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Il problema dei tributi locali

IL TRATTAMENTO DEI CREDITI TRIBUTARI E CONTRIBUTIVI: GLI ASPETTI SOSTANZIALI

1. L’ambito oggettivo di applicazione

1.4. Il problema dei tributi locali

Problema invece allo stato non ancora risolto, è quello dei tributi locali il quale, al contrario, anche in ragione della scarsa attenzione dimostrata dal legislatore ai profili sistematici, parrebbe oggi vieppiù acuito per effetto della riforma.

Per avvedersi della criticità interpretativa, è però necessario fare un passo indietro e muovere da talune considerazioni di fondo.

Da quanto detto in riferimento alle condizioni che devono sussistere ai fini della ricomprensione di un dato credito nel perimetro applicativo dell’art. 182ter l.f., è necessaria la concomitanza di due distinte circostanze: la natura tributaria della posta e l’affidamento della relativa gestione ad una delle Agenzie Fiscali.

In virtù di tale doppio presupposto, la dottrina maggioritaria ha da sempre escluso dall’ambito applicativo dell’istituto la folta schiera dei tributi degli enti locali quali IMU, TOSAP/COASP, TARSU/TAI/TARES (oggi IUC)506 in quanto

504 G. MARINI, La transazione fiscale, cit., 1195.

505 Ed infatti, parte della dottrina ritenne che sarebbe dovuta essere proprio siffatta ultima ipotesi a dover ricevere le attenzioni del legislatore in quanto, in virtù del meccanismo applicativo delle ritenute il quale, come noto, comporta l’insorgere di una solidarietà passiva tra sostituito e sostituito in caso di risvolti patologici inerenti l’effettuazione della ritenuta stessa, avrebbe comportato difficili problemi di collegamento tra la disciplina speciale prevista dalla transazione fiscale, e le generali regole in materia di riscossione dell’imposta sul reddito. Cfr. G. ANDREANI – A. TUBELLI, La manovra 2010 non risolve i dubbi sulla transazione fiscale, in Corr. Trib., 2010, 2170 e ss..

506 Sul processo evolutivo della finanza locale, per tutti, sia consentito il rinvio a: G. MELIS, Lezioni di diritto tributario, Torino, 2018, 733 e ss..

la gestione di detti tributi è interamente demandata agli enti locali e pertanto verrebbe a mancare il secondo dei menzionati requisiti507.

Al pari delle altre limitazioni, anche la scelta del legislatore di escludere detti tributi dalla possibilità di una definizione in sede di transazione fiscale non è andata esente da critiche508.

Ed infatti, per un verso, la stessa si porrebbe in aperta controtendenza rispetto al più generale assetto federalista che si è andato sempre maggiormente delineando a partire dalla riforma del Titolo V della Costituzione.

Per altro verso, per aver tradito la ratio dell’istituto stesso, in quanto non sussisterebbe alcuna ontologica differenza tra l’esposizione debitoria prodotta da entrate erariali e quella prodotta da entrate in cui, ferma la natura tributaria, vi è semplicemente una modifica dal lato attivo del rapporto, sicché non sarebbe giustificabile alla luce del sistema una disparità di trattamento così marcata fra i rispettivi crediti.

Sulla base di tali considerazioni, parte della dottrina509 ha profuso ampi sforzi nel tentativo di ricomprendere anche i citati tributi nel perimetro applicativo della norma.

Lungo questa direttrice di fondo, gli sforzi si sono divisi in due filoni interpretativi, il cui minimo comun denominatore parrebbe rappresentato dal tentativo di mutuare la metodologia di approccio che ha caratterizzato gli sforzi dottrinali registratisi tanto sul fronte dell’IVA quanto su quello dell’IRAP.

Così, per un verso, si è tentato di sviluppare un percorso argomentativo analogo a quello che ha consentito di ricondurre nella sfera di applicabilità dell’istituto anche l’imposta regionale sulle attività produttive in tal modo garantendo, anche se solo in parte, la falcidiabilità di taluni crediti locali.

