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La tipologia della funzione esercitata dall’Amministrazione

INDISPONIBILITA’ DEL TRIBUTO, FUNZIONE AMMINISTRATIVA E TRANSAZIONI FISCALE

8. La tipologia della funzione esercitata dall’Amministrazione

Individuati quelli che sono i criteri cui l’Agenzia è tenuta ad attenersi e facendo tesoro dell’impianto teorico ricostruito nella precedente sezione, può essere finalmente affrontato il tema della tipologia della funzione, discrezionale o vincolata, esercitata dall’Amministrazione in seno all’art. 182ter l.f..

Ebbene, se sotto la previgente disciplina, proprio alla luce della ricordata lacuna legislativa in ordine alla predeterminazione dei criteri, la dottrina maggioritaria431 ha quasi pacificamente432 ricondotto la funzione esercitata alla

429 Posto, peraltro, il tenore della già menzionata relazione illustrativa. Cfr. retro note nn. 3 e 376.

430 In questo senso, peraltro, si è espresso lo stesso legislatore con la relazione illustrativa al D.L. n. 78/2010 la quale, anzi, implicitamente parrebbe escludere in radice la possibilità di contemperamento alcuno. Maggiormente nel dettaglio, commentando l’allora introdotta revoca di diritto per gli accordi di ristrutturazione ma con un’espressione dal carattere generale, ivi si afferma che: “Tale previsione normativa, che opera per i soli omessi pagamenti dovuto alle Agenzie fiscali ed agli enti previdenziali, assicura altresì uniformità di comportamenti tra gli enti pubblici interessati e consente di incentrare le valutazioni di opportunità della transazione fiscale e contributiva e soprattutto sulla relativa convenienza dal punto di vista economico e finanziario, non costituendo la prosecuzione dell’attività di impresa, che altrimenti, costituirebbe presupposto necessario per garantire eventuali pagamenti dilazionati”.

431 S. LOCONTE, La tutela giurisdizionale del debitore nell’ambito della transazione fiscale, in A. CAIFA (a cura di), Le procedure concorsuali nel nuovo diritto fallimentare, Torino, 2009, 699 e ss.; G. FALSITTA, Funzione vincolata di riscossione ed intransigibilità del tributo, cit., 1047 e ss.; E. GRASSI, Transazione fiscale e indisponibilità dell’obbligazione tributaria, cit., 42 e ss.; L DEL FEDERICO, Commento Art. 182ter, in A. JORIO (diretto da), Il nuovo diritto fallimentare, Bologna – Torino, 2007, 2575 e ss.; ID., Profili processuali della transazione fiscale, cit., 3662 e ss.; L TOSI, La transazione fiscale, cit. 1071 e ss., l’A. in particolare sottolineava come l’assenza di

figura della discrezionalità pura, una simile conclusione appare oggi, per quanto continui ad essere sostenuta finanche da autorevole dottrina433, tutt’altro che scontata.

Ed infatti, l’attuale assetto normativo parrebbe far propendere per opposte conclusioni e, quindi, per l’esercizio di una funzione rigidamente vincolata nei presupposti applicativi, in cui vi è l’estrinsecazione di una mera discrezionalità di tipo tecnico.

Entrambi gli estremi dell’affermazione, quello relativo alla natura dell’attività, quanto quello della presenza di una discrezionalità tecnica, come è evidente, meritano adeguata giustificazione.

Per quanto concerne il primo estremo, le argomentazioni che parrebbe potersi addurre a supporto della tesi prospettata, possono in realtà fare perno su due ragionamenti non coincidenti e ponentesi su piani differenti.

In primo luogo, l’affermazione circa la presenza di una funzione meramente vincolata e non già discrezionale sembrerebbe giustificabile sfruttando la menzionata natura circolare del rapporto che avvince la disponibilità della pretesa con la funzione amministrativa esercitata434.

In secondo luogo, pur volendo prescindere dal ragionamento di cui sopra, la medesima affermazione parrebbe argomentabile anche alla luce dei tradizionali canoni ermeneutici e, quindi, come insegnato da autorevole dottrina amministrativistica, leggendo la disposizione435.

qualsivoglia indicazione in ordine ai criteri che l’Amministrazione deve seguire per valutare l’opportunità di accettare o rifiutare la proposta avrebbe assegnato agli uffici un grado di discrezionalità “raro se non unico in materia tributaria”.

432 Già sotto la vigenza della pregressa disciplina autorevole dottrina aveva evidenziato come nella logica dell’istituto di cui all’art. 182ter l.f. in realtà fosse assente alcun reale profilo di discrezionale intesa nel senso tecnico della parola risultando, al contrario, l’attività dell’Amministrazione finanziaria rigidamente vincolata. In questo senso si sono espressi A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, cit., spec. 352; M. CARDILLO, La transazione fiscale, cit., 137 e ss..

433 M. ALLENA, La transazione fiscale nell’ordinamento tributario, 197 e ss., per il quale: “Con la transazione fiscale, infatti, il sistema tributario ammette una circoscritta discrezionalità nell’assunzione di scelte che incidono sull’obbligazione tributaria già accertata, durante la fase di riscossione, e che producono una disposizione del tributo”.

434 Cfr. retro Cap. II, Sez. II, par. 4.

435 Cfr. V. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 472 per il quale: “Come si fa a stabilire se il contenuto di un potere attribuito dalla legge ad un’autorità amministrativa sia o meno discrezionale?[…] La risposta è semplice: occorre guardare alla norma e, attraverso l’interpretazione della norma, stabilire se essa ha

Muovendo dalla prima delle argomentazioni prospettabili, si è già ampiamente visto come il concetto di indisponibilità della pretesa e quello della tipologia della funzione esercitata, siano in realtà due facce della stessa medaglia436.

Ancora, si è anche visto come l’assenza di un potere dispositivo stia alla natura vincolata dell’atto, come la sua presenza sta alla natura discrezionale del medesimo.

Se così è, allora la prima argomentazione all’affermazione in oggetto in realtà si riduce a poco più che ad un mero confronto tra le conclusioni cui si è pervenuti nel precedente paragrafo, rapportandole con la peculiare tipologia del rapporto che avvince i termini sopra menzionati.

In questo senso, muovendo dalla già dimostrata assenza di un concreto potere dispositivo facente capo all’Amministrazione, altro non potrebbe dedursene che la completa vincolatezza dell’agire amministrativo, giusta l’impossibilità di professare come entrambe vere le affermazioni: la negazione del fenomeno della disponibilità, da un lato, e la natura discrezionale della funzione in tale frangente esercitata, dall’altro.

Ciò posto per la prima, i termini del discorso tendono a farsi più complicati per la seconda.

Come si è già anticipato, tale argomentazione prescinde tanto dall’individuazione di un potere di disposizione a monte, quanto dalla ricostruzione in chiave circolare del suddetto rapporto, appuntandosi sul mero dato normativo in uno con la valorizzazione dell’interesse pubblico tutelato dall’Amministrazione.

Tanto premesso, nell’attuale dato normativo437 non parrebbe in realtà potersi rintracciare elementi univoci tanto nel senso del riconoscimento di un potere discrezionale, quanto di quello di un potere vincolato.

inteso attribuire a quella determinata autorità amministrativa, nell’ambito di quella determinata fattispecie, il potere di scelta […] di cura in concreto dell’interesse pubblico dalla norma stessa individuato”.

436 Cfr. retro Cap. II, Sez. II, par. 4.

437 Ed in realtà anche il precedente secondo almeno talune prospettazioni. Cfr. A. GUIDARA, Indisponibilità del tributo e accordi in fase di riscossione, 352, per il quale: “non vi è discrezionalità amministrativa circa an e quantum debeatur nella manifestazione di volontà dell’ente impositore: di fronte alla possibilità offertale di essere soddisfatta subito o in tempi brevi

L’unico elemento che potrebbe effettivamente far propendere nel senso del riconoscimento di un’attività discrezionale è in realtà la circostanza che l’esito del subprocedimento transattivo venga portato a conoscenza del contribuente attraverso una manifestazione di un voto e, quindi, con un atto avente intrinsecamente carattere volitivo e di scelta.

Oltre a tale profilo, come si diceva, nessun altro elemento parrebbe utilizzabile in un senso o nell’altro.

Rilevato quindi l’elemento di distonicità, per ragioni espositive giova temporaneamente accantonarlo, per concentrarsi sulle conseguenze che derivano dall’ambiguità del testo, salvo poi affrontare funditus il tema all’atto della formulazione delle relative conclusioni.

Ebbene, già dalla rilevata ambiguità legislativa dovrebbe derivare, in via automatica, l’individuazione di una funzione vincolata e non già discrezionale, posto che è conquista degli ordinamenti moderni, fondati sui principi dello Stato di diritto, la declinazione del principio di legalità nel senso di assumere a regola generale, nei casi dubi, l’attribuzione in concreto di un potere vincolato, piuttosto che discrezionale438.

Il che val quanto dire, che l’esercizio di un potere discrezionale potrà essere individuato solo nella misura in cui la legge attribuisca esplicitamente un simile potere all’Amministrazione, in tutti gli altri casi, per quanto il testo si possa presentare ambiguo e per quanto taluni concetti siano espressi in maniera indeterminata o elastica, si dovrà sempre propendere per una mera attività di attuazione in concreto della norma e, dunque, nel senso dell’esercizio di un potere vincolato439.

Se così è, dall’applicazione del principio assunto a regola generale non potrebbe che derivare l’individuazione, nel caso in esame, dell’esercizio di un potere di mera attuazione, non avendo il legislatore esplicitamente individuato un potere di tipo discrezionale.

in misura non inferiore a quanto realisticamente otterrebbe successivamente e al termine della liquidazione dell’impresa, l’agenzia non può che aderire”.

438 Cfr. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 466 e ss., nonché retro nota n. 303 per altri riferimenti dottrinali nel medesimo senso.

Se anche il solo profilo sopra riferito consentirebbe ex sé di argomentare in ordine alla tipologia della funzione qui affermata, vi è in realtà un’altra argomentazione spendibile e dal carattere ben più pregnante.

Ed infatti, anche volendo prescindere dagli schemi generali, l’ambiguità della norma comporta pure sempre il necessario affidamento all’interprete del compito di analizzare la norma attributiva del potere amministrativo nel settore di riferimento, per stabilire in concreto se la legge abbia inteso conferire all’Amministrazione un vero e proprio potere discrezionale ovvero se, al contrario, non abbia inteso semplicemente assegnare ad essa Amministrazione un’attività di mero adempimento440.

Ebbene, anche ragionando in tali termini, ciò che parrebbe mancare nella logica applicativa dell’art. 182ter l.f. è l’emersione di un’immediata considerazione dell’interesse pubblico amministrativo, nel senso che parrebbe difettare l’elemento della scelta, tra più opzioni esercitabili, per la miglior cura dell’interesse fiscale.

Maggiormente nel dettaglio se, come visto, l’interesse fiscale, pur nella copiosità delle elaborazioni dottrinali441, può essere inteso quale interesse alla sollecita riscossione dei tributi dovuti in forza della funzione di riparto svolta dall’imposta, allora nel caso in esame non vi potrà mai essere una sua effettiva ponderazione.

Ed infatti, giusta il criterio legislativamente adottato, tutte le volte in cui il contribuente offra all’Amministrazione qualcosa in più rispetto a quanto dalla stessa ottenibile per la via fallimentare, questa non avrà da contemperare alcunchè, non vi sarà un’altra scelta lecita adottabile se non quella di aderire alla proposta presentata dal contribuente.

Altrimenti opinando, si finirebbe infatti per affermare la legittimità del caso in cui l’Amministrazione eserciti il proprio potere contro lo stesso interesse per la cui tutela quel potere le è stato attribuito (rectius: il rifiuto di un pagamento maggiore o più conveniente rispetto a quanto dalla stessa sarà conseguito alla

440 Cfr. CERULLI IRELLI, Note in tema di discrezionalità amministrativa e sindacato di legittimità, cit., 494.

chiusura del fallimento del debitore) risultato, detto ultimo, non solo non giustificato, ma finanche difficilmente giustificabile.

Ma se, allora, ciò che manca nella logica applicativa dell’art. 182ter l.f. è proprio l’elemento della scelta fra più soluzioni possibili in quanto, si ripete, al rispetto delle condizioni legislativamente previste una ed una sola sarà la scelta442

(e quindi il comportamento) adottabile dall’Amministrazione, ciò vuol dire che viene a difettare anche l’elemento volitivo consustanziale all’espressione di quella scelta che si è detta mancante443.

Ma se così è, una volta rammentato il valore della presenza del profilo volitivo quale reale elemento discretivo fra un’attività discrezionale ed un’attività vincolata444, allora nel caso di specie non potrebbe che arguirsi in ordine alla sussistenza di un’attività rigidamente vincolata e non già discrezionale.

