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2 4 La scuola di Santa Maria presso San Satiro committente delle architetture di Bramante

Sarà ora utile enunciare delle prime conclusioni relativamente a quanto finora esposto sulle relazioni esistenti tra la scuola di S. Maria presso S. Satiro, Bramante e le tre architetture affrontate, annodare saldamente dei fili prima di proseguire con le biografie degli scolari che consentiranno, si crede, di completare ulteriormente il quadro.

È evidente che la scuola, alla fine degli anni Settanta, raccolga e direzioni una serie di istanze presenti da qualche tempo: essa esiste nelle intenzioni ed agisce ben prima di ottenere un riconoscimento ufficiale; esprime quelle che, almeno inizialmente, sono le preoccupazioni dei parrocchiani di S. Satiro, che fin dal 1476 si dimostrano interessati alla riqualificazione della loro chiesa; nel 1477 interviene prepotentemente sulla scena Vincenzo Gallina, un personaggio a cui i parrocchiani dovevano evidentemente riconoscere un ruolo di un qualche importanza nella vita della loro piccola comunità: egli accusa niente meno che il rettore della chiesa, scelto direttamente dal duca, di complicità nel danneggiamento dell’immagine della Madonna da lui commissionata. Nel frattempo i progetti intorno agli interventi da realizzarsi per la chiesa di S. Satiro dovevano essersi fatti più precisi e anche più ambiziosi; il primo passo concreto da compiere era l’acquisto di un sedime e la demolizione di alcune costruzioni di pertinenza parrocchiale, obiettivo che si ottiene con ogni probabilità tramite un’abile strategia (di accordo, o di inganno?) con il nuovo rettore di S. Satiro, entrato in scena proprio solo qualche giorno prima dell’acquisto del 10 ottobre 1478. In questa occasione, la comunità non si presenta più con il volto dell’oste Vincenzo Gallina, ma si fa rappresentare da tre più che rispettabili cittadini, un nobile, un ricco artigiano e un grande mercante; nei due anni successivi essi agiranno in diverse occasioni per la scuola, ancora priva di un riconoscimento ufficiale, costituendo un’inattaccabile facciata dietro cui continueranno ad operare anche alcuni parrocchiani, detti ora scolari, come Vincenzo Gallina. La scuola dà inizio subito al

cantiere, che - nulla impedisce di pensarlo, allo stato attuale degli studi - potrebbe essere già sotto la direzione di Bramante e ottiene nel frattempo anche l’approvazione ducale dei suoi statuti. Per motivi a oggi sconosciuti (una maggiore disponibilità di fondi? Mutate esigenze liturgiche?), a cantiere già ben avanzato si prende la decisione di continuare la costruzione secondo un diverso progetto: nonostante le oggettive difficoltà questo è reso possibile, o più probabilmente è il risultato, di un cambio avvenuto all’interno della scuola, evidenziato anche dall’ascesa al ruolo di priore il 29 dicembre 1481 di Nicolò da Gerenzano, una delle personalità che, insieme a pochissimi altri esponenti, ricoprirà più volte questa carica nei dieci anni successivi, orientando fortemente, si può supporre, l’azione della confraternita e quindi del cantiere.

Esattamente in questi mesi (ottobre-dicembre 1481) cade la vicenda dell’Incisione Prevedari: considerati i legami dei suoi protagonisti con la scuola (Bramante e Matteo Fedeli e, indirettamente, Antonio da Meda) e la data di consegna, sembra di poter affermare che essa sia stata prodotta esplicitamente per il contesto di S. Maria presso S. Satiro, il cui nuovo progetto richiedeva non solo un’architettura convincente, ma anche una dichiarazione forte. Non è da escludersi che la Prevedari rappresenti quello che si potrebbe definire un atto di indirizzo per la chiesa di S. Maria: certo, non è un progetto costruttivo nello stretto senso del termine ma, a questa data, Bramante è un abile pittore e scenografo ed è in questa forma che è naturale si esprimesse il suo pensiero architettonico, senza contare che l’Incisione Prevedari è, senza dubbio, un prodotto proveniente dall’ambiente pittorico. Essa è realizzata da un abilissimo incisore che si era formato a pochi passi dalla chiesa di S. Satiro e che in quel momento risiedeva a pochi passi dal nuovo cantiere di S. Maria. È un prodotto particolarmente raffinato e ricercato non solo nella rappresentazione dell’architettura e delle figure, ma anche nelle sue qualità di oggetto: se anche avesse mai superato la fase della sperimentazione, una destinazione per la scuola implicherebbe comunque una tiratura piuttosto limitata, che ben si adatterebbe a un’opera di simile ricercatezza. Si potrà obiettare con la grande diffusione che gli elementi della stampa avranno nella pittura, che però rappresentava il mondo di provenienza della stessa: sarebbe stato sufficiente, a ogni modo, fare cadere l’Incisione Prevedari nelle mani giuste. Quelle di Matteo Fedeli, innanzitutto, la cui mancanza di opere attribuite con certezza, il gran numero di apprendisti e le poche attività note – tra cui la dipintura di un tabernacolo o di statue marmoree – potrebbe far propendere ad assegnargli un ruolo di pittore decoratore, al pari di altri artisti presenti a S. Maria, attivo quindi in piccoli e grandi cantieri insieme ad altri numerosi artefici; avrebbe potuto conoscerla Cristoforo Prevedari, fratello di Bernardino, pure attivo in una nota bottega di pittura milanese, che era stata più volte impegnata in cantieri collettivi privati o ducali; bastava infine anche solo che cadesse nelle mani del priore eletto il 29 dicembre 1481, quel Nicolò da Gerenzano sui cui legami e rapporti di parentela con pittori si tornerà nel paragrafo dedicato.

Resta il fatto che la presenza di Bramante è sicuramente documentata nel cantiere di S. Maria presso S. Satiro dal 1482. Il suo è un ruolo importante, di regia, come si evince dall’impostazione degli spazi della chiesa e dall’impiego degli elementi a grande scala; eppure laddove il suo controllo è esplicitamente richiesto dai documenti, in tre casi, egli è sempre affiancato anche da un rappresentante della scuola: il sindaco Antonio da Meda per le statue in cotto realizzate da Agostino Fonduli, il priore per lo schema dei colori della facciata marmorea, Aloisio Cusani e nuovamente Antonio da Meda per i lavori eseguiti nel 1491 da Antonio Raimondi. Insieme a lui nel cantiere sono presenti molto probabilmente i fratelli Battagio e certamente Agostino Fonduli, nomi su cui si tornerà, quattro presenze che indicano una squadra di lavoro con una buona conoscenza dei maggiori rinnovamenti dell’architettura dell’Italia settentrionale e dell’impiego di elementi all’antica; i Battagio e Fonduli – per quanto ci è concesso sapere in quel momento pressoché sconosciuti, al pari di Bramante – saranno coloro che avranno il grande merito di esportare le novità viste a S. Maria presso S. Satiro in altri cantieri lombardi. Questo non accadrà, invece, per un altro gruppo di artisti, di stampo più tradizionale, presenti a S. Maria: abili decoratori, probabilmente, in grado di offrire diverse competenze e che si ritrovano attivi in varie fabbriche. Il primo e il secondo gruppo, a cui si deve aggiungere almeno un’ulteriore squadra di lapicidi e una per la realizzazione degli stucchi, concorreranno e realizzare un risultato formale assolutamente inedito per Milano. Impostata la chiesa, la scuola – o meglio i suoi scolari – possono finalmente esprimere pienamente le proprie ambizioni: non nella chiesa, luogo dedicato al culto e ai fedeli, ma nella sacrestia, spazio privato in cui si concretizzano delle esigenze che paiono lontane da un’origine devozionale. Nella sacrestia è possibile spingere al limite – per il contesto milanese e la data, beninteso – le sperimentazioni architettoniche, decorative e materiche. Si realizza un tempietto all’antica, o quello che si riteneva lo fosse, adatto all’uso laico, della congregazione, che si è ipotizzato ne fosse la funzione prevalente. Dopo essersi definita verso l’interno la scuola è pronta a volgersi verso l’esterno: si affida per la facciata della chiesa ad un artista ben noto, Giovanni Antonio Amadeo, magari con l’idea di raggiungere un risultato simile a quello della Cappella Colleoni: se la facciata fosse stata effettivamente realizzata, forse la chiesa di S. Maria presso S. Satiro avrebbe rivelato prima quanto le sue istanze fossero molto più simili a quelle di un ricco committente privato piuttosto che a quelle di una comunità parrocchiale.

Non sorprende quindi più di tanto, in conclusione, constatare che Ludovico il Moro voglia far realizzare una cappella – ai cui lavori sovrintende Bramante ora «ingegnere» – proprio nella chiesa di S. Maria presso S. Satiro, laddove esattamente vent’anni prima sorgeva invece un piccolo sacello che si diceva pericolante e in rovina. 


3. Gli scolari

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