In questo senso, il perno del ragionamento è rappresentato dall’art. 57, comma 2, del D. Lgs. n. 300 del 1999, nella misura in cui prevede la possibilità per le

507 M. CARDILLO, La transazione fiscale, cit., 92 e ss..

508 Particolarmente critici sono: M. CARDILLO, La transazione fiscale dei tributi locali, in F. PAPARELLA (a cura di), Il diritto tributario delle procedure concorsuali e delle imprese in crisi, Milano, 2013, 682 e ss.; E. M. BAGAROTTO, L’ambito oggettivo di applicazione della transazione fiscale, cit., 1472 e ss.; C. GIOÈ, I limiti della transazione fiscale in materia di tributi locali, cit., 94 e ss..

509 Posizioni in particolare sostenute da: M. CARDILLO, ult. op. cit., 683 e ss,; C. GIOÈ, ult. op. cit., 97 e ss..

Regioni e gli Enti locali di attribuire alle Agenzie fiscali la gestione delle funzioni a questi ultimi spettanti attraverso autonome convenzioni, nelle quali siano fissate le modalità di svolgimento dei relativi compiti nonché gli obblighi da questi derivanti.

Sfruttando il dato normativo, una volta appurata la sua perdurante applicabilità510, si potrebbe quindi ritenere che la falcidiabilità del tributo locale sia in realtà rimessa alla scelta a monte operata dall’Ente impositore di stipulare con l’Agenzia una apposita convenzione ai fini della gestione dei propri tributi511.

Tale conclusione, peraltro e per quanto qui più rileva, sarebbe altresì avvalorata da una considerazione avente carattere generale e poggiante sul principio interpretativo tam dixit quam voluit.

Detto altrimenti, nella misura in cui il legislatore avesse voluto realmente escludere in toto dall’ambito di applicazione della transazione fiscale i tributi degli Enti locali, lo avrebbe fatto in maniera espressa, così come avvenuto a suo

510 Ed infatti, condivisibile dottrina ha rilevato come si potrebbe essere portati a ritenere che tale previsione abbia perso una propria rilevanza, finendo quindi per essere abrogata tacitamente, per effetto della previsione, cronologicamente successiva, contenuta nell’art. 1, comma 179, della Legge n. 296 del 2006 (Legge finanziaria 2007) la quale, ampliando la previsione contenuta nell’art. 52 del D. Lgs. n. 446 del 1997 disciplinante le potestà regolamenti generali dei Comuni e delle Province, ha previsto che gli stessi possano conferire i poteri di accertamento, di contestazione, nonché di redazione e sottoscrizione immediata del processo verbale di constatazione per le violazione relative alle proprie entrate ai dipendenti dell’ente locale, o ai soggetti affidatari, anche in maniera disgiunta delle attività di liquidazione, accertamento e riscossione, talché la nuova disciplina regolerebbe in toto ed ex novo quanto prima disciplinato dal D. Lgs. n. 300 del 1999. Purtuttavia, la dottrina di gran lunga maggioritaria ritiene di non poter propendere per l’abrogazione tacita, in quanto la previsione dell’art. 57 cit., manterrebbe comunque una propria autonomia di contenuto sotto almeno un duplice profilo.

In primo luogo, l’art. 1, comma 179, L. n. 297/06 individuerebbe solo soggetti diversi dalle Agenzie fiscali, sicché non vi sarebbe una piena sovrapponibilità in punto di contenuto.

In secondo luogo, il menzionato articolo prevede la devolvibilità dei soli poteri inerenti all’attività di accertamento del tributo, a differenza di quanto previsto dall’art. 57 cit., dove l’utilizzo, da parte del legislatore, del generico termine “funzioni” indurrebbe a ritenere di dover far rientrare nella sfera di devolvibilità non solo i poteri di accertamento ma anche quelli di riscossione.

Dalle considerazioni sopra svolte, se ne dovrebbe dunque dedurre la piena autonomia della previsione contenuta nell’art. 57 cit., cosicché lo stesso consentirebbe ancora oggi la possibilità per un Ente locale di poter attribuire, attraverso apposita convenzione, alle Agenzie fiscali il potere di gestire i propri tributi. In questo senso, cfr. M. CARDILLO, La transazione fiscale dei tributi locali, cit., 684 e ss.. Sul tema generale della perdurante applicabilità dell’art. 57 cit. si v., altresì: S. CAPOLUPO, Tributi locali: le principali novità delle legge Finanziaria 2007, in Il Fisco, 2007, 915 e ss.; ID., Potere regolamentare e potestà impositiva, in Il Fisco, 2004, 849 e ss..

tempo per i tributi che costituiscono risorse proprie dell’Unione Europea o per le ritenute operate e non versate512.