In un simile contesto e con questo venendo a sciogliere la riserva formulata, la manifestazione di un voto da parte dell’Amministrazione non sembrerebbe porsi in termini effettivamente ostativi.

Preliminarmente, è necessario rilevare come l’elemento del voto, potrebbe astrattamente porsi in senso distonico rispetto al discorso qui compiuto sotto due differenti profili.

In primo luogo, sotto il profilo già accennato della valorizzazione del voto quale tipico momento in cui vi è l’espressione di un potere di scelta e, quindi, alla stregua di un momento volitivo.

In secondo luogo, l’elemento del voto parrebbe pure utilizzabile secondo altro e differente percorso logico, che faccia perno sulla circostanza che eguale manifestazione (il voto) è in realtà espressa anche dagli altri creditori privati nel medesimo contesto rappresentato dall’adunanza dei creditori.

442 Per la valorizzazione dell’elemento della “scelta” fra più soluzioni possibili quale elemento discretivo tra una funzione vincolata ed una funzione discrezionale con specifico riguardo all’ordinamento tributario, oltre a quanto già citato a suo tempo (Cfr. retro Cap. II, Sez. II, par. 2 e 3) si v.: F: GALLO, L’istruttoria nel sistema tributario, in Rass. Trib., 2009, 25 e ss.; ID., La discrezionalità nel diritto tributario, in A. AMATUCCI (diretto da), Trattato di diritto tributario, Padova, 2001, 950 e ss.

443 Il che val quanto dire, utilizzando un’espressione di MICHELIANA memoria, che “il soggetto attivo del rapporto non ha la possibilità di scelta del miglior mezzo per conseguire la realizzazione dell’interesse pubblico, tutelato dalla legge”. G. A. MICHELI, Premesse per una teoria della potestà di imposizione, cit., 271.

Seguendo questo ordine di idee, si potrebbe essere così tentanti dall’affermare una parificazione della posizione dell’Amministrazione a quella del creditore privato, di guisa che così come il secondo può esercitare il proprio voto nella più totale e completa libertà di scelta, altrettanto dovrebbe poter fare la prima.

Ebbene, entrambe le differenti valorizzazioni dell’elemento del voto non parrebbero cogliere nel segno.

Maggiormente nel dettaglio e quanto alla prima, l’espressione del “voto” in quanto tale, non parrebbe assumibile quale voluntas legislativa nel senso di attribuzione di un potere concretamente volitivo, essendo altra la sua funzione.

Ed infatti, la presenza del voto sembrerebbe dover essere intesa quale mera modalità (rectius strumento) attraverso la quale gli elementi del procedimento amministrativo vengono ad innestarsi, necessariamente, nella procedura, ora concorsuale ora paraconcorsuale, caratterizzata da regole applicative sue proprie e dalla compresenza, accanto al creditore pubblico, degli altri creditori privati.

In un simile contesto, l’elemento del voto allora altro non rappresenta che il mezzo con cui l’Amministrazione è legittimata ad entrare in contatto tanto con la procedura, quanto con gli altri creditori privati, al fine di renderli partecipi, con le conseguenze giuridiche che ne derivano, del procedimento amministrativo concluso.

Quanto alla seconda pure possibile argomentazione, non sembra del pari accoglibile giacché, se su di un piano formale una qual certa parificazione è indubbiamente predicabile, la stessa (parificazione) non può mai spingersi al piano sostanziale.

Ed infatti, elemento ostativo a che ciò avvenga è rappresentato dalla considerazione che l’agire del privato è libero, mentre l’agire amministrativo, quandanche si manifesta nella forma più pura della discrezionalità, è e rimane un agire funzionalizzato445 alla miglior cura di un interesse pubblico ad esso (agire) sotteso, il che comporta come peraltro già visto446, a monte, l’affermazione per la

445 Sull’agire funzionalizzato, oltre a rinviare alla dottrina amministrativistica a suo tempo citata si v., con specifico riguardo al settore tributario, tra gli altri: M. T. MOSCATELLI, Moduli consensuali e istituti negoziali nell’attuazione della norma tributaria, cit., 93 e ss.; L. DEL FEDERICO, Commento Art. 182ter, cit., 2575 e ss.

quale qualunque potere amministrativo sia pur sempre vincolato nel fine e, a valle, l’impossibilità di predicare parificazione alcuna tra privato e soggetto pubblico per quanto concerne la libertà nell’assunzione di qualunque determinazione.

