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3 4 I nobili: Cristoforo Visconti e Gian Fermo Trivulzio Un’ipotesi per Bramante, i fratelli Battagio e Matteo Fedel

Tra gli scolari di S. Maria presso S. Satiro si trovava rappresentata, oltre che la classe artigianale, imprenditoriale e mercantile, anche l’aristocrazia cittadina, iniziando da Cristoforo Visconti, dimorante nella parrocchia di S. Satiro almeno dal 1465180, partecipe degli eventi del 1476 e coinvolto con i compagni Aloisio Cusani e Ambrogio da Arcore in tutti gli atti stipulati per la - non ancora nata - scuola tra 1478 e 1480181. Dopo il 1480 è costantemente presente nelle carte della fabbrica e della confraternita182, per cui ricoprirà la carica di priore nel 1483, nel 1485 e nel 1486, quella di vicepriore alla fine del 1484 e sarà ancora presente al capitolo del 30 novembre 1488183. Per colui che fu, sembra, uno dei più attivi parrocchiani e sostenitori del progetto della cappella di S. Maria fin dai primi sviluppi degli anni Settanta, le notizie personali sono purtroppo molto scarne:

È sconosciuto il soggetto da realizzare per «[...] unum quadrum de auricalco sive brundo de illis quae apponi debent

178

ad corum ad extra». G. ERICANI, Prima e dopo Giovanni de Fondulis. La terracotta padovana di secondo

Quattrocento, in La cappella Ovetari. Artisti, tecniche, materiali, atti del convegno di studi (Padova 2006), a cura di

A.M. Spiazzi, V. Fassina, F. Magani, Milano, Skira, 2009, pp. 109-111, 119 nota 6; VERGA BANDIRALI, Fonduli

Giovanni cit.

Ivi; C.B. FULTON, The Master IO.F.F. and the Function of Plaquettes, in Studies in the History of Art, Washington,

179

National Gallery of Art, vol. 22, Italian plaquettes, atti del convegno (Washington, 1985), a cura di A. Luchs, 1989, 1989, pp. 143-162.

ASMI, Notarile 1720, 3 gennaio 1465 (Fondo Sironi).

180

Cfr. 1.1. Non è però tra gli scolari presenti al contratto del 2 novembre 1479 con Pietro da Bussero e Marco

181

Garibaldi.

Per i seguenti atti relativi alle vicende della fabbrica cfr. 2.1.1. e 2.1.2.: 2 aprile 1483, 7 maggio 1483, 28 agosto

182

1483, 28 settembre 1486; Cristoforo Visconti è nominato anche nei seguenti atti della scuola, segnalati nel Fondo Sironi: Notarile 766, 8 maggio 1484; Notarile 1463, 8 febbraio 1485; Notarile 715, 28 luglio 1485; Notarile 1464, 4 febbraio 1486; Notarile 3252, 12 gennaio 1487; Notarile 3883, 10 febbraio 1487.

Cfr. tabella elezioni al capitolo 1.

183

appartenente a un ramo secondario dei Visconti di Somma Lombardo184, figlio di Bartolomeo di Antonio (già maestro di stalla della duchessa Bianca Maria)185, era stato priore nel 1481 della scuola delle Quattro Marie, in cui è documentato ancora l’anno successivo186. Quale priore di S. Maria presso S. Satiro ebbe forse qualche ruolo nella chiamata nel cantiere del pittore Antonio Raimondi, un artista, sembra, piuttosto legato a questa nobile casata: già nel 1482 faceva infatti la sua comparsa nel palazzo di Battista Visconti, secondo cugino di Cristoforo, prima di essere chiamato nel 1489 a realizzare un’ancona lignea proprio nella chiesa di S. Agnese a Somma Lombardo187.

Un altro nome eccellente dell’aristocrazia milanese compare però negli atti della scuola, seppure nominato in una solo occasione, cioè al capitolo del 28 dicembre 1482: si tratta di Gian Fermo Trivulzio quondam Antonio, fratello del ben più celebre Gian Giacomo. La sua presenza è in questa sede considerata non tanto per il sicuro prestigio che il nome di Gian Fermo avrebbe apportato scuola, relativamente piccola e di recente fondazione, quanto piuttosto quale possibile tramite per la chiamata a S. Maria presso S. Satiro del team composto da Bramante, Matteo Fedeli e i fratelli Battagio, attivi nel corso degli anni Ottanta per il palazzo milanese di Gian Giacomo Trivulzio. Il libro mastro di casa Trivulzio, conservatosi solo per l’anno 1485, consente infatti di documentare con certezza l’attività dei quattro presso il palazzo di via Rugabella a Porta Romana, a cui Gian Giacomo diede inizio probabilmente già nel 1469 e poi sostanzialmente ricostruito a metà degli anni Ottanta: il libro mastro registra lavori da mettersi in relazione con la conclusione del cantiere, dal momento che molti riguardano l’interno del palazzo188. Numerosi sono i compensi a favore di Gabriele Battagio, che lavorava alla cappella, mentre l’unico indizio relativo al tipo di lavoro svolto dal fratello Giovanni è il pagamento per «carra 5 de terra». Il nome Bramante, coinvolto nella realizzazione della cosiddetta Camera d’Oro, è più volte ricordato per pagamenti relativi a capi di vestiario, che riceveva a spesa «de familia», indizio che lascia supporre che vivesse nella casa di Trivulzio. Se Bramante è in questi casi citato con la qualifica di «ingeniero» e «legnamaro», alcuni compensi sono invece destinati a «Mateo depintore» cioè, come si vedrà, Matteo Fedeli.

ROSSETTI, Un’ancona dorata cit., p. 54

184

ROSSETTI, Il problema di Sant’Angelo cit., p. 63.

185

Notarile 625, 15 dicembre 1481 (Fondo Sironi) e Notarile 1018, 22 maggio 1482 (Fondo Sironi).

186

Il 19 ottobre 1474 il pittore era presente come testimone in un atto rogato in casa dell’aristocratico Pietro Pusterla,

187

suocero di Battista Visconti e committente di diverse imprese nelle chiese milanesi di San Sebastiano, San Vincenzo in Prato e San Girolamo dei Gesuati. ROSSETTI, Un’ancona dorata cit., p. 57. Anche per la commissione dell’ancona lignea per la chiesa di S. Agnese a Somma, per cui Antonio Raimondi e Rolando Botta erano stati ufficialmente incaricati dai podestà del luogo, è difficile pensare che qualche ruolo non l’avessero avuto proprio i Visconti. Ivi.

Per i lavori effettuati nel palazzo e i nomi citati nel libro mastro del 1485 C. ROBERTSON, Bramante and Gian

188

Giacomo Trivulzio, in Bramante milanese cit., pp. 67-81.

Gabriele e Giovanni Battagio dimoravano a Milano già negli anni precedenti la loro prima sicura attestazione a S. Maria presso S. Satiro189: Gabriele si trovava in città nel novembre 1476190 e Giovanni agiva da testimone l’8 dicembre 1477 in un atto rogato nella casa di Gian Giacomo Trivulzio, sita nella parrocchia di S. Nazaro in Brolo a Porta Romana, probabilmente il palazzo di via Rugabella; si trattava, in quest’ultimo caso, della nomina di Gian Fermo quale procuratore del fratello Gian Giacomo, che lo incaricava di prendere possesso delle terre di Vespolate appena concesse per volere ducale191. Non è da escludere che i Battagio lavorassero già a questa data per Trivulzio: d’altra parte, nel 1481, il duca avanzava ai fabbricieri del Duomo il nome di Giovanni, piuttosto che quello di Amadeo, quale architetto capo della cattedrale, una proposta che lascia presumere che egli avesse già avuto precedenti esperienze di una qualche rilevanza, fosse presso casa Trivulzio o nel cantiere di S. Maria. È plausibile, infatti, che entrambi i Battagio, insieme a Bramante, avessero lavorato per la fabbrica fin dalla sua fondazione nel 1478192.

La certezza che anche il pittore Matteo Fedeli lavorasse alla Camera d’Oro di Palazzo Trivulzio è data più che dal libro mastro del 1485 da un atto notarile del 3 agosto 1487, che riportava il parere negativo di alcuni esperti circa il lavoro effettuato da Matteo «occasione illius camere nuncupate camere de lauro», con la conseguente rottura del contratto193. L’opera di Matteo era stata giudicata inadeguata dagli arbitri scelti dalle parti – tra cui si annoveravano frate Vittore degli Osservanti di S. Angelo194 e Pietro da Corte – cosicché si stabiliva che il lavoro non fosse concluso da Fedeli, ma da chi fosse stato preferito da Ambrogio de la Rupore, procuratore di Gian Giacomo. Si precisava inoltre che:

[…] pro quo opere fiendo et finiendo ut supra prefati domini Johannes Firmus et Carulus [de Triultio] tamquam procuratores prefati magnifici domini Johannis Iacobi commisserunt et informerunt prefato domino factori ut supra, quatenus dictum opus fieri et finiri faciet per alios quos melius sibi placebit dummodo non fiat per dictum magistrum Matteum.

Gabriele è testimone con Bramante all’atto del 4 dicembre 1482, Giovanni è testimone all’atto del 7 maggio 1483.

189

SCHOFIELD e SIRONI, Bramante and the problem cit., pp. 41, 47 doc. 2.

190

Ibid., pp. 39, 47 doc. 3; Notarile 2287, 8 dicembre 1477 (Fondo Sironi).

191

Ibid., pp. 45-46.

192

Ibid., pp. 45, 48 doc. 15.

193

A metà degli anni Ottanta frate Vittore da S. Angelo decorava con l’aiutante Domenico da Vigevano proprio i chiostri

194

del convento di S. Angelo, uno decorato con le storie di San Bernardino, l’altro con quelle della vita di San Francesco disposte in parallelo con episodi della vita di Cristo. ROSSETTI, Il problema di Sant’Angelo cit., p. 61.

In almeno due occasioni, a distanza di dieci anni, Gian Fermo agiva dunque quale procuratore del fratello in atti notarili in cui erano presenti degli artisti: del tutto comprensibile, se si considera la brillante carriera militare di Gian Giacomo, che lo portava spesso fuori Milano al comando della sua compagnia, in cui militeranno negli anni Novanta anche ben tre dei figli di Gian Fermo, cioè Giorgio, Alessandro e Catellano195.

Il casato dei Trivulzio, uno dei più grandi e antichi di Milano, vantava forti tradizioni militari, a cui non si sottraggono certo Gian Giacomo, Gian Fermo e Renato, i tre figli di Antonio. Già il padre e i suoi due fratelli avevano collaborato strettamente al governo di Francesco Sforza come diplomatici e consiglieri; nell’ultimo ventennio del XV secolo anche i tre figli di Antonio sono più volte coinvolti nel mondo militare, a cui erano legati oltretutto tramite la parentela materna Visconti Aicardi ; Gian Fermo, investito insieme ai fratelli dei feudi di Pontenure e Ferrari nel piacentino, 196

nel 1469 diventava governatore della Valtellina e in seguito, forse, anche consigliere ducale e addirittura gran cancelliere197. Sicuramente fu nominato collaterale del banco degli stipendiati nel 1481, una carica di assoluto prestigio198. Gian Fermo aveva sposato Margherita Valperga dei conti di Masino, una nobildonna proveniente da una famiglia non milanese di condottieri-feudatari, scelta che, come per altri maschi Trivulzio, rifletteva il preciso orientamento politico professionale della famiglia199. Dal capitolo della scuola del 28 dicembre 1482 risultava abitare nella parrocchia di S. Eufemia, come molti dei discendenti del suo avo Antoniolo: la zona di residenza era infatti un forte elemento di coesione e il fatto che la maggior parte dei discendenti di questo ramo abitasse tra S. Nazaro in Brolo e la contigua parrocchia di S. Eufemia, nel quartiere di Porta Romana, suggerisce

L. ARCANGELI, Gian Giacomo Trivulzio marchese di Vigevano e il governo francese in Lombardia (1499-1518),

195

in Ead., Gentiluomini di Lombardia: ricerche sull'aristocrazia padana nel Rinascimento, Milano, UNICOPLI, 2003, p. 33.

Ibid., p. 28.

196

PEDRALLI, Novo, grande, coverto cit., p. 577.

197

C. SANTORO, Gli offici del comune di Milano e del dominio Visconteo-Sforzesco. 1216-1515, Milano, A. Giuffrè,

198

1968, p. 98. Durante il periodo sforzesco vi erano solitamente due collaterali generali a corte, detti anche equitantes o

ad equitandum, ma il numero poteva variare a seconda della necessità; si trattava di una carica che durava a beneplacito

del duca, di solito più anni, assegnata ad appartenenti a famiglie nobili e quasi sempre milanesi. Il compito era quello di occuparsi di tutti gli stipendiati, in particolare dei podestà, dei capitani delle terre, dei castellani e conestabili e di tutte le milizie ordinarie e straordinarie, che dovevano essere passate in rassegna ogni due mesi. Andava effettuata un’ispezione periodica anche alle munizioni e alle vettovaglie dei castelli, per riferire al duca e ai membri del consiglio le novità ed eventuali proposte. Essi avevano inoltre il compito di badare che gli stipendiati e i castellani non fossero iscritti al loro banco, ossia fra i salariati, se prima non avessero prestato fideiussione e di trasmettere i nomi degli iscritti e dei fideiussori ai maestri delle entrate. Dovevano inoltre assicurarsi personalmente del numero dei fanti, pagati in base al loro numero effettivo. Ibid., p. XXVIII.

ARCANGELI, Gian Giacomo Trivulzio cit., p. 29.

199

l’idea di un controllo della famiglia su questa parte della città200. Gian Fermo moriva il 27 gennaio 1491201.

L’ipotesi che egli sia stato coinvolto anche in altre questioni riguardanti i lavori nel palazzo di via Rugabella, oltre a quella dell’agosto 1487, agendo da procuratore del fratello, potrebbe trovare conferma nelle lunghe assenze a cui la carriera militare costringeva Gian Giacomo, capitano sforzesco, poi al servizio del regno di Napoli e, infine, del re di Francia. Accolto fin dalla giovane età presso Francesco Sforza – che aveva chiamato a corte e allevato insieme ai propri figli alcuni rampolli di grandi famiglie milanesi – era diventato ben presto intimo di Galeazzo Maria; sarà quest’ultimo che, salito al potere nel 1466, affiderà al giovane Gian Giacomo, uno dei suoi uomini più fidati, i primi ruoli di comando202. Molto vicino a centro potere, dopo la morte di Galeazzo, Trivulzio è chiamato a far parte di un gruppo ristretto come il consiglio segreto del castello, dove pare venne inizialmente inserito come guelfo; da questa posizione chiave, in cui rimase per qualche anno e anche dopo l’accordo tra la reggente Bona di Savoia e Ludovico il Moro, ottenne incarichi politici e militari di rilievo203. Esaminando solamente gli anni Ottanta, periodo in cui presumibilmente fervevano i lavori a palazzo Trivulzio, la ricca biografia di Gian Giacomo di Rosmini204 lo documenta per la maggior parte del tempo fuori Milano: se si esclude il biennio 140-1481, per cui mancano attestazioni documentarie, tra il gennaio 1482 e l’autunno 1487 Gian Giacomo è impegnato in diverse campagne, che lo tengono lontano dal capoluogo per lunghi periodi.

Dal gennaio 1482 era infatti impegnato prima contro Roberto Sanseverino e poi contro Pier Maria Rossi di San Secondo; in una sua missiva del 4 aprile 1482 non mancava di far conoscere al duca il proprio sdegno per la nomina di Sforza II a luogotenente generale dell’impresa, scrivendo «non mi pare meriti de Abbate farme Monaco, et stare depresso ove meritarìa ascendere» e chiedendo di

Ibid., p. 31

200

SANTORO, Gli offici cit., p. 98.

201

Nel 1466 Galeazzo lo pose nel secondo ordine dei suoi camerieri e nel 1467 insieme a un altro favorito, Giorgio del

202

Carretto – come lui famigliare d’arme e cameriere della corte – è messo a capo di una piccola squadra di spezzati della famiglia e di galuppi. Come caposquadra della famiglia alla fine del 1468 Gian Giacomo partecipò quindi all’impresa di Brescello contro i correggesi e nel 1475 risulta tra i capitani di lance spezzate. M.N. COVINI, L'esercito del duca.

Organizzazione militare e istituzioni al tempo degli Sforza (1450-1480), Roma, Istituto Storico Italiano per il Medio

Evo, 1998, pp. 259-263.

ARCANGELI, Gian Giacomo Trivulzio cit., p. 35.

203

C. ROSMINI, Dell’istoria intorno alle militari imprese e alla vita di Gian-Jacopo Trivulzio detto il Magno[…], 2

204

voll., Milano, 1815.

poter rientrare a Milano entro otto giorni, cosa che poi non avvenne205. Nel frattempo la Repubblica di Venezia dichiarava guerra al duca di Ferrara, scegliendo quale proprio luogotenente Roberto Sanseverino; si raccoglievano allora attorno a Ferrara, tra gli altri, il Ducato di Milano, la Repubblica di Firenze e il Regno di Napoli, affidando l’esercito a Federico da Montefeltro, che convocava Gian Giacomo Trivulzio nel ferrarese già il 9 maggio. Dopo un periodo di malattia trascorso presso il palazzo di Revere del marchese di Mantova, Trivulzio, per i suoi meriti nella campagna condotta contro Pier Maria Rossi, era nominato governatore di Parma, città in cui si recava alla fine di ottobre del 1482, ma che era costretto a lasciare già pochi giorni dopo, richiamato a Ferrara. Sempre più insistenti erano le richieste dei duchi di Ferrara affinché Gian Giacomo rimanesse al loro servizio almeno fino all’anno nuovo, nonostante da Milano si cercasse di richiamarlo per affidargli altri incarichi206. Egli scrivendo al duca il 20 dicembre 1482 è chiaro nell’illustrare le ragioni che esigevano un suo ritorno a Milano, innanzitutto per la cura dei suoi affari:

[…] sono rimasto in conclusione con essi [i duchi di Ferrara] cum bona gratia de S. E. de poterme levare da qui el primo dì de anno novo et invero et per compiacere ad V. E. et ad li prefati Ill.mi Sig.ri ad quelo tempo venero ad essere stato molti et molti dì cum tanto mio disconzo damno et grandissimo sinistro, che mal el poteria exprimere ad V. E. etc. Sicchè al tempo concluso veneromene lì ad Milano per esserme ad omne modo necessario, se non volesse mo lassare andare tutte le mie cose in fracasso207.

Il contrordine arrivava però già alla fine di dicembre, quando a Gian Giacomo era richiesto, all’arrivo del duca di Calabria a Ferrara, di dirigersi nuovamente su Parma; nel frattempo, all’inizio del 1483, i Grigioni condotti da Pietro Sacco invadevano la valle Misolcina, ponendo sotto assedio il castello di Mesocco, che Gian Giacomo aveva acquistato nel 1480 con la mediazione e l’interesse del governo di Milano208. Il duca inviava Renato, fratello di Gian Giacomo, ad intervenire nella regione, garantendo a quest’ultimo, impegnato ancora nel ferrarese, la massima diligenza nella difesa dei suoi possedimenti . Incaricato di accompagnare il duca di Calabria alla dieta di 209

Cremona del febbraio 1483, doveva condurre un’operazione contro i Rossi dalla fine di aprile e, per il valore dimostrato nel corso di quest’ultima spedizione, ricevette in dono il castello di

Ibid., I, pp. 95-103 e Ibid., II, p. 88 doc. 25.

205

Ibid., I, pp. 105-116.

206

Ibid., II, p. 103 doc. 66.

207

ARCANGELI, Gian Giacomo Trivulzio cit., p. 35.

208

ROSMINI, Dell’istoria cit., I, pp. 116-119.

209

Torricella210. Impegnato sempre nella guerra contro Venezia, questa volta sul fronte bresciano e bergamasco, il 1 dicembre 1483 Gian Giacomo si appellava al duca perché gli concedesse di tornare a Milano, poiché aveva avuto notizia della gravi condizioni di salute della moglie, a cui sembrava non rimanesse molto da vivere; egli ribadiva più volte la preoccupazione di dover provvedere a «le cosse mie», concludendo:

Consideri mo V.E. in che stato io me ritrovo: prima per el debito che ho ad essa mia Mogliere, poy ad la provisione de mei figlioli et ancora delle cosse mie, quale per l’infirmitate sua et continua mia absentia tute sono in disordine et fracasso. Perhò me parso proponere con questa mia el caso mio ad V.E. et ricordarli che la se digni concederme che possa venire ad dare forma ad le cosse mie, et non mancare de mio debito.

Il duca tuttavia invitava il Trivulzio a riconsiderare la faccenda, ricordandogli che «qualche volta bisogna preferire le cose publice alle private», rassicurandolo sul fatto che le condizioni della moglie non fossero così gravi e che, in caso di effettiva necessità, l’avrebbe fatto richiamare egli stesso . Nel gennaio 1484 si teneva a Milano una dieta per decidere come continuare a primavera 211

la guerra contro la Repubblica di Venezia ma, poco dopo, Trivulzio veniva a mandato da Cremona a Soncino per rispondere a una possibile offensiva del Sanseverino. Gian Giacomo fu oltretutto il mandatario di Ludovico per la pace di Bagnolo, finalmente siglata il 7 agosto 1484212. Fin dall’ottobre di quell’anno la Repubblica di Firenze chiedeva a Milano di poter avere al suo servizio Gian Giacomo Trivulzio, ma i progetti del ducato erano altri: egli è inviato verso Vogogna, per sedare una ribellione del Vallese, dove doveva raggiungerlo anche il fratello Renato; nominato procuratore del principe per sedare le lagnanze che avevano dato motivo alle ostilità, ancora nel luglio del 1485 Gian Giacomo si trovava nella regione per trattare un accordo tra le parti e, conclusa con successo questa missione, poteva finalmente tornare a Milano213.

Già alla fine del gennaio 1486, comunque, partiva in soccorso del Re Ferdinando I e del Duca di Calabria contro la ribellione dei baroni, alleatisi con lo Stato Pontificio: lo scopo della missione era impedire che gli aiuti pontifici potessero giungere ai baroni nel regno di Napoli; nel giugno di quell’anno Gian Giacomo muoveva su Roma, costringendo il pontefice a una resa che egli trattò personalmente e che si concluse con la pace siglata l’11 di agosto. Venne quindi inviato dal papa contro Roberto Sanseverino, che rifiutava di abbandonare le terre pontificie, mentre il 5 ottobre era

Ibid., I, pp. 120-122.

210

Ibid., I, pp. 122-126 e II, p. 116 doc. 102, 104.

211 Ibid., I, pp. 127-138. 212 Ibid., I, pp. 139-141. 213

nuovamente richiamato a Roma per trattare alcuni affari riguardanti il Ducato di Milano e il Regno di Napoli; soccorreva poi il duca di Calabria che, il 6 novembre 1486, richiedeva il suo aiuto per sconfiggere gli ultimi baroni ribelli cosicché, il 28 dicembre, il duca poteva finalmente entrare vittorioso a Napoli. All’inizio del 1487 Trivulzio avrebbe dovuto far ritorno a casa, già provvisto di un salvacondotto che gli avrebbe concesso di attraversare le terre pontificie. La partenza, prevista per l’aprile del 1487, venne tuttavia ritardata: il 22 aprile Gian Giacomo era di nuovo a Napoli, dove era nominato conte della città di Belcastro e dove veniva stipulato il contratto di matrimonio con Beatrice d’Avalos. Partito l’8 di maggio, i suoi servizi furono richiesti nuovamente dal papa per riconquistare la città di Osimo, dove giunse il 31 maggio; dopo un lungo assedio, che vide anche un ammutinamento delle sue truppe, Gian Giacomo conquistava la città il 1 di agosto. Tornato verso Roma alla fine del mese, il 3 settembre arrivava a Firenze per poi proseguire per Milano214.

Non stupisce dunque che il 3 agosto 1487, quando era rotto il contratto con Matteo Fedeli, Gian

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