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Gli anni giovanili: il viaggio a Napoli del

3 2 Nicolò da Gerenzano: la parabola di un ricamatore

3.2.2. Gli anni giovanili: il viaggio a Napoli del

Se da una parte l’aggregazione alla scuola di S. Maria poteva inserire Nicolò in un’importante rete di relazioni, dall’altra non si può nemmeno negare il significativo contributo che un uomo della sua statura poteva apportare, e di fatto apportò, alla scuola stessa; l’impressione che si ha basandosi sui

ZANOBONI, Artigiani, imprenditori, mercanti cit., p. 55 nota 231.

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Regesto di statuti e grida relativi ai tessuti auro-serici fabbricati a Milano nel periodo sforzesco, a cura di S. Leydi,

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in Seta, oro, cremisi cit., pp. 180-181; MAINONI, La seta a Milano cit., p. 893.

documenti della giovinezza del ricamatore, le lettere napoletane, è quella di un habitué della corte ducale, vicino alla persona di Galeazzo Maria. Sicuramente godeva di una posizione privilegiata, che poteva avergli fornito una buona conoscenza del panorama artistico milanese e non solo.

L’invio di Nicolò da Gerenzano a Napoli si può con ogni probabilità inquadrare nell’abile uso del lusso che Galeazzo Maria esercitava nei suoi affari diplomatici: indimenticabile la citata visita a Firenze del 1471, quando il duca si recò nella città accompagnato dalla moglie Bona di Savoia e da un corteo a dir poco sfarzoso; probabilmente i da Gerenzano non avevano realizzato solo la tunica a gigli del duca, se si guarda all’impressionante numero di preziosi tessuti elencati nella descrizione del corteo fatta da Bernardino Corio . In occasione delle nozze di Eleonora d’Aragona, figlia del re 34

di Napoli Ferdinando I, con il duca di Ferrara Ercole I d’Este, a Nicolò erano invece stati commissionati invece un paramento da letto con le insegne del re di Napoli, una «camora» sempre con simboli araldici, una sopravveste in velluto nero ricamato per il cavallo del duca di Calabria, una giornea e un paio di maniche, il tutto istoriato in argento falso; il lavoro era stato realizzato in parte a Napoli da Nicolò ed altri maestri e in parte a Milano da Giovan Pietro .35

Rimangono a testimonianza di questo periodo le lettere inviate da Nicolò al duca di Milano e quella indirizzata allo stesso da Ippolita Sforza d’Aragona, sorella di Galeazzo Maria e probabile tramite per la presentazione dei da Gerenzano alla corte partenopea, in cui la nobildonna esprimeva parole di grande ammirazione per il lavoro svolto da Nicolò . L’invio a Napoli del ricamatore di fiducia 36

«Seco principalmente havea li principali suoi feudatarii e consiglieri, tutti dal liberalissimo duca presentati di drapo

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d’oro e d’argento. La famiglia loro oltramodo a nove fogie erano impruonto. Li curtegiani stipendiati dal principe erano vestiti de velluto et altri finissimi drapi di seta, e similmente li suoi camereri con resplendenti rechami, e tra questi gli v’era xL a li quali havea donato una colana d’oro e quella di mancho precio era di vallore de cento ducati. E Vercellino Vesconte davante li portava la spada. Cinquanta stafferi havea, tutti vestiti con due fogie, l’una di panno d’agento e l’altra di seta, e finalmente insini a li servitori de cucina erano vestiti a diversi valluti e rasi. Cinquanta corseri faceva condure seco con le selle di drappo d’oro, staffili tisuti di seta e li staffi dorati e sopra li possenti cavagli gli erano puliti regazi tutti vestiti con uno zuppono de drappo d’argento e giornia di seta a la sforcescha. Per la guardia di sua excellentia have cento huomini d’arme scelti, tutti a modo de capitanii impruonto, e cinquecento fanti electi, et ogniuno dal principe era stato presentato. Per la ducissa havea deputato cinquanta chinee e tutte con le sue selle e fornimenti d’oro e d’argento, sopra li suoi pagi richamente vestiti; xii carette havea e tutte con le coperte di drapi d’oro e d’argento rechamate a le ducale insegne. Li materazi dentro e piumazi erano di drapo d’oro rizo sopra rizo alchuni d’argento et altri de raso cremesino, e sine a li fornimenti de cavalli erano coperti di seta. Queste carette sopra mulli fece passare le Alpe. Fu questa comitiva de dua milia cavalli e duecento mulli da cariagio, tutti ad una fogia de coperta, ch’era di damascho bianco e morello et il ducale in mezo richamato de fino oro et argento, et li mulateri vestiti de novo a la sforcescha. […]Si trova questo apparato solo essere constato duecento milia ducati». Storia di Milano di Bernardino

Corio, 2 voll., a cura di A. Morisi Guerra, Torino, Unione tipografico-editrice torinese, 1978, II, pp. 1380-1381.

ZANOBONI, I da Gerenzano cit., p. 37.

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«Nicolò de maistro Johan Pietro ragamatore ne ha servito in modo che non solo a boccha, ma col pensiero non

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haveressemo saputo, nè imaginare meglio, et certe reconciandone alcuni vestiti perfectamente non ne ha facto poco honore a questa festa. Sichè regraciamo infinitamente la vostra excellencia che se degnò a mandarlo et farne questo singularissimo piacere». Tutte le tre lettere sono pubblicate in Curiosità d’archivio, «Archivio Storico Lombardo: Giornale della società storica lombarda», s.1, 6, 1879, pp. 361-366.

della corte sforzesca, tuttavia, potrebbe non essere una semplice cortesia del duca per esaudire il desiderio della sorella, quanto piuttosto un’abile manovra diplomatica, da mettere in relazione alle complicate vicende che avevano preceduto la celebrazione del matrimonio. Già nel 1455, infatti, si pensava ad un doppio progetto matrimoniale fra Napoli e Milano: Eleonora d’Aragona avrebbe sposato Sforza Maria Sforza, terzogenito del duca Francesco, mentre Alfonso, fratello di Eleonora ed erede al trono di Napoli, avrebbe sposato Ippolita Sforza; un progetto fallito, che si concluse con l’annullamento delle nozze celebrate tra Eleonora e Sforza Maria e con il nuovo matrimonio della stessa con il duca Ercole I .37

Le due lettere inviate da Nicolò al duca sono datate 5 e 28 aprile 1473, quella di Ippolita Sforza al fratello con i ringraziamenti per averle inviato il ricamatore è invece del 18 maggio; da Gerenzano racconta di non essere mai stato prima nel «paese» e di esservi arrivato il 21 di marzo, soggiornandovi quindi più di un mese, periodo di tempo che trascorse non solo lavorando ma anche partecipando alla vita della corte. Nella prima lettera Nicolò non accenna nemmeno una volta al lavoro di ricamo per cui è stato inviato a Napoli, ma si scusa con Galeazzo Maria per aver lasciato passare del tempo prima di comunicare proprie notizie, sicuro però che «messer Francischo» (Francesco Maletta, ambasciatore del duca di Milano presso il re di Napoli) avesse provveduto invece a tenerlo adeguatamente informato. Descrive la calorosa accoglienza ricevuta da Ippolita Sforza e dai figli di lei, precisando di aver consegnato la lettera che il duca gli aveva affidato e insiste su come tutti i componenti della famiglia chiedessero notizie sul suo signore. Nella seconda lettera da Gerenzano descrive le celebrazioni della Settimana Santa a cui aveva partecipato con la corte, elencando anche i personaggi che vi avevano preso parte e non facendo mancare coloriti e sdegnati commenti su alcuni episodi capitatigli in quelle giornate. Nel descrivere i suoi spostamenti, fa più volte riferimento al soggiorno presso «Castel Novo» e prima di passare alla chiusura della lettera, dove tratta effettivamente del suo lavoro di ricamatore, scrive di essere stato

Nel settembre del 1465 erano state celebrate sia le nozze tra Ippolita e Alfonso che tra Eleonora e Sforza Maria, ma in

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quest’ultimo caso si impose la condizione che il matrimonio fosse consumato solo qualche tempo dopo, a Milano. Le trattative per festeggiare le nozze e per perfezionare gli accordi proseguirono ancora per alcune settimane, ma la morte di Francesco Sforza causò un primo ritardo e, con l'ascesa al potere di Galeazzo Maria, le nozze finirono per rimanere inattuate: le pretese del nuovo duca e i numerosi motivi di contrasto sorti con re Ferdinando portarono nel 1472 a pensare sempre più chiaramente all'annullamento del matrimonio fra Eleonora e Sforza. Fu dunque raggiunto un accordo preliminare nel giugno di quell’anno che prevedeva lo scioglimento del vincolo di Eleonora e il matrimonio di Isabella, figlia di Alfonso e Ippolita, con il figlio di Galeazzo Maria, Gian Galeazzo; re Ferdinando si impegnava inoltre a coinvolgere il nuovo marito di Eleonora in una politica di pace con Milano. Nel settembre le parti sottoscrissero l’accordo, nonostante Sforza Maria non volesse accettare l'annullamento e, per contrastarlo, inviasse suoi fiduciari a Napoli e a Roma; solo dopo essere stato severamente richiamato dal fratello Galeazzo Maria, Sforza sottoscrisse la sua rinuncia. I patti matrimoniali furono quindi firmati nel novembre 1472 e l'anno successivo Ercole inviava il fratello Sigismondo a Napoli per prendere la sposa, che lasciò Napoli il 24 maggio 1473. Per le vicende riguardanti il matrimonio P. MESSINA, Eleonora d’Aragona Duchessa di Ferrara, in Dizionario Biografico degli italiani, vol. 42, 1993: <http://www.treccani.it/enciclopedia/eleonora-d-aragona-duchessa-di-ferrara_(Dizionario-Biografico)/>

mandato a Pizollo «[…] dove vidi cosse assai di mirabilità, non però fora dal naturalle, de qualle melio saperò dire alla mia venuta che metere in scribto».

Pizollo potrebbe essere Pizolo, cioè Pozzuoli: così si evince anche dal Trattato dei bagni di Pozzuoli, uno scritto che segue l’edizione a stampa di fine XV secolo della Cronaca di Partenope e

modellato su più antichi componimenti tardo medievali («Sequita uno tractato deli bagni de Pizolo […]») ; l’area termale, sebbene probabilmente in parziale rovina, aveva continuato a godere di 38

grande fama grazie ai suoi bagni – nel componimento ne sono descritti ben trentacinque – dalle prodigiose qualità terapeutiche: numerose sono le visite di principi e di dotti dal XII al XVI secolo, fino ad arrivare alla terribile eruzione del 20 settembre 1538, che distrusse presumibilmente la maggior parte delle strutture sopravvissute . È possibile che le «cosse assai di mirabilità» viste da 39

Nicolò fossero dunque proprio i famosi bagni e, tuttavia, il milanese si trovava al tempo stesso in un’area archeologica di primaria importanza; il contesto artistico napoletano era d’altra parte caratterizzato da una peculiare cultura antiquaria, costituita proprio su fonti e reperti locali, ampiamente disponibili sia in città che nell’area circostante . Se non sono molte le informazioni 40

sulla collezione allestita a Castelnuovo, meglio testimoniata è la preziosa raccolta di pezzi antichi di Diomede Carafa, creata a partire dalla seconda metà degli anni Sessanta e conservata nel suo palazzo napoletano, meta di numerosi ospiti e ambasciatori stranieri; sembra che Carafa per arricchire la sua collezione avesse addirittura acquistato una “proprietà archeologica” a Pozzuoli, dove possedeva anche una residenza . Sempre a Pozzuoli la chiesa di S. Procolo era stata insediata 41

all’interno del grande tempio marmoreo di epoca augustea e, sebbene entro il XV secolo l’edificio avesse già subito alcune manomissioni, la struttura originaria risultava ancora leggibile: i disegni di Giuliano da Sangallo della pianta e della facciata settentrionale, eseguiti intorno al 1490, ne sono la più antica e completa testimonianza . Certo, non ci sono elementi direttamente riconducibili 42

all’archeologia napoletana nell’architettura e nella decorazione dei cantieri di S. Maria presso S. Satiro, ma di certo la suggestione dell’antico non doveva essere del tutto estranea a Nicolò da Gerenzano.

Cronaca di Partenope. Segue: Trattato dei bagni di Pozzuoli, [Napoli], [Francesco Del Tuppo], [1486-1490].

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E. PERCOPO, I bagni di Pozzuoli. Poemetto napoletano del sec. XIV, Napoli, 1887, pp. 5-11.

39

B. DE DIVITIIS, Architettura e committenza nella Napoli del Quattrocento, Venezia, IUAV, Marsilio 2007, p. 45.

40

Ibid., pp. 97-106.

41

C. VALERI, Marmora Phlegraea: sculture del Rione Terra di Pozzuoli, Roma, «L’Erma» di Bretschneider 2005, p.

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