Appurata la tipologia della funzione esercitata, non resta ora che affrontare l’altro corno del problema individuato ad inizio paragrafo, e quindi verificare se, accanto all’esercizio di una funzione vincolata, non vi sia anche l’estrinsecazione di una discrezionalità tecnica.

A tale interrogativo parrebbe doversi dare risposta affermativa, alla luce del criterio stabilito normativamente dal legislatore.

Ed invero, l’accertamento che l’Amministrazione fiscale è tenuta a compiere a fronte della proposta ex art. 182ter l.f. presentata dal debitore non sembrerebbe riducibile ad un mero giudizio di esistenza/inesistenza dell’elemento condizionante l’esercizio del potere.

Al contrario, il criterio della maggiore convenienza economica parrebbe necessitare, ai fini della sua individuazione, di peculiari competenze scientifico-aziendalsitiche, che rendano possibile la valutazione prognostica in ordine al

quantum conseguibile dall’Agenzia per la via fallimentare al fine di poter

confrontare siffatto risultato con quanto offerto con la via concordataria.

Detto altrimenti, nell’attuazione della norma si richiede una complessa attività accertativa nell’apprezzamento di quel fatto, la maggiore convenienza della proposta latu sensu transattiva, al verificarsi del quale l’Amministrazione deve tenere quel dato comportamento, ossia la votazione positiva in sede di adunanza dei creditori.

Il che, detto ancora altrimenti, equivale a dire che nell’art. 182ter l.f. vi è un momento intellettivo particolarmente esteso per modalità e complessità delle valutazioni senza che, purtuttavia, tali attributi possano in alcun modo comportare la trasformazione del momento intellettivo in momento volitivo, giusta la manifestazione, coerentemente con quanto a suo tempo analizzato447, di una mera discrezionalità non pura bensì tecnica.

447 Cfr. retro Cap. II, Sez. II, par. 3.

Peraltro, nel caso in esame non parrebbe nemmeno essersi in presenza di quelle rare ipotesi accennate448 in cui, ferma la differenza in punto di premesse tra discrezionalità pura e discrezionalità tecnica, le due figure tendono ad un riavvicinamento in punto di conseguenze.

Ed infatti, in questo caso per un verso, la valutazione tecnico-scientifica non si salda ad alcuna valutazione a carattere politico dell’interesse pubblico, in quanto, come visto, non vi è alcun apprezzamento che l’Amministrazione è tenuta a compiere nemmeno subspecie valutativo in ordine a ciò che si ritenga conveniente. Ed infatti, il legislatore ha positivizzato una convenienza meramente economica data dal raffronto, finanche eccessivamente brutale, tra l’offerto ed il conseguibile. Se la proposta è in qualsiasi misura migliorativa rispetto alla prospettiva fallimentare è lo stesso interesse pubblico che impone all’Amministrazione quel determinato comportamento.

Per altro verso, non può nemmeno dirsi che ci si trovi dinanzi ad una soggettività assoluta dell’elemento valutativo, posto che la tipologia di raffronto richiesta dal criterio menzionato è del tutto insensibile rispetto alla modifica del soggetto valutatore.

Inquadrata la tipologia della funzione e rilevata la presenza di una discrezionalità tecnica nell’accertamento del fatto, non resta più che verificare se, accanto all’apprezzamento della condizione per così dire immediatamente percepibile (la maggiore o minore convenienza della proposta) debba saldarsi l’accertamento di ulteriori elementi soprattutto con riferimento al concordato preventivo.

Ebbene, proprio la menzionata sede in cui avviene l’innesto del subprocedimento transattivo all’intero della procedura cui accede, l’adunanza dei creditori, e proprio l’oggetto sul quale il voto si manifesta, il piano concordatario, parrebbe imporre la conclusione che, accanto alla convenienza, l’Amministrazione sia chiamata ad accertare al pari degli altri creditori, la fattibilità e l’attendibilità dell’intero piano concordatario.

Cionondimeno, tali valutazioni non implicheranno mai un momento effettivamente volitivo, richiedendo solo ed ancora una volta, particolari

competenze tecniche volte a verificare la concreta attendibilità del piano e la sua concreta attuabilità.

Così, de facto, estendendo l’area in cui la discrezionalità tecnica si viene a manifestare, ma non certo mutando la tipologia della funzione dalla stessa esercitata.

CAPITOLO III

IL TRATTAMENTO DEI CREDITI TRIBUTARI E CONTRIBUTIVI: