali”, secondo la

202

Cwric, Personal Justice Denied, p. 193-94. 203Daniels, Asian America, p. 262.

133 Wra. Anche le duemila risposte condizionate furono trattate come se fossero dei “no”, mentre le risposte affermative alla domanda ventotto sulla lealtà furono 65.000.204