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I criteri di valutazione della proposta

INDISPONIBILITA’ DEL TRIBUTO, FUNZIONE AMMINISTRATIVA E TRANSAZIONI FISCALE

7. I criteri di valutazione della proposta

Le conclusioni cui si è pervenuti nel precedente paragrafo, non hanno invero una portata limitata al solo discorso sull’indisponibilità ma, al contrario, hanno altresì pesanti ricadute in ordine ai criteri di valutazione ed alla tipologia della funzione esercitata dall’amministrazione a fronte della presentazione della domanda da parte del contribuente.

Per avvedersene, appare utile anche in questo caso distinguere nettamente il discorso a seconda che si approcci il vecchio testo dell’art. 182ter l.f., ovvero quello novellato.

In siffatto contesto, peraltro ed a ben vedere, la distinzione deve essere duplice. Più nel dettaglio, per evitare di confondere i piani del discorso, non solo è necessario distinguere a seconda del dato normativo ma, altresì, occorre tenere distinto il piano dei criteri da quello della tipologia della funzione esercitata nell’utilizzo degli stessi.

Ed infatti, un medesimo criterio può in realtà trovare la propria estrinsecazione, a seconda del dato normativo, tanto in una funzione vincolata quanto discrezionale, variando esclusivamente il grado di maggiore o minore flessibilità che quello stesso criterio assume e, quindi, il maggiore o minore margine di apprezzamento rimesso all’Amministrazione.

Tanto premesso, in questo paragrafo ci si concentrerà esclusivamente sui primi, rinviando la trattazione della seconda al paragrafo successivo.

Formulata la riserva, è già stato più volte rilevato come l’originario impianto normativo si presentasse altamente lacunoso proprio in punto di predeterminazione dei criteri cui l’Amministrazione avrebbe dovuto attenersi in sede di valutazione della proposta.

Ed infatti, il testo di legge nella sua primigenia formulazione, prevedeva dei criteri di tipo indiretto, sostanzialmente basati sul trattamento riconosciuto agli altri creditori419 i quali, purtuttavia, venivano individuati quali meri criteri di

419 Ed infatti, in caso di credito erariale privilegiato, si prevedeva che la percentuale, i tempi di soddisfacimento e le eventuali garanzie non potessero essere inferiori rispetto a quelle offerte agli altri creditori che avessero vantato un privilegio inferiore o a quelli che avessero una posizione giuridica ed interessi economici omogeni rispetto a quelli delle agenzie fiscali. Nel caso di credito

ammissibilità della proposta420, più che degli elementi che orientassero la decisione dell’Amministrazione.

In un simile contesto, dottrina421 e prassi amministrativa, secondo un percorso del tutto uniforme, si sono affaticate nel ricostruire induttivamente quei criteri cui l’Amministrazione si sarebbe dovuta attenere nella propria valutazione.

Il minimo comun denominatore di tale percorso interpretativo è stato quello di ricostruire, mediante il richiamo di principi costituzionali ed a più o meno inferenti rationes di fondo, quegli stessi criteri di maggiore proficuità ed efficienza che avevano caratterizzato, sino a quel momento, la pregressa transazione sui ruoli422.

Così, per un verso, mediante il richiamo del principio di imparzialità, ex art. 97 Cost., si è condivisibilmente ritenuto che gli uffici avrebbero dovuto valutare “l’eventuale effettiva possibilità di una migliore soddisfazione del credito erariale

in sede di concordato preventivo, rispetto all’ipotesi di avvio di una procedura concorsuale di fallimento, tenendo conto dei principi di economicità ed efficienza dell’amministrazione nonché della tutela degli interessi erariali”423.

Per altro verso, ed in maniera meno condivisibile424, si è ritenuto che tale valutazione andasse anche contemperata, con gradazioni variabili ed a seconda della singola prospettazione, con gli altri interessi ordinamentali, in specie

chirografario, al contrario, si prevedeva esclusivamente che il trattamento non potesse essere differenziato rispetto agli altri creditori.

420 Contra M. CARDILLO, La transazione fiscale, cit., 106, il quale già acutamente rilevava che le condizioni di trattamento dei crediti erariali previste dal testo previgente dell’182ter l.f. non potessero essere degradate a mera condizione di ammissibilità ma, al contrario, rappresentassero i criteri al ricorrere dei quali l’Amministrazione sarebbe stata chiamata a dare il suo assenso.

421 In dottrina, per tutti, si v.: M. POLLIO, P. P. PAPALEO, La fiscalità nelle nuove procedure concorsuali, Milano, 2007, 117 e ss.; L. DEL FEDERICO, Profili processuali della transazione fiscale, in Corr. Trib., 2007, 3661 e ss.; ID., La transazione fiscale, cit., 1071 e ss.; L.TOSI, La transazione fiscale: profili sostanziali, cit., 649 e ss..

422 Su tali profili v. retro Cap. I, par. 4.

423 Cfr. Circ. n. 40/E del 2008, punto 5.5.

424 Ed invero, la minore condivisibilità dell’affermazione non è legata all’affermazione di principio in sé, quanto e piuttosto alla gradazione con la quale si intenda di assumerla. Ed infatti, se è più che condivisibile che un istituto non possa che partecipare alla ratio complessiva del sistema in cui si inserisce, mutando da questo obiettivi e finalità, allo stesso tempo il contemperamento intanto potrà dirsi possibile in quanto la contemperabilità sia astrattamente consentite al soggetto che di quell’istituto deve avvalersi.

rappresentati dalla conservazione dei livelli occupazionali e dei fattori produttivi, invero assunti a rationes di fondo della riforma fallimentare425.

Detto altrimenti, per via interpretativa sono stati rimessi in capo all’Amministrazione la tutela e la ponderazione di altri e differenti interessi, ben diversi rispetto all’interesse fiscale ed anzi, ponentesi quasi ontologicamente426 in contrasto con lo stesso senza che, peraltro, una simile attribuzione fosse contemplata, nemmeno implicitamente, dal testo di legge427.

Se questo era il piano del dibattito nella vigenza della pregressa disciplina, i termini del discorso sembrerebbero mutare radicalmente una volta che si approcci il testo novellato.

Ed infatti, come peraltro già ampiamente visto, il legislatore ha infine positivizzato, accanto ai criteri che si sono definiti di tipo indiretto, il principale criterio ai fini della valutazione della proposta, in specie rappresentato dalla maggiore proficuità, in una rigida ottica di convenienza economica, della via latu

sensu concordataria, rispetto all’ipotesi fallimentare.

In questo senso, il criterio altro non è rappresentato che da una prognosi liquidatoria428 dei beni presenti nell’attivo del debitore e, quindi, da un confronto tra il risultato così ottenuto, con quanto offerto per il tramite del piano concordatario o dell’accordo di ristrutturazione.

425 In dottrina, per tutti, si v.: G. MARINI, La transazione fiscale, cit., 1211 e ss.; L. TOSI, ult. op. cit., 649, per il quale la proposta presentata dal contribuente sarebbe dovuta essere vagliata “coerentemente con lo spirito della riforma del diritto fallimentare e degli istituti del concordato e della ristrutturazione dei debiti, anche alla luce della possibilità di “salvare” l’impresa in crisi, valutando le conseguenze negative che l’eventuale fallimento potrebbe produrre con riguardo a situazioni collegate ad interessi costituzionalmente tutelati, quali – per esempio – il profilo occupazione e quello produttivo”. Lungo sempre questa stessa direttrice, si è espressa peraltro la stessa Amministrazione, per quale gli uffici nell’effettuare la valutazione in ordine alla maggiore proficuità ed efficienza della via transattiva, avrebbero dovuto tenere in considerazione “gli obiettivi sottesi alla riforma organica delle procedure concorsuali e, di conseguenza, all’istituto della transazione fiscale”. Cfr. Circ. n. 40/E del 2008.

426 Ed è infatti evidente che l’interesse alla massimizzazione del gettito non potrà che porsi perennemente in contrasto rispetto al “salvataggio” dell’impresa in crisi il cui obiettivo consustanziale è proprio quello della minimizzazione della complessiva esposizione debitoria. In questo senso si v.: F. PAPARELLA, Il nuovo regime dei debiti tributari di cui all’art. 182-ter L.F.: dalla transazione fiscale soggettivo e consensuale alla retrogradazione oggettiva, cit., 317 e ss..

427 Estremamente critico verso questa ricostruzione è D. STEVANATO, Transazione fiscale, in C. CAVALLINI (diretto da), Commentario alla legge fallimentare, Milano, 2010, 836 e ss.. L’A., difatti, escludeva in radice che l’Amministrazione potesse attribuire rilevanza nella ponderazione da compiere, in assenza di formale attribuzione alcuna, ad interessi ad essa estranei.

428 C. ATTARDI, Transazione fiscale: questioni procedurali, effetti sui crediti e sulla tutela giurisdizionale, cit., 4448

In un simile contesto, dipoi, non sembrerebbe essere possibile negare che l’Amministrazione possa prendere in considerazione anche gli altri interessi ordinamentali sottesi all’impianto concorsuale429, ad esplicita condizione, purtuttavia, che non sia richiesto alcun vero contemperamento con questi, inteso nel senso tecnico della parola.

Detto altrimenti, intanto l’Amministrazione potrà prendere in considerazione interessi estranei a quello fiscale, in quanto siffatti interessi non si pongano in aperto contrasto con lo stesso.

Il che val quanto dire, che l’Amministrazione potrà considerare l’interesse alla salvaguardia dei valori produttivi e quello dei valori occupazionali solo a fronte di parità di gettito incassabile, essendole affidata in via ordinamentale la sola cura dell’interesse fiscale430.