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La crisi e la risposta delle imprese nell’ottica dello sviluppo sostenibile

3. L’Italia e l’Agenda 2030 nell’anno della pandemia

3.5 La crisi e la risposta delle imprese nell’ottica dello sviluppo sostenibile

sostenibile

L’Agenda 2030 impone ai 193 Paesi firmatari di garantire modelli di produzione e di consumo so-stenibili. Lo scenario determinatosi con la pande-mia conferma tale necessità e dimostra che perseguire lo sviluppo sostenibile è ormai inim-maginabile senza il coinvolgimento delle imprese. Le iniziative messe in campo negli anni hanno di-mostrato che produrre in modo responsabile è possibile purché aziende e organizzazioni adot-tino un modello in cui la sostenibilità sia integrata nel modello di business, con l’adozione di una prospettiva di redditività di lungo periodo dove sostenibilità e innovazione possano dare risposte alle diverse problematiche economiche, sociali e ambientali.

Con la crisi da COVID-19 molte imprese ita-liane hanno confermato il loro impegno verso un modello di produzione più consapevole,

con scelte coraggiose atte a far fronte all’emer-genza sanitaria e pronte all’adozione di nuove politiche e strategie aziendali per una ripar-tenza su un percorso di sostenibilità. In occa-sione dell’evento organizzato dall’ASviS nel mese di giugno 2020, l’Istat ha presentato al-cune elaborazioni originali per valutare se la reazione alla crisi sia in qualche modo connessa all’orientamento alla sostenibilità assunto (o meno) prima della pandemia. Si tratta di un’analisi estremamente interessante per capire meglio come la crisi, e la connessa carenza di li-quidità, possano impattare sui comportamenti delle imprese in relazione ad azioni volte all’ef-ficientamento energetico, alla decarbonizza-zione, al passaggio all’economia circolare, ecc. Il 51,5% delle imprese (37,8% in termini di ad-detti) prevede una mancanza di liquidità per far fronte alle spese fino alla fine del 2020. Si tratta, per quasi due terzi, di imprese che hanno avuto una riduzione superiore al 50% del fattu-rato nel bimestre marzo-aprile. All’interno del gruppo di imprese con vincoli di liquidità (circa 150.000):

il 29,5% delle unità si dichiara senza una stra-tegia precisa rispetto alla crisi;

il 35,5% cerca di rispondere alla crisi con una strategia di contrazione, attuata con la ridu-zione dei piani di investimento e del numero

dei dipendenti. La quota delle imprese in tale situazione e con vincoli di liquidità è doppia ri-spetto alle imprese non vincolate;

il 73,9% ricorre al finanziamento bancario, ri-spetto al 37,9% delle imprese non vincolate, mentre il 49,0% prevede seri rischi di sosteni-bilità operativa dell’attività. In termini setto-riali, i comparti più colpiti sono quelli dei servizi di alloggio e di ristorazione, delle atti-vità artistiche, sportive e di intrattenimento. Analizzando le imprese con 10 addetti e più in base al profilo strategico calcolato prima della crisi sulla base di vari indicatori statistici (redditività, innovazione, ecc.), l’Istat ha definito cinque classi di dinamismo (basso, basso, medio, medio-alto, alto) mettendole in relazione con la risposta alla crisi da COVID-19. I dati mostrano come la ca-pacità di tenuta e le strategie di risposta sono dif-ferenziati tra settori, ma anche tra imprese, mentre più limitata è la differenziazione territo-riale. In particolare, il grado di “dinamismo” spiega in modo significativo sia gli effetti della crisi, sia le strategie di risposta. Infatti:

la capacità di assorbire la crisi è legata positi-vamente con il grado di dinamismo, anche per le microimprese. D’altra parte, però, la mag-giore apertura (sia nazionale sia internazio-nale) espone le imprese più dinamiche a maggiori impatti potenziali dal lato sia della domanda sia dell’offerta;

una strategia di contrazione è stata scelta dal 28% delle imprese a basso dinamismo, una quota analoga (30%) a quella rilevata per le im-prese ad alto dinamismo;

una strategia di espansione caratterizza solo circa il 25% delle imprese a basso dinamismo e circa il 50% di quelle ad alto dinamismo; una strategia di riorganizzazione è adottata da

circa il 26% delle imprese a basso dinamismo e da circa il 55% di quelle ad alto dinamismo. Se si guarda ai profili di sostenibilità delle imprese con 10 addetti e più, si vede come essi siano scar-samente collegati agli effetti a breve della crisi, mentre più netta appare l’influenza sulla scelta di risposta. Infatti, la strategia di contrazione è indicata dal 28,5% delle imprese a bassa sosteni-bilità e dal 33,1% di quelle ad alta sostenisosteni-bilità, quella di espansione dal 29,4% delle prime e dal 41,0% delle seconde, quella di riorganizzazione dal 30,8% delle prime e dal 40,8% delle seconde. In altri termini, mentre la scelta a favore della

L’ORIENTAMENTO ALLA SOSTENIBILITÀ DELLE IMPRESE ITALIANE PRIMA

DELLA CRISI

In occasione del censimento permanente delle imprese, l’Istat ha condotto un approfondimento sui profili di sostenibilità delle imprese anche alla luce degli altri aspetti che caratterizzano la vita del-l’azienda. I dati, pubblicati a giugno del 2020, si riferiscono a un campione di circa 280mila imprese con 3 addetti e più, riferito a un universo di oltre un milione di unità (24,0% delle imprese, 84,4% del valore aggiunto, 76,7% degli addetti e 91,3% dei dipendenti). La rilevazione è stata svolta nel periodo maggio-ottobre 2019, con riferimento all’anno 2018.

L’84,3% delle imprese ha portato a termine, nel periodo di riferimento, almeno un’azione di sosteni-bilità sociale, il 75,8% almeno un’azione di sostenisosteni-bilità ambientale. Il 68,9% delle imprese ha dichia-rato di essere impegnata per migliorare il benessere lavorativo del proprio personale, il 66,6% per ridurre l’impatto ambientale e il 64,8% per migliorare il livello di sicurezza all’interno dell’impresa o nel territorio in cui essa opera. In termini di numero di azioni, invece, prevale la dimensione ambien-tale: il 30,3% ha realizzato meno di cinque azioni in questo campo, il 35,3% tra cinque e dieci, il 10,3% più di 10 azioni.

Per il 32,1% delle imprese la motivazione principale dell’impegno a favore della sostenibilità è il mi-glioramento della reputazione verso clienti e fornitori, mentre il 27,8% lo ritiene coerente con l’attività dell’impresa. I comportamenti “sostenibili” aumentano all’aumentare della dimensione dell’impresa: le unità con 250 addetti e oltre sono caratterizzate da valori percentuali superiori di oltre 10-20 punti a quelli medi nazionali. In particolare, per ciò che concerne le azioni ambientali, la quota relativa è di 18 punti percentuali superiore a quella media. Le microimprese (3-9 addetti) si concentrano sul mi-glioramento del benessere lavorativo, mentre le imprese con 500 e più addetti sono più attente alla sicurezza e alla riduzione dell’impatto ambientale.

Nell’ambito delle azioni volte alla riduzione dell’impatto ambientale, spiccano quelle orientate ad una gestione efficiente e sostenibile dell’energia e dei trasporti, attività in forte espansione anche grazie agli incentivi all’uso di fonti energetiche rinnovabili (FER) e per l’efficienza energetica. Per ri-durre i consumi energetici il 40,1% delle imprese utilizza macchinari, impianti e/o apparecchi efficienti e il 32,2% li ha installati senza usufruire di incentivi. Tra gli investimenti finalizzati al risparmio di energia, il 13% delle imprese ha scelto l’isolamento termico degli edifici e/o la realizzazione di edifici a basso consumo energetico e quasi il 10% ha sostenuto la relativa spesa senza utilizzare incentivi. Più limitata è invece la produzione di energia da fonte rinnovabile elettrica (praticata dal 7,2% delle im-prese) o termica (4,4%) e nella realizzazione di impianti di cogenerazione, trigenerazione e/o per il recupero di calore (2,8%). Da notare anche che la metà degli investimenti di questo tipo è stata favorita dagli incentivi. Ancora poco diffuse risultano anche le azioni a supporto della mobilità sostenibile: solo il 4,8% delle imprese, infatti, ha acquistato automezzi elettrici o ibridi.

Ovviamente, le misure adottate dipendono fortemente dalla tipologia del processo di produzione e dalla dimensione aziendale. Le imprese del settore della fornitura di energia elettrica, gas, vapore e aria condizionata presentano un’alta quota di investimenti (con o senza incentivi) per l’efficientamento energetico: ben il 43,8% ha installato macchinari, impianti e/o apparecchi per ridurre il consumo ener-getico e il 18,5% ha provveduto all’isolamento termico degli edifici e/o realizzato edifici a basso con-sumo energetico e per lo sfruttamento di fonti energetiche “pulite”. Gli investimenti per energia e trasporti sostenibili sono meno diffusi nell’Italia centrale e più frequenti nel Mezzogiorno e nel Nord-est (ad esempio, gli impianti per la produzione da FER elettriche sono stati realizzati dall’8,8% delle imprese del Mezzogiorno, dal 7,6% di quelle del Nord-est e dal 5,7% delle imprese del Centro). Per ciò che concerne la dimensione aziendale, la quota di imprese che si impegnano per la gestione sostenibile di energia e trasporti cresce all’aumentare degli addetti, con differenziali molto pronunciati per gli investimenti orientati alla co/trigenerazione e recupero di calore (praticati dal 2,4% delle mi-croimprese e dal 17,9% delle imprese con 500 e più addetti), l’acquisto di automezzi elettrici o ibridi (3,9% e 28,3%, rispettivamente) e la produzione elettrica da fonte rinnovabile (5,9% e 26,3%).

Le imprese che si impegnano per la sostenibilità, sia ambientale che sociale, conseguono significativi van-taggi in termini di produttività. Analizzando i dati relativi al triennio 2015-2017 con riferimento alle im-prese con 50 addetti e più, l’Istat ha identificato le pratiche più frequenti e il legame tra l’uso di queste ultime e i risultati economici. Per ciò che concerne la sostenibilità ambientale, l’88,4% delle imprese con-siderate pratica la raccolta differenziata dei rifiuti, mentre il 69,1% controlla attivamente l’uso dell’ener-gia al fine di ridurne il consumo; il 50% monitora attivamente l’uso dell’acqua e adotta misure per ridurne i consumi e regolare le emissioni in atmosfera. Molto meno frequenti (circa il 20% delle imprese conside-rate) sono il trattamento delle acque reflue per un loro riutilizzo e l’impiego delle materie prime seconde, cioè uno dei capisaldi dell’economia circolare. Le imprese manifatturiere più orientate alla sostenibilità ambientale appartengono alle divisioni del legno e stampa, sostanze chimiche e prodotti petroliferi, se-guite da quelle relative alla gomma e plastiche e ai metalli (ovviamente, va ricordato che per un corretto confronto si deve tenere conto dei vincoli normativi più stringenti in alcuni settori - come nell’energia elettrica o nell’acqua e rifiuti - e delle caratteristiche di materialità dei processi produttivi).

Integrando questi indicatori con quelli relativi alla performance economica delle imprese, emerge un’associazione positiva fra l’impegno in sostenibilità e i livelli di produttività apparente del lavoro (valore aggiunto per addetto). A parità di altre condizioni, infatti, il “premio di produttività” per le imprese che investono in sostenibilità (ambientale e sociale) è significativo e cresce all’aumentare della dimensione aziendale, fino a un valore del 15% per le imprese di grandissima dimensione, misu-rata in termini di dotazione di capitale umano e fisico.

Figura 7 - Imprese che hanno effettuato investimenti per la gestione sostenibile di energia e trasporti tra il 2016 e il 2018, per tipo di investimenti e presenza o meno di incentivi

(valori percentuali sul totale delle imprese che hanno intrapreso azioni per ridurre l’impatto ambientale delle proprie attività )

Figura 8 - Stima della produttività del lavoro per profili congiunti dei livelli di capitale (umano e fisico) e della sostenibilità sociale e ambientale. Media 2015-2017 (incrementi percentuali rispetto

sostenibilità non sembra un elemento domi-nante nella “protezione” dalla crisi, essa sem-bra maggiormente rilevante nello spiegare l’atteggiamento positivo di quelle imprese orientate all’espansione e alla riorganizzazione.

I network di imprese sostenibili aderenti all’ASviS, che da sempre promuovono i nuovi sistemi orga-nizzativi per le imprese, potenzialmente in grado di coniugare crescita e livelli di produttività eco-nomica, sostenibilità ambientale, sociale e cultu-rale, anche in questa fase hanno dato un importante contributo al fine di diffondere una nuova ottica in cui gli aspetti economico-finan-ziari vengano inseriti in un più ampio quadro, che considera la dimensione della sostenibilità decli-nata in comportamenti e pratiche d’impresa mi-surabili e replicabili facendo emergere importanti elementi di valutazione.

A fronte del blocco della produzione dei beni re-putati come non essenziali, molte imprese hanno scelto di dare un contributo concreto e rilanciare le attività dopo il lockdown puntando sulla ricon-versione delle filiere produttive per coprire il fab-bisogno dei presidi sanitari, come le mascherine o i respiratori polmonari. Da una prima indagine sulle risposte delle imprese alla crisi, emerge che molte di queste avevano attivato già prima del-l’emergenza sanitaria forme di welfare aziendale. Allo stesso tempo, la maggioranza delle imprese che non aveva strumenti di questo tipo si è mossa al fine di adottare nuove politiche di welfare aziendale e responsabilità sociale durante la pan-demia. In particolare, Anima per il sociale nei

va-lori d’impresa, associazione promossa dall’Unione

degli industriali e delle imprese di Roma e del

Lazio, ha evidenziato tre assi su cui si sono arti-colate le tante iniziative lanciate nelle settimane del lockdown: l’attenzione alle persone

(smar-tworking, sostegno psicologico ed economico,

as-sistenza integrativa ai dipendenti); la resilienza delle aziende, costrette a trasformare il proprio modello operativo; la solidarietà attraverso dona-zioni, distribuzione di materiale e fornitura di di-spositivi alle principali organizzazioni impegnate nel contrasto alla pandemia.

La volontà di guardare oltre l’emergenza e agire oggi per mitigare i rischi che potrebbero presen-tarsi in futuro, corrisponde all’obiettivo del pro-getto di ricerca “COVID-19: oltre l’emergenza” che Fondazione Sodalitas ha condotto insieme al Dipartimento di Scienze biomediche e cliniche “Luigi Sacco” dell’Università di Milano. La prima parte del progetto è stata dedicata a eseguire la tracciatura epidemiologica molecolare del COVID-19, con l’obiettivo di studiarne il patrimonio ge-netico per ricostruire l’origine dell’epidemia, definirne l’andamento e le traiettorie di disper-sione nel territorio del Nord Italia. La seconda parte è rivolta a mettere a punto le possibili ri-sposte farmacologiche basate su una serie di com-posti antivirali e a testarne direttamente l’efficacia in vitro. La Fondazione Sodalitas ha anche raccolto sul proprio sito le iniziative che 60 aziende associate hanno promosso per il contrasto alla pandemia.

Anche le imprese associate a Impronta Etica hanno dimostrato un grande impegno per contra-stare l’emergenza sanitaria e per supportare i pro-pri stakeholder in questo periodo di crisi. In particolare, Impronta Etica ha deciso di

suppor-Figura 9 - Effetti a breve della crisi e strategie di risposta delle imprese con 10+ addetti, distinte in base al loro profilo strategico (dinamismo basso, medio-basso, medio, medio-alto, alto) espresso nel 2016-2018 (quota percentuale di imprese)

tare le imprese associate e raccogliere le loro principali iniziative attivate dai soci, con il fine di condividere delle buone pratiche per fronteggiare la crisi.

Anche il mondo della normazione tecnica nazio-nale ha svolto un ruolo importante. A titolo esem-plificativo, l’Ente Italiano di Normazione ha messo gratuitamente a disposizione del mercato e delle imprese decine di norme tecniche su ma-scherine, dispositivi di protezione - camici, attrez-zature medicali, ecc. - per un valore di oltre 10 milioni di euro.

Infine, il CSR Manager Network ha fatto leva sulla sua rete di centinaia di associati per facilitare la circolazione a livello nazionale e internazionale delle buone pratiche, di modelli e approcci inno-vativi e di progetti di solidarietà messi in atto per fronteggiare la pandemia, mantenendo gli Obiet-tivi di sviluppo sostenibile come priorità. In quest’ottica, ha continuato a svolgere tutte le at-tività di formazione a distanza tramite webinar, rafforzando i canali di comunicazione per divul-gare i progetti, le iniziative e le buone pratiche degli associati e collaborando con diverse organiz-zazioni nella raccolta di idee e progetti di CSR nel-l’ambito dell’emergenza.

3.6 Le attività dell’ASviS