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Le proposte dell’ASviS: interventi trasversali e sistemici

4. Le proposte dell’ASviS

4.4 Le proposte dell’ASviS: interventi trasversali e sistemici

interventi trasversali e sistemici

Quanto finora esposto non fa che confermare la

necessità per l’Italia di migliorare sensibilmente e urgentemente la capacità di programmare il proprio futuro, di gestire in modo coerente le politiche settoriali, di trasformare il modo in cui i provvedimenti legislativi vengono disegnati e le politiche monitorate e valutate. Da questo

punto di vista, non possiamo non segnalare che se le proposte avanzate dall’ASviS negli ultimi quat-tro anni fossero state realizzate, l’Italia si quat- trove-rebbe oggi ad affrontare questa sfida su basi più solide. In estrema sintesi, esse riguardano: • l’inserimento in Costituzione del principio di

sviluppo sostenibile, basato sul principio di

giu-stizia intergenerazionale, come base giuridica generale per orientare le politiche pubbliche a favore delle nuove e delle future generazioni; • la costruzione di una seria e dettagliata

Stra-tegia di sviluppo sostenibile per fornire una

visione solida e coerente dell’Italia al 2030 in linea con le indicazioni ora fatte proprie dal-l’Unione europea;

• il rafforzamento delle strutture della

Presi-denza del Consiglio per assumere il ruolo

guida dell’azione di governo rispetto ai diversi Obiettivi dell’Agenda 2030, e il rafforzamento del futuro CIPESS per assicurare che le deci-sioni sulle infrastrutture e gli investimenti pub-blici siano in linea con gli SDGs;

• il forte coinvolgimento delle Regioni, delle

Province e dei Comuni nel disegno e

nell’at-tuazione delle politiche per conseguire gli SDGs, per assicurare piena coerenza tra le po-litiche pubbliche nazionali e quelle realizzate ai diversi livelli territoriali, specialmente nelle città metropolitane; è importante favorire lo sviluppo di strategie che, territorio per terri-torio, vedano i Comuni costruire percorsi par-tecipativi robusti con i cittadini, il mondo del lavoro e le imprese;

• la predisposizione di un’Agenda urbana

na-zionale per lo sviluppo sostenibile, come

ar-ticolazione della Strategia nazionale, con un forte ruolo di coordinamento da parte del Co-mitato interministeriale per le politiche ur-bane (CIPU) opportunamente riformato, e di stimolo affinché i Comuni coinvolgano i citta-dini, il mondo del lavoro e le imprese in robusti

percorsi partecipativi in sede di programma-zione e attuaprogramma-zione dei diversi interventi; • l’aggiornamento del PNIEC per allinearlo agli

obiettivi europei di un taglio alle emissioni

pari al 55% entro il 2030 e la carbon-neutrality entro il 2050, l’approvazione del Piano Nazio-nale dell’Adattamento ai Cambiamenti Clima-tici, e la loro messa in coerenza con le altre politiche strutturali, per assumere gli Accordi di Parigi e le convenzioni internazionali sul tema della difesa dell’ambiente come impegni irrinunciabili;

• la creazione, presso la Presidenza del

Consi-glio, di un Alto consiglio per le politiche di genere, per coinvolgere in modo continuativo

la società nella programmazione e valutazione delle politiche contro le disuguaglianze di ge-nere e mettere l’Italia al passo dei Paesi euro-pei più avanzati;

• l’attenzione ai 21 Target dell’Agenda 2030

che l’Italia si era impegnata a raggiungere entro il 2020 come parte delle priorità di

tutte le forze politiche e del Paese nel suo complesso, per dare concretezza all’azione delle istituzioni pubbliche;

• il coinvolgimento dei Ministeri, nell’ambito delle rispettive competenze, per l’attuazione dell’Agenda 2030 e il conseguimento degli Obiettivi di sviluppo sostenibile, per inserire le azioni volte al raggiungimento degli SDGs nella loro programmazione operativa;

• la conduzione di iniziative di informazione e

comunicazione pubblica sull’importanza del-l’Agenda 2030 e degli SDGs, da realizzare in

collaborazione con istituzioni universitarie, culturali, scientifiche, associazioni ed enti pri-vati interessati, per accelerare il cambiamento culturale del Paese verso lo sviluppo sosteni-bile da attuare anche capillarmente nei terri-tori, nell’ambito dell’Agenda europea per le competenze;

• l’inserimento, nella Relazione illustrativa di

tutte le proposte di legge di iniziativa del Go-verno, di una valutazione ex-ante (anche qualitativa) dell’impatto atteso sui 17 SDGs e sui singoli Target, per assicurare la presa di

decisioni informate alla luce della sfida dello sviluppo sostenibile e migliorare la coerenza delle politiche pubbliche;

• la predisposizione di una Legge annuale sullo

già avviene con riferimento alle tematiche eu-ropee e della concorrenza, per disporre di un veicolo normativo destinato a introdurre mo-difiche di carattere puramente ordinamentale (cioè, senza conseguenze finanziarie) con un’ottica sistemica ispirata all’Agenda 2030. Non si trattava di “scienza missilistica”, come di-cono gli anglosassoni, e ricordiamo che il Governo in carica aveva assunto alcuni di questi impegni in sede di dichiarazioni programmatiche e di succes-sivi interventi pubblici del Presidente del Consiglio dei Ministri. Ovviamente, ribadiamo tali

propo-ste, nella speranza che esse possano entrare a far parte delle innovazioni di governance che verranno adottate per rendere più coordinate e sinergiche le proposte incluse nel PNRR e così

avvicinare il nostro Paese a quelli più avanzati in termini di coerenza delle politiche per lo sviluppo sostenibile. Da questo punto di vista, le Racco-mandazioni del Consiglio dell’OCSE su questo tema pubblicate nel 2019 dovrebbero essere at-tentamente analizzate dal Governo per compren-dere come utilizzarle per migliorare la gestione del PNRR e delle politiche ordinarie.

Accogliendo con favore il fatto che il MATTM stia avviando un progetto di collaborazione con l’OCSE su queste materie, sottolineiamo che le proposte illustrate vanno non solo realizzate urgente-mente, ma anche integrate con azioni, altrettanto urgenti, che rendano il nostro Paese in grado di programmare, gestire e valutare le azioni che ver-ranno incluse del PNRR. Rientrano tra tali azioni, quelle destinate a dotarsi di strutture tecniche ca-paci di anticipare i rischi di futuri shock e cogliere le opportunità che il futuro porta con sé, nonché a migliorare i processi di formulazione e valuta-zione delle politiche pubbliche:

• definizione delle nuove procedure che il

Co-mitato Interministeriale per la Programma-zione Economica e lo Sviluppo Sostenibile (CIPESS) - la cui partenza è prevista per il primo gennaio 2021 - adotterà per valutare i progetti d’investimento, ivi compresi quelli

che verranno accettati nell’ambito del PNRR. A tal fine sarebbe utile introdurre uno strumento che consenta il "controllo di sostenibilità" dei singoli progetti rispetto agli SDGs e ai relativi Target. Una sorta di SDG Fast Check consenti-rebbe di registrare i “contenuti di sostenibilità” dei progetti fin dalla presa in carico della mi-sura nel sistema pubblico, fornirebbe le infor-mazioni di base in tema di finanza pubblica per

lo sviluppo sostenibile - da utilizzare nelle suc-cessive fasi di attivazione e monitoraggio del-l’investimento -, agevolerebbe il tracciamento e la classificazione della spesa per lo sviluppo sostenibile. L’esperienza della Regione Lazio in materia potrebbe essere trasformata in uno standard da usare a livello nazionale;

• creazione di un ente pubblico di ricerca per

gli studi sul futuro e la programmazione stra-tegica (lo strategic foresight suggerito

dal-l’OCSE e dalla Commissione europea), vigilato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, con il compito di effettuare ricerche sulle future evoluzioni dei fenomeni sociali, ambientali ed economici e sulle loro implicazioni per il dise-gno e l’attuazione delle politiche pubbliche; • adeguamento della normativa che prevede la

relazione sugli indicatori BES (Benessere Equo e Sostenibile) nell’ambito del ciclo di bilancio, per allinearla agli SDGs utilizzati

al-l’interno del Semestre europeo;

• affidamento all’Ufficio Parlamentare di

Bi-lancio (Upb) del compito di effettuare valu-tazioni quantitative sull’impatto sugli SDGs dei principali documenti di programmazione e di bilancio (DEF, Legge di Bilancio, ecc.), in

linea con l’orientamento verso questi ultimi del Semestre europeo;

• istituzione di una piattaforma di

consulta-zione permanente della società civile per la valutazione “trasversale” dell’impatto dei provvedimenti legislativi sull’Agenda 2030;

• revisione della struttura delle Commissioni

parlamentari, resa indispensabile dalla

ridu-zione del numero dei deputati e dei senatori, per favorire un’analisi più integrata dei prov-vedimenti legislativi riguardanti le diverse di-mensioni dell’Agenda 2030.

Alla luce del nuovo ciclo di programmazione eu-ropea, ribadiamo l’invito a predisporre una

legge annuale per lo sviluppo sostenibile,

desti-nata a contenere norme di carattere ordinamen-tale, da approvare entro giugno di ogni anno, la quale dovrebbe contribuire ad attuare le politiche indicate nel DEF di aprile e le raccomandazioni specifiche formulate nell’ambito del precedente ciclo annuale del Semestre europeo.

Ricordiamo poi l’urgenza di rivedere i contenuti del D.lgs. n. 254/2016 sulla rendicontazione non finanziaria, che rende quest’ultima

dimensione. Oggi, a quasi quattro anni dalla pub-blicazione del Decreto, anche il mondo delle im-prese si è reso pienamente conto che la rendicontazione non finanziaria è uno strumento ormai indispensabile per consentire alla singola azienda di accedere alla componente più dina-mica della finanza, quella responsabile e sosteni-bile, e che l’adozione di pratiche gestionali orientate alla sostenibilità consente significative riduzioni dei costi e guadagni di produttività. è dunque il momento di rendere la rendicontazione non finanziaria immediatamente obbligatoria per tutte le grandi imprese (oltre 500 addetti) e pro-gressivamente (come fatto in Spagna) anche per le medie (oltre 250), mantenendo la volontarietà per le piccole. Anche le associazioni imprendito-riali, oltre che promuovere tra i loro associati la rendicontazione non finanziaria, dovrebbero re-darre il proprio bilancio di sostenibilità, seguendo le buone pratiche già esistenti.

Poiché i progetti finanziati dal PNRR, dalle altre risorse comunitarie e da fondi nazionali mette-ranno sotto forte pressione la capacità di pro-grammazione ed esecuzione dei medesimi nelle Regioni e negli Enti locali, soprattutto in alcune aree del Paese, un’attenzione particolare merita

il tema delle politiche territoriali e di coesione.

L’Italia persegue da tempo una programmazione “unitaria” delle politiche di coesione, basata su diverse fonti finanziarie e su un’ampia articola-zione di veicoli programmatici (che hanno strut-ture e regole in parte differenti). Per ciò che concerne il Mezzogiorno, le missioni proposte nel “Piano per il Sud 2030” mostrano forte analogia con i temi del Green Deal e gli obiettivi strategici del QFP 2021-2027: sud per i giovani, infrastrut-ture e inclusione, conversione ecologica, centra-lità nel Mediterraneo. Il Piano rappresenta quindi

un’ottima base di partenza per assicurare il co-ordinamento dei fondi del PNRR con quelli delle politiche di coesione previste dagli altri fondi europei e nazionali.

Per potenziare la spinta trasformativa nelle aree più deboli del Paese e in quelle in cui la transizione ecologica richiederà significative trasformazioni dell’apparato produttivo e del funzionamento del sistema socioeconomico, appare necessario

atti-vare programmi di finanza d’impatto, capaci

anche di mobilitare le imprese che operano nella cosiddetta “economia sociale”, le quali possono favorire la riconversione socialmente orientata dei sistemi economici territoriali. Va però tenuto

pre-sente che le emissioni di green e social bond per le amministrazioni pubbliche rappresentano comun-que ulteriore indebitamento. Poiché alle Regioni è data la possibilità di indebitarsi esclusivamente per spese di investimento e nel rispetto di strin-genti condizioni, cosicché molte di esse sono di fatto impossibilitate a seguire tale strada, al fine di consentire loro di utilizzare gli strumenti di fi-nanza d’impatto si potrebbe modificare la norma-tiva, attivando tra Stato e Regioni un meccanismo analogo a quello dei “patti di solidarietà” tra Re-gioni ed Enti locali, che consentono meccanismi di compensazione degli obiettivi finanziari con cessioni di quote di indebitamento.

La proposta di Regolamento per il PNRR stabilisce che nessun importo può essere impegnato dopo il 2023 né per sovvenzioni né prestiti e per quanto riguarda i sussidi; inoltre, 70% delle risorse asse-gnate deve essere oggetto di impegno giuridica-mente vincolante entro il 2021-2022 e il restante 30% entro il 31 dicembre 2023. La perentorietà di tali termini per l’assunzione di impegni suggerisce

la necessità di rafforzare i fondi rotativi per la progettazione in essere e attivarne di nuovi, al

fine di alimentare un parco progetti ampio ed adeguato all’ammontare delle risorse in gioco e disporre con il più largo anticipo possibile di pro-getti di qualità rapidamente cantierabili. Vice-versa, il rischio è che gli anni 2021 e 2022 si consumino in attività legate alla progettazione degli interventi piuttosto che per l’avviamento di questi ultimi. In questa prospettiva, si segnala che nella veste di soggetti finanziari di natura pub-blica, le società finanziarie regionali, presenti in quasi tutte le Regioni, possono svolgere un ruolo importante per la promozione dell’Agenda 2030 a scala territoriale, analogamente a quanto fa la Cassa Depositi e Prestiti a livello nazionale.

4.5 Le proposte dell’ASviS: