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5. L’immigrazione Issei e i movimenti anti-giapponesi (1884-1924)

5.5. La nascita dei movimenti anti-giapponesi

Una significativa migrazione giapponese, proveniente prevalentemente dalle zone rurali interne del paese, si sviluppò soprattutto dopo il blocco dell’immigrazione cinese con il Chinese Exclusion Act del 1882. Tuttavia, l’ancora esiguo numero di immigrati giapponesi fu un fattore chiave per il fallimento della Japanophobia nei primi anni Novanta dell’Ottocento.

Il censimento del 1890 contò 1.147 giapponesi in tutta la California, e meno di un migliaio nel resto del paese. Queste condizioni mutarono nel decennio successivo,

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quando l’immigrazione nipponica aumentò e un più robusto movimento anti-giapponese venne sostenuto da politici molto potenti e avrebbe avuto molto più successo.98

Tra coloro che furono coinvolti nella campagna per l’estensione ai giapponesi del

Chinese Exclusion Act, destinato a scadere nel 1902, c’era chi voleva scacciare

indiscriminatamente tutti gli asiatici dal paese. Il 19 aprile a Seattle fu organizzato il primo meeting anti-giapponese, a cui ne seguì un secondo a San Francisco il 7 maggio. Nel frattempo il Presidente Roosevelt acconsentì a rendere l’Exclusion Act permanente.

Vent’anni prima i più agguerriti nemici dei cinesi furono i movimenti sindacali e anche in questo caso furono i leaders dell’American Federation of Labor i più attivi nella campagna anti-giapponese. Organizzarono a San Francisco un meeting a cui presenziò anche il sindaco James D. Phelan, un democratico progressista, che nei suoi interventi insistette nella non assimilazione degli asiatici, dichiarando: “i giapponesi hanno iniziato la stessa ondata di immigrazione che abbiamo conosciuto vent’anni fa, [...] cinesi e giapponesi [...] non sono la materia con cui possono essere fatti i cittadini americani”.99

Il 23 febbraio 1905, il più importante giornale di San Francisco, il Chronicle, iniziò la sua personale crociata e, pur non avendo mai appoggiato le cause dei lavoratori, fece una campagna martellante contro l’”invasione” nipponica.

La guerra russo-giapponese si stava ancora svolgendo e l’immigrazione giapponese era in declino, ma nessun lettore del San Francisco Chronicle se ne era accorto. La crociata cominciò con un titolo in prima pagina “The Japanese Invasion, the

problem of the hour”. L’articolo enfatizzava la minaccia che una volta giunta la

conclusione della guerra tra il Giappone e la Russia, l’immigrazione nipponica si sarebbe trasformata in un torrente che avrebbe invaso gli Stati Uniti.

Pochi giorni dopo, il 5 marzo, il giornale iniziò un’altra battaglia a difesa della scuola pubblica che in quel periodo soffriva dell’affollamento dovuto alla numerosa presenza degli immigrati nelle aule:

“Le ragioni che hanno indotto la nazione americana ad inaugurare il sistema educativo più perfetto del mondo sono chiare e definite. Esse nascono dalla percezione intelligente che l'istruzione è essenziale per una buona cittadinanza [...] Ma queste scuole non erano

98Daniels, Asian America, p. 112. 99

San Francisco Examiner, May 8, 1900. Citato da: Daniels, Asian America, p. 112. Quando si parla di

ondate di immigrazione giapponese è importante capire, in termini assoluti e relativi, il significato numerico dell’immigrazione giapponese. Entrarono più italiani in un anno, 283.000 nel 1913/14, rispetto all’intera immigrazione giapponese negli Stati Uniti fino al 1924, 275.000. Nel 1907 si verificò il maggior numero di arrivi giapponesi, 30.842, che messi a confronto con il totale degli immigrati arrivati quell’anno, 1.285.349, rappresentano solo il 2.4 per cento. (Daniels, Asian America, p. 115.)