In assenza di tale previsione, dunque, non si potrebbe sic et simpliciter negare l’applicazione dell’istituto anche nel caso in cui le attività gestorie di siffatti tributi, come più sopra riportato, siano effettivamente devolute alle agenzie fiscali.

Tale conclusione, purtuttavia, ha delle ricadute di non poco momento.

Ed infatti, la stessa implica in via automatica e diretta che, nella misura in cui i tributi locali in discorso non siano amministrati da alcuna delle Agenzie fiscali, per convenzione o per espressa previsione normativa, tornerà in auge la regola della non applicabilità dell’art. 182ter l.f., con la concomitante emersione di ulteriori e nuove criticità, in un’ottica di parità di trattamento e, quindi, in riferimento al principio di eguaglianza, difficilmente giustificabili513.

Per altro verso, si è tentato di estendere il percorso argomentativo utilizzato

ante riforma ai fini IVA, ritenendo così possibile avere una falcidia dei tributi

locali per il tramite di un concordato preventivo senza transazione fiscale.

Ed è proprio in riferimento a tale profilo che, alla luce del nuovo dato normativo, parrebbero oggi emergere nuove criticità interpretative di non scarso momento.

Ed infatti, ferma la perdurante piena praticabilità del primo percorso argomentativo ricordato, non così piana appare anche la riproponibilità del secondo.

Maggiormente nel dettaglio, si è già avuto modo di notare come con la riforma il legislatore abbia espressamente indicato come necessario il procedimento ex art. 182ter l.f. per aversi la falcidia del credito latu sensu erariale, sotto pena della inammissibilità della domanda di concordato.

Sicché, anticipando taluni temi che troveranno un miglior sviluppo nel prosieguo, è pacifico che sia oggi venuta meno la possibilità di proporre la falcidia del credito erariale (rectius di quel credito erariale che rispetti le condizioni di applicabilità dell’art. 182ter l.f.) in assenza di apposita domanda di transazione fiscale.

512 M. CARDILLO, La transazione fiscale, cit., 95.

Ciò posto, la criticità si palesa sol che si rifletta sulla circostanza che i crediti di tipo locale sono assistiti, nella quasi totalità dei casi, da un grado di privilegio che è deteriore rispetto a quello che assiste i tradizionali crediti statali.

Per ciò che, nella misura in cui la vincolatività del procedimento dovesse essere intesa quale conditio per aversi la falcidia del relativo credito, ci si troverebbe dinanzi alla paradossale situazione in cui nessuna domanda di concordato sarebbe più ammissibile laddove nello stato passivo siano anche contemplati dei tributi locali.

Ed infatti, accedendo a siffatta impostazione, per un verso il piano non potrebbe prevedere la falcidia del credito locale, il quale andrebbe interamente soddisfatto proprio perché non rientrante nell’ambito applicativo dell’istituto di cui all’art. 182ter l.f., ma ciò allora implicherebbe che pure la domanda di transazione fiscale dovrebbe prevedere l’integrale soddisfacimento delle pretese erariali, giusta l’impossibilità normativamente disposta di prevedere per siffatti crediti un trattamento deteriore rispetto a crediti che vantino un grado di privilegio ad essi postergato. Ma allora, ciò ancora implicherebbe che anche a tutti gli altri crediti che vantino un grado di privilegio potiore rispetto a quelli vantati dall’Agenzia dovrebbe essere riservato ugualmente un integrale soddisfacimento, posto il necessario rispetto, almeno in sede concordataria, della par condicio

creditorum e delle cause legittime di prelazione.

Detto altrimenti, nella misura in cui si dovesse realmente accogliere la predetta impostazione, la quale, almeno sulla base di un’interpretazione letterale del dato positivo, si presenta ben possibile, la via concordataria resterebbe de facto preclusa, posto che il debitore dovrebbe garantire l’integrale soddisfacimento alla pressoché totalità dei propri creditori, rendendo sostanzialmente impossibilitata ristrutturazione alcuna.

Posto che siffatta conclusione non può certo dirsi soddisfacente, tanto più perché è il frutto di un’evidente disattenzione ai profili sistematici mostrata dal legislatore, una possibile alternativa potrebbe essere allora quella di ricondurre tutti i crediti per tributi locali che ad esito del primo percorso argomentativo non

rientrino comunque nell’ambito di applicabilità dell’art. 182ter l.f., fra gli altri crediti di natura privata514.

In questo senso, quindi, il soddisfacimento della duplice condizione dell’art. 182ter l.f. varrebbe solo quale conditio idonea a garantire al relativo credito l’applicabilità di tutte le tutele ivi previste, ma non certo a condizionarne la falcidiabilità.

Cosicché, in un’ipotesi di compresenza di tributi locali in cui la gestione del tributo non sia affidata ad alcuna agenzia fiscale, da un lato, e di tributi erariali, dall’altro, solo i secondi dovranno formare oggetto di apposita domanda ex art. 182ter l.f. e solo per questi ultimi dovrà essere garantito lo speciale trattamento ivi contemplato, non così anche per i primi i quali dovranno semplicemente formare oggetto della più ampia domanda di concordato e quindi seguire le sorti degli altri crediti privati con i quali condividano lo stesso grado di privilegio.

Se siffatta soluzione non solleva particolari criticità nel concordato preventivo, grazie alla generale regola di ammissibilità della domanda ex art. 160 l.f. la quale impone che al creditore prelatizio venga garantito un grado di soddisfacimento almeno pari a quello dallo stesso conseguibile nell’eventualità fallimentare, il problema si complica laddove si tenti di rapportare il discorso agli accordi di ristrutturazione.

Ed infatti, il ragionamento appare difficilmente trasponibile non già e non tanto per un problema di rispetto delle condizioni dell’art. 182ter l.f., bastando a tal fine che al tributo locale non venga garantito un soddisfacimento maggiore rispetto a quello offerto all’agenzia, quanto e piuttosto di gestione dell’intera vicenda posto che in siffatta sede vi è la radicale assenza di qualsivoglia regola che sia tesa al rispetto della par condicio o delle cause legittime di prelazione.

Di guisa che, l’ente locale potrebbe effettivamente patteggiare in funzione del singolo contribuente una riduzione più o meno accentuata della propria esposizione con l’emersione di criticità vieppiù complesse sul fronte della

514 Già così L. DEL FEDERICO, Questioni controverse sulla transazione fiscale, in Corr. Trib., 2010, 2377 e ss.. In termini parzialmente differenti si v. anche: M. ALLENA, La transazione fiscale nell’ordinamento tributario, cit., spec. 147, il quale, seppur condivida le ragioni di fondo che hanno indotto a prospettare una simile assimilazione, allo stesso tempo ritiene che sia indispensabile un intervento legislativo posto che “la norma nella attuale configurazione non consente di farli rientrate tout court tra gli altri debiti”.

indisponibilità della pretesa e della tipologia della funzione esercitata la quale, da sistema, come si è a suo tempo detto, deve essere intesa quale rigidamente vincolata.

Altra opzione interpretativa pure praticabile, potrebbe allora essere quella di dover necessariamente saldare il debito locale prima della formale proposizione della domanda di concordato o di accordo di ristrutturazione, cosicché la relativa posta non risulti nello stato passivo.

E purtuttavia, tale conclusione, oltre ad essere un evidente palliativo, comporterebbe anch’essa l’emersione di altri e distinti problemi, posto che siffatti pagamenti potrebbero finanche essere letti, in caso di successivo fallimento, nella chiave della preferenza di un creditore, quello locale, in danno degli altri creditori, con l’emersione di possibili profili di rilevanza penale per bancarotta preferenziale ex art. 216 l.f..

Di fronte a tali criticità, allora ben si capiscono le più che condivisibili esortazioni della dottrina al legislatore, la quale, già dai tempi della prima introduzione della disposizione in seno alla legge fallimentare, ha invocato a più riprese un intervento legislativo sul punto515.