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destinate a formare i cittadini di altre nazioni, non erano destinate per l'educazione degli stranieri, la cui intenzione ferma è rimanere alieni, né sono state istituite al fine di impartire i misteri della lingua inglese a coloro i quali la utilizzano solo per la concorrenza

commerciale.”100

Il sistema dell’istruzione pubblica americana prevedeva anche la presenza in aula degli adulti bianchi ma mentre dar loro l’istruzione, secondo il Chronicle, rientrava nelle finalità del’educazione nazionale, il discorso cambiava se questi adulti fossero stati asiatici. In tali circostanze:

“Un gravissimo pericolo può derivare dal contatto giornaliero tra le giovani ragazze con uomini adulti di nascita e di formazione asiatica. [...] E ' sufficiente dire che un asiatico sia un asiatico, e quindi con un punto di vista asiatico.[...] L'uomo bianco non vuole che i suoi figli siano influenzati con un punto di vista asiatico sul tema delle donne, non vuole che sua figlia si congiunga con asiatici adulti, che credono che la condizione della donna è

destinata dalla Provvidenza ad essere bassa.”101

Tre giorni dopo lo stesso giornale documentò la nascita di una Anti-Japanese

League nella città di Alameda, dove i giapponesi in un anno erano raddoppiati di numero,

raggiungendo gli ottocentocinquanta abitanti. Molti di loro lavoravano nelle aziende agricole che avevano preso in affitto e qualcuno era riuscito ad acquistare una piccola proprietà. George Foster, uno dei leader della Lega cittadina, intervistato disse: “I giapponesi sono peggio dei cinesi, mentre la maggior parte dei cinesi prende i lavori che il bianco non vuole fare, il giapponese entra in competizione diretta e scaccia via il bianco”.102

La campagna del San Francisco Chronicle durò per mesi e portò a dei risultati. Il 14 maggio 1905 a San Francisco venne inaugurata da leader sindacali e immigrati europei, l’Asiatic Exclusion League, che si impegnava a contrastare gli asiatici sia dal punto di vista razziale che economico. Quando si confrontava con i principi della Dichiarazione d’indipendenza, la Lega li sottoscriveva pienamente ma aggiungeva che

100“Adult Japanese Crowd Out Children”, San Francisco Chronicle, 3/5/1905, Densho ID: denshopd-i69- 00011, consultato il 2 dicembre 2013 da http://archive.densho.org/main.aspx

101Ibid 102

“Anti-Japanese League Forming”, San Francisco Chronicle, 3/8/1905, Densho ID: denshopd-i69-00015, consultato il 2 dicembre 2013 da http://archive.densho.org/main.aspx

Jefferson non aveva messo tra i diritti inalienabili quello all’immigrazione.103 I leaders immigrati nell’organizzazione sapevano di poter essere accolti nel melting pot americano, nella convinzione, però, che l’assimilazione non dovesse superare la color line. Nell’area di San Francisco l’Asiatic Exclusion League collaborava con l’Anti-Jap Laundry League, che promuoveva il boicottaggio delle lavanderie giapponesi, e l’Anti-Japanese League di Alameda.

L’Exclusion League rappresentava la forze conservatrici dell’American

Federation of Labor e i segmenti più radicali del partito socialista americano, che nel

dicembre del 1907, all’unanimità, si schierò contro l’immigrazione giapponese.104 Alcuni socialisti giustificarono la loro posizione soltanto dal punto di vista economico, per altri, invece, la motivazione fu apertamente razziale. Jack London, autore, giornalista e attivista sociale iscritto al partito dal 1896, parlò anche a nome di molti compagni quando disse: “sono prima di tutto un uomo bianco, poi un socialista”.105

La posizione dei socialisti fu contraria nei confronti degli immigrati stranieri sin dal dopoguerra civile e lo rimarrà in generale fino ai giorni del New Deal, per cambiare soltanto in presenza delle quote all’immigrazione, le leggi sui salari minimi e gli accordi nel settore industriale, che resero trascurabile la minaccia degli immigrati agli standard dei salari americani.106